The decline, pp 213-214 (trad it Il tramonto, pp 316-318) Per un chiaro riesame della questione,
6. Roma e i barbari: le politiche possibil
Proprio il ritorno a quella che era stata la strategia difensiva del principato o per lo meno il tentativo di ricostituire una linea di frontiera che tenesse i barbari al di fuori del territorio romano richiese a Valentiniano uno sforzo suppletivo ed intermittente, che Ammiano fatica a capire o per lo meno ad accettare. I Romani, infatti, avevano sempre cercato di mantenere, oltre i propri confini, uno schermo protettivo stabilendo trattati con i capi barbari delle tribù che vivevano nelle vicinanze198. Costoro si impegnavano a non fare incursioni e razzie nelle province
192
Ibid., pp. 198-199.
193 Ibid., pp. 199-201.
194 La mancanza di informazioni sulle tecniche di costruzione impiegate è in larga misura
riconducibile al desiderio di Ammiano di uniformarsi ai criteri della storiografia contemporanea, la quale giudicava superflui ed anzi inopportuni tutti i dettagli su struttura di comando, logistica, equipaggiamento, caratteristiche del campo di battaglia e, appunto, ingegneria militare: cfr. CRUMP, Ammianus, p. 131. Cfr. anche sopra, p. 97 e n. 172.
195 Cfr. sopra, pp. 92-94. 196 Cfr. sopra, pp. 89-90 e 95. 197 Cfr.T ROMBLEY, Ammianus, pp. 23 e 27. 198 J
ONES, The later Roman Empire, II, p. 611; ID., The decline, p. 215 (trad. it. Il tramonto, p. 319).
imperiali ed anzi potevano fornire forze militari per la loro protezione. In cambio i Romani potevano aiutare queste tribù contro vicini ostili e talvolta pagare loro un sussidio. Con un accordo ben chiaro, garantito dal prestigio delle armi romane, si poteva addirittura negoziare lo stanziamento di una tribù nel territorio imperiale o più semplicemente inglobare nell’impero il territorio di una tribù che dava sufficienti garanzie di lealtà; in assenza di tali garanzie poteva sembrare preferibile una politica volta ad affermare senz’altro la superiorità militare dell’impero sui barbari199
.
La strategia della guerra ad oltranza e senza quartiere, non solo verso i Germani, ma anche nei confronti dei Persiani200, fu tipica soprattutto di Giuliano201, il quale ebbe bisogno di una linea politica semplice, priva di tentennamenti e capace di mobilitare attorno a lui l’esercito, la sola forza su cui poteva fare affidamento il suo potere conquistato da poco e non senza contrasti202.
Costanzo II, forte di un potere più stabile e non dipendente esclusivamente dall’appoggio dell’esercito, attuò un’identica politica di guerra contro tutti i nemici di Roma, ma fu più attento a cogliere le possibilità che le circostanze e la diplomazia offrivano agli interessi dell’impero. In un discorso tenuto alle truppe accampate sul Reno nel 354 e riferito da Ammiano203, Costanzo dà prova della sua capacità di cogliere i vantaggi che potevano derivare da accordi con i barbari: evitare i rischi della guerra, trasformare gli avversari in preziosi alleati, cosa che essi stessi promettevano di fare, addolcire la natura selvaggia dei barbari, cioè procedere ad una loro civilizzazione attraverso il contatto con l’impero romano.
199 Per le due possibili opzioni, quella militare e quella diplomatica, che fra III e IV secolo si
offrirono alla politica romana verso i barbari, sono preziose le pagine di E.FRÉZOULS, Les deux politiques de Rome face aux barbares d’après Ammien Marcellin, in E. FRÉZOULS (a cura di), Crise et redressement dans les provinces européennes de l’Empire (milieu du IIIe - milieu du IVe siècle ap. J.-C.). Actes du colloque de Strasbourg (décembre 1981), Strasbourg 1983, pp. 175-197. Lo studioso ha cercato di individuare nei libri XIV-XXV del testo di Ammiano le costanti della politica romana verso i nemici esterni (ibid., pp. 182-185), ma anche le divergenze nelle strategie perseguite da Giuliano (ibid., pp. 185-187) e da Costanzo II (ibid., pp. 188-193) negli anni 353- 363.
200 Pur riconoscendo nei Persiani gli eredi di un passato e di una cultura prestigiosi, Ammiano
giudica anche loro estranei ed incompatibili con la tradizione civile greco-romana sintetizzata ormai dall’impero: cfr. ibid., pp. 180-182.
