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COmUNICAzIONE, SVILUPPO Antonio Imbasciati, Francesca Dabrass

CAPITOLO 8 IL DIALOGO EmOTIVO

8.2. IL DIALOGO SOmATICO

Antonio Imbasciati

In ogni relazione scorre una continua automatica e assai poco consapevole comunicazione non verbale: sguardi, mimica, into- nazione della voce, posture, gesti, motricità e perfino l’olfatto me- diano continuativamente messaggi interpersonali non consapevoli. Anche il contesto sociale e ambientale funge da quadro significan- te di tutti i messaggi. Quanto più la relazione interpersonale riveste

importanza per il soggetto, tanto più questa comunicazione non verbale (C.N.V.) ha valore e persino sopravvento sulla comunicazio- ne del linguaggio parlato: ecco che la relazione genitore/bambino acquista il massimo valore, ma anche tutte le relazioni affettive ve- dono al loro centro la C.N.V.; si pensi all’incontro amoroso.

È questa la «trasmissione di affetti», che ha un valore cognitivo in quanto condiziona il soggetto per ogni suo altro processo men- tale. È il suo cervello destro che primariamente elabora la C.N.V. e la decodifica in base al proprio sistema mnestico, per poi, even- tualmente e non sempre, passarla all’emisfero sinistro, dal cui lavo- ro il soggetto trae qualche informazione cosciente circa i messaggi affettivi che sono intercorsi.

Questo «cervello emotivo» è direttamente connesso con il soma: le emozioni percepite hanno sempre un effetto somatico, rilevato o no, ma anche processi emotivi non consapevoli (di cui nulla giunge alla coscienza del soggetto) hanno effetti somatici; sono questi di solito gli effetti più duraturi, che costituiscono la co- siddetta somatizzazione.

Il cervello emotivo (emisfero destro e formazioni mesolimbiche) governa non solo il Sistema Nervoso Vegetativo, ma anche tutto il sistema ormonale (neuroipofisi-ipofisi-ghiandole endocrine), non- ché il sistema immunitario e il turn-over cellulare con la sua even- tuale produzione di cellule neoplastiche, eliminate di solito dai na- turali killer del sistema immunitario stesso.

Inseriamo qui, riprendendolo da un precedente nostro lavoro (Imbasciati 2009), uno schema esemplificativo.

Fig. 5.Il dialogo emotivo extraverbale e i suoi effetti neuropsicosomatici.

[Grafica a cura di Imbasciati, Cena]

Come nella figura si può visivamente cogliere, v’è un circuito continuo: supposti due individui in relazione, dal cervello emotivo dell’uno (A) viene modulata una comunicazione non verbale, che agisce nel cervello emotivo dell’altro (B), condizionando in que- sto una ulteriore risposta comunicativa, non verbale, che a sua vol- ta agisce sul cervello emotivo del primo soggetto. Ovviamente tale comunicazione, nell’uno e nell’altro passaggio, necessita di essere codificata (quale significato è veicolato dal significante somatico?) dall’emittente e decodificata (che significato comunica?) dal rice- vente. Il tutto avviene in maniera automatica e al di fuori di ogni coscienza. La sintonia del dialogo consiste nell’appropriatezza del- la decodifica che un primo individuo dà al significato veicolato dal significante corporeo codificato dall’altro individuo, nonché nel- la adeguatezza di una risposta, anch’essa codificata dal primo in-

dividuo, che deve essere appropriata e appropriatamente decodifi- cata dal secondo; e via dicendo, in conseguente adeguata codifica di un’ulteriore appropriata ulteriore risposta. Al contrario, se quanto sopra non si verifica, o si inceppa, abbiamo una dissintonia: dialo- go tra sordi, invasività, prepotenza, o, anche, identificazione proiet- tiva. I due tipi di dialogo sortiranno effetti diversi nel soma, dell’uno e dell’altro soggetto (soma A, soma B). Qui, attraverso il S.N.C., si- stema endocrino, sistema immunitario, ricambio cellulare, si pos- sono produrre effetti, positivi e negativi: irrilevanti, piuttosto che cospicui, a seconda dell’intensità della relazione (potremmo pen- sare a quantità di flusso e a velocità nel circuito) e della recettività di ognuno dei due. L’effetto somatico funge a sua volta come ulte- riore significante nel dialogo, che può produrre effetti differenzia- ti nei due dialoganti: per esempio nella nostra figura il soma B indi- ca, con lo spessore della freccia, un effetto somatico maggiore che nel soma A.

Il circuito schematizzato rappresenta una «possibilità» di ogni relazione, che può essere messa in atto quando la relazione diven- ta rilevantemente significativa, come nel caso di quella di un care- giver/bimbo. In minor misura nelle relazioni intime tra adulti; o tra medici e pazienti.

