La securitas dell’impero: la frontiera settentrionale
2. La minaccia germanica: realtà o artificio?
Occorre premettere che negli ultimi decenni c’è stata una tendenza a mettere in dubbio sia l’attendibilità del racconto di Ammiano sia l’autenticità della minaccia germanica sulla frontiera renana nella seconda metà del IV secolo23. È stato affermato che nel IV secolo le popolazioni germaniche vicine alla frontiera renana dell’impero, in particolare Franchi ed Alamanni, non costituivano una seria minaccia per i Romani: povere, tecnicamente arretrate, minate da rivalità interne esse cercavano l’assistenza e l’aiuto dell’impero più che minacciarne i confini e potevano soltanto accettare passivamente ora il ruolo di beneficiari obbligati della clemenza imperiale, ora quello di vittime sventurate dell’intolleranza imperiale24. L’entità della minaccia fu artatamente gonfiata dalle
autorità romane e dagli stessi imperatori d’Occidente, che volevano in questo modo giustificare, agli occhi dei loro sudditi, la presenza sul territorio del potere imperiale e del suo gravoso sistema fiscale, che finanziava il costoso apparato amministrativo, civile e militare, con la necessità di una politica di difesa che richiedeva risorse per mantenere gli eserciti ed erigere imponenti fortificazioni25. Amplificando, se non proprio inventando, una minaccia barbarica, gli imperatori d’Occidente si procurarono o incrementarono una reputazione come capi militari26
e, di fronte ai loro colleghi di Costantinopoli, poterono accampare diritti su una parte cospicua delle risorse finanziarie dell’impero affermando di dover fronteggiare nemici paragonabili ai Goti o ai Persiani che premevano sulle
22 Cfr. sopra, p. 72. 23
Sono degni di nota, in questo senso, i contributi di Drinkwater, il quale ha esposto in termini generali le proprie idee sui diversi aspetti della problematica sollevata in uno studio preliminare: J.F.DRINKWATER, “The Germanic threat on the Rhine frontier”: a Romano-Gallic artefact?, in R.W.MATHISEN -H.S.SIVAN (a cura di), Shifting frontiers in late antiquity, Aldershot 1996, pp. 20-30. Successivamente egli ha analizzato nelle fonti, ed in particolare in Ammiano, l’attività politica e militare dei Romani sulla frontiera renana e danubiana al tempo di Giuliano e di Valentiniano: ID., Julian and the Franks and Valentinian I and the Alamanni: Ammianus on Romano-German relations, in “Francia”, XXIV 1 (1997), pp. 1-15 (anni 355/6 e 365/6); ID., Ammianus, Valentinian and the Rhine Germans, in J.W.DRIJVERS -D.HUNT (a cura di), The late Roman World and its historian. Interpreting Ammianus Marcellinus, London - New York 1999, pp. 127-137 (anni 367-375).
24 Cfr. I
D., “The Germanic threat”, pp. 20-25; ID., Ammianus, Valentinian, p. 131.
25
ID., “The Germanic threat”, pp. 26-28; ID., Ammianus, Valentinian, p. 130.
26 I
D., “The Germanic threat”, p. 26: per sopravvivere un imperatore doveva avere una rispettabile reputazione come generale e doveva dunque mantenere forti eserciti con i quali conseguire vittorie contro tutti i nemici dello Stato romano.
province orientali27; talvolta, e in particolare sarebbe il caso di Valentiniano, la millantata minaccia germanica fu una buona scusa per recarsi o rimanere nel Nord della Gallia, presso la frontiera renana, quando nessun’altra motivazione politica suggeriva di stazionare in quelle periferiche regioni28.
La vera minaccia per il potere romano nelle province occidentali non veniva nel IV secolo dalle tribù germaniche, ma dall’instabilità politica interna della compagine imperiale29: solo le lotte civili interne allo Stato romano e soprattutto alla sua metà occidentale incoraggiarono occasionali incursioni germaniche al di qua del Reno ed a momenti ne resero serio ed effettivo il pericolo. E solo le lotte civili, all’inizio del V secolo, portarono al definitivo disimpegno romano dalle zone della Gallia settentrionale e centrale con un ripiegamento del centro di gravità degli interessi politici e militari di Roma in Occidente sull’asse mediterraneo che, attraverso la Provenza, univa l’Italia settentrionale alla Spagna30. Le fonti scritte su cui si basa la nostra conoscenza dei fatti31, ed in primo luogo Ammiano, non sarebbero altro che un’eco della propaganda imperiale, troppo a lungo e troppo acriticamente accettata come verità storica negli studi moderni32.