201 Nella sua strategia di annientamento sul campo delle tribù barbariche Giuliano conseguì i
maggiori successi, fino all’importante vittoria di Strasburgo nel 357, sull’alto Reno, a spese degli Alamanni; contro i Franchi, sul basso Reno, Giuliano perseguì una strategia di pacificazione piuttosto che di espulsione, pur aprendosi la via, anche in questa zona, a spedizioni sulla riva destra del fiume: cfr. sopra, p. 77.
202
Cfr. FRÉZOULS, Les deux politiques, pp. 185-187. Il testo ammianeo che meglio testimonia la propensione di Giuliano per una guerra di sterminio, condotta senza spirito di conciliazione, è il discorso (XXIII 5, 16-23) che lo storico gli fa pronunciare all’inizio della campagna contro la Persia, quando le forze romane stanno per entrare in territorio sassanide, e che contiene la celebre esortazione: Abolenda nobis natio molestissima, cuius in gladiis nondum nostrae propinquitatis exaruit cruor (XXIII 5, 19). La sicura rielaborazione letteraria del discorso da parte dello storico non esclude che Ammiano avesse a disposizione solide informazioni che gli consentirono di render conto di un’arringa effettivamente pronunciata da Giuliano.
203
XIV 10, 11-15. Particolarmente significativo il paragrafo 14: Alamannorum reges … concessionem praeteritorum poscunt et pacem. Quam … tribui debere censeo multa contemplans, primo ut Martis ambigua declinentur, dein ut auxiliatores pro adversariis asciscamus, quod pollicentur, tum autem ut incruenti mitigemus ferociae flatus perniciosos saepe provinciis.
103
Ed in un altro discorso testimoniato da Ammiano204, tenuto ancora davanti alla truppe, a commento della campagna contro i Sarmati conclusa nel 358 con un accordo improntato a reciproca fiducia e rispetto, Costanzo elenca i vantaggi concreti garantiti da una politica realistica nei confronti dei barbari, una politica che non escludeva la possibilità di pace e conciliazione: la vendetta su pericolosi briganti, la preda strappata ai nemici e più che sufficiente per compensare i soldati vittoriosi, la salvaguardia delle risorse e delle ricchezze comuni, il titolo di
Sarmaticus che i soldati hanno voluto attribuire all’imperatore. Probabilmente
Costanzo enumerò allora questi vantaggi a beneficio soprattutto di chi faticava ad accettare tale politica e tutte le sue implicazioni205.
È chiaro che questa doppia politica diveniva particolarmente rischiosa e tutt’altro che facile da gestire, quando non esisteva un confine già ben delineato da proteggere con gli accordi diplomatici, ma al contrario si doveva periodicamente conquistare o riconquistare o fortificare il territorio che ci si proponeva di mettere sotto tutela. Questa era la situazione sulla frontiera renano- danubiana durante il regno di Valentiniano ed essa può aiutare a capire l’ondivago comportamento dell’imperatore o dei suoi subordinati in quegli anni convulsi. Le tribù che premevano contro le province galliche, britanniche o balcaniche potevano essere affrontate sul campo di battaglia206 fino al loro sterminio o, al contrario, fino a subire una dura disfatta, ovvero potevano essere tenute sulla difensiva con la costruzione di poderose fortezze207, talvolta anche sul loro stesso territorio, destinate a rallentare o almeno sorvegliare i loro movimenti. Infine quelle stesse tribù potevano essere indotte a collaborare con l’impero, a patto che esse rinunciassero ad operare razzie nei territori provinciali ed anzi si dichiarassero disponibili a fronteggiare, a fianco o per conto delle legioni romane, altre e più pericolose popolazioni delle aree di confine.
Apprendiamo così che nella zona del monte Pirus208 era stato concluso un accordo con gli Alamanni che garantiva il disinteresse romano per un controllo diretto di quel territorio, ma che esso fu poi violato da Valentiniano col tentativo di costruirvi una fortezza. Si può immaginare che il precedente accordo non sia sembrato a Valentiniano sufficiente a meno che un presidio romano, ben protetto
204 XVII 13, 26-33 e in particolare i paragrafi 31-33: Quadruplex igitur premium … nos
quaesivimus et res publica, primo ultione parta de grassatoribus noxiis; deinde quod vobis abunde sufficient ex hostibus captivi … Nobis amplae facultates opumque sunt magni thesauri, integra omnium patrimonia nostri labores et fortitudo servarint … Postermo ego quoque hostilis vocabuli spolium prae me fero, secundo Sarmatici cognomentum.
