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Una fonte essenziale ed in larga misura attendibile

Le Res gestae di Ammiano286, con le loro quasi seicento pagine – nelle moderne edizioni critiche – dedicate ad un periodo di circa venticinque anni (353- 378), costituiscono la nostra fonte scritta più completa, più precisa e più attendibile, almeno per le vicende politico-militari del IV secolo. Gibbon, dopo aver utilizzato Ammiano come fonte principale per il periodo fino alla battaglia di Adrianopoli ed ormai in procinto di affidarsi per gli avvenimenti successivi alla narrazione di Zosimo, molto meno precisa, dettagliata ed attendibile, gli rivolse un celebre ed un po’ enfatico commiato: «Non senza il più sincero rammarico debbo ora congedarmi da una guida attenta e fedele, che ha composto la storia dei suoi tempi senza i preconcetti e le passioni, che ordinariamente influiscono sull’animo di uno scrittore contemporaneo»287. Un grande storico del Basso impero, lo Stein, ha giudicato Ammiano «le plus grand génie littéraire que le monde ait connu … entre Tacite et Dante»288

; ed aggiunge di ritenerlo superiore allo stesso Tacito per la maggiore obbiettività e per l’orizzonte storico molto più vasto delle sue Res gestae, le quali tengono conto anche delle province, trascurate invece dalla storico d’età traianea289

. E la fama di storico imparziale ha

281 Cfr. sopra, p. 29 e n. 197.

282 Come in effetti è avvenuto, negli studi su Ammiano, almeno da Thompson (cfr. sopra, p. 19 e

n. 133) in poi: cfr. ROSEN, Ammianus (1982), pp. 53-55.

283

Cfr. sopra, p. 32 e nn. 218-219.

284 Cfr. B

LECKMANN, Vom Tsunami, p. 30.

285 Ibid., p. 31.

286 L’editio potior dell’opera di Ammiano è quella curata da W. Seyfarth nella collezione

teubneriana: Ammiani Marcellini Rerum Gestarum libri qui supersunt (Bibliotheca scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana), I-II, Leipzig 1978. Il testo tradito di Ammiano occupa 380 pagine nel volume I, 201 pagine nel volume II. Da questa edizione provengono le citazioni dello storico.

287

E.GIBBON, Storia della decadenza e caduta dell’impero romano (trad. it.), II, Torino 1967, p. 963.

288 E.S

TEIN, Histoire du Bas-Empire (Edizione francese a cura di J.-R. Palanque), I, De l’état romain à l’état byzantin (284-476), Paris - Bruges 1959, p. 215.

289

accompagnato Ammiano fino ai nostri giorni290 ed in tutti gli studi più importanti che sono stati dedicati alla sua opera291. Anche chi ha giudicato un po’ agiografico tale apprezzamento generale e si è proposto di sottoporlo al vaglio di un minuzioso esame critico292, riconosce che Ammiano è autore fondamentale non solo come fonte (di gran lunga la più estesa e particolareggiata in nostro possesso) di preziose informazioni su eventi, istituzioni e società del IV secolo, ma anche perché egli stesso è una parte importante del mondo del IV secolo in cui visse e scrisse293. La sua opera resta pertanto «the essential source for the reconstruction of the history of the later fourth century»294.

In particolare i libri XXVIII e XXIX trattano la storia dell’impero fra il 368 ed il 374. Ammiano, ormai lasciata la carriera militare, era vissuto in quegli anni ad Antiochia, tranne che durante i suoi numerosi viaggi295. Quando nella composizione delle Res gestae giunse a trattare quel periodo, i ricordi personali poterono essergli d’aiuto solo per le regioni orientali. Per i fatti politici e giudiziari accaduti a Roma, dove egli giunse solo dopo Adrianopoli, ed ancora di più per i tanti avvenimenti militari che si svolsero alla frontiera renana o danubiana, in Britannia e in Africa lo storico ebbe bisogno di testimonianze, di informatori militari e civili, di amicizie che gli consentissero l’accesso a documenti scritti. Egli riuscì a procurarsi la documentazione necessaria, grazie alle conoscenze che ancora conservava nell’ambiente militare ed ai rapporti di stima, se non di amicizia, che seppe stringere con alcuni esponenti dell’aristocrazia senatoria e della burocrazia imperiale dopo il suo trasferimento a Roma. Le testimonianze orali e talvolta i documenti d’archivio o i rapporti scritti di funzionari civili e militari dettero così sostanza al suo racconto storiografico, in questi forse ancor più che nei precedenti libri conservati296. In questa solida base documentaria, spesso utilizzata tacitamente, ma non senza lasciare al lettore qualche indizio della sua esistenza, Ammiano vide lo strumento fondamentale per perseguire la verità e per tutelare la dignità della sua opera e della propria persona di storico297. Era la tradizione storiografica di Tucidide e Polibio, pragmaticamente attenta alla ricostruzione obbiettiva dei fatti più che alla loro

290 Una ragionata rassegna degli studiosi che, dopo Gibbon, hanno fatto proprio il tradizionale

giudizio positivo sui meriti della storiografia ammianea, permettendosi, talvolta, riserve solo marginali, è in BARNES, Ammianus (1998), pp. 2-10.

291 I meriti della narrazione storica di Ammiano sono riconosciuti e pienamente apprezzati nel

volume di MATTHEWS, The Roman Empire, pp. 33-228. Per precedenti, lusinghieri giudizi si vedano: SEECK, Ammianus (4), col. 1851; THOMPSON, The historical work, pp. 20-41, 121-133 e specialmente 121-127 (dove si sostiene la superiorità di Ammiano rispetto allo stesso Tacito); A.H.M.JONES, The later Roman Empire, 284-602. A social economic and administrative survey, I, Oxford 1964, pp. 115-116; ID., The decline of the Ancient World, London 1966, p. 1 (trad. it. Il tramonto del mondo antico, Bari 1972, pp. 1-2); SYME, Ammianus, p. 94; SABBAH, La méthode, pp. 214-217.

