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Antonio Imbasciati, Loredana Cena

Il termine «sensibilità», così come altri in precedenza menziona- ti, è spesso abusato rispetto al significato che ha assunto in sede scientifica, mistificandone il concetto con quello che questo ter- mine ha nel linguaggio comune, nel riduzionismo sanitario in que- sto capitolo illustrato. Il concetto scientifico è stato elaborato da Mary Ainsworth (1979) e successivamente sviluppato da altri auto- ri (Main 1999, Crittenden 1988, 1994). Un comportamento di cura sensibile consiste nella capacità della madre di percepire i segna- li del bambino, di comprenderli e di rispondervi in modo adegua- to. La risposta materna è stata così definita di «responsività sensi- bile»: deve essere rapida e avvenire entro un tempo di frustrazione sopportabile per il bambino; col neonato è necessaria una partico- lare sensibilità, per non oltrepassare quelle che sono le sue possibi- lità di attesa, altrimenti la frustrazione può esaurire le sue possibili- tà di sintonizzarsi.

La «sensibilità» va differenziata dall’iperprotezione: genitori sen- sibili favoriscono nel proprio figlio una crescente autonomia. I bambini di madri sensibili, e non iperprotettive, sono già in grado nel primo anno di vita di giocare autonomamente, di esplorare il proprio ambiente e nello stesso tempo di cercare la madre per ri- cevere consolazione e sicurezza nelle situazioni di stress. L’intera- zione con la madre è caratterizzata in questo caso da minore ansia e irritabilità: questi bambini riescono a separarsi abbastanza facil- mente dalle loro madri e dopo averle cercate si lasciano facilmen- te consolare, mostrando un comportamento più collaborativo nei confronti dei limiti che vengono loro imposti. Al contrario i neona- ti di madri meno sensibili possono apparire più indipendenti dal so- stegno della propria madre, ma mostrano più ansia, rabbia e senti- menti aggressivi, tanto da non essere in grado di giocare lontani da lei, né di tranquillizzarsi se separati, accettando meno facilmente le limitazioni loro imposte (Ainsworth et al. 1978).

Il concetto di «responsività sensibile» può comprendere molto bene le caratteristiche di continuità, regolarità, regolazione emo- tiva presenti nelle buone pratiche di cura che una madre rivolge al suo bimbo secondo il costrutto indicato da Stern (1985) come «sintonizzazione affettiva». Anche il concetto di madre «sufficien-

temente buona» di Winnicott (1965) può essere per certi aspet- ti equiparabile al concetto di madre adeguatamente sensibile della Ainsworth, dove per sensibilità si intende la capacità di inviare co- municazioni adeguate con modalità e nei tempi appropriati alle ri- chieste espresse dal bimbo.

La sensibilità non è determinata però soltanto dalle strutture psi- chiche e dallo stato d’animo interiore della madre, ma dipende an- che dalle condizioni sociali circostanti: una madre sostenuta dal proprio compagno o dalla propria madre, o da altre figure di rife- rimento come ostetriche, puericultrici, o altri operatori sanitari e sociali, nonché da un buon ambiente, può concentrarsi sulle esi- genze del proprio bimbo meglio di una madre che è sola ed è so- praffatta da molte incombenze.

Come si evince, quanto denominato «sensibilità» in sede scien- tifica è ben lungi dal concetto che il senso comune attribuisce a tal termine. Ciò è sovente fonte di equivoci negli operatori della nasci- ta. Spesso si intende la sensibilità come una generica disponibilità, intenzionale e cosciente, del caregiver: più ancora così la si intende quando la si riferisce a un operatore. La «bontà» delle cure mater- ne può pertanto essere espressa dal concetto di sensibilità soltanto se questo è inteso nella sua definizione scientifica: un’adeguata re- golazione emotiva della relazione consente una qualità di appren- dimenti che saranno tanto più ottimali quanto più la relazione si costruisce attraverso una trasmissione di cure che risultino sintoni- che ai bisogni del bimbo.

A volte la madre può essere in difficoltà a comprendere e a ri- spondere in modo adeguato ai segnali che le invia il figlio, in quan- to troppo occupata interiormente dai propri stati d’animo o ester- namente da altri problemi contingenti: per il benessere del neonato è tuttavia necessario che ella interpreti correttamente i segnali che questi le invia, attribuendo loro un significato, senza in- correre nel rischio di interpretare in modo errato o distorto tali se- gnali, come risultato delle proprie esigenze o della proiezione di queste sul bambino.

La Ainsworth osserva il tipo di attaccamento alla madre da par- te del piccolo, valutato con la metodologia da lei strutturata del- la Strange Situation (Ainsworth et al. 1978). È questa una procedu- ra geniale, che può essere approssimativamente così descritta. Essa consiste nell’introdurre la diade madre-bambino in una stanza spe- rimentale adeguatamente all’uopo approntata, con la consegna di mettersi a interagire, giocando come se si fosse a casa propria.

