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INQUADRAMENTO CLINICO DELLE PATOLOGIE DEL RACHIDE

Francesco Liotti – Medico del Lavoro

Nell’ambiente di lavoro si rinvengono molteplici fattori di rischio per la salute di chi vi opera. Si distinguono rischi per la sicurezza (di natura infortunistica quali macchine, impianti elettrici, incendi, esplosioni) e per la salute (di natura igienico-ambientale - quali agenti fisici, chimici e biologici- e di tipo trasversale - riguardanti l’organizzazione del lavoro, i fattori psicologici, i fattori ergonomici).

La medicina del lavoro ha avuto da sempre come obiettivo quello di evidenziare le connessioni tra l’attività lavorativa e i possibili danni che possono nuocere al benessere psicofisico dei lavoratori. Negli ultimi anni, grazie al progressivo miglioramento delle condizioni di lavoro, le malattie connesse al lavoro hanno cambiato le loro caratteristiche, spostandosi da patologie ben definite, dovute cioè a singole e specifiche cause (ad es. il saturnismo per gli esposti a piombo, la silicosi per gli esposti a polvere di silice), a patologie aspecifiche in cui il più delle volte la sintomatologia si presenta sfumata e simile a quella di altre patologie di natura non professionale.

Infatti, tra le più frequenti patologie presenti in ambito lavorativo ci sono sicuramente i disturbi muscolo-scheletrici (DMS).

Tali affezioni interessano le strutture ossee, muscolari, tendinee e le borse articolari.

Possono coinvolgere tutti i segmenti corporei, ma è a livello della schiena e dell’arto superiore che sono più frequenti.

In questa trattazione ci soffermeremo prevalentemente sulle patologie della colonna vertebrale.

In Italia, secondo alcune stime epidemiologiche, almeno cinque milioni di lavoratori svolgono abitualmente attività lavorative che prevedono la movimentazione manuale di carichi, fra questi lavoratori, i disturbi e le malattie acute e croniche della schiena sono diffusi più che in altre collettività di lavoro.

Fattori di rischio

I fattori che svolgono un ruolo chiave nello sviluppo delle patologie muscolo scheletriche possono essere classificati in endogeni (legati alla storia clinica e personale del lavoratore) ed esogeni (legati all’attività lavorativa e alla sua organizzazione).

FATTORI

Capacità di sostenere sforzi protratti nel tempo

FATTORI PSICOSOCIALI

Ansia

Depressione Stress

Percezione individuale del disagio in relazione al lavoro svolto

Distribuzione dei tempi di recupero nel corso del turno lavorativo

FATTORI LAVORATIVI

Elementi relativi al layout del posto di lavoro, alla tipologia, alla dimensione, al peso delle attrezzature impiegate

Su tale base, i moderni orientamenti tendono a valutare l’esposizione attraverso un approccio di carattere multifattoriale, che prende in considerazione tutti i possibili fattori di carattere lavorativo-organizzativo collegandoli nel contempo con tutte le informazioni disponibili relative ai fattori di tipo endogeno.

Elementi di anatomia e fisiologia

Il rachide è la struttura portante del corpo umano ed è costituita dalle vertebre e dai dischi intervertebrali, aventi la funzione di garantire la flessibilità del rachide nei diversi movimenti e di sopportare carichi notevoli. Al suo interno il rachide ospita il midollo spinale, struttura da cui originano i nervi che raggiungono le diverse parti del nostro corpo. Sulle vertebre si inseriscono muscoli e legamenti. Fra queste strutture, il disco intervertebrale è, senza dubbio, quella maggiormente soggetta ad alterazioni. Con l’avanzare dell’età, infatti, esso tende a perdere la sua capacità ammortizzatrice, la colonna vertebrale diventa, quindi, più soggetta a disturbi, soprattutto a livello del tratto lombare.

Principali quadri clinici

Le alterazioni più comuni del rachide sono rappresentati da:

• Lombalgia acuta e/o cronica

• Artrosi

• Ernia del disco

• Alterazioni delle curve della colonna (la scoliosi, il dorso piatto, il dorso curvo o ipercifosi, l’iperlordosi).

Lombalgia

La lombalgia (low back pain) è una delle più frequenti cause di riduzione temporanea o permanente della capacità lavorativa. Negli USA, rappresenta la prima causa di limitazione permanente della capacità produttiva nei lavoratori al di sotto dei 40 anni. In Gran Bretagna ogni anno il 4% dei lavoratori affetti da patologia della colonna cambia lavoro. In Italia, secondo i dati dell’Istat del 2000, l’assenza dal lavoro per malattia legata a patologie del rachide è pari all’8% e sale al 16% negli operatori della sanità.

