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pp 306-309 Ai confini del territorio abitato dagli Alamanni vivevano i Franchi (a Nord) e

Burgundi (a Est): ibid., p. 305.

41 A

MM., XVI 12, 5: Nam et Decentium Caesarem superavit [soggetto è Conodomario] aequo Marte congressus et civitates erutas multas vastavit et opulentas licentiusque diu nullo refragante Gallias persultavit. Conodomario fu in seguito uno dei re alamanni affrontati e sconfitti da Giuliano nella grande battaglia di Strasburgo (anno 357); fatto prigioniero (XVI 12, 60) fu prima condotto alla corte imperiale a Milano, quindi internato a Roma, dove morì di vecchiaia (XVI 12, 66): cfr. JONES - MARTINDALE - MORRIS, The prosopography, p. 202 (Chnodomarius). Su Decenzio cfr. ibid., pp. 244-245 (Magnus Decentius 3).

42 Colonia era la sede del quartier generale avanzato della difesa romana del Reno: cfr.

DRINKWATER, Julian and the Franks, p. 2.

43 Ibid., pp. 2-7 e specialmente p. 7. 44 Ibid., pp. 3-4. 45 Cfr. C RUMP, Ammianus, p. 119. 46 Ibid., p. 116.

77

restauro e ripristino delle fortificazioni attuata da Giuliano nell’area del limes renano47. L’attenzione del Cesare sembra essersi concentrata sulle città e sugli assi viari che potevano offrire al nemico una via di penetrazione verso l’interno della Gallia48.

Circa le iniziative militari Ammiano riferisce che sull’alto corso del Reno Giuliano condusse contro gli Alamanni una serie di vittoriose campagne che, nel 357, culminarono nella grande battaglia di Strasburgo49, dove una controffensiva condotta da ben sette re di quella federazione di popolazioni germaniche, fu definitivamente stroncata. Da quel momento l’iniziativa passò nelle mani del Cesare, che fu in grado di portare la guerra oltre il Reno e di costringere molti capi nemici ad arrendersi alle armi romane. Lungo il basso corso del Reno, nei confronti dei Franchi, Giuliano preferì una politica di pacificazione più che di espulsione dalle terre imperiali. Tuttavia anche in questo settore egli condusse alcune spedizioni che gli aprirono la via ad ulteriori operazioni, nel 360, sulla riva destra del fiume50.

Anche in questo caso Drinkwater nega l’attendibilità del racconto ammianeo. A suo giudizio la riconquista di Colonia nel 356 fu un fatto d’armi secondario e quasi incruento, reso possibile dalla spontanea ritirata dei Franchi non appena essi si videro oggetto della controffensiva romana51; e tutte le campagne successive non furono imposte dalla gravità della situazione in Gallia, ma dalla personalistica iniziativa di Giuliano che cominciò allora a costruirsi una reputazione militare ed a gettare le basi della propria ascesa politica. Giuliano avrebbe poi giustificato i suoi attacchi contro Alamanni e Franchi con la necessità di riprendere il controllo di una regione sfuggita di mano alle autorità imperiali negli anni precedenti al suo arrivo ed Ammiano avrebbe prontamente adottato quella versione dei fatti52.

Ma lo stesso Drinkwater riconosce che all’arrivo di Giuliano la situazione della Gallia, se non disperata, era certamente molto confusa, perché lo scompiglio politico e militare che si era accompagnato all’ascesa ed alla caduta di Magnenzio aveva provocato, in Renania, l’abbandono di una gran numero di siti rurali53

. Pur ammettendo quindi che negli anni della sua permanenza in Occidente Giuliano abbia perseguito con intelligenza ed astuzia le proprie ambizioni politiche, si dovrà anche riconoscere che egli riuscì a restaurare una tenue forma di controllo

47 Per una lettura critica di queste informazioni, sparse nei libri XVI-XX delle Res gestae, cfr.

ibid., pp. 117-119

48 In XVII 9, 1 Ammiano ricorda la decisione di Giuliano di fare restaurare tre fortezze poste in

linea retta lungo la valle della Mosa (un vero corridoio verso l’interno della Gallia) e precedentemente distrutte dai barbari. In XVIII 2, 3-6 lo storico elenca sette città renane, precedentemente distrutte ed abbandonate, di cui Giuliano, dopo averle riconquistate e rifornite di vettovaglie, si affretta a ricostruire le mura.