Quanto la letteratura psicologica ha sottolineato, per molti anni addietro, come l’importanza di una trasmissione di affetti (positivi e negativi) nella strutturazione della mente, nel bimbo in particola- re, ma anche nell’adulto, è stata oggi convalidata e dimostrata dal- le neuroscienze. Il concetto di maturazione neurale è cambiato in queste ultime decadi: ciò che si credeva frutto dell’espressione ge- nica è invece opera di apprendimenti, fetali e neonatali, che strut- turano il S.N.C. In questo quadro ciò che, chiamato «affetto», si ri- teneva nel senso comune evento al di fuori della neurobiologia, si è invece rilevato come evento neurale che condiziona lo sviluppo della funzionalità cerebrale. La trasmissione di affetti, che incon- sapevolmente intercorrono in qualunque relazione interperso- nale, proporzionalmente alla sua durata e al suo grado di intimità, viaggia sui canali della comunicazione non verbale che viene de- codificata a livello centrale producendo apprendimenti e ulteriori strutture neurali. Questa strutturazione comporta una funzionalità individuale, a seconda degli apprendimenti che vengono elabora- ti a seguito delle comunicazioni di affetti (C.N.V.) ricevute da ogni singolo, nonché in funzione delle altre vicissitudini di vita: tutto ciò caratterizzerà la mente di quell’individuo.

La strutturazione che avviene in funzione della comunicazione di affetti è tutt’altro che trascurabile, poiché condiziona ogni ulte- riore apprendimento e ogni ulteriore strutturazione neurale. Tut- to ciò ha un rilievo enorme nell’epoca perinatale. Sappiamo che già il feto impara, ancor più il neonato. Un tale primo apprendi- mento si struttura nel sistema mentale mnestico che ha il suo ful- cro nell’amigdala. Solo con il secondo anno di vita entra in fun- zione un secondo sistema mnestico, imperniato sull’ippocampo. Il primo sistema riguarda la memoria detta «implicita», preverba- le, mai coscientizzabile. Associato e responsabile di questo siste- ma mnestico è il lavoro dell’emisfero destro: è questo che «dialo- ga» con l’emisfero destro della madre; e ciò indipendentemente da un eventuale successivo mancinismo (Schore 2003 a, b). È questo il cervello emotivo, oggi non più considerato circoscritto al cer- vello mesolimbico, ove per primo fu rilevato: cervello emotivo re- sponsabile di una vera attività mentale, per apprendimenti e me- morie, che ha valore cognitivo. Si parla pertanto di intelligenza emotiva (Goleman 1995). La maturazione del cervello sinistro ini- zia dopo, ed è condizionata da quella del destro, ovvero il cervel- lo sinistro, che gradualmente svilupperà quelle attività che vanno sotto il nome di coscienza, linguaggio, memoria ricordabile («di- chiarativa»), «apprende» condizionatamente da quanto ha appreso il cervello destro. Ovvero le emozioni (ovviamente non consape- voli) condizionano i processi più strettamente detti cognitivi. Alcuni autori sottolineano come il cervello sinistro sia subordinato al de- stro e quasi «esegua» ciò che gli «detta» il destro, facendo crede- re alla coscienza del soggetto di poter essere autore consapevole delle proprie decisioni e delle proprie azioni (Wegner 2003; Mer- ciai, Cannella 2009).

Quanto sopra è stato rilevato in un primo tempo per l’epoca pe- rinatale, ove è più evidente, ma gli stessi processi continuano per tutta la vita: in misura meno pregnante e condizionatamente alla struttura di base che si è formata nei primi anni di vita, il cervel- lo continua a imparare e questo apprendimento è condizionato dal lavoro del cervello destro, che procede indipendentemente dalla coscienza del soggetto. Si è, per esempio, constatato che nelle si- tuazioni di empatia tra adulti, i due cervelli destri «lavorano» (Mer- ciai, Cannella 2009). Attualmente si stanno mettendo in relazione tali eventi con la funzione dei neuroni specchio.

La C.N.V. continuamente scorre tra gli individui, indipenden- temente da ogni loro intenzione e anche indipendentemente dal

loro stato di veglia: se qui la motricità è ridotta al minimo, perman- gono il veicolo olfattivo e quello sonoro, e se le condizioni lo per- mettono, quello tattile e termico. L’intersoggettività si dispiega in tutta la sua potenza, in un dialogo (o pseudodialogo) per così dire «incarnato», ovvero in un dialogo corporeo, somatico, inducente modificazioni somatiche dall’uno all’altro e ancora all’altro dei co- municanti. Nella Relazione si dispiega la rilevanza della psicosoma- tica. Considerando tutto ciò nei confronti di un bimbo, in struttu- razione permanente, rapida e plastica molto più di qualsiasi adulto, si evince l’importanza di quanto un caregiver può condizionare non solo lo sviluppo psichico di un bimbo, ma anche quello so- matico, nonché strutturare il tipo di equilibrio psicosomatico che questi avrà, anche quando la relazione non sarà più con un caregi- ver, ovvero nell’età adulta. Questo fa pensare al rilievo che le cure primarie assumono per lo sviluppo globale, psichico, fisico, psico- somatico, nel condizionare il futuro delle persone. Di qui il rilievo di un’assistenza, preventiva, per il futuro sociale e antropologico dell’homo sapiens.

CAPITOLO 9

IL TRIANGOLO PRImARIO