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La difesa dei confini compito primario di ogni imperatore

La securitas dell’impero: la frontiera settentrionale

1. La difesa dei confini compito primario di ogni imperatore

Le vicende belliche e le strategie militari occupano ampio spazio nella narrazione storica di Ammiano1. Era questo l’inevitabile retaggio della grande tradizione storiografica cui egli ha orgogliosamente inteso riallacciarsi2. Se Erodoto aveva voluto rendere immortale il ricordo delle guerre con cui i Greci, dimentichi della propria debolezza, avevano difeso di fronte ai barbari la propria identità politica e culturale, Tucidide aveva indagato le più profonde pulsioni dell’animo umano, innescate nella società proprio dalla guerra; se Livio aveva celebrato le virtù morali e civili grazie alle quali i Romani avevano conseguito le loro vittorie militari, Polibio si era interrogato sull’irresistibile egemonia politica e militare che in pochi decenni Roma aveva saputo imporre sul Mediterraneo. La centralità della guerra era un dato di fatto così indiscutibile nella storiografia antica che Gibbon poteva parlare dell’età di Antonino Pio, quasi del tutto pacifica, come di un regno «distinto dal raro vantaggio di fornire pochissimi materiali alla storia, che in effetti è poco più che il registro dei delitti, delle follie e delle sventure degli uomini»3.

Al di là di ogni suggestione storiografica e letteraria, Ammiano, non fosse altro che per la sua lunga carriera nell’esercito romano4

, era personalmente interessato alle vicende militari e soprattutto la guerra era una realtà concreta e costante della società tardo-antica5. Si è potuto definire il tardo impero romano come un sistema finalizzato al finanziamento della guerra6: un sistema, oltretutto, che non sempre sembrava ripagare i cittadini degli enormi sacrifici fiscali sopportati per arruolare, addestrare, equipaggiare, alloggiare la complessa ed articolata macchina di difesa dell’impero7

. Sono significative le parole con le quali, secondo Ammiano, il comes sacrarum largitionum Ursulo8 avrebbe commentato la vista delle rovine di Amida, città della Mesopotamia conquistata dai Persiani9: «Ecco con quale coraggio le città sono difese dai soldati, per

1 Come osservava, all’inizio del suo libro, G.A. C

RUMP, Ammianus Marcellinus as a military historian (“Historia” Einzelschriften, 27), Wiesbaden 1975, p. 2: Crump si meravigliava anzi che l’esposizione ammianea della storia militare non fosse ancora stata studiata in maniera diffusa.

2 Cfr. sopra, p. 21. 3 E.G

IBBON, Storia della decadenza e caduta dell’impero romano (trad. it.), I, Torino 1967, p. 76. Si veda anche MATTHEWS, The Roman Empire, p. 280.

4 Cfr. sopra, pp. 3-5. 5

Violenza dell’epoca, interesse personale dell’autore per gli affari militari e tradizionale attenzione degli storici antichi per la guerra sono le tre ragioni che spiegano l’ampio spazio dato nelle Res gestae alla storia militare a giudizio di CRUMP, Ammianus, p. 2.

6 Cfr. M

ATTHEWS, The Roman Empire, pp. 280-281. Sul sistema fiscale tardo-imperiale, in larga misura finalizzato al reperimento di risorse per la macchina militare romana, cfr. JONES, The later Roman Empire, I, pp. 411-462 (organizzazione del sistema finanziario) e 462-469 (incidenza ed oppressività della tassazione).

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Sui costi che la macchina militare romana imponeva alle finanze imperiali, cfr. P. HERZ, Finances and costs of the Roman army, in P.ERDKAMP (a cura di), A companion to the Roman army, Malden - Oxford - Victoria 2007, pp. 306-322.

8 Sul personaggio cfr. J

ONES -MARTINDALE -MORRIS, The prosopography, I, p. 988 (Ursulus 1). Il comes sacrarum largitionum (titolo usato dal tempo di Costantino) era il ministro delle finanze dell’impero; gli uffici alle sue dipendenze amministravano le entrate e le uscite in moneta, ma anche le miniere e la zecca: cfr. JONES, The later Roman Empire, I, pp. 427-437.

9 La resa di Amida di fronte alle preponderanti forse persiane di Sapore II avvenne nel 359: ad essa

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accrescere il cui stipendio vengono ormai meno le ricchezze dell’impero!»10

E queste parole, a giudizio di Ammiano11, attirarono su quell’importante funzionario dell’amministrazione finanziaria imperiale il risentimento dei militari, che riuscirono a farlo incriminare e condannare in occasione dei processi che due anni dopo si tennero a Calcedone12.

