IL SEX OFFENDER: MAD O BAD?
C. ROSSO, S SANZOVO, M GAROMBO, A CONTARINO, P.M FURLAN,
2.5.1. Il rapporto tra la vittima e il sex offender
Diversi studi scientifici hanno incentrato sempre più la loro attenzione al rapporto che intercorre tra l’autore di reati sessuali e la vittima, in particolare, come la vittima entra nella genesi del reato. La relazione
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I. PETRUCCELLI – L. T. PEDATA, op. cit., p. 58.
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C. ROSSO, S. SANZOVO, M. GAROMBO, A. CONTARINO, P.M. FURLAN,
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che sussiste tra l’offender e la vittima deve essere valutata come una relazione circolare, in cui la posizione delle parti è determinata dal loro valore, pertanto l’esplicitazione del ruolo delle parti può essere definito solamente quando il reato viene consumato ed acquista il suo valore descrittivo. Bisogna a questo punto citare il lavoro di M. Wolfgang che nel 1958 concentrò il focus non tanto sull’azione dell’aggressore, quanto nell’azione violenta della vittima nei confronti dell’aggressore, determinando così il proprio rischio di vittimizzazione198.
Nella teoria elaborata da Sparks (1982), egli prende in considerazione sei fattori in ambito vittimologico: la vulnerabilità che riguarda soggetti ad alto rischio di vittimizzazione, l’opportunità che si riferisce alla disponibilità del bene, l’attrazione che si riferisce alla tentazione che un certo bene esercita sul criminale, la facilitazione che indica una situazione rischiosa creata da comportamenti della vittima per negligenza e imprudenza, la precipitazione e l’impunità che indica un fattore secondo la quale la vittima difficilmente denuncerà l’evento. Certamente questi fattori della victim precipitation199
sono rilevanti, ma non sono la causa estrema dell’atto violento: infatti niente può implicare una responsabilità, anche minima, della vittima per l’aggressione. Inoltre, tutto ciò deve essere distinto dall’altro
198
V. MASTRONARDI, S. RICCI, L. DE VITA, A. POMILLA, Relazione tra
offender e vittima dalle rivelazioni di uno stupratore seriale e delle sue vittime, in Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, Volume VI, n. 3, 2012, p. 50.
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concetto di provocazione della vittima, utilizzato in ambito penale, per indagare sui comportamenti reciproci nell’ambito del fatto criminale. Solitamente, la vittima non gioca un ruolo attivo nella sua vittimizzazione.
Le azioni concrete che caratterizzano l’aggressione sono, innanzitutto, l’entrare in contatto con la vittima, compiere il comportamento abusante e liberarsi di eventuali sensi di colpa per mezzo della razionalizzazione del diniego dell’atto compiuto. Tutti gli autori di reati sessuali, oltre all’interazione sessuale, adottano delle precauzioni, utilizzano legacci, occultano le prove e non lasciano mai la vittima, una volta concluso l’atto, nella scena del crimine200.
Studi di vittimologia hanno individuato le risposte difensive delle vittime dei sex offenders che possono essere di vario tipo:
- La fuga: se l’aggressione avviene in un luogo isolato, o si tratta di un aggressione di gruppo, risulterà molto rischiosa e altresì potrebbe favorire l’aumento dell’aggressività e dell’impulso sessuale del aggressore o del gruppo.
- La resistenza oppositiva verbale: la vittima cerca di attirare l’attenzione urlando e sfogando la propria rabbia e comunica esplicitamente che non si sottometterà ad alcun atto.
- La resistenza oppositiva fisica: può essere moderata o violenta con colpi decisivi su parti vulnerabili dell’aggressore. Questa risposta risente di diversi fattori quali la potenza fisica
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dell’aggressore, il grado di violenza subito, il luogo del reato e il rischio è di favorire l’aumento di violenza ed eccitamento sessuale dell’agente.
