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ISTRUTTORIA SANITARIA E VALUTAZIONI MEDICO-LEGALI INAIL NELLA TRATTAZIONE DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

Elvira Romano - Dirigente Medico I livello - INAIL Caserta

Con il termine di “Malattia Professionale” viene identificata una condizione patologica la cui eziopatogenesi può essere ricondotta all’attività lavorativa svolta dal soggetto a seguito dell’esposizione ad uno o più fattori di rischio presenti nel ciclo lavorativo stesso o nell’ambiente di lavoro.

Una caratteristica essenziale delle malattie professionali è la latenza temporale che intercorre tra la prima esposizione e la manifestazione della malattia, a differenza dagl'infortuni infatti non originano da causa violenta ma da un'azione graduale nel tempo operata dalla noxa patogena. La causa deve essere diretta ed efficiente, cioè in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente. Il T.U. fa riferimento a malattie contratte nell’esercizio ed a causa delle lavorazioni rischiose. È ammesso, tuttavia, il concorso di cause extraprofessionali, purché queste non interrompano il nesso causale in quanto capaci di produrre da sole l’infermità.

Perché una patologia sia considerata di origine professionale non basta pertanto che si configuri l’occasione di lavoro ma deve esistere un rapporto causale o concausale diretto tra il rischio lavorativo e la malattia.

In Italia la tutela si basa su un sistema misto che prevede:

• malattie professionali tabellate;

• malattie da lavoro non comprese nelle tabelle.

Le M.P. sono tabellate se:

• indicate nelle tabelle allegate al D.M. del 9 aprile 2008 che ha sostituito il DPR 336/1994;

• causate da lavorazioni indicate nelle stesse;

• denunciate entro un determinato periodo dalla cessazione dell’attività rischiosa

“periodo massimo di indennizzabilità”

La patologia può essere pertanto classificata nosologicamente come “tabellata” qualora siano accertate oltre la diagnosi, l’adibizione non sporadica od occasionale alla mansione o lavorazione che espone all’agente patogeno indicato in tabella, nonché l’insorgenza entro il periodo massimo d’indennizzabilità dalla cessazione dell’esposizione al rischio.

Nell’ambito del “sistema tabellare” il lavoratore è sollevato dall’onere della prova. Infatti, dimostrata l’adibizione alla lavorazione tabellata e l’esistenza della malattia inclusa nella tabella entro il periodo massimo d’indennizzabilità, vale il principio della cosiddetta

“presunzione legale d’origine”, superabile soltanto con la prova, a carico dell’INAIL, che la malattia è stata determinata da cause extraprofessionali e non dal lavoro.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 179/88, ha introdotto nella legislazione italiana il cosiddetto “sistema misto” in base al quale il sistema tabellare resta in vigore, con il principio della presunzione legale d’origine ma è affiancato dalla possibilità per l’assicurato di dimostrare che la malattia di cui è portatore, pur non essendo soddisfatte le tre condizioni previste nelle tabelle, è comunque di origine professionale.

Per le patologie extratabellari, pertanto, poiché le indagini epidemiologiche non hanno prodotto risultati sufficienti tali da giustificare l’inserimento nelle tabelle, il lavoratore o la lavoratrice devono dimostrare con una documentazione appropriata il nesso tra la malattia contratta e l’attività lavorativa svolta.

L'elenco delle malattie professionali indennizzabili contenuto nel DPR n. 1124/65 e successivamente nel DPR 336/1994, è rimasto in vigore fino a pochi anni or sono, infatti

solo con il decreto ministeriale del 9 aprile 2008 è stato emanato un elenco aggiornato delle malattie professionali dell'industria e dell'agricoltura.

In questa interpretazione tabellare, con un elenco aggiornato, seppur limitato nel rispetto delle conoscenze scientifiche, si ha una certezza ai fini dell’indennizzo della prestazione:

la cosiddetta “presunzione d’origine”.

Infatti con la sentenza n. 11143/92 (e successive) la Corte di Cassazione si è espressa in maniera esplicita, dichiarando che, l’accertamento, sia esso inteso come attività lavorativa, che come malattia manifestatasi entro il periodo massimo di indennizzabilità, “sia compreso tra quelle tabellate, comporta l’applicabilità della “Presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall’assicurato con il conseguente onere a carico dell’INAIL di provare una diversa eziologia della malattia stessa”.