D’altra parte la missione di Roma nel mondo, ormai affidata agli imperatori nella concezione di Ammiano13, era irrealizzabile ed inconcepibile senza la guerra: per poter donare ai popoli del suo impero una pace fondata sulle leggi, Roma doveva prima schiacciare l’insubordinazione di popolazioni selvagge e superbe e questo compito poteva essere perseguito solo con un esercito numeroso, ben armato, ben addestrato ed appoggiato ad un sistema logistico pienamente efficiente. Pertanto, fra i numerosi compiti di un imperatore quello più importante, anzi decisivo, a giudizio di Ammiano, era il suo ruolo di comandante supremo dell’esercito14

. Lo testimonia il necrologio di Giuliano, in cui la scientia

rei militaris è citata come prima delle qualità estrinseche del sovrano,

immediatamente dopo le quattro virtù cardinali che sono riconosciute alla sua indole naturale15: temperantia, prudentia, iustitia, fortitudo. E poco più avanti lo storico afferma che la conoscenza dell’arte militare da parte di Giuliano è dimostrata dalla sua capacità di assediare città e fortezze, di schierare l’esercito a battaglia, di individuare luoghi adatti per collocarvi accampamenti, presidi di frontiera, corpi di guardia16. Proprio grazie alle sue capacità militari,

10 XX 11, 5: «En quibus animis urbes a milite defenduntur, cui ut abundare stipendium possit,

imperii opes iam fatiscunt!»

11 XX 11, 5 e XXII 3, 8. 12

Nel 361, all’inizio del suo regno, Giuliano autorizzò lo svolgimento a Calcedone, città della Bitinia sulla costa asiatica del Bosforo, di fronte a Costantinopoli, di numerosi processi contro importanti personalità che avevano servito il precedente imperatore Costanzo II. Ammiano se ne occupa nel capitolo XXII 3. Questi processi sono stati commentati in termini di conflitto fra componente ‘militare’ e componente ‘civile’ dell’amministrazione imperiale da THOMPSON, The historical work, pp. 73-79. Si veda anche MATTHEWS, The Roman Empire, pp. 66, 106 e n. 35, 281 e n. 5.

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XIV 6, 5: Ideo urbs venerabilis post superbas efferatarum gentium cervices oppressas latasque leges fundamenta libertatis et retinacula sempiterna velut frugi parens et prudens et dives Caesaribus tamquam liberis suis regenda patrimonii iura permisit. Cfr. sopra, pp. 50-52 e 58-60. Si veda anche MATTHEWS, ibid., p. 279.

14 Questa visione della figura del capo supremo dello Stato romano e del suo potere durerà fino a

Teodosio il Grande, l’ultimo imperatore a condurre personalmente campagne militari. Con i suoi figli, giovani e militarmente poco esperti, si affermò, non senza biasimo di alcuni contemporanei, una nuova figura di sovrano, propenso a delegare a suoi subordinati la propria autorità militare. La transizione avvenne senza conseguenze in Oriente, contribuì invece a minare l’autorità politica degli imperatori in Occidente: cfr. M. WHITBY, Army and society in the late Roman World: a context for decline?, in P. ERDKAMP (a cura di), A companion to the Roman army, Malden - Oxford - Victoria 2007, pp. 526-527.

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XXV 4, 1. Il necrologio di Giuliano occupa l’intero capitolo XXV 4, distinto, come è abituale in Ammiano, in una parte dedicata alle virtù (XXV 4, 1-15) ed in una, molto più breve, dedicata ai difetti (XXV 4, 16-21) del sovrano, prima di concludere con una rapida descrizione del suo aspetto fisico (XXV 4, 22) e con una puntigliosa difesa del personaggio dalle più comuni accuse mosse contro di lui dai detrattori (XXV 4, 23-27).

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XXV 4, 11: Castrensium negotiorum scientiam plura declarant et nota, civitatum oppugnationes et castellorum, inter ipsos discriminum vertices, acies figura multiformi compositae, salubriter et caute castra metata, praetenturae stationesque agrariae totis rationibus ordinatae.

accompagnate da un coraggio che gli consentiva di affrontare in prima linea gli stessi pericoli dei suoi uomini, Giuliano era al tempo stesso amato e temuto, poteva imporre la disciplina ai vili e contare sulla fedeltà dei valorosi, persino nei momenti in cui non era in grado di pagare i soldati17.

