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Un giudizio ponderato, ma autonomo

documentazione su cui si basa la problematica ricostruzione del cursus honorum di Nicomaco, cu

5. Un giudizio ponderato, ma autonomo

Trovo questa conclusione solo parzialmente soddisfacente. Condivido pienamente il pensiero di Humphries quando egli mette in guardia contro l’errore di interpretare il ritratto ammianeo di Valentiniano come la semplice riproposizione di ‘topoi’ letterari sul governo imperiale buono o cattivo200

. Non penso però che quell’articolato e, per certi versi, contraddittorio ritratto possa spiegarsi con l’accettazione quasi passiva da parte di Ammiano di opinioni diverse suggeritegli dall’ambiente dell’aristocrazia romana. Trovo questa possibilità semplicistica e poco coerente con lo spessore della personalità di Ammiano, sia come individuo che come storiografo. Egli venne certo in contatto con il mondo dell’aristocrazia romana ed in quel mondo ebbe le sue amicizie201

, che gli furono utili anche come fonte di informazioni nella stesura della sua opera storica202. Da quel mondo, tuttavia, Ammiano mantenne sempre una certa distanza

196

XXX 8, 1: confisi, quod nec metu nec adulandi foeditate constricta posteritas incorrupta praeteritorum solet esse spectatrix.

197 Cfr. H

UMPHRIES, Nec metu, p. 117.

198 Si tratta degli otiosi quidam garruli citati nella seconda delle due digressioni sulla popolazione

romana: XXVIII 4, 12. Cfr. sopra, p. 46.

199

Cfr. HUMPHRIES, Nec metu, pp. 118 e 125.

200 Ibid., p. 124. 201 Cfr. sopra, pp. 6-7.

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e mai fu disposto a divenirne un acritico portavoce203, preferendo piuttosto satireggiare sui vizi più evidenti dell’aristocrazia senatoriale romana e diffusi almeno tra una parte dei membri di quel ceto204. Nel pubblico cui le Res gestae erano indirizzate non saranno certo mancati del tutto i senatori, ma essi non dovevano essere i destinatari più numerosi e meglio in sintonia con l’autore: funzionari di rango civile o militare, vicini alla corte e professionalmente al servizio della macchina burocratica dello Stato dovevano essere molto più vicini alle idee ed alle simpatie dello storico205.

Del resto Humphries stesso fa notare che i testi di Simmaco da lui considerati, soprattutto quelli elogiativi della figura di Valentiniano, non trovano sempre un’esatta corrispondenza nell’opera di Ammiano206. Per esempio in Simmaco (Or. II 13) i Burgundi si limitano a chiedere la pace207, impressionati dalla fama della forza militare agli ordini di Valentiniano e dalla vista delle fortificazioni romane; ma in Ammiano (XXVIII 5, 8-13) essi sono prima indotti dall’imperatore ad invadere le terre degli Alamanni e poi delusi dal mancato arrivo delle truppe romane che avrebbero dovuto collaborare con loro208. L’unica consonanza verbale che si può forse stabilire è quella fra le parole con cui Simmaco, nel secondo panegirico, sintetizza i successi della strategia di Valentiniano sul Reno e l’apprezzamento generale di quella politica da parte di Ammiano all’inizio del racconto della campagna del 369209

. Ed in assenza di precisi riscontri lessicali fra i testi dei due autori, Humphries riconosce che tutti gli echi di Simmaco sono molto vaghi e che pertanto l’identificazione dell’oratore come una delle fonti di Ammiano può essere soltanto congetturale210.

Lo storico aveva del resto motivazioni personali per apprezzare l’operato di Valentiniano, in particolare alla frontiera dell’impero. Le Res gestae, o almeno gli ultimi libri, furono da lui concepite e composte sotto l’effetto, per così dire, della disastrosa giornata di Adrianopoli e dell’enorme difficoltà con cui l’impero, negli anni successivi, tentò di riprendere il controllo della situazione, senza mai più riuscirci pienamente211. Un imperatore che trascorse nelle zone di frontiera la quasi totalità della durata del suo regno e che mise le sue personali capacità e tutti

203 «Ammianus was a free spirit» scrive con sintesi efficace M

ATTHEWS, Western aristocracies, p. 1, n. 1. Facendo propria in larga misura l’opinione di Cameron (The Roman friends, pp. 15-28), Matthews ritiene che Ammiano non appartenne né al cosiddetto circolo di Simmaco né a nessun altro gruppo aristocratico identificabile e proprio per questo egli poté rivolgere le sue critiche al ceto senatoriale romano, in particolare nelle due note digressioni su Roma: XIV 6 e XXVIII 4.