205 Convince l’interpretazione che dei due discorsi propone F
RÉZOULS, Les deux politiques, pp. 190-193.
206 Per limitarsi ai libri XXVIII e XXIX di Ammiano è il caso dello scontro sfortunato contro gli
Alamanni attorno alla fortezza che si cercava di costruire sul monte Pirus (XXVIII 2, 5-9), delle vittorie conseguite da Teodosio in Britannia (XXVIII 3, 1-2), della battaglia che si conclude con la strage dei Sassoni (XXVIII 5, 1-7), della spedizione con cui si tenta invano di catturare il re degli Alamanni Macriano (XXIX 4, 2-6): cfr. sopra, pp. 82-85.
207 È il caso, nei libri XXVIII e XXIX di Ammiano, della fortezza che viene salvata dalla furia
delle acque del fiume Nicer (XXVIII 2, 2-4), di quella che si tenta invano di costruire sul monte Pirus (XXVIII 2, 5), delle fortificazioni apprestate da Teodosio in Britannia (XXVIII 3, 1-2 e 7), degli accampamenti fortificati che Valentiniano ordina di costruire oltre il Danubio, nelle terre dei Quadi (XXIX 6, 2): cfr. sopra, pp. 82-83 e 85-86.
da strutture fortificate, non fosse presente sul territorio a sorvegliare i movimenti di tribù stanziate nelle vicinanze del Reno.
Un’invasione di Sassoni viene arrestata dopo che si riescono a far confluire nell’area minacciata sufficienti forze romane209
, ma la tregua, pattuita subito dopo e che garantiva ai barbari un sicuro rientro nei propri territori, è violata dai Romani che fanno strage di quella popolazione. Evidentemente l’accordo diplomatico non venne giudicato dai Romani garanzia sufficiente per poter considerare protetto il tratto di frontiera lungo il quale viveva quella tribù.
Contro la minaccia degli Alamanni Valentiniano pensa di ricorrere all’aiuto militare dei Burgundi, trasformandoli quasi, per l’occasione, in foederati dell’impero; lui stesso, però, impegnato nei continui lavori di fortificazione delle frontiere, non riesce a presentarsi all’appuntamento convenuto con i suoi nuovi alleati, i quali si ritirano pieni di sdegno per la constatata inaffidabilità dei Romani210. I Burgundi appresero così a proprie spese che un impero in costante affanno per chiudere le falle che si aprivano ciclicamente nelle proprie difese non aveva la stessa forza militare, e conseguentemente la stessa affidabilità politica e diplomatica, della forte compagine imperiale che in passato, al riparo di frontiere solidissime, aveva potuto influenzare e indirizzare la vita politica delle tribù confinanti211.
Ed in seguito l’ordine di Valentiniano di costruire accampamenti al di là del Danubio, nel territorio dei Quadi, provoca una pronta protesta diplomatica di quelle popolazioni; poi, quando il loro re Gabinio, che si limitava a chiedere che non si introducessero innovazioni212 rispetto allo status quo, viene ucciso a tradimento al termine di un banchetto, Quadi e Sarmati danno inizio a razzie nelle province dell’impero. Anche in questo caso la politica romana appare incerta fra due opzioni: quella della fiducia, garantita evidentemente da precisi accordi diplomatici, in tribù stanziate sull’altra riva del fiume che faceva da confine e quella del controllo diretto del territorio, da conseguire con le opportune installazioni militari213.
Di questa ondivaga strategia romana Ammiano dà una lettura semplicistica, a metà strada fra moralismo214 e pragmatismo, ma mai una lettura tecnica o politica. Manca per Valentiniano un discorso o comunque un passo in cui lo storico abbia dato voce alle argomentazioni dell’imperatore a sostegno della sua strategia complessiva verso i barbari. Nel discorso tenuto alle truppe in occasione della sua inaspettata elezione, Valentiniano, a quanto riferisce Ammiano, non avrebbe dato indicazioni sulla strategia e ancor meno sulle linee di politica estera che intendeva seguire, ma si sarebbe limitato a ringraziare i militari
209
Cfr. sopra, p. 84.
210 Cfr. sopra, pp. 84-85.
211 Un efficace sistema di stati clienti, che facesse da antemurale ai confini romani, presupponeva
una reale superiorità militare ed ancora di più la capacità da parte dell’impero di incutere rispetto e timore nell’immaginario dei popoli confinanti: come ben spiega LUTTWAK, The grand strategy of the Roman Empire, pp. 20-40 e 111-117 (trad. it. La grande strategia dell’impero romano, pp. 34- 59 e 150-158).
