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Con Crozier si conclude il percorso intellettuale che da Weber aveva analizzato la questione burocratica e studiato la pubblica amministrazione concentrandosi maggiormente sull’esame degli aspetti endogeni e sul rapporto tra l’architettura amministrativa di tipo razionale, i soggetti e le loro strategie d’azione. Con Selznick si inaugura definitivamente una nuova stagione di studi che porrà al centro l’importanza del rapporto tra organizzazione e ambiente socio - culturale in cui le organizzazioni sono immerse. L’autore è infatti ritenuto il fondatore della prima fase, anni ’40 – ’60, dell’istituzionalismo organizzativo e con la sua visione pessimistica, che risente delle influenze negative del pensiero dei cosiddetti “elitisti” e in particolare di Michels16, accentuerà proprio l’influenza dell’ambiente esterno sull’organizzazione. Organizzazione che per Selznick non consiste tanto nel mondo delle imprese private, ma in quegli enti pubblici o pubblico – privati che vengono costituiti per raggiungere alcuni scopi dichiarati di interesse generale.

I primi studi istituzionalisti17 erano interessati a capire il rapporto tra la sopravvivenza delle organizzazioni e il perseguimento delle finalità originarie. Il problema che Selznick e i suoi successori, nelle diverse ricerche empiriche svolte a partire da questo approccio affronteranno, sarà proprio quello di mettere a confronto questi due elementi.

Nel suo celebre lavoro condotto negli anni ’40 alla Tva, l’ente statale nato nell’ambito del New Deal roosveltiano, Selznick mette in risalto le capacità adattive dell’organizzazione che per garantirsi la propria continuità scende a

16 Ci riferiamo al filone teorico che riuscì a imporsi per la sua rilevanza all’inizio del ‘900 i cui esponenti più

noti sono Gaetano Mosca (1858-1941), Vilfredo Pareto (1848-1923) e Roberto Michels (1876-1936). Selznick si rifece al pensiero di Michels e alla sua teoria della legge di ferro dell’oligarchia secondo cui non c’è possibilità per le masse di esercitare un potere diretto ma le stesse saranno sempre sottoposte al potere del gruppo minoritario che si imporrà per governare. Michels R., (1966) La sociologia del partito politico nella democrazia moderna, Il Mulino, Bologna - ed. originale 1911.

17 Ci riferiamo qui ad alcune ricerche condotte tra gli anni ’50 e ’60 come Zald M., Denton P., (1963) From

Evangelism to General Service: The transformation of YMCA in “Administrative Sciences Quarterly”, 8, 2 settembre, pp214 234; Clark B. (1960) The Open Door College: A Case Study, Nework,Mc GrawHill ecc. Per un approfondimento si veda Bonazzi 2002c.

patti con la realtà circostante e soprattutto con le lobby locali che detengono maggior potere. I meccanismi attraverso i quali l’organizzazione dialoga e accetta compromessi sono quelli della cooptazione sia formale che informale, utilizzati non soltanto per cercare consenso e legittimazione, ma per disinnescare meccanismi pericolosi e conflittuali: “

Per tentare una definizione,

diremo che la cooptazione è il processo di assorbimento di nuovi elementi nella

direzione o nella struttura che determinano la politica di un’organizzazione

come mezzo per prevenire minacce alla sua stabilità o alla sua esistenza

” (Selznick, 1949 – 1974 p. 47) e ancora “ […]

la direzione amministrativa deve

trovare l’appoggio delle istituzioni locali e sviluppare armonici rapporti di lavoro

con esse. Deve evitare che si crei un’atmosfera continua di crisi e di conflitto

che può portare in un primo tempo a disorganizzazione e a frustrazione,

e a

lungo andare all’affioramento di gravi minacce per l’esistenza stessa

dell’organizzazione”

(Selznick, 1949 – 1974 p. 57).