204 Cfr. sopra, pp. 46-49. 205 Cfr. sopra, p. 68. 206 Cfr. H

UMPHRIES, Nec metu, pp. 121-122.

207

Cfr. sopra, p. 138 e n. 153.

208 Cfr. sopra, pp. 84-85 e 104. 209 Così S

ABBAH, La méthode, p. 343 e n. 87: lo studioso propone di confrontare SYMM., Or. II 28 (Rheni ab ortu in Oceani ostia riparum margines operum corona praetexit) con AMM., XXVIII 2, 1 (At Valentinianus … Rhenum omnem a Raetiarum exordio ad usque fretalem oceanum magnis molibus communibat castra extollens altius et castella turresque assiduas per habiles locos et opportunos).

210 Cfr. H

UMPHRIES, Nec metu, pp. 121 e 124. A giudizio di Sabbah (ibid., p. 343) nei numerosi contatti che si possono stabilire fra il contenuto del secondo panegirico ed il testo di Ammiano si deve vedere il voluto riferimento ad una testimonianza altrui piuttosto che la prova mal dissimulata dell’utilizzazione di una fonte.

i mezzi militari e diplomatici di cui disponeva al servizio del compito, in larga misura ben eseguito, di dare sicurezza alle regioni ed alle popolazioni a lui affidate aveva di per sé molti meriti per richiamare l’attenzione ed anche l’apprezzamento dello storico: tale politica, non meno di quella di Giuliano, di cui era stata la prosecuzione, poteva, sul finire del IV secolo, essere presa e proposta a modello del modo in cui doveva essere difesa la compagine imperiale contro la crescente minaccia barbarica, ormai penetrata all’interno degli stessi confini romani negli anni in cui Ammiano scriveva. Testi come i panegirici di Simmaco, che circa venti anni prima avevano contribuito a far guadagnare il favore del senato di Roma alla politica di Valentiniano sulle frontiere e che avevano poi continuato a circolare come testimonianza di quel favore212, possono bensì aver fornito argomenti ad Ammiano, ma non possono avergli suggerito l’atteggiamento da assumere nei confronti di uno dei protagonisti della sua opera.

Ed un discorso analogo si può fare per l’apprezzamento nei confronti della politica religiosa di Valentiniano. Ammiano poteva certo condividere la diplomatica affermazione di Simmaco (Rel. III 10) che il culto pagano ed il culto cristiano non fossero altro che strade diverse che conducevano alla stessa destinazione213, ma il suo punto di vista è prettamente politico: la sua non è mai una storia religiosa, ma ha sempre un accentuato carattere secolare, mondano214, in conformità alla tradizione storiografica classica di cui egli ha voluto farsi erede215. Anche chi si è proposto di dimostrare che uno dei suoi intenti è stato quello di integrare le questioni religiose della sua epoca entro il modello tradizionale della storiografia classica216, riconosce che per Ammiano preoccupazioni religiose e politiche coincidono, dal momento che un appropriato atteggiamento religioso era per lui inseparabile dall’obbiettivo di una piena restaurazione delle sorti di Roma e dell’impero217

. È per questo che egli, pagano, si permette di criticare aspetti della politica religiosa non solo di Costanzo II, ma anche di Giuliano: non tanto perché essi presero iniziative inopportune in materia di fede religiosa quanto perché entrambi, ciascuno nell’ambito della propria religione, cedettero a forme di superstitio, di deviazione cioè dalle rispettive tradizioni218 e finirono così per nuocere, nelle stesse città dell’impero, all’auspicata pace sociale.

