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INVALIDITÀ, INABILITÀ, INIDONEITÀ E INCAPACITÀ

Adriano Ossicini – Dirigente Medico II Livello - INAIL SMG

Pasquale A. Di Palma - Dirigente Medico I Livello - INAIL SMR Campania

DEFINIZIONI

La capacità lavorativa, una volta semplicemente intesa come capacità biologica al guadagno, è progressivamente mutata in concomitanza con l’evoluzione normativa in merito alla sicurezza ed alla prevenzione. Attualmente, la definizione di capacità lavorativa ricomprende più concetti articolati ed apparentemente indipendenti, come la validità, l’idoneità, la capacità e l’abilità.

La validità è intesa come una piena integrità biologica, per cui rappresenta l’efficienza psicosomatica allo svolgimento di qualsiasi compito: l’individuo valido è in grado di intraprendere una qualsiasi attività, lavorativa e non.

La validità è intrinseca al soggetto ed è attestata da un giudizio medico.

L’idoneità indica la validità di un lavoratore in riferimento ad una specifica e determinata attività, prendendo in considerazione la correlazione valutativa e logica tra il grado di integrità psicofisica ed il lavoro da svolgere. Non esiste un’idoneità “omnicomprensiva”.

Infatti, nello stesso soggetto possono individuarsi tante potenziali idoneità quante sono le mansioni da svolgere. La formulazione del giudizio di idoneità è di esclusiva pertinenza del Medico Competente e dipende dalla compatibilità tra le condizioni psicofisiche di un soggetto ed una determinata mansione. L'idoneità, quindi, rappresenta quella “condizione biologico-sanitaria necessaria ad affrontare uno specifico compito lavorativo senza che ne derivi alcun danno alla salute”.

Il giudizio di idoneità è preventivo, individuale, probabilistico e temporale e può esprimere una idoneità alla mansione, una inidoneità temporale o permanente ed un’idoneità con limitazione e/o con prescrizione. Esso è richiesto nelle visite mediche preventive, periodiche e su istanza del lavoratore e presuppone, da parte di chi lo deve esprimere, conoscenze della persona e dell’ambiente di lavoro.

L’idoneità risente di fattori estrinseci all’individuo e, come si è visto, discende da un atto medico.

La capacità è la propensione a svolgere una determinata attività. Essa deriva da qualità innate, da una particolare preparazione e dalla formazione tecnico-pratica.

La capacità lavorativa risente di fattori estrinseci alla persona e necessita, per la sua determinazione, di diverse competenze professionali.

L’abilità esprime bravura, perizia e destrezza nello svolgimento di una data attività.

L’abilità ad un determinato lavoro, come la capacità, risente di fattori estrinseci all’interessato e per essere determinata prevede il coinvolgimento di diverse competenze professionali.

In definitiva, sulla base dei contenuti dei diversi concetti in esame, si può affermare che l’individuo:

- è valido quando è in grado di intraprendere qualsiasi attività, lavorativa o extralavorativa;

- è idoneo quando, oltre ad essere valido, possiede anche un’attitudine a svolgere una determinata attività lavorativa connotata da rischi specifici;

- è capace quando detiene, contemporaneamente, i requisiti biologico, culturale e attitudinale;

- è abile se, oltre ai presupposti tecnico-professionali, dimostra anche perizia e destrezza.

RUOLI E COMPETENZE NELLE RISPETTIVE VALUTAZIONI

Per la valutazione medico-legale dei casi in cui la capacità lavorativa complessiva, così come intesa, sia compromessa si deve attribuire un vincolo minore ai parametri anatomici e clinico-diagnostici e fare riferimento in modo preponderante alle capacità di tipo funzionale-relazionali.

L’obiettivo non deve essere soltanto quello della compensazione economica, ma anche quello della qualità di inserimento e del reinserimento sociale. Perciò l’accertamento medico-legale, superando l’approccio tipico imperniato sulla permanenza del danno, oltre ad essere un “passaggio obbligato” per l’accesso a provvidenze economiche, deve essere una “occasione” per inserire o reinserire la persona che ha perso parte della sua validità, attraverso un percorso di recupero e riabilitazione, anche mediante i servizi presenti sul territorio.

La legge n. 68/1999, contenente le norme per il diritto al lavoro dei disabili, promuove l’inserimento e l’integrazione lavorativa degli invalidi nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Si è passati dalla valutazione delle capacità perdute alla valutazione delle capacità residue. In tale ambito, il medico INAIL esprime un giudizio valutativo del danno che insiste sulla persona e sul lavoratore,

“restituendo” all’azienda un lavoratore in grado di riprendere il lavoro, ma non necessariamente idoneo alla mansione specifica; il medico del lavoro definisce la mansione attuale che può essere svolta dal lavoratore nel contesto concreto dell’azienda, consapevole delle implicazioni personali, aziendali e sociali. Proprio per questo fine è stata introdotta, su proposta di un gruppo di lavoro SIMLII, la norma che prevede l’esecuzione di

“accertamenti sanitari al rientro al lavoro dopo prolungate assenze per malattia o per infortunio, al fine di stabilire il permanere o meno dell’idoneità specifica alla mansione da parte del lavoratore”.

