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Antonio Imbasciati, Loredana Cena

Le complicazioni del processo di filiazione hanno non indifferen- ti effetti su quanto viene denominato genitorialità, cioè sulla pos- sibilità che nella mente dei genitori si sviluppi una adeguata capa- cità di capire l’evoluzione della mente dei figli mentre crescono, di parteciparvi emotivamente (e non semplicemente in modo co- sciente, tanto meno intenzionalmente), di sintonizzarsi con loro mantenendo il proprio ruolo non paritario, e quindi di intuire quali compiti sono da assolvere nei confronti dei figli e quali i figli devo- no imparare ad assolvere.

Sulla genitorialità già altrove abbiamo scritto (Imbasciati, Cena 2011, cap. 14). In questa sede possiamo ricordare come il pro- cesso interiore che conduce alla genitorialità venga riconosciuto come un momento critico complesso, di entrambi i genitori come singoli e come coppia, che è stato paragonato a un viaggio (Dar- chis 2009): un processo di esplorazione e rielaborazione affettivo- emotiva entro cui si avventura la coppia.

Quando una nascita non segue i consueti percorsi fisiologici e/o non avviene secondo le dovute temporalità come accade quan- do avviene pretermine, anche il processo interiore di elaborazione e costruzione della genitorialità, intrapreso dai genitori, viene bru- scamente interrotto: una nascita prematura spesso implica una ge- nitorialità prematura.

Un buon incontro genitore-bambino è reso possibile da un compiuto viaggio dei futuri genitori nel proprio passato infanti- le, percorso che serve a rielaborare le identificazioni durante la gravidanza: con una nascita prematura il genitore può non esse- re ancora sufficientemente pronto a questo incontro. La nasci-

ta pretermine ha connotazioni di un evento disorganizzante per il funzionamento mentale genitoriale. La genitorialità psichica è at- tivata con l’inizio della gravidanza, in cui è la donna a essere sog- getta ai maggiori cambiamenti: la gravidanza è un momento evo- lutivo per le continue trasformazioni somatiche ed emotive che comportano l’elaborazione di nuove rappresentazioni mentali re- lative alla costruzione dell’identità genitoriale. Se per i motivi che abbiamo sopra descritto (psicosomatici e contingenti, sociali o or- ganici esogeni) la gravidanza si interrompe prima dei nove mesi, le fasi di sviluppo della gestazione non solo fisica e ma anche psichi- ca sono incomplete: la nascita prematura interrompe in genere la gravidanza, proprio nelle ultime fasi di elaborazione psichica, cru- ciali per la differenziazione e la separazione dal bambino. L’ultimo trimestre della gravidanza è caratterizzato da un processo di diffe- renziazione tra il sé della madre e il nascituro, in preparazione del- la separazione del parto: in caso di prematurità, la gravidanza si in- terrompe precocemente in una fase in cui la donna non è ancora psicologicamente pronta a far nascere il proprio figlio, e a nascere ella stessa come madre. Il parto improvviso non trova soltanto un bambino prematuro, ma anche una madre impreparata e prematu- ra: così come il bambino non ha raggiunto, infatti, un grado di svi- luppo necessario che possa garantirgli la sopravvivenza autonoma, altrettanto la donna non ha raggiunto ancora un grado di sviluppo, affettivo, mentale, rappresentativo che le consenta di vivere il suo ruolo di madre.

Si viene così a interrompere l’organizzazione psichica che ca- ratterizza il processo della gestazione: i genitori non sono anco- ra pronti ad accogliere il feto che diventa un neonato pretermi- ne. È presente così una vulnerabilità somatopsichica non solo del bambino, ma anche dei suoi genitori. Anche il padre è sottoposto a grosse tensioni: le sue preoccupazioni sono focalizzate su due fronti, il figlio in neonatologia e la compagna ricoverata in ostetri- cia, come accade per esempio in caso di gestosi, o per altre pato- logie, anche lei bisognosa di cure mediche. Può scattare un forte senso di responsabilità e la necessità di negazione dei propri senti- menti per sostenere il resto della famiglia. Il padre, come sostene- va Fornari (1981), che durante il parto ha la funzione di proteggere la madre e il bimbo dall’angoscia persecutoria presente sulla scena del parto, assume tale funzione anche dopo la nascita, ma se vie- ne sopraffatto dalla preoccupazione per la sopravvivenza del bim- bo, qualora questi sia nato pretermine, e spesso anche per la ma-