Ed è proprio attraverso l’analisi delle iniziative svolte alla luce del giorno e di quelle condotte in modo occulto dall’organizzazione che passa il discrimine tra l’invito a partecipare rivolto alla popolazione locale che si risolve solamente nell’ampliamento della base sociale del consenso più che nella assunzione di potere reale, e il coinvolgimento sostanziale di gruppi di pressione locale nella direzione di una condivisione del potere decisionale. Mentre nel primo caso l’autore evidenzia come si rimase nell’ambito della rappresentatività simbolica, nel secondo si trattò proprio della creazione di un rapporto di tipo clientelare che ebbe una grande influenza sulle decisioni e le strategia della Tva. Questo tipo di problemi non fu mai attribuito a singoli individui ma piuttosto a problematiche di tipo istituzionale, nate all’interno di logiche di azione organizzativa (Bonazzi, 2002b). E’ il tema questo della questione democratica e partecipativa che la Tva portò avanti in quegli anni per trovare una sua legittimazione nel territorio nello svolgimento delle sue attività e autodifendersi. Selznick, dal canto suo, sottolineò sempre il carattere di indeterminatezza e di astrazione di espressioni come ”

istituzioni legate o vicine alla popolazione

” o

connotazione e la valenza ideologica e strumentale di tutte le operazioni condotte con quell’intento.

Il fatto che dunque un’organizzazione una volta istituita debba confrontarsi con l’ambiente e debba accettare soluzioni non ideali, imposizioni esterne e costrizioni per poter continuare ad agire sul campo è una delle conseguenze inattese della burocrazia: “

Le organizzazioni, come gli uomini stessi, si trovano

in momenti cruciali coinvolte in un tentativo di coprire il divario fra quello che

vogliono e quello che possono fare

.

E’ naturale che, al momento opportuno, il

conflitto si risolva con un compromesso fra i desideri e le possibilità

” (Selznick, 1949 – 1974, p. 91). Selznick parlerà di “

recalcitranza dei mezzi

” proprio per segnalare questa distorsione e questo

gap

che si viene a formare tra organizzazione vista come mezzo indispensabile per raggiungere un obiettivo e organizzazione come strumento imperfetto che ne distorce e ne allontana la meta. Se per Merton, però, le conseguenze inattese erano solo una possibilità del caso, per l’autore istituzionalista ciò è inevitabile così come la burocrazia e i suoi inconvenienti (Gouldner, 1955)18. Tale tendenza, considerata da Selznick universale, sarà attenuata nel lavoro successivo del 1957 da una visione dell’organizzazione come soggetto capace di perseguire gli obiettivi, di influenzare i rapporti di forza del contesto e di affermare dei valori grazie a una leadership19 efficace che è chiamata ad occuparsi soprattutto di creare un consenso della base per ottenere i fini prestabiliti.

Le inefficienze che dunque la burocrazia produce non sono date da fattori ed elementi interni che delineano una cultura antitetica al mutamento e allo stesso tempo funzionale al mantenimento dello

status quo

come l’eccesso di regolamentazione piuttosto che l’incapacità addestrata di mertoniana memoria o i circoli viziosi di Crozier. Le inefficienze, al contrario, considerate come il mancato raggiungimento dei fini prestabiliti dall’organizzazione, dipendono dal

18 Gouldner (1955) a questo proposito parlerà di “pathos metafisico” riferendosi alla tendenza di Selznick

ad esprimere idee pessimistiche legate più che alla verifica empirica al suo modo di vedere e concepire le cose.

19 Selznick con l’opera “Leadership in Administration: A Sociological Intepretation” del ‘57 attenuerà il suo

rapporto che si stabilisce tra organizzazione e ambiente e dall’imperativo alla sopravvivenza e alla tutela dello strumento organizzativo in quanto tale.

Il mutamento concepito come il risultato di logiche degenerative presenti nelle organizzazioni, appare da un certo punto di vista, inevitabile: se nella teoria burocratica weberiana era la stasi che prevaleva e l’ingessatura dell’organizzazione che nella sua struttura gerarchica e statica trovava, in una visione ideale, il motivo della sua efficienza, per Selznick il mutamento, sebbene non ricercato e voluto, appare come l’unica via per la sopravvivenza, il compromesso necessario attraverso il quale l’organizzazione riesce a soddisfare i suoi bisogni fondamentali.