Il Decreto Legislativo n. 38/2000 prevede che il medico INAIL valuti la persona con riferimento alla sua integrità psico-fisica e, per gli infortuni “significativi”, esprima un concetto di ricollocabilità dell’individuo invalido-lavoratore, cioè deve essere individuata la possibilità di reimpiego in base alle sue residuate capacità psico-fisiche, anche mediante interventi di supporto e ricorso ai servizi sociali.

Nel rispetto dell’art. 5 del Codice Deontologico, “il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora; deve favorire e partecipare alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva”. Questo modello, che individua un’entità unica di

“uomo-persona-lavoratore” per il “benessere” personale, lavorativo, ambientale e sociale, coinvolge diverse figure professionali (il medico di famiglia, il medico legale, il medico del lavoro) che “dovrebbero” insieme garantire cura, riabilitazione, definizione, valutazione, e reinserimento lavorativo.

La “colleganza” ed il confronto nel “trattamento” del paziente, necessari tra i diversi operatori, si può esplicitare nelle seguenti funzioni:

- il medico di famiglia descrive l’handicap e determina la validità, con riferimento alla vita personale e di relazione;

- il medico competente si esprime sulla idoneità/capacità/abilità, con riguardo alla vita personale e con riferimento specifico al lavoro;

- il medico INAIL valuta la lesione-menomazione, la sua stabilizzazione, la possibilità di riprendere il lavoro ed il ritorno al domicilio, con riferimento alla vita personale, lavorativa e relazionale.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha elaborato diversi strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni.

Nel 1946 ha definito la salute della persona come il “benessere psicofisico e sociale”.

Nel 1970, focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico (eziologia → patologia → manifestazione clinica), ha elaborato la classificazione internazionale delle patologie I.C.D.

(International Classification of Diseases), caratterizzata da codici numerici utilizzabili per la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.

Nel 1980, a causa dei limiti di applicazioni dell’I.C.D., l’O.M.S. ha introdotto la classificazione I.C.I.D.H. (International Classification of Impairments, Disability, Handicap), dove non viene più considerata la malattia come menomazione, ma si esalta il concetto di

“salute” inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale. Questa nuova classificazione focalizza l’attenzione non solo sulla causa delle patologie ma anche sulle loro conseguenze, considerando anche l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute della popolazione.

L’I.C.I.D.H. esamina tre componenti fondamentali: la menomazione (livello corporeo), la disabilità (livello personale) e l’handicap (livello sociale).

La menomazione, indica qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica.

La disabilità è testimone di qualsiasi limitazione o perdita della capacità di svolgere le normali attività della vita quotidiana a seguito di una menomazione, fisica o psichica. In base al grado di compromissione della sfera di autonomia personale, si riconoscono 4 tipologie di disabilità:

- Confinamento

- Difficoltà di movimento

- Difficoltà nelle funzioni quotidiane - Difficoltà della comunicazione.

L’handicap, invece, rappresenta la condizione di svantaggio che consegue ad una menomazione o ad una disabilità e che, in un certo soggetto, limita o impedisce l’adempimento del suo normale ruolo in relazione all’età, al sesso ed a fattori socio-culturali. Esso è il risultato dell’incontro tra l’ambiente e la persona con disabilità (motoria, intellettiva, sensoriale) e comprende tre aspetti: medico, funzionale e sociale.

Nel 1999, l’O.M.S. ha sviluppato un ulteriore strumento di classificazione, l’I.C.I.D.H.-2 che, oltre al concetto della disabilità, introduce anche il concetto di funzionamento.

Nel 2001, infine, subentra l’I.C.F. (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) che descrive lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che, nel contesto socio-culturale di riferimento (sociale, familiare, lavorativo), possono causare disabilità.

L’I.C.D. e l’I.C.I.D.H. riportano la descrizione delle malattie dell’individuo; l’I.C.F. inquadra lo stato di salute degli individui attraverso la correlazione tra salute e ambiente, per cui la disabilità rappresenta una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.

L’I.C.F. è uno strumento universale, in quanto è applicabile a qualsiasi persona, normodotata o diversamente abile; è un modello multidimensionale, perchè considera il funzionamento e gli aspetti sociali della disabilità; propone un approccio integrato perché prevede un’analisi dettagliata di tutte le dimensioni esistenziali dell’individuo.

L’importanza dell’approccio integrato, che tiene conto dei fattori ambientali e li classifica in maniera sistematica, si concretizza con la possibilità di correlare lo stato di salute con l’ambiente, arrivando così alla valutazione di tutti gli elementi che costituiscono la disabilità (fattori inerenti l’organismo, fattori riguardanti la persona, fattori ambientali).

Con l’I.C.F. si da importanza alla semeiotica positiva dei livelli di attività e di partecipazione delle persone, piuttosto che alla semeiotica negativa degli aspetti di disabilità ed handicap.

Essa intende descrivere non le persone, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale ed evidenziare l’unicità e la globalità dell’individuo.

Questa nuova classificazione può trovare applicazione in campo assicurativo, nella previdenza sociale e nella valutazione dell’handicap.

OBBLIGHI E RESPONSABILITÀ IN TEMA DI MALATTIE