dre, può venire meno a quella importante funzione di supporto e di tramite con il personale medico-infermieristico e la diade madre- bambino. Attenzione particolare va dunque riservata alla funzione paterna durante il ricovero e al rientro a casa, in quanto fondamen- tale supporto all’unità madre-bambino.

Nella nascita pretermine è soprattutto la madre che sente di non essere riuscita a portare a termine il suo compito generativo: que- sto può suscitare un senso di colpa per non essere stata in grado di diventare una «madre vera» (Holditch-Davis, Miles, Belyea 2000). Si viene a costituire un duplice lutto: quello relativo alla perdita del bambino immaginario, che deve essere sostituito con il bimbo rea- le e quello della perdita dell’immagine di sé come «buon genitore».

Verso la fine della gravidanza le rappresentazioni che consento- no alla madre di sviluppare un sentimento di preoccupazione per il benessere del bimbo, la cosiddetta preoccupazione materna pri- maria (Winnicott 1956), possono trasformarsi in rappresentazioni che suscitano invece angoscia. La donna che non si sente la madre «sufficientemente buona» (Winnicott 1958) che sperava di essere per il suo bambino ha necessità di un notevole sostegno nel suo difficile percorso mutato degli eventi: ha dovuto assumere prima del tempo il «ruolo di madre», ma non è ancora pronta a sostener- lo, mentre diventano necessari riorganizzazione e cambiamento rapidi, spesso troppo, rispetto alle rappresentazioni che ella ave- va del suo bimbo precedentemente la nascita. È stato sottolineato come vi sia nella gestante un lavoro di costruzione di rappresenta- zioni del bambino immaginario (Vegetti Finzi 1990), per potersi poi rappresentare quello reale con cui si incontra quotidianamente: ma questo nella nascita pretermine è in incubatrice, e la sua immagine può essere molto discrepante da quella costruita precedentemen- te durante la gravidanza.

D’altra parte, se la nascita pretermine ha un effetto psichico, so- prattutto sulla madre, occorre considerare quanto questa possa essere determinata da eventi psichici della madre stessa, interiori della sua struttura, e relazionali della coppia. Noto è come una na- scita prematura, così come anche l’aborto, possano avvenire a se- guito di lutti, abbandoni del partner, litigi o altri eventi fortemen- te stressanti, e come lo stesso concepimento possa dipendere da fattori emozionali, soprattutto il mancato concepimento. Il proble- ma allora si intreccia e si complica, sui due versanti dallo psichi- co al somatico e da questo a quello. C’è da chiedersi infatti quanto la nascita pretermine vada a colpire strutture emozionali profon-

de (inconsce, memoria implicita, fattori transgenerazionali) che già esse stesse favorirono (o determinarono: rifiuto inconscio del figlio a dispetto di ogni intenzione) la nascita prematura. E quanto tali strutture, di per sé non certo ottimali, potranno sostenere l’impat- to del constatare un fallimento, sia pur parziale, del progetto gene- rativo. E quanto tutto ciò, in rimbalzo di andata e ritorno, dal fisico allo psichico, si ripercuota sulla coppia.

Indagare sugli effetti dal soma alla psiche è in genere più faci- le della ricerca su come la mente (il cervello emotivo) orienti o de- termini il soma. Problemi simili alla nascita pretermine si ritrovano nella sterilità (Bydlowski 2009a, b): la maggior parte delle sterilità sono psicogene e i fattori ormonali o comunque umorali ne sono semplici mediatori. Così pure simile indagine si prospetta difficile in tutti i casi di gravidanze anomale, gestosi in primo luogo.

