IL SEX OFFENDER: MAD O BAD?
C. ROSSO, S SANZOVO, M GAROMBO, A CONTARINO, P.M FURLAN,
2.4.2. Le distorsioni cognitive
Per distorsioni cognitive si intendono i pensieri che gli aggressori sessuali hanno sui bambini, sul mondo e su sé stessi che permettono di convincersi dei comportamenti abusanti. Le distorsioni cognitive costituiscono un fattore rilevante, sia per l’esordio, che per il mantenimento della condotta violentante.
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I. PETRUCCELLI – L. T. PEDATA, op. cit., p. 56.
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L’attenzione della ricerca recentemente ha preso in considerazione il “contenuto” delle distorsioni cognitive, partendo dalla tesi che gli aggressori sessuali percepiscono le informazioni personali in maniera distorta, in modo tale da interpretarle coerentemente con il loro comportamento adusante. Ward, Gannon e Keown (2006) hanno cercato di spiegare tale meccanismo, tramite la combinazione di tre fattori: le credenze, i valori e gli scopi ad essi associati e le azioni. Questi tre fattori sono correlati fra loro, aiutano l’individuo a fare delle scelte e costituiscono ognuno il risultato di giudizi di vario tipo: ciò che è considerato come verità, ciò che è considerato degno di valore e quale è considerato il miglior modo di agire. In particolare, gli autori teorizzano sette temi, Thematic Network, ovvero la rete tematica, che è in grado di descrivere il pensiero degli aggressori sessuali: l’incontrollabilità, il mondo pericoloso, l’autorizzazione, i bambini come esseri sessuali, la natura del danno arrecato, donne impossibili da conoscere, donne come oggetti183. Di seguito sono riportate le tematiche comuni a stupratori e pedofili.
Incontrollabilità. False credenze: i sex offenders vedono la loro vita come caotica e sentono di essere incapaci di auto controllarsi, non riescono a evitare le influenze che pervengono dall’esterno e dalle forze interne che modellano la loro esistenza. Esempi di queste variabili di controllo sono lo stress, droghe, alcool e altri comportamenti di dominio. Valori: il valore collegato alla percezione
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di perdita di controllo è l’autonomia, controllare desideri, capacità di stabilire obiettivi e raggiungerli. Azioni: il soggetto compie le proprie azioni come casualmente e si giustifica dicendo che è stato forzato a commettere il reato da forti impulsi o da altre persone.
Mondo pericolo. False credenze: il soggetto pensa che il mondo sia ostile, cattivo, aggressivo nei suoi confronti e l’unica soluzione per loro è agire per primo, cercare vendetta o trovare un posto sicuro. Valori: il valore associato a questa tematica è la sicurezza, quindi l’obiettivo è trovare persone degne di fiducia, come i bambini. Azioni: l’abusante agisce con comportamenti aggressivi, giustificando la sua azione come una punizione meritata, di un atto educativo nel caso di un bambino.
Autorizzazione. False credenze: il soggetto sente di essere in una posizione superiore rispetto agli altri, pertanto antepone i suoi interessi a quelli degli altri. Valori: i valori collegati sono la condizione e l’autonomia. il soggetto percepisce delle gerarchie in base a specifiche qualità che devono considerarsi misure reali di valore e di importanza. Azioni: il soggetto crede che la vittima meritava quello che ha subito e che lui fosse legittimato a farlo184.
Le distorsioni permettono all’aggressore di continuare ad abusare senza sentirsi in colpa e percepire il comportamento della loro vittima in maniera errata. Ad esempio, vedono nelle azioni della vittima delle provocazioni sessuali o manifestazione di interesse e, persino durante
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l’atto sessuale violento, vedono la loro vittima come se gradisse l’attività. Il processo dominante che si verifica è l’ipersemplificazione cognitiva, operando ad un livello inferiore di consapevolezza e incentrandosi esclusivamente sulle loro esigenze.
Anche le fantasie sessuali alimentano visioni distorte e contribuiscono a sostenere l’autostima, immaginando la vittima entusiasta
dell’aggressione e motivata sessualmente185
. Nello specifico, Abel (1974) ha sostenuto che le fantasie sessuali costituiscono un preludio a condotte sessualmente deviate. Infatti, l’aggressore sessuale cerca di realizzare quelle che sono le sue fantasie, anche se il conflitto con la realtà contribuisce a ri-attuare l’offesa. Nel caso della recidiva, le fantasie compulsive provengono da esperienze sessualmente devianti e patologiche, magari vissute durante l’infanzia, pertanto portano ad un mantenimento del comportamento sessuale deviante e impediscono un risultato positivo al trattamento di riadattamento sessuale.