292 Mi riferisco in particolare a Barnes, il cui volume, già più volte citato, è nato dalla convinzione

che fossero ormai maturi i tempi per un’indagine sistematica su struttura, natura e qualità delle Res

gestae di Ammiano: BARNES, Ammianus (1998), p. 19.

293

Cfr. ID., Ammianus (1993), p. 55.

294 R

OHRBACHER, The historians, p. 41.

295 Cfr. sopra, pp. 5-6. 296 Cfr. sopra, p. 31. 297

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esposizione letteraria. Era anche la linea dell’erudizione fondata sul documento, seguita da Svetonio nelle sue biografie. Già Tacito aveva fatto uso di documenti scritti ed atti pubblici, ma Ammiano, influenzato forse dalla burocrazia della sua epoca, si spinse oltre e fece di testimonianze, rapporti e documenti la base per rivendicare alla sua opera il diritto di appartenere alla grande storiografia, superando gli angusti limiti delle opere di sintesi298.

È così che anche nei libri qui considerati Ammiano può ribadire e difendere la propria concezione della storiografia in piena coerenza con il suo operato. Lo fa in particolare all’inizio del libro XXIX, quando enuncia i criteri cui si è attenuto nella narrazione del tentativo di colpo di stato da parte del funzionario Teodoro e della sua spietata repressione ad opera di Valente299. Dapprima egli ricorda che lo storico viene meno al suo compito ed inganna i propri lettori, sia quando tralascia fatti da lui ben conosciuti sia quando inventa cose mai avvenute300. Parole che si lasciano facilmente avvicinare al precetto che già Cicerone aveva dato alla storiografia: non osare dire qualcosa di falso, ma nemmeno tacere qualcosa di vero301. L’assenza di omissioni e di falsificazioni è per Ammiano il perno di una narrazione storica che persegua la veridicità. Del resto, questo è solo uno dei molti luoghi dell’opera in cui Ammiano esprime il suo estremo rispetto nei confronti della veritas, da lui giudicata non solo caratteristica indispensabile di ogni seria opera storica302, ma anche qualità degna della più alta ammirazione nell’indole di ogni persona303

. Più avanti aggiunge di aver visto personalmente molti condannati condotti a morte dopo atroci torture, come avviene di solito in periodi tenebrosi in cui la confusione sembra sconvolgere tutto, ma, poiché gli sfugge ormai un più preciso ricordo dei fatti, riferirà in maniera più sintetica quanto gli sarà possibile richiamare alla mente304. Il passo è importante, perché ribadisce i criteri storiografici formulati da Ammiano nella prima delle sue due prefazioni programmatiche305, quella in cui, all’inizio del libro XV, afferma di aver basato già la precedente narrazione sull’autopsia e sull’esame accurato delle testimonianze delle persone informate dei fatti.

298 Cfr. S

ABBAH, La méthode, pp. 213-217.

299 È l’episodio che dette occasione ai processi tenuti ad Antiochia attorno al 372 e narrati da

Ammiano in XXIX 1, 5-44. Sul notarius Teodoro cfr. sopra, p. 27, n. 183.

300 XXIX 1, 15: fallere non minus videtur, qui gesta praeterit sciens, quam ille, qui numquam facta

fingit.

301 C

IC., De orat., II 15, 62: ne quid falsi dicere audeat, deinde ne quid veri non audeat. Un accostamento fra le parole di Cicerone e quelle di Ammiano era già stato proposto da ENSSLIN, Zur Geschichtsschreibung, p. 12.

302 Affermazioni analoghe in XIV 6, 2; XV 1, 1; XVI 1, 3; XVIII 6, 23; XXVI 1, 1. Cfr. sopra, p.

20. Nonostante queste rigorose prese di posizione in favore della veritas, Ammiano non manca di esprimere giudizi del tutto personali, a cominciare dalla sua ammirazione per Giuliano: cfr. MATTHEWS, The Roman Empire, p. 465.

303 Cfr. T

HOMPSON, The historical work, p. 23.

304 XXIX 1, 24: Et quoniam addici post cruciabiles poenas vidimus multos ut in tenebrosis rebus

confusione cuncta miscente summatim, quia nos penitissima gestorum memoria fugit, quae recolere possumus, expeditius absolvemus.

305 XV 1, 1: Utcumque potui veritatem scrutari, ea, quae videre licuit per aetatem vel perplexe

interrogando versatos in medio scire, narravimus ordine casuum exposito diversorum. Cfr. sopra, p. 29 e n. 197.

Nei libri XXVIII e XXIX, dunque, Ammiano ha lavorato in coerenza con il suo unitario metodo di lavoro e ci fornisce un resoconto non inconfutabile e non esente da condizionamenti, ma certo basato su di una documentazione varia ed attendibile, almeno perché molto vicina ai protagonisti di quelle vicende. Al tempo stesso lo storico, qui come altrove, non rinuncia ad interpretare in maniera personale le informazioni comunque raccolte, non si appiattisce sul giudizio che le sue fonti davano degli avvenimenti306. Questi libri forniscono pertanto un racconto storico originale e proprio per questo particolarmente prezioso per la conoscenza di quegli anni così densi di avvenimenti all’interno dei regni di Valentiniano e Valente.

306 Sull’originalità di Ammiano, ben lontano dal rigido metodo della fonte unica teorizzato dalla

filologia germanica dell’Ottocento, si leggano le persuasive parole di PASCHOUD, Roma aeterna, pp. 38-39.

Capitolo I

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