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DALLE CURE mATERNE E STRUTTURAzIONE DELLA mENTE DEL bImbO

4.4. PROCESSI ImPLICATI NELLE CURE mATERNE

Antonio Imbasciati, Loredana Cena

Quanto sino a ora detto comporta particolare attenzione ad alcuni concetti, come enucleati nella nostra figura (fig. 2.4), per molti dei quali occorre una rivalutazione rispetto a quanto si è finora pensa- to nella cultura corrente.

Essenziale riferimento si fa innanzitutto a una rivalutazione del- la affettività primaria, inconsapevole, inconscia, e dunque ai pro-

cessi inconsapevoli che stanno alla base delle modalità prima-

rie attraverso cui la madre trasmette al bimbo e il bimbo elabora quello che la madre gli trasmette. I processi affettivi inconsapevo- li sono strutturanti lo sviluppo del futuro individuo a seconda del modo con cui verranno trasmessi, modulati, veicolati, sintonizzati

piuttosto che distonici rispetto a quanto emette il bimbo, e di con- seguenza trasformati ed eventualmente assimilati. L’affettività non è qualcosa che promani dal soggetto, come talora si crede, bensì si costruisce per la relazione e corrisponde a precise strutturazio- ni che si costruiscono nel cervello. L’affettività primaria è fondante, e viene indagata nelle sue manifestazioni e modulazioni attraver- so lo studio dello sviluppo della reciproca regolazione emotiva, sia coi metodi propri della psicologia, sia da quelli delle neuroscien- ze. La ricerca neurobiologica (Fox 1994; Siegel 1999, 2001; Scho- re 2003a, b) ha studiato la regolazione emotiva nelle sue origini, nell’interiorizzazione delle regolazioni affettivo-emotive che inter- corrono entro la relazione primaria madre-bambino e nella loro funzione di strutturazione neurale.

RIVALUTAZIOnE DI COnCETTI

› Affettività primaria come base dello sviluppo neuromentale › Processi inconsapevoli

› Memoria implicita › Intelligenza emotiva › Apprendimento relazionale

› Maturazione neurale per apprendimenti relazionali

› Regolazione affettiva come processo di costruzione del cervello › Trasmissione di significati nelle interazioni

› Sintonizzazione o al contrario dissintonia/incongruenza di messaggi Per capire cosa sono le

CURE mATERnE

Significanti emanati dalla struttura materna modulati dalle capacità della madre (sintonizzazione/rêvérie)

a costituire significati nella struttura mentale primaria del bimbo. EFFETTI POSITIVI – EFFETTI nEGATIVI

Ciò che conta non sono le cure fisiche né la presenza continuata, ma ciò che viene emesso come significante di un significato, che può (o non può) essere assimilato, o che può distruggere precedenti acquisizioni a seconda della sintonia piuttosto che della dissintonia del dialogo.

L’attività regolamentativa primaria svolta dalla madre si espli- ca inizialmente sulla modulazione di processi fisiologici, quali i cicli sonno-veglia, la termoregolazione, la nutrizione. A tal proposito la ricerca sperimentale ha messo in evidenza come negli animali, per esempio nei piccoli dei ratti separati precocemente dalla madre, venga a mancare la sua funzione organizzatrice e regolatrice: i to- polini presentano disturbi significativi nei ritmi sonno-veglia, della produzione ormonale (ormone della crescita), delle funzioni atten- tive (Hofer 1978, 1981, 1990). Studi più recenti indagano lo svilup- po della regolazione emotiva in correlazione allo sviluppo cerebra- le (Siegel 2003): le esperienze affettivo-emotive sperimentate dal bimbo nei primi due anni di vita vengano codificate, a livello incon- sapevole, attraverso una memoria di tipo implicito, non dichiarativa (Schacter 1996) che implica il coinvolgimento di strutture cerebra- li primitive (amigdala, regioni limbiche, nuclei della base, corteccia motoria e espressiva e in generale il cervello destro).

La memoria implicita va di conseguenza rivalutata. Dicesi «me- moria implicita» quella memoria primaria che sottende a proces- si completamente inconsapevoli: essa è attiva in ogni comporta- mento adulto; nel bimbo organizza la trasmissione dei suoi primi apprendimenti. La memoria implicita non potrà mai essere co- scientizzata, ovvero ricordata, pur essendo fondante ogni ulteriore apprendimento e pertanto ogni ulteriore memoria. Da qui l’impor- tanza che essa viene ad assumere: non è solo inconscia, ma non potrà mai essere resa cosciente. I primi apprendimenti stanno an- che alla base di quello che per noi è diventato automatismo: non ci ricordiamo per esempio di quali e quanti singoli movimenti si siano dovuti memorizzare per apprendere a camminare. Altri esempi più complessi possono essere citati: per esempio quelli che riguardano i MOI o più generalmente i diversi modi di relazionarsi; i modi dello «stare con» (Stern 1995), o quanto viene definito carattere, o molti tratti di personalità. La memoria di tipo implicito (Siegel 1999, 2001) è il livello più precoce di memoria nell’individuo ed è venuta a co- struirsi attraverso la modulazione veicolata dai canali acustici, tatti- li, propriocettivo-motorio, olfattivi, visivi: è una memoria del tutto diversa da quella identificata come memoria di rappresentazione, collegata questa al linguaggio e alla memoria dichiarativa.