Inoltre, Zurbriggen (2004) ha incentrato il suo studio sulle fantasie sessuali di potere, dominio e sottomissione e l’evidenza clinica ha rilevato come le connessioni cognitive tra potere e sesso sono estremamente pericolose, in particolare le fantasie hanno una
posizione rilevante nell’eziologia dell’aggressione sessuale.
Certamente, le fantasie sessuali aggressive da sole non conducono a
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comportamenti sessuali devianti, ma esse devono essere associate ad altri fattori186.
Il contesto socio-culturale è un fattore certamente rilevante che incide pesantemente sui comportamenti sessuali abusanti. Un soggetto vulnerabile, come lo è l’abusante, è capace di recepire i segnali che gli conferiscono potere e prestigio con le donne; nello specifico, è particolarmente recettivo verso tipi di atteggiamenti distorti nei confronti delle donne, in merito ai rapporti sessuali, alla sessualità dei bambini, perchè gli conferiscono un senso di virilità. Gli autori di violenza sessuale, infatti, crescono in un ambiente culturale nel quale si manifestano abitualmente atteggiamenti disprezzanti verso le donne e bambini, in cui è riconosciuta la superiorità del maschio, in cui c’è
un senso di possessione della donna e dei bambini187.
Inoltre, studi su aggressori sessuali hanno riportato delle difficoltà nell’apprendimento e delle anomalie neuropsicologiche rilevate dalla carriera scolastica. Solitamente, nelle ricerche non si prendono in considerazione il grado di scolarità o la necessità di sostegno, ma si è evidenziato come una buona percentuale di uomini con disturbi sessuali abbia interrotto precocemente gli studi medi superiori. Naturalmente queste interruzioni non possono essere solo riferiti a difficoltà cognitive, ma si devono tenere in considerazione anche altri fattori come problemi familiari, basso livello sociale, povertà. In uno
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I. PETRUCCELLI – L. T. PEDATA, op. cit., p. 39.
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studio di Langevin (2004) con un campione di 1339 aggressori sessuali, è stato riscontrato che il 51% del campione totale è stato respinto almeno una volta nel corso degli studi. Nel sottocampione dei pedofili la percentuale è del 51,5%, mentre nel sottocampione degli stupratori di soggetti adulti è del 60,8%. Questa differenza tra i due gruppi sembra essere spiegabile per l’incidenza del “Disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività” nel gruppo degli stupratori di soggetti adulti. Questi risultati ovviamente non dimostrano che tutti quelli che hanno problemi di apprendimento, diventeranno aggressori sessuali, ma che buona parte di quest’ultimi fa parte della categoria di individui con problemi di apprendimento. Così come anche il “Ritardo
Mentale” è comune in questi soggetti188
.
Si sono effettuati pochi studi in materia, ma i risultati disponibili indicano che l’aggressore sessuale tipo è un soggetto con QI medio – basso. Tuttavia, una significativa minoranza di questi ha un intelligenza bassa o al limite del ritardo, con danno neuropsicologico globale. Non possiamo, pertanto, ignorare la disfunzione cerebrale se si vogliono ottenere dei risultati positivi dal trattamento penitenziario di questi soggetti189.
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op. cit., p. 214.
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2.5. La competenza empatica
Un importante filone di studi si è incentrato sulle risposte emozionali dell’individuo alla descrizione di un abuso sessuale: si è analizzato in particolare se nella enunciazione di atti sessuali violenti, il soggetto provava inibizione e quindi aveva una capacità empatica nei confronti della vittima190. Questo perché ogni qualvolta si realizza un reato di natura sessuale, il rapporto tra l’aggressore e la vittima è caratterizzato dall’assenza di una adeguata capacità empatica da parte del soggetto agente che non riesce a considerare la vittima come una persona avente una propria sensibilità, emotività. Infatti, studi clinici evidenziano come il soggetto affetto da comportamento sessuale deviante ha una compromissione della capacità empatica.