Bisogna comunque sottolineare come in molti casi non sia così semplice l’identificazione nosologica sia in relazione alla multifattorialità patogenetica delle malattie denunciate, sia per la difficoltà nell’identificazione e valutazione quali-quantitativa dei fattori di rischio che ci consentano di dimostrare il nesso causale o concausale.

Il lungo periodo di latenza di alcune di queste malattie rende spesso difficoltosa, quando non impossibile, la puntuale ricostruzione delle condizioni esistenti nell'ambiente di lavoro, nel momento in cui si sarebbe verificata l’esposizione rischio.

MANIFESTAZIONE DELLA M.P.

A differenza degli infortuni, in cui la data dell’evento è facilmente individuabile, per la malattia professionale spesso è difficile risalire con esattezza all’epoca dell’insorgenza, sia perché in molti casi la patologia non determina astensione dal lavoro, sia per la graduale evoluzione clinica che comporta frequentemente un ritardo diagnostico.

L’identificazione della data precisa di insorgenza della M.P. assume rilevanza ai fini assicurativi incidendo in particolare sulla decorrenza delle prestazioni, sulla prescrizione del diritto e sul periodo massimo d’indennizzabilità.

Al riguardo, l’art. 135 del T.U. prevedeva che la malattia comportante astensione dal lavoro dovesse ritenersi manifestata dal primo giorno di inabilità temporanea totale, mentre la malattia che non determina astensione dal lavoro si intendeva verificata dal giorno di presentazione all’INAIL della denuncia.

In merito è intervenuta la Corte Costituzionale con sentenza n°206/1988 stabilendo che nel caso in cui la M.P. non comporti inabilità temporanea assoluta o si è manifestata dopo l’abbandono della lavorazione morbigena, la data di manifestazione della stessa si identifica con il giorno in cui il lavoratore diviene consapevole, secondo criteri di normale conoscibilità, di essere affetto da malattia di probabile origine professionale incidente sull’integrità psico-fisica con postumi invalidanti nella misura minima indennizzabile.

Generalmente la “normale conoscibilità” scaturisce da un accertamento medico che, certificando all’interessato le suddette condizioni, lo mette in grado di esercitare il diritto.

Da quanto abbiamo esposto deriva che:

• qualora il lavoratore denunci una MP tabellata oltre il periodo massimo d’indennizzabilità, egli può fruire della presunzione legale d’origine se dimostra che la malattia, pur essendo stata denunciata dopo, si era verificata entro i termini, in caso contrario verrà trattata come non tabellata e permane a suo carico l’onere della prova;

• i termini prescrizionali amministrativi (tre anni e 150 giorni) del diritto all’indennizzo decorrono dalla data in cui l’assicurato è consapevole di essere affetto dalla MP e non da quella della denuncia.

• Nel caso in cui il lavoratore che ha già presentato una denuncia di MP, definita negativamente dall’INAIL, effettua una nuova domanda per la stessa patologia, la data

di decorrenza della prescrizione coincide con quella in cui sia dimostrato il raggiungimento dei postumi indennizzabili in capitale o in rendita.

MALATTIA CHE HA DETERMINATO LA MORTE DEL LAVORATORE

Nel caso in cui il decesso sopraggiunge in conseguenza della MP già riconosciuta dall’INAIL, la rendita ai superstiti viene costituita secondo la normativa ci cui all’art.122 del T.U., previo parere sanitario sul nesso di causalità.

Qualora la domanda di riconoscimento venga presentata dopo la morte del lavoratore (art.

105 T.U.), fino a pochi anni or sono il periodo prescrizionale decorreva dalla data del decesso. Tali direttive si fondavano su un orientamento della Corte di Cassazione - in passato univoco – secondo il quale il diritto alla rendita a superstiti insorgeva, e poteva essere esercitato, dalla data del decesso dell’assicurato senza che assumesse rilevanza la mancata conoscenza, da parte dei superstiti, della causa lavorativa della morte.

Negli ultimi anni, i giudici di legittimità hanno radicalmente mutato indirizzo sull’argomento, affermando - in diverse pronunce riguardanti casi di morte per malattia professionale (sentenze nn. 13145/99, 4223/02, 10697/02, 12734/03, 2002/05) - i seguenti principi:

• la fattispecie costitutiva del diritto alla rendita a superstiti si realizza non per il solo fatto della morte del congiunto, essendo altresì necessario che il decesso sia causalmente riconducibile ad una tecnopatia;

• il diritto, quindi, può essere fatto valere solo dal momento in cui è conosciuta, o è

“oggettivamente conoscibile”, la causa lavorativa della morte;

• di conseguenza, sulla base del principio generale secondo il quale il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (art.