212 Cfr. sopra, pp. 137-140. 213 Cfr. sopra, p. 142 e n. 183. 214

Cfr. MATTHEWS, The Roman Empire, pp. 424-425. In generale sull’atteggiamento di Ammiano verso il Cristianesimo cfr. ibid., pp. 435-451. Ma si vedano anche: DEMANDT, Zeitkritik, pp. 69- 85; E.D. HUNT, Christians and Christianity in Ammianus Marcellinus, in “CQ”, n.s. XXXV (1985), pp. 186-200; V.NERI, Ammiano e il Cristianesimo. Religione e politica nelle ‘Res gestae’ di Ammiano Marcellino (Studi di storia antica, 11), Bologna 1985, specialmente pp. 25-70; ID., Ammianus’ definition of Christianity as absoluta et simplex religio, in J. DEN BOEFT - D. DEN

HENGST - H.C. TEITLER (a cura di), Cognitio Gestorum. The historiographic art of Ammianus Marcellinus, Amsterdam - Oxford - New York - Tokyo 1992, pp. 59-65.

215

Per il vasto consenso attorno alla natura secolare, mondana dell’opera di Ammiano, in conformità con tutta la tradizione storiografica antica, cfr. BLOCKLEY, Ammianus, pp. 123-136.

216 È il caso di T.H

ARRISON, Templum mundi totius. Ammianus and a religious ideal of Rome, in J.W. DRIJVERS - D. HUNT (a cura di), The late Roman World and its historian. Interpreting Ammianus Marcellinus, London - New York 1999, pp. 178-190.

217 Ibid., p. 187.

218 Nel corso dei secoli il termine superstitio ha avuto, nella lingua latina, significati diversi; a

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Di Costanzo Ammiano219 scrive che, animato da una superstizione degna di una vecchietta, provocava confusione all’interno della dottrina cristiana «fondata su verità di per sé sufficienti e chiare»220 e contribuì pertanto ad inutili dispute dottrinarie, moltiplicando contrasti puramente verbali nella speranza di imporre le proprie opinioni religiose e finendo per compromettere lo stesso servizio dei trasporti pubblici, su cui gravavano i continui spostamenti di tanti vescovi da un sinodo all’altro. Quest’ultima iperbolica affermazione è sembrata un’esagerazione satirica dello storico, dal momento che le poche decine di vescovi che risultano aver partecipato a concili nel IV secolo ben difficilmente potevano mettere in crisi un sistema di trasporti utilizzato ogni anno da migliaia di funzionari pubblici221. Ed è anche possibile che il rimprovero mosso da Ammiano a Costanzo sia solo un’eco del tentativo degli stessi cristiani di nascondere la propria incapacità di superare controversie teologiche e divisioni interne imputandone la colpa ad un imperatore defunto222. In ogni caso, è stato osservato, le parole dello storico pagano potrebbero addirsi ad un Padre della Chiesa preoccupato di difendere l’ortodossia e l’unità del Cattolicesimo contro le eresie223. Ammiano si augurava che una corretta politica religiosa proteggesse la tradizione, del culto cristiano non meno che di quello pagano, e condannava invece come superstitio ogni deviazione da essa: forse era anche un modo per favorire la reciproca comprensione fra pagani e cristiani224.

A Giuliano Ammiano rimprovera la propensione verso talune pratiche che egli giudica in contrasto con l’autentica tradizione religiosa pagana225

: la mania dei sacrifici226, talvolta di interi greggi di animali, l’inutile proliferazione di

un’altra: cfr. D.GRODZYNSKI, «Superstitio», in “REA”, LXXVI (1974), pp. 36-60 e specialmente 52-55 e 59-60; MATTHEWS, The Roman Empire, n. 23, p. 497.

219 XXI 16, 18: Christianam religionem absolutam et simplicem anili superstitione confundens, in

qua scrutanda perplexius quam componenda gravius excitavit discidia plurima, quae progressa fusius aluit concertatione verborum, ut catervis antistitum iumentis publicis ultro citroque discurrentibus per synodos … dum ritum omnem ad suum trahere conatur arbitrium, rei vehiculariae succideret nervos. Il passo fa parte del necrologio di Costanzo II: XXI 16, 1-19.