Non è questa la sede per una discussione della questione nei suoi termini generali. Mi limito ad osservare che una cosa è negare che fra III e VI secolo la pressione delle popolazioni germaniche sulla frontiera settentrionale dell’impero sia stata uniforme in ogni momento o costantemente crescente33, ma altra cosa, e molto meno convincente, è affermare che nel IV secolo la difesa della frontiera renana e danubiana non costituiva un impegno prioritario, sul piano politico, militare e finanziario, per chi governava l’Occidente e che anzi una presunta minaccia barbarica, disonestamente propagandata per meschini fini politici o addirittura personali, è riuscita ad impressionare le menti dei contemporanei, degli
27 Ibid., p. 28; I
D., Ammianus, Valentinian, p. 130.
28
ID., “The Germanic threat”, pp. 25-26.
29 Ibid., p. 29; I
D., Ammianus, Valentinian, p. 130.
30 I
D., “The Germanic threat”, pp. 29-30. Per una più puntuale analisi delle circostanze politiche che, fra IV e V secolo, indussero le autorità romane d’Occidente a rivedere le proprie priorità ed a considerare non più indispensabile e nemmeno vantaggiosa la difesa di una frontiera sul Reno, cfr. ID., The usurpers Constantine III (407-411) and Jovinus (411-413), in “Britannia”, XXIX (1998), pp. 269-298.
31 Se Ammiano è certo la fonte più importante, l’idea di una pressione delle tribù germaniche che
si esercitò con continuità sulla frontiera renana a partire dal III secolo e che riuscì infine ad aprire una breccia nelle difese romane poggia su vari altri testi: le opere di Simmaco e di Ausonio, i panegirici latini, gli scritti di Giuliano, Libanio, Eunapio, Zosimo; cfr. ID., “The Germanic threat”, p. 21; ID., Ammianus, Valentinian, p. 127.
32
ID., Julian and the Franks, pp. 1-2 e n. 5: una delle finalità che si è proposto Drinkwater è proprio quella di dimostrare che Ammiano era capace, per suoi scopi, di sopprimere o alterare le informazioni di cui disponeva e che pertanto, almeno in certi luoghi, la sua narrazione deve essere ritenuta inattendibile; cfr. ID., Ammianus, Valentinian, pp. 127-128.
33
Contro l’errore di immaginare una pressione germanica costante ed uniforme in ogni epoca della tarda antichità metteva in guardia già W.GOFFART, Barbarians and Romans. A.D. 418-584. The techniques of accomodation, Princeton 1980, pp. 3-39 e specialmente pp. 4-7, 12-15, 24-35. In un primo momento Drinkwater (“The Germanic threat”, p. 20 e n. 3) annovera il volume di Goffart fra quelli nei quali persiste l’idea di un impero romano che fu in ultimo schiacciato dalla crescente forza dei suoi avversari esterni; poi (Julian and the Franks, p. 1 e n. 2) lo inserisce tra i testi che hanno tentato di correggere i fraintendimenti antichi e moderni sulle cosiddette invasioni barbariche.
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storici antichi e, per loro tramite, di noi moderni. In ogni caso la tesi che le popolazioni germaniche stanziate immediatamente ad Est del Reno non costituissero una reale minaccia per l’integrità territoriale dell’impero romano non è riuscita a prevalere34 rispetto alla più tradizionale ricostruzione ed interpretazione delle vicende politico-militari del IV secolo35: la ragione è che, come emergerà anche dalle pagine seguenti36, la realtà della minaccia barbarica e la necessità per l’impero di sviluppare una politica di difesa delle frontiere settentrionali non poggiano sulla soggettiva e retoricamente elaborata esposizione di Ammiano, ma sui dati di fatto incontestabili ed incontestati che sono alla base della sua narrazione.