La memoria implicita è anteriore al senso di continuità del Sé (Siegel 1999, 2003), che inizia a partire dai 18 mesi quando, attra- verso la maturazione di aree cerebrali quali lobo temporo-mediale, ippocampo, corteccia orbito frontale le esperienze iniziano a esse-

re elaborate dalla successiva memoria, di tipo esplicito (semantica, autobiografica ed episodica, e infine dichiarativa) (Imbasciati, Mar- giotta 2005); e comunque permane nell’adulto.

Il riconoscimento, l’espressione e la regolazione delle emozio- ni sono elaborate soprattutto dall’emisfero cerebrale destro, indi- cato come il dominante, rispetto a quello sinistro, entro i primi tre anni di vita del bimbo (Fox 1994; Schore 1994, 2001, 2003a, b; Sie- gel 2001). Con la crescita e nell’adulto l’attività dell’emisfero destro viene a essere integrata con quella svolta dall’emisfero cerebrale si- nistro, che svolge un’attività di controllo delle emozioni, anche se permane dominante l’emisfero destro nei processi di elaborazione, comprensione e manifestazione delle emozioni stesse. L’emisfero destro viene indicato come luogo dell’intelligenza emotiva. Fino a poco tempo fa si considerava nella cultura corrente solo quell’in- telligenza che può essere resa consapevole: oggi si fa riferimento a una più complessa e importante intelligenza emotiva (Goleman 1995, 1998). Attraverso filmati con la PET è possibile vedere come il cervello destro della madre lavori in corrispondenza con un cor- rispondente lavoro del cervello destro del bimbo: l’affettività è una forma di intelligenza; è la base di tutta la successiva intelligenza, ed è un’intelligenza inconscia che si apprende e che si trasmette, e che ha il suo corrispettivo neurobiologico in una maturazione so- prattutto del cervello destro del futuro individuo. Tutto ciò a se- conda dei messaggi che il cervello destro del caregiver gli invia.

Questo concetto spiega che cosa si intenda per apprendimento

relazionale. L’apprendimento non è semplicemente la registrazio-

ne di un evento, tanto meno una traccia mnestica incidentale, ma avviene nell’ambito di una relazione, cioè viene modulato attraver- so l’affettività di due dialoganti: non sono tanto i contenuti ma è la qualità della relazione attraverso cui passano questi contenuti, che comporta il modo con cui il messaggio viene assimilato. L’appren- dimento dipende da come il messaggio viene colto e il modo di chi lo apprenderà dipende dal modo con cui il messaggio gli viene modulato, oltre che dalle proprie specifiche capacità elaborative; e da chi glielo modula. Il concetto di maturazione neurale per ap-

prendimenti relazionali mette in evidenza la connessione tra la ma-

turazione cerebrale e le esperienze relazionali. Secondo gli attuali studi neurobiologici (Schore 1994, 2001, 2003a, b) la maturazio- ne del sistema nervoso dipenderà dalle interazioni primarie: sono queste che comportano connessioni sinaptiche, reti neurali, sele- zioni di popolazioni neurali e pertanto il tipo di funzionalità.

Processi come l’attenzione condivisa con il caregiver nel primo anno di vita, favoriscono un’integrazione tra le aree corticali orbi- tofrontali e quelle limbiche. Da qui l’importanza di una regolazio-

ne affettiva svolta dal caregiver, funzione regolatrice e modulatrice

che stabilisca codici di intesa, chiari piuttosto che incerti o confu- si, e pertanto rispettive modalità di pensiero. La non accessibilità af- fettiva della madre, una madre alessitimica o depressa per esempio, può provocare particolari strutturazioni nello sviluppo delle aree ce- rebrali, che si manifestano soprattutto come deficit nelle modali- tà di elaborazione delle emozioni nel bambino (Schore 2001; Siegel 1999), con conseguenze sul suo ulteriore sviluppo cognitivo.