In questa sede, focalizzandoci soprattutto sul futuro individuo, ci soffermeremo su come le vicissitudini conseguenti a una nascita pretermine si ripercuotano su questi, cioè sul bambino direttamen- te e su di lui attraverso la madre, non dimenticando però (come spesso avviene nelle nostre strutture assistenziali) che ci sono mol- teplici fattori intrinseci alla struttura neuropsichica della madre, nelle sue vicende relazionali, soprattutto di coppia, che, anch’esse, hanno la loro non indifferente anche se meno apparente e postici- pata influenza sul destino del bimbo, e del futuro individuo: si pen- si a fattori transgenerazionali mediati dalla trasmissione di engram- mi protomentali (Imbasciati 2001, 2003a, b; 2004a, b).

11.4. L’ODISSEA GENITORIALE

NELLA NASCITA PRETERmINE

Loredana Cena, Antonio Imbasciati

La ricerca dell’identità genitoriale viene descritta dalla Darchis (2009) con la metafora dell’odissea che deve intraprendere un genitore per poter diventare tale: questa autrice individua come complesso di Te- lemaco il processo che struttura la psiche del futuro genitore, in cui egli deve riuscire a recuperare le sue radici per legarsi a esse, al fine di separarsene meglio. Nell’Odissea di Omero il figlio Telemaco par- te all’avventura per conoscere il destino di suo padre e poter a sua volta crescere. Due movimenti identificatori, verso se stesso come

bambino per riconoscere il proprio bambino e verso i propri genitori per costruire la propria identità di genitore, possono non giungere a buon fine: questo è ciò che avviene quando la nascita è pretermine, uno sconvolgimento emotivo tale da interrompere il viaggio; il pro- cesso genitoriale può bloccarsi.

La costruzione del primo legame con il bimbo inizia già prima della nascita, durante la gestazione (Brazelton, Cramer 1991). Gli stu- di clinici hanno messo in evidenza come alla nascita esso attraver- si progressivamente tre stadi integrativi: il primo è quello del primo incontro, in cui deve avvenire l’«adozione» del proprio bambino da parte dei genitori; il genitore compie un processo integrativo tra la propria identità di padre e di madre e quella di figlio. Un secondo processo integrativo in questo primo stadio è quello tra la rappre- sentazione del proprio bambino immaginario, il «bimbo della not- te» (Vegetti Finzi 1990), con il bimbo reale. Nella nascita prematura spesso il bimbo reale è un estraneo, e può anche evocare terrore nel genitore che non lo può riconoscere, e che può percepirlo come un oggetto persecutore mostruoso (Darchis 2009). Il genitore pensa che «quello lì» non può essere il suo bambino: il viaggio verso il pas- sato alla ricerca di una identificazione con se stessi bambini non ha funzionato. Il genitore non riesce a ritrovare nel passato se stesso, per poter riconoscere il suo bambino. Così pure non riesce a identi- ficarsi con il proprio genitore, che invece lo ha generato in modo di- verso e maturo. Antichi traumi irrisolti nell’ambito della propria storia o provenienti per via transgenerazionale possono inoltre venire riat- tivati da questa nuova esperienza traumatica. Nei casi più dolorosi, può avvenire anche un’esplosione dell’identità del genitore (psicosi puerperali): il legame della filiazione non riesce a instaurarsi.

Un’altra eventualità, che potrebbe verificarsi sempre nel pri- mo stadio, è che il legame di filiazione si possa instaurare secon- do modalità fusionali: il genitore non riconosce l’esistenza separata del bambino, in quanto le sue parti infantili trovano espressione di- retta nel neonato stesso. Attraverso processi di identificazione pro- iettiva egli cura e protegge parti sofferenti del proprio sé, nel figlio immaturo. Se ne occupa allora molto rapidamente ma in modo molto apprensivo ed esagerato, spesso non lasciando spazio all’al- tro genitore. Solo attraverso un sostegno terapeutico il genito- re può venire aiutato a costruire la sua genitorialità secondo quelle che sono le esigenze del bambino reale e in modo adeguato intra- prendere o concludere la propria odissea. Quando l’«adozione» del figlio si è realizzata, il genitore può accedere al secondo stadio e