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INDICATORI DELLA «bONTà» DELLE CURE mATERNE

DELLE INTERAzIONI mADRE-NEONATO

5.2. INDICATORI DELLA «bONTà» DELLE CURE mATERNE

Antonio Imbasciati, Loredana Cena

La ricerca attraverso la microanalisi delle interazioni madre-neo- nato è diventata predominante nell’ambito dell’Infant Research: a partire dall’osservazione dei primi processi imitativi del neonato nei confronti della mimica facciale della madre, vengono rilevati al- tri processi di regolazione emotiva. La capacità del bimbo di imi- tare espressioni del volto materno (Meltzoff, Moore 1977; Meltzoff, Prinz 2002) è oggi sostenuta dalla ricerca neurobiologica attraver- so la scoperta dei neuroni specchio (Rizzolatti et al. 2002). Già la psicoanalisi con Winnicott faceva riferimento alla capacità di ri- specchiamento facciale (Winnicott 1967, 1971), processo per cui la madre riflette e condivide gli affetti del bambino. I processi di re- ciproco mutuo rispecchiamento si riferiscono alla capacità mater- na di entrare in sintonia, restituendo al bimbo ciò che lui sta viven- do avendo però in tal modo conferito significato ai segnali che lui le invia: queste capacità materne permetteranno al bimbo di acqui- sire schemi di interazioni con cui potrà relazionarsi con gli altri.

Si sono osservate in particolare caratteristiche delle prime forme di interazione bidirezionale, e si è individuato il costrutto dell’in- tersoggettività. Secondo Trevarthen (1979) questo compare in una forma primaria già nei primi sei mesi di vita del bimbo. Nella co- municazione genitore-bambino, infatti, dal secondo mese di vita fino al quinto sono osservabili scambi di sguardi, sorrisi e vocaliz- zazioni, che si presentano con una alternanza di turni nella diade

analoghi a quelli del dialogo tra adulti. Mentre molti sottolineano come i segnali comunicativi del bambino ricevono significato e in- tenzionalità da parte della madre, altri sottolineano la tendenza in- nata nel neonato a comunicare, espressa già nel secondo mese di vita (Shaffer 1977). A partire dai due mesi, Il bimbo è comunque in grado di iniziare una comunicazione intenzionale con il genitore, orientando il capo verso di lui e concludendo la conversazione gi- rando altrove lo sguardo: attraverso l’alternanza dei turni di scam- bio emotivo (Sameroff, Emde 1989) si possono osservare delle pro- toconversazioni (Bateson 1979).

L’articolazione delle emozioni primarie (gioia, sorpresa, colle- ra, rabbia, tristezza, paura) diventa sempre più complessa a parti- re dalla fine del secondo mese, fino all’anno di vita: nel corso del secondo anno compaiono le emozioni sociali (vergogna, colpa, orgoglio). Fin dalla nascita il bimbo apprende a ricercare emozio- ni positive (Emde 1992): se a una sua vocalizzazione la madre gli si avvicina e sorride, fermandosi a giocare con lui, questo produce espressioni di gioia, che ne favoriranno la ripetizione, come nell’in- tento di riprovare ancora quella stessa emozione piacevole. Le pri- me rappresentazioni delle relazioni si organizzano così rispetto alle aspettative delle emozioni positive, orientando le successive espe- rienze relazionali del soggetto.

Un’intersoggettività «secondaria» (Trevarthen 1980) è osserva- bile a partire dai cinque mesi: si manifesta con una frattura nella relazione tra genitore bambino, osservabile nella comunicazione faccia-faccia, il bambino rivolge la sua attenzione all’ambiente cir- costante, con una diminuzione della comunicazione con il caregi- ver. Verso i nove mesi il bambino rivolge la sua attenzione a esplo- rare il mondo esterno, e cerca di condividere con il genitore la sua attività esplorativa, con lo scopo di costruire significati comu- ni. Questa comunicazione viene regolata da schemi relazionali che consentono ai membri della diade di predire e anticipare il com- portamento dell’altro (Cohn, Tronick 1988).

La regolazione emotiva diventa un paradigma teorico importan- te per l’Infant Research: la formazione dei pattern di attaccamento nei primi anni di vita li indica come stili di regolazione delle emo- zioni che il bambino struttura rispetto alla disponibilità emotiva nell’interazione con i genitori (Cassidy 1994). La regolazione del le- game comporta la competenza del bambino, già presente alla na- scita, di regolare i propri stati interiori, organizzando l’esperienza e le risposte comportamentali rivolte all’esterno (Sander 1962a, b,

1987; Stern 1985; Lichtenberg 1989). La relazione con le figure af- fettive di riferimento consente al bambino di attivare strategie re- golative primarie (Sroufe 1996) che vengono apprese all’interno del legame di attaccamento.