49 Alla battaglia campale di Argentoratus, nome latino dell’odierna Strasburgo, Ammiano dedica

l’intero capitolo XVI 12.

50

Anche su questi avvenimenti militari seguo la ricostruzione di CRUMP, Ammianus, p. 116 e nn. 10-11 per gli opportuni rinvii al testo di Ammiano, che è la nostra fonte principale.

51 Cfr. D

RINKWATER, Julian and the Franks, pp. 7-8. Lo studioso (ibid., p. 7, n. 39) fa notare con ragione che da quanto leggiamo in Ammiano (XVI 3, 1) la riconquista di Colonia non sembra aver richiesto uno sforzo militare intenso e prolungato: Nullo itaque post haec repugnante ad recuperandam ire placuit Agrippinam ante Caesaris in Gallias adventum excisam.

52 Ibid., pp. 8-9. 53 Ibid., p. 7 e n. 35.

romano sulle regioni di confine e che conseguì i primi successi nel cammino verso il ristabilimento di un sistema complessivo di difesa. Suo intento era quello di ricondurre le Gallie ad una piena vita civile, sociale ed economica nell’ambito della compagine imperiale. Per questo egli non solo si impegnò per ridare sicurezza alle province della diocesi gallica, ma, come Ammiano nota più volte54, attuò una generale riduzione delle tasse, resa possibile dal miglioramento dell’efficienza dell’amministrazione, dal taglio delle spese superflue, dalla riforma del sistema di raccolta delle imposte55. Nel necrologio di Giuliano Ammiano ricorda il salvataggio delle province galliche dalle misere condizioni in cui si trovavano al momento del suo invio nelle regioni occidentali come il risultato più degno di nota conseguito da questo imperatore56. La prova più convincente dei successi conseguiti da Giuliano è vista dallo storico nel fatto che la diocesi non subì ulteriori attacchi per tutta la durata della vita del sovrano57.

L’opera di Giuliano dovette essere continuata e completata da Valentiniano58. Questi consacrò quasi per intero gli undici anni del suo regno, dal 364 al 375, al compito di ristabilire una sicura linea di frontiera lungo il Reno e l’alto Danubio59

. Anche in questa circostanza era la situazione a richiedere un tale impegno: per la sua spedizione contro la Persia Giuliano aveva trasferito in Oriente molti contingenti prima stanziati nella diocesi della Gallia, che era dunque particolarmente esposta a nuovi attacchi delle tribù germaniche quando la notizia della morte dell’imperatore giunse in Occidente. Inizialmente sembra che Valentiniano abbia risposto alle incursioni nemiche con frammentarie controffensive locali affidate a comandanti subordinati60. Il pericolo fu fronteggiato, ma non eliminato e lo stesso Ammiano conclude la pur ampia narrazione di quegli scontri iniziali dicendo di non volersi dilungare su battaglie i cui risultati non ebbero alcuna importanza e che appesantirebbero la narrazione storica con episodi di nessun conto61. Dopo tre anni di scontri gli Alamanni erano

54 In particolare XVI 5, 14 e XVII 3, 1-6. 55 Cfr. J

ONES, The later Roman Empire, I, pp. 119-120; ID., The decline, pp. 56-57 (trad. it. Il tramonto, p. 84): fin dai tempi del suo governo nelle Gallie Giuliano si rivelò non solo un valoroso capo militare, capace di farsi amare dai propri soldati, ma anche un amministratore abile e coscienzioso.

56 XXV 4, 25: At in Galliis fervorum tenore gliscente diffusis per nostra Germanis … nihil multa

et nefanda perpessis hominibus praeter lacrimas supererat et terrores … Quae omnia iuvenis iste ad occiduam plagam specie Caesaris missus regesque pro mancipiis agitans ignobilibus cuncta paene mira dictu celeritate correxit. Sulla struttura del necrologio di Giuliano cfr. sopra, p. 71, n. 15.