2935 cod. civ.), il dies a quo del periodo prescrizionale per la rendita a superstiti coincide con la data dalla quale la causa lavorativa della morte era conosciuta, o era

“oggettivamente conoscibile”, dai superstiti.

VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO

La fase più indaginosa nella trattazione delle M.P. è senza dubbio la “valutazione del rischio”

In caso di malattia tabellata, una volta che sia accertata l’adibizione non saltuaria o occasionale alla lavorazione specificamente indicata in tabella, documentata con l’acquisizione del curriculum lavorativo presso il datore di lavoro, l’esposizione al rischio deve intendersi sussistente, salvo che non sia provato, da parte dell’INAIL, che la lavorazione stessa non abbia, in concreto, idoneità lesiva sufficiente a causare la patologia.

Elementi necessari per la valutazione possono essere acquisiti facendo richiesta al datore di lavoro del DVR, delle cartelle sanitarie con le visite periodiche, dei questionari e di un certificato lavorativo storico con un elenco completo dei periodi di lavoro e descrizione dettagliata delle mansioni svolte.

In particolare a tutte quelle aziende presso le quali l’assicurato ha prestato opera, individuate con l’anamnesi lavorativa e ritenute significative come fonte di rischio è necessario richiedere:

• copia del documento di valutazione dei rischi (DVR);

• descrizione sintetica dell’attività svolta e delle apparecchiature e/o sostanze utilizzate dal lavoratore anche presso terzi in caso di società appaltatrici;

• questionario relativo alla malattia denunciata;

• copia della cartella sanitaria di rischio con visite preventive e periodiche;

• copia della relazione fonometrica con determinazione del Lex nel caso di ipoacusia da rumore;

• copia delle schede tecniche di sicurezza di tutte le sostanze utilizzate in caso di malattie da agenti chimici.

Spesso ci imbattiamo tuttavia in molteplici difficoltà perchè sono numerosi i casi in cui la malattia viene denunciata all’Istituto dopo molto tempo dalla cessata esposizione al rischio e/o quando la patologia stessa ha iniziato il suo decorso molti anni prima. Trattasi in genere di malattie con lunghi periodi di latenza (vedi quelle asbesto-collelate, le neoplasie, le patologie degenerative, ecc.), ma frequentemente la denuncia perviene tardivamente perché l’assicurato non era consapevole dell’origine professionale della malattia.

In questi casi risulta difficile e talvolta impossibile attestare l’esposizione al rischio perchè il datore di lavoro non è più reperibile o non è in possesso di documenti di valutazione del rischio dell’epoca vista la carenza di norme di sicurezza e prevenzione nei periodi antecedenti all’entrata in vigore del DL 626 del 1994.

Nei casi in cui la documentazione presenti delle difficoltà interpretative o qualora sussistano dubbi sull’esposizione al rischio in relazione alla natura, all’intensità o alla durata, viene richiesto il parere tecnico ai professionisti della CONTARP regionale.

DIMOSTRAZIONE DEL NESSO CAUSALE

Una volta giunti alla diagnosi di certezza e conosciuti i fattori di rischio presenti nel ciclo lavorativo stesso o nell’ambiente di lavoro la correlazione etiologica e la dimostrazione del nesso causale possono presentare delle difficoltà solo nei casi di malattie professionali non tabellate. Nonostante in questi casi l’onere della prova, sotto il profilo squisitamente giuridico, sia a carico del lavoratore, nella realtà l’INAIL prima di respingere la domanda si fa comunque carico di acquisire ulteriori elementi tecnici e sanitari che possano essere utili nella valutazione del nesso di causalità. In particolare l’area sanitaria si attiva per acquisire dati scientifici aggiornati ed operando un confronto con il settore di medicina del lavoro del CDPR.

L’impossibilità di raggiungere una assoluta certezza scientifica in ordine alla sussistenza del suddetto nesso causale non costituisce, peraltro, motivo sufficiente per escludere il riconoscimento della eziologia professionale.