- Sottomissione: è il risultato di una sorta di paralisi causata dalla paura e dalla convinzione che restare immobili sia utile a limitarne la violenza. Nella mente del sex offender, questa risposta potrebbe tradursi in una sorta di disponibilità della vittima e contribuire ad aumentare l’intensità dell’atto.201
Un dato importante da evidenziare è che in genere la violenza sessuale avviene all’interno delle pareti domestiche, o nell’ambito di relazioni di prossimità. In base a delle statistiche condotte qualche anno fa, su un campione di 649 adolescenti, il 10% dei maschi e l’11% delle femmine affermavano di aver avuto rapporti sessuali con persone della propria famiglia202. Anche recenti dati di una ricerca del CENSIS confermano che il pedofilo agisce prevalentemente nella sfera familiare; questa preferenza si armonizza con i dati epidemiologici e prende atto della propensione del bambino a soddisfare quei bisogni pulsionali, comprendendo la sessualità e l'affetto come strettamente connessi.
Benché alcuni pedofili minaccino i bambini per evitare che gli stessi possano essere indotti a smascherarli, il soggetto può essere attento ai
201
A. BRAMANTE, Le vittime di aggressione sessuale: differenze comportamentali, in Psicologia e Giustizia, anno III, N. 2, 2002, p. 49.
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bisogni del bambino per ottenere l'affetto, l'interesse e la fedeltà203. E, sebbene il principato della convenienza possa sembrare mantenuto, non bisogna dimenticare che per il bambino non si tratta di una scelta sessuale, ma di una risposta ad un generico bisogno di soddisfacimento istintuale che nulla ha a che fare con il consenso consapevole.
Quando un soggetto non è in contatto con sé stesso può risultargli difficile, se non impossibile riconoscere negli altri le emozioni che nega a se stesso; quindi, in relazione ai sex offenders la capacità di trovare empatia può risultare difficoltosa. Per questo motivo, come vedremo, i programmi trattamentali attualmente più accreditati, tendono ad incentivare lo sviluppo dei processi empatici al fine di superare questo stato di inerzia.
2.6. Il pedofilo
Differente dallo stupro, la pedofilia è una devianza orizzontale che non tiene conto del rapporto di potere tra i sessi, ma concerne la violenza sessuale sulla categoria sociale dei minori che non hanno alcun potere e sulla quale non viene fatta alcuna distinzione di sesso204.
203 A. BERTI, D. MALAGAMBA, Disturbo Post Traumatico da Stress: aspetti
psicopatologico e terapeutici, in Giornale italiano di psicopatologia, 2, 1998, p. 200
e ss.
204
V. SCALIA, Il mostro e la comunità che non c’è: la costruzione sociale della
pedofilia e della violenza sessuale attraverso i giornali, in Aggressori sessuali, a
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Il punto di vista evoluzionistico e socio-biologico ha cercato di comprendere il motivo per cui esiste un disgusto sociale particolare contro la pedofilia. La risposta a questo dubbio si trova da una parte, nell'esigenza di tutela e protezione dei "piccoli" della società, dall'altra si tenta di capire il motivo per cui in certi soggetti, con certe predisposizioni genetiche che interagiscono con l'esperienza ed il contesto in cui hanno vissuto, c'è la tendenza a preferire persone più giovani, anche molto più giovani205.
Il termine “pedofilia” deriva dal greco pais, che significa ragazzo, e philia, che significa amore. Come è sopradescritto, per il DSM IV la pedofilia rientra a tutti gli effetti nella categoria dei Disturbi sessuali e dell’identità di genere ed è considerata come una pratica sessuale perversa. La definizione di abuso sessuale infantile definita da Schechter e Roberges (1993) è quella secondo la quale si intende abuso sessuale infantile «il coinvolgimento di bambini e adolescenti, ancora dipendenti e immaturi sotto il profilo mentale, in un’attività sessuale che loro non comprendono completamente e verso la quale sono incapaci di dare un consenso informato206».