Dopo qualche minuto una persona estranea si inserisce nelle inte- razioni e dopo ancora altri minuti la madre si allontana. Si osserva- no allora le reazioni del bimbo: può piangere, disperarsi, distrarsi, o restare abbastanza tranquillo. Dopo altri minuti la madre rientra e di nuovo vengono osservate le varie diverse reazioni del bimbo alla ricomparsa della madre: può accoglierla, calmarsi, o mostrare rab- bia; oppure evitarla come se facesse finta di niente. La procedura si ripete per otto episodi.

Tramite tale strumento, si possono codificare i comportamen- ti del bimbo, classificandone i diversi stati, valutando tre pattern di attaccamento: A, B, C. Il tipo di attaccamento che il bimbo svilup- perà dipende dalla qualità del legame che si è stabilito con i suoi caregivers rispondendo alle modalità di cura ricevute: a seconda di come i suoi bisogni potranno essere regolati, il bimbo potrà mani- festare una modalità – stile – di attaccamento sicuro, o viceversa di tipo insicuro.

Le cure adeguate che provengono da un caregiver sensibi- le contribuiscono alla costituzione di un modello di attaccamen-

to definito sicuro (tipo B), in cui due livelli di responsività materna

– soddisfare i bisogni del bambino e nei tempi adeguati – operan- do in maniera integrata consentono al bambino di mantenere un senso di sicurezza quando si trova in situazioni di separazione. Un bimbo con una madre sensibile manifesta in genere uno stato af- fettivo positivo nell’interazione con lei, anche se può piagnucola- re nelle brevi separazioni, mentre dopo separazioni più prolungate si lascia facilmente confortare, riprendendo a svolgere le sue con- suete attività.

Abbiamo al contrario l’attaccamento insicuro: il bambino non ha sperimentato sicurezza in quanto non gli è stata data risposta ade- guata e le cure non sono state appropriate all’espressione emozio- nale dei suoi bisogni cioè alle sue richieste. Le cure possono essere adeguate ma non giungono sempre nei modi e nei tempi neces- sari alla soddisfazione dei bisogni del bimbo; la madre può anche essere accessibile ma incoerente nelle sue responsività, o poco ri- spondente alle richieste di vicinanza e contatto. Se questo persi- ste, il bimbo può esprimere ansia, irritazione, rabbia, e quando la madre risponde, può comportarsi in modo da presentare difficol- tà a calmarsi. In ogni caso si struttura nel bimbo uno stato di ansia, che si manifesta nelle separazioni, avvertite come pericolo. In que- ste condizioni si strutturano le forme dell’attaccamento insicuro-

Con una madre costantemente poco sensibile si struttura nel bimbo un tipo di attaccamento insicuro-evitante (tipo A): le cure materne non giungono, né quando giungono sono adeguate ai bi- sogni, e neppure nei tempi necessari al bimbo; la madre è talora inaccessibile, non responsiva o assai poco responsiva o responsi- va in modo inappropriato. Se la situazione è contenuta, i bimbi si comportano in modo abbastanza simile ai bambini ansiosi-ambi- valenti, ma se la situazione di mancanza o inappropriatezza del- la comunicazione è intensa e/o prolungata, sviluppano uno stile di attaccamento detto «evitante». Essi imparano a fare a meno del- la madre, ma in tal modo si struttura in loro un’incapacità di av- vertire le emozioni, sia proprie, sia quelle che si sviluppano nelle relazioni. È questo un fondamento dell’alessitimia. Nella situazio- ne sperimentale della Strange Situation questi bimbi nel momento della separazione mostrano poca difficoltà e al ritorno della madre la evitano, invece che ricercarne la vicinanza. È come se si fossero rassegnati a «non vedere soddisfatti i propri bisogni»: l’evitamen- to è una modalità difensiva, come se si negasse il disagio della se- parazione. Un tale stile di evitamento si sviluppa anche a seguito di eventuali prolungati periodi di separazioni del bimbo dalla madre.

Spesso le madri dei bimbi insicuri-evitanti si rivelano come rifiu- tanti, arrabbiate in modo esplicito o più spesso mascherato, talora con un’avversione al contatto corporeo, soprattutto quando il bim- bo mostra una richiesta maggiore di vicinanza: il bimbo è sotto- posto a un grave conflitto tutte le volte che ha maggiori esigen- ze della vicinanza della madre, perché teme di ricevere un rifiuto. In questi casi il bambino tende a sviluppare le strategie alternati- ve, come quelle di distanziamento e dell’inibizione dell’espres- sione emotiva, quasi per ridurre l’indisponibilità della figura di at- taccamento. La strategia evitante può diventare col tempo un meccanismo anticipatorio, che sposta l’attenzione del bambino da situazioni in grado di attivare l’attaccamento, verso oggetti inani- mati, per esempio i giocattoli. Di fronte all’incapacità del genito- re di essere adeguatamente responsivo, è questo l’unico modo per mantenere un’organizzazione flessibile del comportamento e una vicinanza accettabile con il caregiver (Main, Weston 1981).