A questo fine, infatti, la giurisprudenza consolidata e concorde della Corte di Cassazione ritiene sufficiente la “ragionevole certezza” della genesi professionale della malattia.

Tale ragionevole certezza, che non può certamente consistere in semplici presunzioni desunte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, deve ritenersi sussistente in presenza di un elevato grado di probabilità dell’etiopatogenesi professionale, desumibile anche da dati epidemiologici e dalla letteratura scientifica.

L’accertamento della sussistenza del nesso eziologico, sia pure in termini di probabilità qualificata, tra il rischio lavorativo e la patologia diagnosticata deve indurre a riconoscere la natura professionale della stessa anche quando abbiano concorso a causarla fattori di rischio extralavorativi.

Nel caso di concorrenza di fattori professionali con fattori extraprofessionali trovano, infatti, applicazione i principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., che, in quanto principi generali dell’ordinamento giuridico, sono applicabili anche alla materia dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

In particolare, in forza del principio di equivalenza, causa di un evento è ogni antecedente che abbia contribuito alla produzione dell’evento stesso, anche se di minore spessore

quantitativo o qualitativo rispetto agli altri, salvo che sia dimostrato l’intervento di un fattore causale da solo sufficiente a determinarlo.

Ne consegue che, una volta che sia accertata l’esistenza di una concausa lavorativa nell’eziologia di una malattia, l’indennizzabilità della stessa non potrà essere negata sulla base di una valutazione di prevalenza qualitativa o quantitativa della concause extralavorative nel determinismo della patologia.

Sul piano operativo, da quanto sopra consegue che:

1. nel caso in cui risulti accertato che gli agenti patogeni lavorativi siano dotati di idonea efficacia causale rispetto alla malattia diagnosticata, quest’ultima dovrà essere considerata di origine professionale, pur se sia accertata la concorrenza di agenti patogeni extralavorativi (compresi quelli genetici) dotati anche essi di idonea efficacia causale, senza che sia rilevante la maggiore o minore incidenza nel raffronto tra le concause lavorative ed extralavorative;

2. se gli agenti patogeni lavorativi, non dotati di efficacia causale sufficiente, concorrono con fattori extralavorativi, anche essi da soli non dotati di efficacia causale adeguata, e operando insieme, con azione sinergica e moltiplicativa, costituiscono causa idonea della patologia diagnosticata, quest’ultima è da ritenere di origine professionale;

3. quando gli agenti patogeni lavorativi, non dotati di sufficiente efficacia causale, concorrano con fattori extralavorativi dotati, invece, di tale efficacia, è esclusa l’origine professionale della malattia.

CRITICITÀ OPERATIVE RELATIVE AD ALCUNI COMPARTI PRODUTTIVI

In alcune fattispecie, in particolare nei casi di richiesta di riconoscimento di M.P. in artigiani, piccoli imprenditori ed agricoltori, si sono riscontrate delle criticità operative nella valutazione dei rischi professionali per la mancanza o l’incompletezza di documenti tecnici.

L’INAIL si è pertanto attivata, su richiesta dell’area sanitaria, predisponendo indagini ispettive o richiedendo direttamente all’assicurato schede tecniche delle macchine o dei mezzi agricoli utilizzati, schede di consumo carburanti, schede tecniche delle sostanze chimiche utilizzate, ed altra documentazione utile ad evidenziare elementi potenzialmente responsabili dell’insorgenza della malattia denunciata nonché la “non occasionalità”

dell’esposizione al rischio.

ELEMENTI ACQUISITI PER L’INQUADRAMENTO CLINICO familiare

y Accurata anamnesi patologica remota lavorativa y Esame clinico generale

y DVR (documento di valutazione dei rischi)

y Cartella Sanitaria e di Rischio con visite mediche periodiche y Questionario

y Certificato lavorativo storico con elenco completo dei periodi lavorativi (sia a tempo determinato che indeterminato) e descrizione delle lavorazioni

RACCOLTA ANAMNESTICA y Anamnesi familiare:

dismetabolismi, patologie degenerative, … y Anamnesi fisiologica:

abitudini di vita, attività sportive, hobby, … y Anamnesi patologica remota:

malattie dismetaboliche, traumi, interventi chirurgici, uso di farmaci, patologie a genesi autoimmunitaria o degenerativa, patologie di

origine infettiva, …

y Anamnesi lavorativa:

mansioni svolte nei vari periodi di attività, orari di lavoro, caratteristiche del ciclo lavorativo, ubicazione della postazione, uso di mezzi di protezione, caratteristiche dei macchinari e

degli utensili adoperati, ecc.