57 XXV 4, 14: Et postquam ex occidua plaga digressus est, quoad fuit in terris, quievere nationes

omnes immobiles. Ammiano sembra anche suggerire che la notizia della morte di Giuliano in Mesopotamia dette il via a nuove incursioni barbariche nella zona renana: XXX 7, 5.

58 Gioviano, eletto imperatore in Mesopotamia alla morte di Giuliano (giugno 363), non ebbe

modo di sviluppare una sua politica occidentale. Conclusa una pace gravosa con i Persiani ebbe solo il tempo di guidare la ritirata dell’esercito fino in Anatolia: morì a Dadastana, località della Bitinia vicino al confine con la Galazia, nel febbraio 364.

59 Cfr. C

RUMP, Ammianus, p. 119.

60 Seguo ancora C

RUMP, ibid., p. 120, che sintetizza i dati storici ricavabili dal lungo racconto di Ammiano: XXVII 1-2.

61 XXVII 2, 11: Praeter haec alia multa narratu minus digna conserta sunt proelia per tractus

varios Galliarum, quae superfluum est explicare, cum neque operae pretium aliquid eorum habuere proventus nec historiam producere per minutias ignobiles decet.

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ancora in grado di attaccare di sorpresa e di saccheggiare la città di Magonza62. A ridare coraggio e speranza ai Romani venne poco dopo l’assassinio di un giovane, ma valoroso re degli Alamanni, particolarmente abile nell’infiammare gli animi dei suoi connazionali: Viticabio; dopo la sua morte, per mano di un servitore corrotto dal denaro romano, cessarono per qualche tempo le incursioni nemiche63. Fu allora che Valentiniano preparò una più energica ed efficace reazione, richiesta tanto dalla sicurezza della popolazione civile quanto dai suoi stessi soldati. Nel 368, radunate truppe ingenti, provviste di armi e rifornimenti adeguati, il sovrano, protetto sui fianchi dai generali Giovino e Severo64, attraversò il Reno ed il Meno e penetrò da nord nelle terre degli Alamanni: lo accompagnava anche il figlio Graziano65. Lo scontro avvenne nei pressi della località di Solicinio66 e si risolse con una piena vittoria delle forze imperiali. Ebbe allora inizio la seconda fase della guerra e da quel momento l’iniziativa passò nelle mani dei Romani: le incursioni germaniche fecero registrare una diminuzione significativa e tale da consentire a Valentiniano di intraprendere un vasto programma di fortificazione della frontiera contro possibili, future minacce.

Drinkwater contesta alla radice l’immagine di Valentiniano come grande imperatore guerriero che emerge a poco a poco dalle pagine di Ammiano67. Fa notare che Valentiniano, eletto nel febbraio 364, giunse in Gallia solo alla fine del 365 e che inizialmente l’imperatore non sembra aver visto un’emergenza nei disordini provocati dagli Alamanni nelle zone di confine68: ad indurlo a recarsi, senza fretta, in quelle regioni non sarebbe stata un’urgenza militare sulle frontiere, ma la necessità di prendere il controllo degli eserciti stanziati in Occidente. All’inizio di novembre del 365 Valentiniano fu poi raggiunto contemporaneamente da due notizie: quella della sconfitta delle armi romane nei

62

In quella circostanza (anno 368) gli incursori erano guidati da un principe alamanno di nome Randone: AMM., XXVII 10, 1-2. Sul personaggio cfr. JONES - MARTINDALE - MORRIS, The prosopography, I, p. 762 (Rando).

63

AMM., XXVII 10, 3-4: Vithicabius rex, Vadomarii filius, … fraude citerioris vitae ministri studio sollicitante nostrorum occubuit, cuius post necem aliquatenus hostiles torpuere discursus. Sul personaggio cfr. JONES -MARTINDALE -MORRIS, ibid., p. 971 (Vithicabius).