212 XXIX 6, 5: ne quid novaretur. Su tutto l’episodio cfr. sopra, pp. 85-86. 213
Cfr. sopra, pp. 102-103.
214 Di moralismo, come fattore che, in conflitto con una sobria capacità di valutare la reale
situazione strategica dell’impero, contribuisce alla formazione della visione storica di Ammiano, parla CRUMP, Ammianus, pp. 59-60.
105
e ad assicurare che prestissimo egli avrebbe nominato un Augusto come suo collega215. Più significativa è la breve allocuzione che Ammiano fa rivolgere da Valentiniano, in presenza delle truppe, al figlio Graziano, appena nominato Augusto nel 367216: un invito a farsi carico della sicurezza dell’impero ed in particolare ad abituarsi ad attraversare impavidamente il Danubio ed il Reno, resi transitabili dal gelo, a fianco dei suoi soldati217. L’imperatore indicava così al figlio la guerra contro i barbari come suo primo dovere, ma essa era in fondo una necessità, dettata dalle contingenze in cui si trovava soprattutto la metà occidentale dell’impero218
, non era una scelta strategica ed ancor meno politica. A Valentiniano non sarà sfuggita, pochi mesi dopo, la gravità delle perdite romane nella pur vittoriosa battaglia di Solicinio219, che pose fine alla sua importante campagna del 368 contro gli Alamanni. Eventi come quello dovevano necessariamente indurlo ad una politica più realistica e più consapevole delle effettive possibilità militari dell’impero. Si comprendono allora meglio le circostanze in cui quell’imperatore tentò almeno la carta dell’accordo diplomatico con i barbari220, salvo poi ritornare a decise azioni militari, quando lui stesso o qualcuno dei suoi subordinati non si sentirono sufficientemente garantiti dai patti stipulati. Ammiano non si chiede se accordi tattici o strategici con una o più tribù barbare potevano essere di utilità ad un impero che lui stesso sapeva avere risorse non illimitate; non sembra calcolare che se tribù amiche di Roma si accollavano, se non la difesa integrale, almeno una prima copertura di alcuni tratti del confine, ciò avrebbe consentito maggiore libertà di movimento alle legioni romane di riserva o a quelle schierate sui punti davvero critici del lungo confine imperiale. Di simili vantaggi era invece consapevole Valentiniano, il quale, informato degli sconfinamenti operati sul Danubio da Quadi e Sarmati e consapevole di doversi presto recare su quel fronte col grosso del suo esercito, si decise a concludere un accordo di pace ed alleanza con il re degli Alamanni Macriano, lo stesso che era avventurosamente sfuggito al suo precedente tentativo di cattura221.
Valentiniano, insomma, sembra aver seguito non tanto la politica di Giuliano della lotta ad oltranza e senza quartiere contro un nemico giudicato inconciliabile ed incompatibile con la civiltà tutelata dall’impero romano, quanto piuttosto quella più umana e soprattutto più concreta e realistica di Costanzo222.
215 XXVI 2, 6-10. L’Augusto prescelto poco dopo fu il fratello Valente.
216 XXVII 6, 12-13. Il fatto che le parole dell’imperatore al figlio siano seguite da una citazione di
Euprassio (XXVII 6, 14), promotore di un grido di esultanza ed approvazione, rende particolarmente attendibile tanto l’allocuzione quanto il discorso tenuto alle truppe da Valentiniano immediatamente prima: XXVII 6, 6-9. Euprassio, presente evidentemente alla proclamazione di Graziano, fu uno dei principali e più attendibili informatori di Ammiano: cfr. sopra, p. 17, n. 119 e pp. 39-40 e n. 273.
217 XXVII 6, 12: assuesce impavidus penetrare cum agminibus peditum gelu pervios Histrum et
Rhenum, armatis tuis proximus stare.
218
Cfr. FRÉZOULS, Les deux politiques, pp. 182-185.
219
Probabilmente Schwetzingen, presso Heidelberg. Cfr. sopra, p. 79 e n. 66: alla campagna del 368 ed alla battaglia di Solicinio Ammiano dedica gran parte del capitolo XXVII 10, enfatizzando, nel paragrafo conclusivo (XXVII 10, 16), l’entità non trascurabile delle perdite romane: In hac dimicatione nostri quoque periere non contemnendi.
220
Cfr. sopra, pp. 103-104.
221 Cfr. sopra, p. 85. Circostanze e modalità dell’incontro fra Valentiniano e Macriano, avvenuto
presso Magonza nel 374, sono narrate da Ammiano in XXX 3.