La psicoanalisi classica sostiene che l’abuso sessuale infantile è legato a fissazioni e regressioni verso forme di sessualità infantile, consiste in un blocco del processo di sviluppo psicosessuale dovuto ad un
205
J. R. FEIERMANN, Pedophilia: Paraphilic Attraction to Children, in The
Handbook of Forensic Sexuology, a cura di J.J. Krivacska e J. Money, New York,
1994, p. 49-79
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trauma precoce o ad un ambiente restrittivo. Secondo Freud, l’abusante è soggetto ad una angoscia di castrazione che lo blocca a raggiungere una sessualità adulta e lo avvolge di una paura di affrontare la donna adulta, pertanto si ripiega verso un soggetto più debole.
La principale distinzione che viene attuata tra la tipologia di abuso sessuale infantile è quella tra abuso intrafamiliare ed extrafamiliare: la maggior parte dei casi riguarda violenze attuate in un ambiente intrafamiliare, che può essere attuato da membri della famiglia nucleare o da membri della famiglia allargata, e la ragione di ciò va ricercata negli equilibri interni delle famiglie e nei processi di relazione interpersonali incerti e problematici. In caso di abuso extrafamiliare, l’atto è commesso da persone conosciute al minore che approfittano della condizione di trascuratezza del bambino da parte della famiglia. In quest’ultimo caso, inizialmente l’aggressore cerca di stabilire un rapporto di fiducia con il bambino, accontentandolo nei suoi desideri, fino ad arrivare poi a degli atti sempre più intimi207. Spesso la scelta dei bambini è guidata da un disturbo del soggetto di tipo narcisistico, risultato della fissazione edipica, che porta il soggetto ad immedesimarsi nella madre del bambino e vede nel bambino se stesso, pertanto assume comportamenti simili o contrari a quelli che egli avrebbe desiderato durante la sua infanzia208.
207
A. GOBBIA, Bambini da salvare. La violenza sui bambini, Novara, 2002, p. 70.
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Groth (1979) sosteneva che gli abusanti di minori sono stati a loro volta vittime di abuso sessuale durante l’infanzia, da questa concezione nasce la teoria “dell’abusato abusatore”, teoria che vede l’abuso sessuale come un tentativo di dare uno sbocco a traumi sessuali infantili irrisolti. Infatti l’atto perverso costituisce un atto di vendetta, per soddisfare bisogni non di natura sessuale, tramite il quale il passato viene cancellato e trasformato in piacere209. In particolare, Ferenczi (1932) ha sostenuto che una delle conseguenze dell’abuso subito in età infantile da parte del soggetto aggressore è proprio il comportamento aggressivo e violento che si manifesta a sua volta a discapito dei propri figli e in comportamenti criminali. Gli abusi che lasciano più marcatamente il segno sono quelli commessi da padri o patrigni, con l’uso della forza o minaccia.
Certamente l’aver subito una violenza non è strettamente connesso ad avere comportamenti futuri, ma la percentuale di chi abusa perché è stato abusato è alta, soprattutto nei soggetti di sesso maschile. Groth sottolinea ancora che la motivazione dell’abuso non è di natura sessuale, ma aggressiva: il soggetto in questione si serve di
comportamenti sessuali abusanti per manifestare la sua aggressività210.
Le caratteristiche del pedofilo sono state analizzate dall’approccio psicodinamico il quale ha riscontrato una immaturità psicosessuale del soggetto, una passività, un infantilismo e segni di compensazione a
209
I. PETRUCCELLI – L. T. PEDATA, op. cit., p. 34.
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carenze affettive. La psicoanalisi individua l’origine e il significato di questa perversione nel fallimento del processo di sviluppo della sessualità: in un soggetto normale, la sessualità attraversa diversi stadi che vanno da una fase iniziale in un neonato, fino alla fase finale che ha culmine in un adulto. È possibile che durante il processo avviene qualcosa che faccia bloccare lo sviluppo sessuale, in questo caso si blocca ad uno stadio intermedio per cui i desideri del soggetto rimarranno infantili e si avrà una inibizione evolutiva211.
Solitamente, il disturbo si presenta in fase adolescenziale in soggetti di sesso maschile, sebbene alcuni non percepiscono l’eccitazione verso i bambini fino alla mezza età, e il decorso è cronico.