Il low back pain è una delle maggiori cause di morbosità, non solo nella popolazione generale, ma anche fra le diverse categorie di lavoratori in quanto rappresenta il sintomo muscolo-scheletrico più frequentemente correlato al lavoro, il motivo più comune di richiesta di cure e di perdita di giorni di lavoro.

I disturbi lombari possono manifestarsi in tutti i settori lavorativi, anche se alcuni tipi di lavoro sembrano essere maggiormente a rischio. Tra questi le attività assistenziali nel comparto sanitario, l’industria pesante, l’agricoltura, l’edilizia, il trasporto e l’immagazzinamento delle merci.

Il termine dolore lombare o lombalgia viene distinto, sulla base delle modalità di manifestazione in dolore di tipo:

• meccanico: quando è aumentato dal movimento

• non meccanico: quando è presente anche a riposo

• viscerale

Nel 70% dei casi non si è in grado di formulare una diagnosi che sia correlabile alla sintomatologia dolorosa ed, in accordo con i protocolli internazionali, questi casi vengono

classificati sotto il termine di lombalgia comune. Solo nel 27% dei casi è possibile formulare una diagnosi eziologica.

Artrosi

L’artrosi è una malattia articolare cronica caratterizzata da lesioni degenerative a carico della cartilagine delle articolazioni artrodiali. L’eziologia è ignota, per cui si presuppone un’eziopatogenesi multifattoriale. Si può affermare che lo stato di equilibrio articolare è mantenuto da un carico normale esercitato su una cartilagine normale, e quindi tutti i fattori capaci di modificare questo stato possono essere considerati fattori di rischio. Lo squilibrio può derivare dall’influenza abnorme dei fattori che agiscono sul carico (malformazioni o mal posizioni articolari, instabilità articolare, attività professionale e traumi) o sulla cartilagine (infiammazione, predisposizione genetica, disordini metabolici) o su entrambi. Il dolore è il sintomo principale. È di tipo meccanico in quanto viene risvegliato con il movimento e si calma con il riposo. Se i becchi artrosici comprimono un nervo possono determinare la comparsa di formicolii e/o parestesie alle braccia o alle gambe.

Ernia discale

L’ernia del disco si manifesta quando la parte centrale del disco intervertebrale, detta nucleo polposo, attraversa l’anello fibroso che lo racchiude e fuoriesce dal disco, andando a comprimere il nervo. Il dolore lombare è il sintomo più frequente, aumentato dalla stazione eretta prolungata, dal sollevamento di carichi, dai movimenti di flessione ed estensione del tronco.

La sintomatologia può essere episodica con lunghi periodi di remissione, a volte di anni e può comparire gradualmente o improvvisamente in seguito ad uno sforzo o ad un brusco movimento. Il dolore generalmente è prevalentemente diurno, con remissione nel riposo a letto. Successivamente si può avere interessamento radicolare del nervo lombare con irradiazione del dolore all’arto corrispondente. In sintesi, la sintomatologia che determina un’ernia discale può essere suddivisa in sintomi lombari e sintomi radicolari. I sintomi lombari (rachidei) sono dovuti alla stimolazione dolorosa dell’anello fibroso e del legamento longitudinale da parte del disco che protrude nello speco vertebrale. I sintomi radicolari (cruralgia e sciatalgia) sono, invece, sostenuti dall’irritazione vera e propria della radice nervosa. Nei casi avanzati, quando si passa dall’irritazione della radice nervosa alla compressione, si possono avere alterazioni della sensibilità (parestesie), seguite da riduzione della sensibilità (ipoestesie) fino a raggiungere in qualche caso, la perdita completa della sensibilità nel territorio della radice nervosa interessata (anestesia).

Contemporaneamente compaiono disturbi del movimento dell’arto inferiore che, nei casi più gravi, possono sfociare in paralisi motorie dei segmenti muscolari interessati.

Alterazioni delle curve della colonna Sono rappresentate da:

• scoliosi

• dorso piatto

• dorso curvo o ipercifosi

• iperlordosi.

Tutte queste alterazioni, ed in particolare la scoliosi e l’iperlordosi, non derivano da attività lavorative ma possono essere congenite o dovute a carenza di adeguata attività fisica. Se presenti in forma rilevante, possono aumentare le probabilità di avere disturbi alla colonna vertebrale connessi con l’attività lavorativa.

Valutazione della movimentazione manuale dei carichi

Numerosi sono i metodi di valutazione della movimentazione manuale dei carichi presenti in letteratura.