Anche a Valentiniano, l’imperatore regnante, assieme al fratello Valente, negli anni trattati dai libri XXVIII e XXIX, Ammiano riconosce qualità militari di tutto rilievo e degne di elogio. Nell’ampia premessa che introduce il necrologio di questo sovrano18 lo storico insiste proprio sulle sue qualità di esperto capo militare; ricorda così l’opera di consolidamento della frontiera renana (XXX 7, 5- 6), gli scontri vittoriosi contro Alamanni e Sassoni che minacciavano costantemente quella frontiera (XXX 7, 7-8), la repressione di ribellioni e disordini in Britannia e in Africa ed il pronto intervento contro i barbari che devastavano l’Illirico: un’azione energica, quest’ultima, restata incompiuta solo per la repentina morte del sovrano (XXX 7, 9-10)19. Ammiano sente il bisogno di precisare che, sebbene molte di queste imprese furono compiute da suoi generali, Valentiniano era comunque persona dalla mente pronta e formatasi con l’esperienza diretta di una lunga militanza nell’esercito20

, iniziata ben prima della sua ascesa al trono.

La semplice elencazione ammianea dei meriti militari di Valentiniano fa capire che compito principale di un imperatore di IV secolo era ormai la difesa dei confini e la salvaguardia dell’ordine e della pace all’interno delle diverse province. Senza un’efficace difesa dei confini non si poteva certo sperare di raggiungere quello che per Ammiano21 è lo scopo stesso di un «giusto impero»: il vantaggio e la salvezza dei sudditi.

Quanto alla difesa dei confini Valentiniano fu sovrano attentissimo ed il suo regno è ricordato come uno degli ultimi in cui si poté sperare di andare oltre una politica di semplice, affannosa gestione dell’emergenza. Ne è testimonianza in primo luogo proprio l’impegno che l’imperatore riversò nell’opera di consolidamento della frontiera renana e danubiana e che, forse non a caso, Ammiano, nel suo necrologio, ricorda all’inizio dell’elenco delle attività in cui si

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XXV 4, 12: Auctoritas adeo valuit, ut dilectus artissime, dum timetur, ac si periculorum socius et laborum et inter concertationes acerrimas animadverti iuberet in desides et Caesar adhuc sine

stipendio regeret militem feris oppositum gentibus. Cfr. anche MATTHEWS, The Roman Empire, p.

283.

18 Il necrologio di Valentiniano è insolitamente lungo, ben tre capitoli: XXX 7-9. Ammiano, dopo

aver ricordato le origini e la ragguardevole carriera militare di Graziano, padre di Valentiniano (XXX 7, 2-3), ripercorre in termini generali, ma molto elogiativi, le gesta del sovrano (XXX 7, 4- 11). Fa seguire un’ampia rassegna dei suoi difetti: crudeltà, avidità, invidia, viltà (XXX 8). Conclude con una più breve rassegna delle virtù del sovrano (XXX 9, 1-5), integrata da un brevissimo schizzo della sua figura fisica (XXX 9, 6).

19 Valentiniano morì nel novembre 375, colto da un colpo apoplettico mentre riceveva

un’ambasceria dei Quadi, le cui incursioni oltre il Danubio, in territorio romano, avevano richiesto il diretto intervento dell’imperatore e del suo esercito in quel settore della lunga frontiera imperiale. Il drammatico episodio è narrato da Ammiano in XXX 6.

20 XXX 7, 11: erat expeditae mentis usuque castrensis negotii diuturno firmatus. Ammiano

apprezzava questa formazione acquisita sul campo, forse perché lui stesso, come ufficiale di stato maggiore, aveva un’esperienza che lo rese poi capace di valutare e di riferire nelle Res gestae con insolito intuito le strategie militari romane nella sua epoca: un merito che gli riconosce più volte CRUMP, Ammianus, passim e in particolare pp. 1, 45, 67-68, 128. Cfr. anche sopra, p. 4, n. 17.

21 XXX 8, 14: Finis enim iusti imperii, ut sapientes docent, utilitas oboedientium aestimatur et

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manifestò la capacità militare di questo sovrano22. A quell’impegno lo storico ha dedicato uno spazio davvero considerevole, in particolare, ma non solo, nei libri XXVIII e XXIX. Emerge però chiaramente dalla narrazione ammianea che l’opera di Valentiniano non fu altro che la prosecuzione opportuna, anzi necessaria, di un’attività di ripristino della sicurezza delle province esposte alla minaccia delle popolazioni germaniche lungo il Reno o sull’alto Danubio: attività che era stata intrapresa, nel decennio precedente, dal Cesare delle Gallie Giuliano. L’analisi del testo di Ammiano dovrà dunque cominciare con i capitoli da lui dedicati all’impegno di Giuliano in Gallia.

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