64 Anche su questi due personaggi cfr. ibid., pp. 462-463 (Flavius Iovinus 6) e 833(Severus 10). 65 Si tratta del futuro imperatore Graziano, che regnò sulla parte occidentale dell’impero dalla

morte del padre (375) al 383. Era nato nel 359 da Marina Severa, prima moglie di Valentiniano, ed al tempo della campagna del 368 aveva dunque solo nove anni. Già l’anno precedente, tuttavia, Valentiniano l’aveva associato al potere con il titolo di Augusto, come Ammiano narra in XXVII 6. Sulla figura di Graziano cfr. ibid., p. 401 (Fl. Gratianus 2).

66

Probabilmente Schwetzingen, nei pressi di Heidelberg, ma la sua localizzazione, sicuramente ad Est dell’alto corso del Reno, non è certa: cfr. MARIÉ, Notes complémentaires, n. 286, p. 267. Ammiano si occupa della spedizione dell’anno 368 e della battaglia di Solicinio in XXVII 10, 5- 15. Nella circostanza lo stesso Valentiniano corse pericolo di perdere la vita: XXVII 10, 10-11.

67

È questa l’immagine di Valentiniano che si è imposta nella moderna storiografia: cfr. A.NAGL, Valentinianus I, in RE, VIIA 2 (1948), coll. 2168-75 (primi scontri con Sassoni ed Alamanni), 2175-78 (fortificazione della frontiera renana), 2178-80 (ulteriori combattimenti con gli Alamanni), 2182-87(difesa della frontiera sull’alto Reno e sul Danubio, fino al momento della morte); per un apprezzamento complessivo delle qualità militari e tecnico-militari dell’imperatore cfr. ibid., col. 2203. Si veda anche MATTHEWS, Western aristocracies, p. 33; ID., The Roman Empire, p. 207.

68 Cfr. D

primi scontri con gli Alamanni e quella della ribellione in Oriente di Procopio69 contro suo fratello Valente. Ammiano esalta molto la scelta di Valentiniano di rinunciare a soccorrere il fratello per non abbandonare le Gallie, esposte al pericolo germanico70: in particolare fa dire all’imperatore che Procopio era un nemico soltanto di lui stesso e di suo fratello, mentre gli Alamanni erano nemici del mondo intero. Per Drinkwater quella scelta fu dettata invece da un misto di prudenza e di egoismo71: Valentiniano non volle farsi coinvolgere direttamente nel pericolo che la sua dinastia, appena instaurata, correva in Oriente ed enfatizzando l’entità del pericolo rappresentato dagli Alamanni poté giustificare il proprio comportamento agli occhi non solo dei contemporanei, ma, grazie alla compiacenza di storici come Ammiano, anche dei posteri. Dopo che già nel 366 Procopio fu sconfitto da Valente con relativa facilità72, Valentiniano ebbe ancora bisogno di enfatizzare la reale portata della minaccia alamannica sulla frontiera renana: doveva infatti procurarsi urgentemente quella reputazione di capacità militare che persino il suo collega e fratello minore aveva ormai acquisito; la campagna del 368, giustificata dall’improvvisa incursione alamannica su Magonza e culminata nella battaglia di Solicinio, fu per Drinkwater una grande messa in scena progettata per accrescere e diffondere l’immagine marziale tanto di Valentiniano quanto del giovanissimo Graziano73. Fra l’altro egli è convinto che il luogo della battaglia, di incerta localizzazione74, fosse molto vicino al Reno e che Valentiniano in tutta la campagna del 368, come pure negli anni successivi, si sia sempre mantenuto nei pressi della zona di confine senza mai penetrare in profondità nel territorio barbarico e senza proporsi, tanto meno, una conquista degli agri Decumates ed una romanizzazione degli Alamanni75. Mi limito ad osservare che, se questa ricostruzione è lecita ed astrattamente plausibile, restano dati di fatto incontestati le difficoltà create ai Romani dagli Alamanni sul Reno negli anni 365-367, la rovinosa incursione germanica contro l’importante città di Magonza, la campagna del 368 culminata nella battaglia non piccola di Solicinio.