La funzione materna descritta come sintonizzazione affetti- va (Stern 1985), integrando apporti relativi ai processi di reciproco mutuo rispecchiamento sviluppati da Winnicott (1970, 1971), indica la capacità della madre di entrare in sintonia, rimandando al bimbo ciò che lui sta vivendo in modo che ne acquisisca significato. Que- ste capacità materne sono quelle che consentiranno al neonato di acquisire schemi di interazioni che gli permetteranno di relazionar- si poi con gli altri. Gli scambi comunicativi con una madre che sa sintonizzarsi con il suo bimbo si caratterizzano in un’alternanza di turni (turn-taking) tra loro complementari. Questo è evidente nella situazione di allattamento: la mamma, se si adatta al ritmo di suzio- ne del piccolo, lo stimola con la voce, accarezzandolo, cullandolo, proprio durante le pause della poppata (Kaye 1982). Questo con- cetto viene indagato in ambito cognitivista come fenomeno della co-orientazione visiva (Bruner 1977). Si può anche rilevare nelle si- tuazioni in cui, in presenza di uno stimolo interessante, la madre vi presta attenzione su input del bimbo, cosicché entrambi dirigono la loro contemporanea attenzione allo stimolo. Questo sistema di sensibilità «mutuamente regolatesi», si esprime attraverso le mo- dalità di interazioni reciproche.

Le ricerche hanno evidenziato come nella regolazione emotiva il bimbo sia molto sensibile alle modificazioni dell’espressività della madre, modificando a sua volta le proprie modalità comunicative. Con il paradigma del volto immobile, lo Still Face (Cohn, Tronick 1983), si è dimostrato come, di fronte al volto non responsivo della madre, il bimbo intensifichi inizialmente i suoi sforzi comunicativi, ma se questo stato materno perdura, fa ricorso a forme di autore- golazione (es. succhiarsi il pollice, o dondolarsi), che gli consen- tono di alleviare i propri stati di disagio, ma lo distolgono dall’im- parare. Ancora, se ciò non è sufficiente a ristabilire un’adeguata

sintonizzazione emotiva materna, si può verificare un effetto disor- ganizzante nel comportamento globale del bimbo.

La dovuta attenzione a questi concetti spiega la trasmissione di

messaggi modulati dalla struttura del caregiver nelle interazioni at-

traverso significanti di tipo sensoriale: motricità, tatto, sonorità, so- prattutto sensorialità tattile. La pelle è il primo organo sensoriale, sia a livello fetale che nei primi mesi di vita: la pelle del bambino e il contatto con la pelle della madre conferiscono allo scambio co- municativo una grande intimità (Bick 1964, 1968); viene poi la mo- tricità, che implica il modo con cui l’infante viene maneggiato, e tenuto in braccio: il saper fare di una mamma lo si vede proprio dal modo in cui il bimbo è soddisfatto dall’essere tenuto in braccio da quelle braccia, piuttosto che da altre. Tutti questi e altri sono indi- catori del grado di sintonizzazione del dialogo madre/figlio.

Le cure materne pertanto veicolano l’insieme dei significanti che dalla struttura materna, modulati dalla capacità materna di sinto- nizzazione e di rêverie, passano, col loro significato, a costituire si- gnificati nella elaborazione che ne fa la struttura mentale primaria del bambino: tale significato non coincide quindi semplicemente col senso dei messaggi materni, ma dipende da quanto egli lo ela- bora a seconda del tipo di dialogo. Nel caso di pseudodialoghi (dis- sintonici, deficitari comunque incongruenti) l’elaborazione che ne fa il bimbo può essere del tutto dissimile dai significati veicolati dai significanti emessi dalla madre. Ciò che caratterizza la «bontà» del- le cure materne non è la presenza continua della madre, né le sue cure fisiche, e non è neppure l’eccessiva assiduità con cui essa vi si dedica. A volte un’eccessiva assiduità ha un effetto disturbante sul bimbo: ci sono madri che, preoccupate di non essere «capaci» di assicurare al bambino le cure dovute, per questo senso di incom- petenza sono indotte a iperstimolarlo. Ciò ha un effetto intrusivo e disorganizzante. Non è l’assiduità della madre o del caregiver pres- so il figlio, ma la sintonizzazione, che comporta una buona struttu- razione: quella capacità della mamma di inviare certi messaggi nel modo adatto e nel tempo giusto, con le pause giuste e nella ma- niera sensoriale adeguata alle necessità effettive quali espresse dal bambino, e soprattutto alla capacità di recezione e di elaborazione del bambino stesso. Ciò che conta è ciò che viene emesso come significante di un preciso significato: questo può o non può esse- re assimilato o peggio può distruggere precedenti acquisizioni. E va infine ricordato che tutto ciò avviene in maniera inconscia, nel- la madre e nel bimbo.