Il modello attualmente più utilizzato è quello proposto dal National Institute for Occupational and Health (NIOSH). Tale metodo è in grado di determinare, per ogni azione di sollevamento, il “limite di peso raccomandato” attraverso un’equazione che, dato un peso massimo sollevabile in condizioni ideali, considera eventuali elementi sfavorevoli cui viene assegnato un determinato fattore de moltiplicativo che può assumere valori compresi tra 1 (per le condizioni ottimali) e 0 (per le peggiori). Il NIOSH, nella sua proposta parte da un peso ideale di 23 kg che viene considerato protettivo per il 99% dei maschi adulti e per il 75-90% delle donne.

Normativa di riferimento

Il titolo VI del D.Lgs 81/2008 regolamenta il rischio da movimentazione manuale di carichi intendendo con tale termine tutte le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.

Le affezioni della colonna vertebrale sono di frequente riscontro in numerose attività lavorative in cui vi sia un abituale ricorso alla forza manuale: addetti all’edilizia, all’industria ceramica, cavatori, operatori sanitari, addetti ad operazioni di facchinaggio, ecc. Queste condizioni lavorative presentano un preciso ruolo causale o concausale tra attività di movimentazione manuale di carichied incremento del rischio di contrarre affezioni acute e croniche dell’apparato locomotore ed in particolare del rachide lombare.

Per questi motivi in molti Paesi si è sentita la necessità di emanare norme atte a regolamentare l’uso della forza manuale. Nell’allegato XXXIII del D.Lgs 81/2008 si fa riferimento alle norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale di carichi.

Proposta metodologica per la diagnosi delle patologie del rachide

L’approccio diagnostico alle patologie muscolo-scheletriche deve essere di tipo olistico, non deve, quindi, limitarsi ad indagare la sola sede del danno, ad esempio la colonna vertebrale, ma anche altri distretti che in qualche modo potrebbero essere responsabili delle manifestazioni patologiche riscontrate.

La metodologia da noi adottata comprende vari step:

I STEP

Si basa sulla raccolta anamnestica e dei sintomi utilizzando questionari standardizzati.

Le informazioni sui disturbi alla colonna vertebrale e degli arti superiori possono essere raccolte mediante questionari ad hoc, quali il Questionario Nordico Standardizzato per l’analisi dei sintomi muscolo-scheletrici o versioni modificate di esso. Nel corso della valutazione anamnestica devono essere esaminati i cosiddetti "segnali rossi" (red flags), indicatori di possibili gravi patologie spinali ed i "segnali gialli" (yellow flags), indicatori di una possibile cronicizzazione della lombalgia.

I segnali rossi comprendono:

• insorgenza prima di 20 e dopo 55 anni

• presenza contemporanea di dolore toracico

• anamnesi remota di neoplasie

• tossicodipendenza, HIV

• calo ponderale rapido

• anamnesi positiva per evento traumatico importante

• dolore di natura non meccanica costante e progressivo

• uso sistematico di steroidi

• persistente e grave diminuzione del grado di flessione lombare.

I segnali gialli comprendono:

• Anamnesi di pregressi episodi di lombalgia

• Dolore irradiato alla gamba

• Manovra di sollevamento dell’arto esteso ridotta

• Forza muscolare del tronco ridotta

• Segni di interessamento della radice nervosa

• Forte fumatore

• Comportamento sproporzionato nei confronti

• della gravità della malattia

• Scarsa soddisfazione del lavoro

• Sindromi ansiose e depressive

• Controversie medico-legali in atto

• Numero di giorni di assenza dal lavoro

• Problemi personali (finanziari, familiari…) II STEP

Consiste nell’effettuazione dell’esame obiettivo (dei sistemi vascolare, nervoso, muscolo-scheletrico e della colonna vertebrale) e di test diagnostici (Test di stiramento del nervo sciatico, Punti di Valleix, Manovra di Wasserman - radici L2-L3-L4 -, Test di distrazione del nervo femorale, Manovra di Valsalva).

III STEP

Si basa sulla somministrazione di scale auto valutative e sull’effettuazione di indagini strumentali Rx, EMG-ENG, TC e RMN, Neurometer, VES, PCR, FOSFATASI ALCALINA, CALCEMIA etc.e consulenze specialistiche (consulenza psichiatrica).

Le componenti essenziali che caratterizzano i DMS sono il dolore e la limitazione funzionale “impairment” alla base della disabilità.

La valutazione dell’impaiment riguarda:

DOLORE

VAS (scala visuo analogica del dolore) in cui la risposta del lavoratore circa l’intensità del suo dolore viene spressa su una scala grafica. Questa scala continua, proposta da Scott ed Huskisson è costituita da un segmento di retta (generalmente di 100 mm) alla cui estremità sono normalmente ancorate le indicazioni “assenza di dolore” e “il più forte dolore immaginabile”.