69 Su questo personaggio cfr. J

ONES -MARTINDALE -MORRIS, The prosopography, I, pp. 742-743 (Procopius 4): proclamato imperatore il 28 settembre 365, fu giustiziato il 27 maggio 366. I suoi vincoli di parentela con Giuliano e Costanzo II ne facevano l’ultimo erede di Costantino e dunque un pericolo non trascurabile per la dinastia pannonica di Valentiniano e Valente da poco giunta al potere: cfr. MATTHEWS, The Roman Empire, pp. 199-200.

70 XXVI 5, 8: a Valentiniano, in viaggio verso Parigi, giungono contemporaneamente la notizia

dell’insurrezione di Procopio e dell’attacco degli Alamanni. XXVI 5, 12-13: dubbi di Valentiniano, che infine, indotto dai consigli dei suoi intimi e dalle suppliche degli ambasciatori di illustri città galliche, decide di non lasciare l’Occidente ribadendo più volte che hostem suum fratisque solius esse Procopium, Alamannos vero totius orbis Romani. Lo stesso apprezzamento per la scelta operata allora da Valentiniano ricorre nel primo panegirico di Simmaco per questo imperatore (Or. I 17-18), dunque in un contesto indiscutibilmente agiografico.

71

Cfr. DRINKWATER, Julian and the Franks, pp. 10-12.

72 Ammiano dedica ampio spazio alla breve e tragica parabola di questo usurpatore: ne ricorda la

proclamazione avvenuta a Costantinopoli (XXVI 6), gli iniziali successi grazie ai quali Procopio poté assumere il controllo di Tracia, Bitinia ed Ellesponto (XXVI 7-8), la cattura e l’esecuzione (XXVI 9), la strage dei sostenitori, veri o presunti (XXVI 10).

73 Cfr. D

RINKWATER, Julian and the Franks, p. 12; ID., Ammianus, Valentinian, p. 130.

74 Cfr. sopra, p. 79, n. 66. 75 Cfr. D

81

Ammiano, tornando a parlare nel libro XXVIII della situazione esistente sulla frontiera renana nell’anno 36976

, comincia col ricordare che Valentiniano,

magna animo concipiens et utilia, si dedicava a fortificare tutto il corso del Reno,

dalle sorgenti, nella Rezia, fino alla foce, sul Mare del Nord: fortezze, castelli, torri furono da lui costruiti nelle località più opportune qua Galliarum extenditur

longitudo, cioè per tutta la lunghezza della riva sinistra del fiume, dove

terminavano i territori gallici77. Già con queste parole introduttive lo storico fa capire che il programma di costruzioni del nuovo imperatore differiva notevolmente da quello di Giuliano78: se quest’ultimo, nella situazione in cui si trovò ad operare, si era dovuto concentrare nel restauro dei centri urbani e militari che meglio potevano garantire uno schermo protettivo verso le Gallie79, Valentiniano fu invece in grado di intraprendere una completa riorganizzazione del limes, rifondando e rifornendo non solo grandi località, ma anche numerosi fortini ed avamposti minori.

Chi non crede alla realtà o almeno alla forte intensità della pressione germanica sulle frontiere in quegli anni tende a dare una diversa lettura anche di questo ulteriore impegno di Valentiniano. Vi vede in particolare un’iniziativa fine a se stessa, non necessariamente parte di una strategia di difesa ed oltretutto intrapresa per motivi esclusivamente personali80: evitare di tornare nella raffinata società civile dell’Italia ed in particolare a contatto con l’aristocrazia senatoria romana dai cui costumi l’imperatore si sentì sempre lontano81

, tutelare ed incrementare la propria fama militare in assenza di vere minacce provenienti dall’altra sponda del Reno, indulgere alla propria passione per l’architettura militare e la costruzione di congegni; oltretutto queste attività di costruzione di fortificazioni avrebbero negativamente colpito e preoccupato i vicini dell’impero provocandone la reazione militare e dunque quell’aggressività che si pretendeva di fronteggiare. Trovo questa lettura, tanto delle motivazioni quanto degli effetti dell’impegno di Valentiniano nell’opera di fortificazione delle frontiere, del tutto insufficiente per spiegare un’attività che l’archeologia ci dice aver portato alla realizzazione di un sistema difensivo tra i più imponemti che l’impero