I diversi stili di regolazione emozionale tendono a perdurare pur modificandosi nel tempo, influenzando l’adattamento sociale nel- le varie fasi evolutive. Perché un individuo raggiunga un’adeguata capacità di «comunicazione intrapsichica» con se stesso è fatto- re determinante il riconoscere le proprie emozioni: questo lo si ap-

prende nella trasmissione delle prime modalità relazionali di attac- camento. Tale capacità appare profondamente influenzata dal tipo di «accessibilità» emotiva che il genitore manifesta, spesso a sua volta collegata alle figure di attaccamento del corso della propria pregressa storia infantile. Il bambino che si rivela evitante ha im- parato ad attutire, negare le emozioni, e pertanto non ha potuto imparare ad avvertirle. Sarà tendenzialmente un individuo alessiti- mico, e a sua volta un genitore poco sensibile e distanziante, pro- ducendo a sua volta figli che con molta probabilità saranno alessi- timici.

I pattern di attaccamento sono considerati come specifici stili di comunicazione e regolazione emotiva (Cassidy 1994) che il bambi- no costruisce in relazione alle figure di attaccamento adattandosi al grado di disponibilità emotiva dimostrata da queste ultime. L’attac- camento sicuro corrisponde alla capacità del bambino di comuni- care apertamente ogni emozione, positiva e negativa, a un caregi- ver percepito come emotivamente disponibile. Il bambino impara così a gestire le emozioni. L’attaccamento insicuro evitante invece, comportando una rilevante riduzione dell’espressione delle emo- zioni, positive e negative, per prevenire rifiuti da parte di un care- giver sperimentato come non responsivo, non permette al bimbo di imparare a gestire ed esprimere liberamente le proprie emozio- ni. Nel bambino infine con attaccamento ansioso-ambivalente vie- ne enfatizzata soprattutto l’espressione di emozioni di segno nega- tivo, finalizzate ad attivare e mobilitare l’attenzione di un caregiver altrimenti poco disponibile. Il bambino si è trovato a sperimentare situazioni stressanti, cioè pericolose per la sua sicurezza, e impara così a gestire le relative emozioni in modo più o meno clamoroso, per ottenere quello che ha sperimentato a volte avvenire ma altre volte non accadere, cioè la cura e l’attenzione della madre.

Un discorso più complesso riguarda un’altra modalità di attac- camento inadeguato, quello disorganizzato (Main, Solomon 1986), dovuto a cure incoerenti e molto inadeguate: nel bimbo sono pre- senti comportamenti contraddittori, stereotipie, movimenti asim- metrici, congelamento o immobilità nella riunione col caregiver. In questi casi l’espressione comportamentale appare assolutamen- te priva di uno scopo osservabile, di una motivazione intenziona- le o della possibilità di realizzare un comportamento finalizzato: rappresenta una rottura delle strategie organizzate per affrontare lo stress e regolare lo stato emotivo (Main, Hesse 1992). Le conse- guenze a lungo termine di questa rottura della strategia di regola-

zione affettiva si presentano in quello che viene definito attacca- mento disorganizzato: una difficile gestione di ogni situazione di stress e di emozioni negative (attestate anche dalla presenza per- durante di elevati livelli di cortisolo nella saliva e dall’aumento del- la frequenza dei battiti cardiaci, ben oltre il tempo di esposizio- ne allo stress: Van Ijzendoorn, Schuengel, Bakermans-Kranenburg 1999). Questo tipo di attaccamento è foriero di disordini psichici dell’adulto: bambini con attaccamento disorganizzato sono spesso candidati a diventare dei border.

Le situazioni che possono condurre a un’insensibilità materna sono diverse: se una madre nella sua vita non ha potuto stabilire le- gami di attaccamento sicuro, difficilmente potrà rispondere al suo bimbo con modalità di cura tali da sollecitare in lui un attaccamen- to di tipo sicuro (Bowlby 1973). Se nell’infanzia una madre ha svilup- pato nei confronti dei propri genitori un attaccamento di tipo an- sioso, le richieste del bimbo le possono sembrare poco decifrabili, o eccessive, e potrà ritardare a rispondere, o non rispondere con cure adeguate, oppure inquietarsi alle sue richieste; questa moda- lità di attaccamento ansioso può essere tramandata dal genitore al figlio e da una generazione all’altra. Diversi studi hanno evidenzia- to una correlazione tra i dati raccolti con la Adult Attachment In- terview (George, Kaplan, Main 1985) somministrata ai genitori e i ri- sultati alla Strange Situation somministrata ai loro figli (Main, Kaplan, Cassidy 1985): sofferenze o lutti irrisolti della madre, derivanti da esperienze infantili con la propria madre, influiscono nella relazione con il figlio; in particolare la mancata responsività o una responsivi- tà non adeguata della madre nell’interazione con il bimbo ha origi- ne in genere da separazioni traumatiche irrisolte, subite nella pro- pria vita, con perdita delle proprie figure di attaccamento.

5.4. UNO STRUmENTO PER VALUTARE

LA «SENSIbILITà» E LA qUALITà