In alcuni casi ancora, la preferenza sessuale nei confronti dei bambini compare nella tarda età: Finkelhor (1984), infatti, per spiegare l’atteggiamento degli aggressori sessuali di minori, ha inserito la senilità tra i fattori in grado di superare le inibizioni all’abuso. In tal caso, si prende in considerazione una ipersessualità dovute a cause neurologiche: infatti, Falchero e Sgaramella (1998) hanno rilevato che in alcune demenze senili si creano stati di disinibizione che sottolineano il ruolo svolto dai lobi frontali e temporali anteriori nell’evoluzione della malattia. Ma si fa notare, come nella maggior parte dei casi di demenza senile, di solito ci si trova di fronte ad una
211
F. PETRUCCELLI, La pedofilia , in Le perversioni sessuali, a cura di C. Simonelli, F. Petruccelli, V. Vizzari, Milano, 2002, p. 28.
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iposessualità e apparenti comportamenti ipersessuali devono essere interpretati come disturbi cognitivi o aspetti di natura non sessuale212. Galimberti sostiene che «il pedofilo non conosce l’amore come un nuovo modo di essere ma come la ripetizione di un antico modo di avere..il suo modo di esprimere è quello dell’azione che desidera solo appropriarsi della carne dell’altro213
».
Da quanto si è sopradetto, è nota una eterogeneità di comportamenti che non permettono la descrizione di un profilo tipo di pedofilo; i fattori che contribuiscono all’eziopatologia della pedofilia sono molteplici e di vario tipo, ma Finkelhor, per spiegarne il fenomeno, ha preso in considerazione quattro fattori:
1 Fattore: L’abusante può pensare che i bambini siano sessualmente più soddisfacenti per tre ordine di ragioni: l’abuso può permettere di soddisfare determinate esigenze emozionali, ad esempio la sensazione di dominio, il bambino rappresenta una fonte di attivazione gratificante, oppure perché fonti alternative di gratificazione sessuale sono inibite per altre ragioni e impediscono un soddisfacimento sessuale con soggetti adulti.
2 Fattore: Si supera l’inibizione interna contro l’abuso sessuale sui minori tramite abuso di sostanze stupefacenti o percezioni distorte o disturbi biologici, oppure per l’ambiente socio-culturale in cui vive il soggetto.
212
D. DETTORE, C. FULIGNI, op. cit., p. 315.
213
U. GALIMBERTI, W. PASINI, C. CREPEAULT, L'immaginario sessuale, Cortina, 1988, p. 139.
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3 Fattore: Si guarda a fattori capaci di abbattere le inibizioni esterne contro l’abuso sessuale minorile, come nel caso di una madre assente o malata.
4 Fattore: Si prendono in considerazione quei fattori che l’aggressore utilizza per superare la resistenza della vittima, come ad esempio il fare regali214.
Abusare sessualmente di un bambino non è certo una cosa semplice con cui confrontarsi psicologicamente, anche per un pedofilo. Tale soggetto infatti sa qual è l’opinione sociale diffusa in merito a tali atti e si confronta necessariamente con la stessa. Ma per poter mettere in atto tutta una serie di comportamenti di importanza cruciale e ottenere il soddisfacimento delle sue pulsioni sessuali deviate, questo soggetto deve crearsi delle condizioni psicologiche che gli permettono di agire in contrasto con il pensiero sociale. Infatti, il pedofilo cerca di giustificare le sue azioni pensando di insegnare la sessualità ai bambini, oppure convincendosi che i bambini siano contenti e soddisfatti anche loro di questi atti. Tutto ciò per giustificare i suoi gesti insoliti.
La presenza di questi meccanismi di giustificazione degli atti compiuti, evidenziabili piuttosto prontamente nel corso di un normale colloquio, rappresenta un fattore molto importante nella valutazione della pericolosità sociale del pedofilo, della sua predisposizione all’atto e di una eventuale propensione alla reiterazione del crimine.