76 È significativo che Ammiano delinei in termini generali il programma di costruzioni voluto da

Valentiniano in XXVIII 2, 1: nel momento, cioè, in cui torna a parlare delle vicende renane che aveva abbandonato, per occuparsi di altre zone dell’impero, in XXVII 10, una volta conclusa la narrazione della campagna dell’anno 368 e della battaglia di Solicinio (cfr. sopra, p. 79). Sembra che quel programma abbia potuto essere concepito solo grazie al nuovo equilibrio venuto a crearsi nell’area della frontiera a seguito dell’esito di quella battaglia.

77 XXVIII 2, 1: At Valentinianus magna animo concipiens et utilia Rhenum omnem a Raetiarum

exordio ad usque fretalem oceanum magnis molibus communibat castra extollens altius et castella turresque assiduas per habiles locos et opportunos, qua Galliarum extenditur longitudo, nonnumquam etiam ultra flumen aedificiis positis subradens barbaros fines. Con le parole fretalem oceanum bisogna intendere semplicemente il canale della Manica: cfr. MARIÉ, Notes complémentaires, n. 380, p. 284.

78 Cfr. C

RUMP, Ammianus, pp. 121-122.

79 Cfr. sopra, pp. 76-77 e nn. 47-48. 80 Cfr. D

RINKWATER, Julian and the Franks, pp. 12-13; ID., Ammianus, Valentinian, pp. 130-131.

81

Sulla lontananza del soldato-imperatore di origine pannonica Valentiniano dalla raffinata società dell’aristocrazia romana (due mondi tra i quali non era possibile alcuna comunicazione) sono classiche le pagine di A.ALFÖLDI, A conflict of ideas in the late Roman Empire. The clash between the senate and Valentinian I, Oxford 1952, pp. 48-95.

d’Occidente fu in grado di mettere insieme prima di avviarsi alla definitiva decadenza82.

In ogni caso gli interventi di Valentiniano si spinsero anche oltre il corso del Reno. In particolare, resosi conto che una fortezza da lui stesso precedentemente costruita rischiava di essere a poco a poco distrutta dalla violenza delle acque del fiume Nicer che scorreva nelle vicinanze83, decise di deviare il corso del fiume. E Ammiano descrive poi con ammirazione e quasi con commozione il generoso e faticosissimo lavoro di genieri, esperti in idraulica, e soldati, spesso immersi nell’acqua fino al mento, in una corrente vorticosa che più volte distrusse le installazioni già predisposte e costrinse a ricominciare i lavori da capo. Tuttavia, alla fine, l’operosità umana ebbe ragione delle forze della natura e, pur con la perdita di alcune vite umane, la fortezza fu liberata da ogni minaccia del fiume.

Lieto di questo successo, Valentiniano pensò subito ad altre iniziative utili allo Stato, come si addiceva ai suoi doveri di sovrano84. In particolare decise di costruire una fortezza, al di là del Reno, dunque in territorio barbarico, sulla montagna che ha nome Pirus85. L’opera, intrapresa con solerzia, veniva però ad infrangere precedenti accordi conclusi con gli Alamanni, i quali avevano consegnato ostaggi ai Romani come pegno di pace, ma avevano anche ricevuto in cambio la promessa che l’esercito imperiale non avrebbe intrapreso iniziative militari oltre il Reno, almeno in quel settore del fiume. Nobili Alamanni, padri degli ostaggi, vennero ora a supplicare il rispetto dei patti, ma inutilmente. Non appena la legazione si allontanò, una schiera di barbari, evidentemente in agguato in attesa di capire l’esito della trattativa, balzò all’attacco e fece strage dei soldati romani, molti dei quali erano anche incapaci di difendersi perché al lavoro nell’opera di costruzione e quindi disarmati. Si salvò solo il notarius Siagrio86

. L’episodio è naturalmente citato da Drinkwater tra quelli che dimostrerebbero il

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