220

La traduzione dei due aggettivi absoluta et simplex, che ricorrono in coppia solo in un altro autore contemporaneo, Sant’Agostino (contra Faustum, 12), è tutt’altro che scontata: se ne veda l’articolata esegesi in NERI, Ammianus’ definition, pp. 59-60.

221 Cfr. B

ARNES, Ammianus (1998), pp. 89-90: Barnes ipotizza che Ammiano potrebbe essere rimasto personalmente contrariato in un’occasione in cui, ad una stazione di posta, venne a sapere che tutti i cavalli freschi erano già stati presi da vescovi in viaggio come lui. È anche giusto osservare che la critica di Ammiano è rivolta comunque all’errata politica di Costanzo, non ai vescovi che ne trassero vantaggio: cfr. PASCHOUD, Roma aeterna, p. 47.

222 Cfr. B

ARNES, ibid., pp. 88-89.

223

Cfr. PASCHOUD, Roma aeterna, p. 47.

224 Cfr. N

ERI, Ammianus’ definition, pp. 64-65. Ma in un passo tutto percorso «by a substantial ambiguity» (ibid., p. 64) Neri riconosce anche altre possibili finalità di Ammiano: per esempio quella di dare risalto, agli occhi dei suoi lettori cristiani, alla figura dell’imperatore regnante, Teodosio, che evitò sempre di provocare divisioni all’interno della Chiesa e quella di coinvolgere il suo pubblico cristiano nel ritratto negativo da lui tracciato di Costanzo in campo morale e politico (ibid., p. 65).

225 Ed in effetti, se scopo dichiarato delle riforme religiose di Giuliano fu la salvaguardia della

religione tradizionale, egli si rivelò un neo-pagano piuttosto che un restauratore dell’autentica religione di Roma antica: cfr. BARNES, Ammianus (1998), pp. 155-162 e specialmente 156.

226 XXII 12, 6: Hostiarum tamen sanguine plurimo aras crebritate nimia perfundebat tauros

cerimonie sacre, con un conseguente aggravio di spese per lo Stato, e la tolleranza verso la pratica della divinazione da parte di persone che non avevano adeguata preparazione227. Nel necrologio egli può sintetizzare le sue critiche asserendo che Giuliano fu superstizioso più che un osservante sincero delle disposizioni religiose228. Agli occhi di Ammiano, se Costanzo, con i suoi interventi, aveva corrotto o almeno snaturato la religione cristiana, Giuliano si rese colpevole di aver fatto altrettanto con la religione tradizionale229: ed ogni allontanamento dalla tradizione è per lui degno di condanna, perché causa di disunione.

Questo modo di ragionare aiuta a capire anche l’altro celebre rilievo che, nel necrologio di Giuliano, Ammiano muove alla politica di questo imperatore: se in generale la legislazione di Giuliano non fu oppressiva, rientra tra le eccezioni il provvedimento con cui quel sovrano vietò l’insegnamento ai maestri cristiani di retorica e di grammatica, a meno che essi non avessero abbracciato il culto delle divinità tradizionali230. Libanio, amico e maestro di Giuliano, aveva approvato la decisone dell’imperatore in nome di un astratto ideale231

: cultura classica e religione tradizionale erano per lui le due facce dell’unica spiritualità umana e dovevano andare di pari passo232. Ci si può chiedere perché, al contrario, Ammiano senta il bisogno di condannare una legge che non sembra particolarmente crudele, ma che creava ostacoli soltanto alla propaganda cristiana233: tanto più che ben pochi, alla fine del IV secolo, si sentivano in dovere di preoccuparsi dei princìpi, quali la libertà d’opinione e d’espressione, violati dal provvedimento di Giuliano. La risposta è di natura politica ed è perfettamente coerente con quella che Ammiano giudica la priorità della sua epoca: la compagine imperiale ha bisogno di compattezza, dell’unione di tutte le sue forze contro i pericoli che la minacciano234. Tale unità era auspicata dallo storico tanto

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