L’empatia non è altro che «un processo che consente al soggetto di percepire e comprendere lo stato emotivo dell’interlocutore191
», è considerata un fattore di mediazione del comportamento sociale ed è fondamentale per suscitare il senso di altruismo ed evitare l’aggressività192
. Si possono distinguere tre componenti della capacità empatica:
190 I. PETRUCCELLI – L. T. PEDATA, op. cit., p. 46.
191 S. CAVALLI – F. GARBARINO, Il gruppo di gestione dei conflitti. L’empatia
come strumento terapeutico,in Buttare la chiave?, a cura di P. Giulini e C. M. Xella,
Milano, 2011, p. 159.
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1. La presa di prospettiva: è la capacità di riconoscere lo stato emotivo e di percepire come le persone potrebbero rispondere a una certa circostanza, è primariamente cognitiva;
2. La risposta emotiva: la risposta emozionale empatica, che ognuno avverte, rispecchia le emozioni percepite, sebbene ci sia una vasta serie di percezioni complementari che dovrebbero anche essere considerate empatiche, ad esempio avvertire l’angoscia di un bambino potrebbe provocare tristezza;
3. La premura: non è inclusa in nessuna definizione di empatia, ma è un deficit importante da considerare negli aggressori sessuali193. Gli aggressori sessuali riescono a compiere i loro atti sessuali violenti senza percepire i segnali di angoscia delle loro vittime poiché incapaci di essere empatici. Non riescono ad avvertire il senso di collera, timore e disgusto della loro vittima perché incapaci di individuare queste emozioni, anzi possono provare godimento dalla percezione della sofferenza della vittima ed aumentare la violenza194.
Dati empirici dimostrano che la carenza empatica degli aggressori sessuali può costituire un deficit generalizzato, o specifico nei confronti della vittima, oppure può essere stabile, o situazionale e perdere l’empatia solo in particolari casi, ad esempio quando sono presi dall’ira. Beckett, Beech, Fisher e Fordham (1994) hanno riscontrato che una buona percentuale di aggressori tendeva a
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minimizzare il dolore descritto in una serie di illustrazioni che riportavano violenze sessuali. Bisogna tuttavia distinguere, nella capacità empatica, l’abilità a riconoscere i sentimenti degli altri dalle le risposte conseguenti a queste percezioni. Infatti, alcuni aggressori sessuali hanno un deficit nel riconoscimento del dolore che causano alla vittima, pertanto una volta che percepiscono il dolore arrecato, potranno in futuro inibire il comportamento sessuale deviante. Altri, invece, percepiscono perfettamente il dolore altrui, ma rimangono indifferenti, o addirittura, sono maggiormente spinti ad agire dalla paura della vittima195.
Secondo Fortuna e Tiberio (1999), il deficit della capacità empatica potrebbe anche provenire dalla qualità del rapporto con i genitori, in particolar modo con la madre: infatti, sembrerebbe che l’assenza di empatia potrebbe derivare da uno sviluppo disfunzionale della personalità che non permettono la distinzione tra emozioni semplici e complessi, oppure porterebbero ad un rifiuto volontario di cogliere i sentimenti dell’altro. L’ostilità nei confronti della madre reale non è quasi mai percepita, avviene spesso, anzi, il soggetto crea l’immagine di una madre perfetta, infinitamente buona ed accogliente. Tutta l’aggressività riservata alla madre reale, allora, deve trovare sfogo su altre donne o su soggetti piccoli e indifesi che abbiano la capacità di soffrire, di “pagare” l’incuria della madre reale. Questo esito dimostra sia il mancato svincolo dalla madre eccessivamente e profondamente
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avvolgente, sia dal padre che coltiva in sé un concetto di mascolinità legato a condotta violenta.
Questi soggetti possono rendersi ulteriormente vulnerabili con esperienze infantili infelici che li predispongono a comportamenti sessuali devianti: si tratta di esperienze che causano una bassa capacità a stabilire relazioni interpersonali e scarsa capacità empirica a percepire la sofferenza altrui. Lo studio condotto da Hudson e Ward del 1997 focalizzò il punto su come gli aggressori sessuali, durante la loro vita, sviluppano i bisogni di affettività, sicurezza e vicinanza emotiva, sessualizzando e, pertanto, utilizzando il contatto sessuale come il modo per stabilire intimità, arrivando ad un atto sessuale deviante196.
La carenza di empatia verso la vittima può essere frutto della distorsione cognitiva relativa al danno arrecato alla vittima che viene negato dal soggetto e che gli permette di autogiustificarsi per evitare il senso di colpa e perdere l’autostima. In questo modo, la negazione del
danno impedisce la formazione del processo empatico197.