DIAGNOSI

y Acquisire tutta la documentazione sanitaria di cui è in possesso il paziente (copie cartelle cliniche, esami specialistici, indagini radiologiche, eventuali certificazioni di invalidità, ecc.);

y Procedere ad un accurato esame clinico;

y Predisporre ulteriori indagini specialistiche ed esami strumentali volti a giungere alla diagnosi di certezza nonché a stabilire lo stadio della malattia per poter procedere successivamente ad una corretta valutazione medico-legale.

VALUTAZIONE DEL DANNO

Per l’inquadramento clinico è necessario acquisire il maggior numero di informazioni possibili relative all’attività lavorativa ed extralavorativa sia attraverso un’accurata anamnesi, che esaminando la cartella sanitaria di rischio acquisita presso il datore di lavoro.

Oltre ad esaminare tutta la documentazione sanitaria di cui è in possesso l’assicurato (copie cartelle cliniche, esami specialistici, indagini radiologiche, eventuali certificazioni di invalidità, ecc.) in alcuni casi è opportuno procedere ad ulteriori indagini cliniche e strumentali volte a giungere alla diagnosi di certezza nonché a stabilire lo stadio della malattia per poter procedere successivamente ad una corretta valutazione medico-legale.

Per uniformare l’approfondimento diagnostico i presunti tecnopatici vengono generalmente indirizzati presso il Centro Polispecialistico Regionale (CDPR) ove sono sottoposti a visite specialistiche, esami strumentali e di laboratorio. Per alcune patologie sono stati adottati degli specifici protocolli diagnostici che consentono di acquisire il maggior numero di elementi utili a pervenire alla diagnosi di certezza nonché ai parametri necessari per l’applicazione dei criteri valutativi previsti dalle tabelle allegate al DL 38/2000.

CRITERI VALUTATIVI

In merito alla valutazione dei postumi permanenti, che fino a poco più di un decennio fa, aveva pochi riferimenti normativi, per cui si verificavano spesso delle differenze talvolta anche molto evidenti nella percentualizzazione dello stesso danno, con l’entrata in vigore del D.L. 38/2000 la criteriologia valutativa è divenuta senza dubbio più omogenea su tutto il territorio nazionale sia nell’ambito dell’INAIL sia nel confronto con i medici-legali esterni all’Istituto.

La condivisione di parametri e barèmes è di fondamentale importanza, non solo per la tutela dei diritti di indennizzo del tecnopatico, ma anche nell’ambito delle opposizioni stragiudiziali (visite collegiali, arbitrato,…) ed in corso di giudizio (CTU).

Per molte patologie sono previsti degli allegati alle tabelle di menomazione che suggeriscono una specifica metodologia valutativa basata su idonee formule o scale di valutazione.

CHE COS’È IL REGISTRO NAZIONALE DELLE M.P.

y Il registro nazionale (RNMP) è previsto dall’art. 10, comma 5, del D.Lgs. 38/2000.

y “Ai fini del presente articolo, è istituito, presso la banca dati INAIL, il registro nazionale delle malattie causate dal lavoro ovvero ad esso correlate …“

y È un osservatorio nazionale dove confluiscono informazioni sulle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia

Al RNMP possono accedere:

y Inail

y Commissione Scientifica ex art. 10 D.Lgs.38/2000 y strutture del SSN

y le DPL e gli altri soggetti pubblici cui, per legge o per regolamento sono attribuiti compiti in materia di protezione della salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro.

CONCLUSIONI

In conclusione possiamo affermare che per un corretto inquadramento delle Malattie Professionali concorrono vari elementi che derivano sia da un’accurata raccolta anamnestica ed un approfondito esame clinico, sia da un approccio multidisciplinare che consenta un intreccio tecnico e sanitario utile a sciogliere dubbi inerenti l’esposizione al rischio professionale nonché le conclusioni diagnostiche e valutative.

Le sinergie operative plurispecialistiche consentono infatti di affrontare la problematica delle M.P. in modo più produttivo, specialmente in merito alle nuove lavorazioni ed ai nuovi rischi, alle patologie emergenti, alle malattie multi-fattoriali ed alle diagnosi differenziali.