Mc Gill Pain Questionnaire (MPQ) costituito da 78 descrittori del dolore ognuno dei quali possiede, oltre alla connotazione qualitativa, anche un preciso valore di intensità (valori di

scala e valori di rango). Tali termini vengono raccolti in 20 sottoclassi a loro volta distinti in 4 classi principali che definiscono le dimensioni dell’esperienza algica: la classe somatica (sottoclassi 1-10), la classe affettiva (sottoclassi 11-15), la classe valutativa (sottoclasse 16) e la classe miscellanea (sottoclassi 17-20).

DEFICIT MOBILITÀ

MISURAZIONE ROM (Range of Motion)

Per la valutazione del ROM articolare si valuta la flessione del tronco, l’estensione all’indietro, l’inclinazione laterale destra e sinistra, la rotazione sul bacino. Si appuntano i gradi di movimento, i centimetri di distanza, eventualmente presenti, tra la punta delle dita ed il suolo nella flessione anteriore.

TEST DI SCHÖBER

Tale test aiuta a quantificare la flessione lombo-sacrale.

Sulla schiena del lavoratore in posizione eretta, l’esaminatore segna due punti: uno 5 cm al di sotto e l’altro 10 cm al di sopra della giunzione lombo-sacrale. Poi chiede al lavoratore di effettuare una flessione massimale: nel soggetto normale, la lunghezza del versante dorsale del rachide deve apparire di almeno 5-6 cm; se, invece, essa risulta essere di molto inferiore a questa misura, ciò può suggerire la presenza di una contrattura muscolare da discopatia oppure da spondilite anchilosante.

Per la valutazione della disabilità esistono diverse scale molte delle quali riguardano il low back pain e comprendono: Oswestry Low Pain Disability Questionnaire; Low Back Pain Disability Questionnaire of Roland and Morris, Spine Pain Index.

La radiografia, la TC e la RMN nello studio delle patologie del rachide presentano dei limiti. Infatti: in 1/3 dei soggetti con meno di 30 anni e in quasi tutti i soggetti con più di 60 anni sono presenti: segni di degenerazione dei dischi lombari, osteofiti ed artrosi delle faccette articolari, scoliosi moderata, calcificazioni discali, ernie di Schmorl ed altre anomalie congenite.

Lo studio neurofisiologico si basa su Elettroneurografia ed Elettromiografia. La prima studia la velocità di conduzione motoria (VCM) e sensitiva (VCS) del nervo. La seconda Studia l’attività elettrica delle fibre muscolari. Consente, inoltre, di evidenziare una lesione muscolare primitiva o secondaria ad una patologia del nervo o ancora della cellula motrice delle corna anteriori. Questa metodica necessita di un operatore esperto ed è abbastanza indaginosa, è infatti piuttosto lunga e scarsamente tollerata dal lavoratore che difficilmente vorrà ripetere l’esame anche per seguire l’evoluzione della malattia nel tempo. La metodica ENG con ago è invasiva ed ha un non trascurabile rischio di sanguinamento specie per i lavoratori affetti da coaugolopatie o in terapia antiaggregante o anticoagulante. In corso di ENG, inoltre, il lavoratore deve tollelare correnti dell’ordine dei mA (milliAmpere) in vari distretti corporei che risultano piuttosto fastidiose. Il fatto che non sia richiesta la collaborazione del lavoratore rende il neurometer più completo nella valutazione della funzione sensitiva.

Il Neurometer (Automated Neuroselective Sensory Nerve Conduction Thresholds) è un test non doloroso né invasivo che utilizza uno stimolo elettrico a differenti frequenze (2000, 250 e 5 Hz) capace di valutare selettivamente ogni sub-popolazione di fibre sensitive. È in grado di valutare più del 90% delle fibre mieliniche e amieliniche di un tipico nervo sensitivo ed è applicabile su ogni area cutanea e muscolare di qualunque distretto (dita, piedi, talloni, genitali, ecc.). Quantifica l’intera gamma di disfunzioni sensitive (parestesie, iperestesie, ipoestesie, etc.), Permette lo studio differenziato di diverse componenti della fibra nervosa sensitiva (Ab, Ad, C), Consente un buon esame della sensibilità nervosa,

Può essere ripetuta per seguire nel tempo il decorso di una neuropatia, è di rapida esecuzione, economico e quindi si può utilizzare come screening e/o per la diagnosi precoce oppure per completare la diagnosi e l’inquadramento di neuropatie di origine professionale (da MMC, da stress ergonomico, da vibrazioni, ect.) e non (es. neuropatia diabetica).

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