La regolazione è funzione fondamentale per lo sviluppo di un le- game equilibrato e può essere indice di disturbi relazionali, spesso correlati a disfunzioni nei ritmi fisiologici fondamentali del bimbo: può essere caratterizzata da una iper-regolazione, quando i geni- tori svolgono un ruolo prevalentemente intrusivo, che condizio- na nel bambino atteggiamenti di evitamento e di rifiuto, o invece organizzarsi come ipo-regolazione, quando i genitori non rispon- dono adeguatamente alle richieste del bimbo; o ancora essere ca- ratterizzata da inappropriatezza, quando non è presente una ade- guata sincronia tra le richieste del bimbo e le risposte genitoriali, con irregolarità e imprevedibilità nel comportamento del genitore, producendo disorganizzazione e altri aspetti di massima confusio- ne relazionale nel bimbo (Sameroff, Emde 1989).

Sroufe (1996) osserva e descrive la regolazione emotiva come la capacità del bimbo, attraverso il genitore, di mantenere l’organiz- zazione comportamentale a un livello adeguato di fronte a eleva- ti stati di tensione. Le prime forme di regolazione emotiva si svilup- pano nell’ambito della relazione diadica con il genitore: dopo una prima fase (0-2 mesi) in cui la regolazione della tensione nell’ambi- to dell’accudimento avviene in modo fisiologico, si osserva una se- conda fase detta della «regolazione guidata» (3-6 mesi), in cui il ge- nitore svolge un ruolo fondamentale aiutando con i suoi interventi specifici il bambino a modulare la sua tensione di fronte a emozio- ni intense. Questa funzione è osservabile nei giochi caratteristici di questo periodo, orientati sulla continua alternanza tra incremento e decremento di intensità emotiva tra genitore e bambino.

La fase successiva della «regolazione diadica», osservabi- le nel secondo semestre di vita, consiste nel consolidarsi di spe- cifici legami di attaccamento: il bambino rivolge intenzionalmente all’adulto interventi regolatori e al contempo inizia a formarsi sche- mi cognitivo-affettivi di queste esperienze, da cui prenderanno ori- gine le successive relazioni. I tipi di attaccamento sicuro e insicuro – osservabili nel primo anno con la situazione sperimentale del- la Strange Situation (Ainsworth et al. 1978) – sono indicatori delle competenze regolatorie che il bimbo sta acquisendo nelle relazioni a seconda di come si comportano i suoi caregivers. Il legame di at- taccamento che si osserva nel corso del primo e del secondo anno

di vita è così correlato alla modalità di regolazione emozionale che viene a stabilirsi (Sroufe 1996).

Una buona regolazione è funzione fondamentale per lo svilup- po di un legame equilibrato: disturbi di tale regolazione sono spes- so espressi con disfunzioni dei ritmi fisiologici fondamentali (Sroufe 1989); quelli più frequenti sono riferiti alla Classificazione Diagno- stica 0-3 del National Centre for Clinical Infant Programs e sono contraddistinti come difficoltà del bambino di regolare i processi fisiologici, le funzioni sensoriali, attentive, motorie, affettive, di ap- prendimento e di comportamento e di organizzazione degli stati di calma e di vigilanza. Si possono manifestare irregolarità respirato- rie, attacchi di vomito, rigurgiti frequenti, motricità disorganizzata, ritmi irregolari alimentari, di evacuazione e del sonno (Greenspan 1992; Greenspan, Wieder 1993). Disturbi possono altresì presen- tarsi attraverso pattern comportamentali di autoregolazione, come succhiarsi il pollice, dondolarsi frequentemente, cui sono correlate problematiche di elaborazione sensoriale e senso-motoria. Quan- to più il bambino si trova in un’età di sviluppo al di sotto dei tre anni, tanto più ha difficoltà a esprimere il proprio disagio attraver- so il linguaggio e utilizzerà quindi il corpo come mezzo espressivo, con una sintomatologia che può presentarsi con disordini alimen- tari, disturbi del sonno, difficoltà a calmarsi (Kreisler 1981): distur- bi tutti che vanno esaminati all’interno del processo di auto regola- zione del bambino e di regolazione reciproca con la figura affettiva di riferimento (Greenspan 1992).

Sebbene da vertici differenti, gli studi psicoanalitici, quelli dell’In- fant Research e della teoria dell’attaccamento convergono nel ri- levare la presenza di indicatori, che possono essere individuati a caratterizzare, positivamente o negativamente, l’interazione bam- bino-caregiver che si esplica attraverso l’accudimento del bimbo e l’espressione delle cure materne. In particolare sono stati focaliz- zati processi di regolazione affettiva dalla teoria dell’attaccamento e dall’Infant Research attraverso parametri misurabili con strumen- tazioni sperimentali.

5.3. L’ATTACCAmENTO