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Alcuni autori hanno operato un’ulteriore distinzione all’interno della categoria del pedofilo ad opera del Child Molester: questo termine di derivazione anglosassone spiega quel soggetto che «si intrattiene in realtà sessuali illecite con minori, indipendentemente dal sesso, dall'unicità o ripetitività degli atti, dalla presenza o assenza di condotte violente; se la vittima sia pubere o prepubere, conosciuta o meno, legata o meno da vincoli di parentela con l'aggressore215». Chiaramente, non tutti i pedofili, di fatto, devono essere considerati Child Molester. Molto spesso i pedofili si limitino ad attività autoerotiche, oppure scelgono di vivere le proprie fantasie con adulti che presentano tratti somatici infantili, con corporatura minuta, caratteri sessuali secondari poco definiti e appariscenti.
Il Child Molester, invece, è un soggetto che agisce sempre assumendo comportamenti sessuali in danno ai minori, ma il Child molester può non essere un pedofilo: ad esempio chi decide di sperimentare un rapporto con un minore per sola curiosità o casuale disponibilità, preferendo per il resto soggetti adulti. Rispetto a questa tipologia di comportamento pedofilo, gli stessi autori, hanno proposto una distinzione tra i child molester situazionali e i child molester preferenziali.
Nei soggetti dichiarati child molester situazionali, non vi è una reale preferenza sessuale per i minori. Gli aggressori situazionali
215
K.V. LANNING, Child Molester: a Behavioral Analysis, National Center for Missing and Exploited Children, Arlington, Virginia, 1992, p. 18.
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approfittano non solo di minori, ma spesso anche di soggetti appartenenti ad altre fasce deboli, come i disabili, i malati di mente, gli anziani; questa categoria è aumentata nel corso degli ultimi anni. Tali soggetti compiono attività sessuali con bambini per insicurezza o sotto l’azione di particolari situazioni stressanti precipitanti, come un lutto, un abbandono, una crisi economica piuttosto grave, eventi cioè in grado di destabilizzare questo genere di individuo fino a spingerlo a compiere atti apparentemente lontani dal suo modo di essere sino a quel momento.
Ai child molester preferenziali appartengono a una categoria di soggetti con capacità socioeconomiche più elevate rispetto ai child molester situazionali; i loro desideri sono solitamente indirizzati per fasce d'età e sesso e le loro vittime sono soprattutto maschi216. Tali soggetti possono essere caratterizzati da vari tratti di personalità, anche piuttosto eterogenei tra loro, ma comunque tendono a mettere in atto tutta una serie di comportamenti di matrice sessuale altamente prevedibili217.
Molti altri autori hanno espresso opinioni al riguardo, ma tanto varia e complessa è la natura della personalità del pedofilo che non si rilevano opinioni univoche sulle motivazioni che conducono l’abusante infantile a commettere l’atto sessuale. Contrastanti sono anche le
216
M. MAGGI – M. PICOZZI, Pedofilia non chiamatelo amore, Milano, 2003, p. 24 e ss.
217
R. BRUZZONE, Criminal profiling dei child sex offender , in Abusi sui minori :
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opinioni in ordine alla possibilità di considerare la pedofilia una autentica perversione o una pseudoperversione. Come ha rilevato Marshall (2006), molti clinici che si occupano dei sex offenders non rilevano alcuna distinzione tra pedofili e child molesters nella fase di valutazione della necessità e tipologia di trattamento, in quanto evidenziano come entrambe le tipologie hanno le stesse problematiche218.
Umberto Galimberti, in un commento su “La Repubblica”, scrive: «C’è bisogno di una conoscenza del mondo della pedofilia, di cui sappiamo pochissimo, e di una conoscenza del mondo interiore e della qualità dei nostri desideri, di cui sappiamo ancora meno. Questa doppia ignoranza, se non addirittura volontà di non sapere, ci rende complici».
218
F. VEGLIA - N. CASTELLINO, L’aggressione sessuale come crimine
interpersonale. Un’analisi delle problematiche relazionale dei sexual offenders, in Riv. It. di medicina legale (e diritto in campo sanitario), 2013, n. 4, 1850.
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