L’ambiente entra in scena nell’analisi dell’autore non soltanto come sfondo sociale e culturale entro il quale le organizzazioni operano, ma viene concepito come un insieme di centri di potere che agiscono per condizionare e vincolare il comportamento organizzativo, costringendo l’organizzazione stessa a modificare fini originari e strategie per poter continuare la sua azione. I costi di adattamento dell’organizzazione fungono perciò da garanzia stessa di sopravvivenza. Rispetto dunque al tradizionale modo di affrontare la questione burocratica, Selznick tratta i temi relativi alla funzione sociale e politica attuata dall’organizzazione nei confronti dell’esterno.

Dal tipo di analisi istituzionalista che conduce Selznick appare evidente che il contesto ambientale delle organizzazioni è molto mutato rispetto agli anni precedenti. Se nel passato cambiare significava destabilizzare la struttura organizzativa burocratica20, nelle condizioni attuali il cambiamento appare come l’unica arma per l’organizzazione di sopravvivere. Gli stessi neo- istituzionalisti riprenderanno propri questi aspetti per superarli ed evidenziare gli avvenuti cambiamenti del nuovo contesto sociale, economico, politico e culturale in cui si trovano ad operare le organizzazioni, mettendo in luce come modificare i fini originari non significa peggiorare

tout court

la situazione dell’organizzazione, come sosteneva Selznick, ma come la sopravvivenza

20

Nonostante le critiche post-weberiane che mettevano in luce come la scarsa flessibilità e l’eccessiva burocratizzazione e razionalizzazione avrebbero rappresentato per la burocrazia il possibile affermarsi di rischi legati alla spersonalizzazione, al ritualismo, alla perdita di senso delle azioni, ecc.

nell’ambiente comporti movimenti e oscillazioni di tipo adattivo che coinvolgono tutti i soggetti e non solo quelli collettivi. D’altra parte oggi appare scontato e normale che l’ambiente sempre più complesso e ricco di istituzioni private, pubbliche e pubblico-private contempli un’azione di normazione e controllo sulle attività di qualsiasi ente (Bonazzi 2002b).

Per Selznick l’ambiente non riguarda, però, soltanto i centri di potere del territorio di riferimento, quanto i soggetti all’interno dell’organizzazione che si costituiscono in gruppi o, come lo stesso autore le definisce, in cricche. L’organizzazione, infatti, non è soltanto una costruzione formale, come la teoria classica sosteneva, ma una struttura sociale concreta composta da persone che agiscono come esseri umani completi e non soltanto occupando un ruolo o svolgendo una mansione prescritta. Emergono dunque anche in Selznick gli aspetti informali dell’organizzazione che al pari dell’ambiente esterno influenzano profondamente la stessa. Il paradosso che si crea è che l’organizzazione in mancanza di questi elementi essenziali non può esistere e allo stesso tempo sono proprio quelle stesse componenti a far emergere tensioni, conflitti e problemi. La vita reale che rimane esclusa dal modello formale è poi la stessa su cui si fondano le organizzazioni per mantenersi e crescere. Ma Selznick nella sua analisi delle deviazioni dalle strutture formali prodotte dai soggetti va anche oltre parlando di istituzionalizzazione. Comportamenti individuali e pratiche sociali si cristallizzano, ripetendosi sempre uguali e diventando strutture regolari, quotidiane, stabili al di là del carattere di legittimità formale (Bonazzi, 2002c). In questo modo e, differenziandosi dagli autori precedenti, Selznick sottolinea come le devianze dalla norma non siano solo eccezioni da riportare nell’alveo della normalità, ma possano diventare aspetti stabili e strutturali dell’organizzazione formale. Ed è proprio l’aspetto istituzionale dell’organizzazione che se da un lato può ostacolare il cambiamento dovuto a fattori di tipo tecnico od economico, mettendo a rischio la sopravvivenza dell’organizzazione dal punto di vista dell’efficacia e dell’efficienza, dall’altro, la stabilizzano, rafforzandone l’integrazione, il

consenso interno e la coesione e indirizzandola a cercare in risorse o fini diversi il motivo della sua persistenza (Parri, 1995).

A questo proposito occorre allora accennare ai due livelli analitici di lettura che Selnick individua distinguendo l’organizzazione dall’istituzione. Non si tratta di due entità differenti ma soltanto di due realtà che possono convivere o meno all’interno di uno stesso soggetto. Mentre l’organizzazione è considerata come un organismo tecnico, uno strumento razionale che ha scopi e funzioni di servizio, completamente slegata da ogni aspetto valoriale, l’istituzione assomiglia maggiormente ad un “

prodotto naturale delle esigenze e delle

pressioni sociali; é un organismo reattivo e adattivo.

” (Selznick, 1957 – 1976, p.15) e incorpora al suo interno valori che la contraddistinguono, connotandola come entità con una identità propria che si differenzia dall’organizzazione come puro strumento tecnico: “

Quando un’organizzazione acquista una personalità o

identità distintiva, essa diventa un’istituzione. Ciò implica l’assunzione di valori,

di modi di agire e di pensare che sono ritenuti importanti in se stessi

” (Selznick, 1957 – 1976, p.28).

Se nell’organizzazione ciò che conta è raggiungere lo scopo prestabilito attraverso l’efficienza amministrativa, la razionalità delle procedure e in sostanza attraverso quelle che Selznick definisce decisioni di routine, per l’istituzione è l’aspetto politico della progettualità che è rilevante e dunque le decisioni critiche che vertono sulla definizione di

mission

e finalità, valori e progetti che devono essere portati avanti da una leadership efficace.

Ed in questo ruolo affidato alla

leadership

Selznick, come si sottolineava, attenua il pessimismo della prima opera, mettendo in evidenza anche il ruolo proattivo delle istituzioni e le possibili influenze reciproche e il loro potere nei confronti dell’ambiente esterno.

Alla luce di tutto ciò l’analisi condotta alla Tva può essere in parte riletta anche se alcune ambiguità comunque restano nel pensiero dell’autore; ambiguità che hanno a che fare con il grado di predeterminazione di questo meccanismo di influenza dell’ambiente sulle organizzazioni e dei gradi di libertà della stessa organizzazione. Queste ultime possono subire pressioni esterne da

parte di poteri forti e quindi modificarsi in funzione di tali influenze. Possono, però, grazie ad una buona

leadership

trasformarsi anche in istituzioni e esercitare, a loro volta, la stessa pressione su altre organizzazioni dell’ambiente e sui poteri locali. Come dire che in ultima istanza il cambiamento si ha solo per effetto delle azioni umane purché appartengano ad una

leadership

efficace. Nonostante l’accento posto da Selznick sull’azione individuale e sul ruolo della

leadership

non dobbiamo, però, dimenticare la valenza olistica della sua teoria

(Parri, 1995): l’organizzazione una volta acquisita una identità distintiva e dei valori che la connotano si trasforma in una istituzione acquisendo la capacità di adattarsi, più o meno intenzionalmente alle condizioni dell’ambiente esterno. Non è dunque a causa di esigenze organizzative, del perseguimento di una maggiore efficienza interna che si ha adattamento e cambiamento, ma grazie a processi esterni ai quali le organizzazioni si adeguano, influenzate da un ambiente che è considerato dal punto di vista sociale, economico, politico e culturale e dunque istituzionale (Scott, 1998). Ed è proprio questo aspetto che andremo ad esaminare nel prosieguo, concentrandoci sulle teorie della scuola neo-istituzionalista.

1.6. Azione,

istituzione

e

organizzazione:

l’approccio

neo-