IL TRATTAMENTO PENITENZIARIO
4.3. I “negatori”: le tecniche di trattamento
Analizzando il fenomeno sul piano psicologico, si constata come il problema non sia la pena per il reato sessuale, ma come il reato sessuale sia l’ultimo anello di una catena per il violentatore, il quale avrà delle mancanze derivanti da una serie di variabili già precedentemente analizzate. L’ elemento centrale da considerare è che l’infanzia di queste persone non è stata sufficientemente protetta perché nessuno mai ha cercato di fornirgli l’aiuto di cui avevano bisogno in momenti di grandi frustrazioni e grandi dolori che hanno vissuto, motivo per cui sono stati portati a commettere il fatto ai danni di una terza persona.
Quello che succede inizialmente nella mente del violentatore è la negazione del reato commesso, e il violentatore-negatore si contraddistingue del reo confesso, in quanto il negatore non è in grado di vedere la vittima per ciò che è, pertanto riesce a trovare diverse giustificazioni al fatto. Tuttavia, trovarsi recluso in un istituto carcerario per diversi anni e non essere coinvolto in alcun tipo di
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P. PATRIZI – V. CUZZOCREA, A new European network to Exchange and
transfer knowledge and expertise in the field of treatment programmes for perpetrators of sexual harassments and violenze against children and young people,
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trattamento specifico di cura non fa che aumentare la negazione nel soggetto.
Durante il trattamento psicoterapeutico è di fondamentale importanza valutare la presenza, l’ampiezza e la qualità della negazione affinchè si possano definire al meglio gli obiettivi del trattamento. È stato dimostrato come una piena ammissione della responsabilità da parte dell’aggressore porterà di certo ad una buona probabilità di riuscita del trattamento. Ed è dunque sempre più importante riuscire ad utilizzare, durante la fase di valutazione, degli strumenti efficaci tali da cogliere il livello di negazione del reo346.
Proprio per questo motivo, nell’Unità di Trattamento Intensificato (UTI) si è deciso di effettuare una prima fase della durata di tre mesi per una valutazione psicodiagnostica e clinica, con l’adesione dello stesso detenuto che si impegna alla sottoscrizione di un contratto nel quale dichiara la propria disponibilità ed il proprio impegno a sottoporsi al periodo di valutazione. In questi primi tre mesi, inoltre, è avviato il regolare svolgimento del programma con l’effettuazione dei gruppi settimanali e con l’obbligo di partecipazione per i detenuti negatori ad uno specifico gruppo sulla negazione del reato. Avviene così una fase di assessment, essenziale per una osservazione del detenuto mirato a conoscere la sua personalità e a pianificare il metodo di trattamento più adeguato.
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P. GIULINI – C. PUCCI, La negazione e la minimizzazione nel trattamento degli
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Durante l’assessment devono essere analizzati almeno tre fattori: se il soggetto ammette il crimine commesso, se riconosce di avere un problema da risolvere, se esprime la volontà di partecipare al percorso. Nel Progetto presente a Bollate, l’osservazione psicodiagnostica procede per tutta la durata del trattamento utilizzando delle tecniche all’avanguardia come il REVO, Rapporto di Equipe sulle Variabili Osservabili, uno strumento informatizzato di valutazione di èquipe terapeutica. Si tratta della prima applicazione in Italia di uno strumento di tale portata e consiste in una valutazione che ogni operatore dell’èquipe compie ogni quattro mesi su ciascun detenuto e si basa su cinque variabili con diversi livelli: adesione alle regole dell’Unità, richiesta d’aiuto, controllo della collera, tecniche di abilità sociale di base, responsabilità di fronte al proprio reato e ciclo dell’aggressione347
.
Oltre il REVO, sono stati elaborati altri strumenti come il Muskegon Temporary Facility Therapy Review Board, da Happel e Auffrey, un modello che prevede la partecipazione di tre psicologi, ognuno intervista il soggetto sul fatto oggetto di reato e il soggetto negatore di solito tende a dare dei racconti diversi e dei riferimenti al concetto di negazione e minimizzazione. Il terzo psicologo “sfida” il reo, gli fa notare le discrepanze dei suoi racconti e lo mette di fronte a delle verità scomode, come il fatto di essere un pericolo per la società e la sua famiglia, che ha bisogno di cure e che se non ammette i suoi
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crimini non potrà far parte del progetto di trattamento. Dopo questo, la maggior parte dei sex offenders negatori cambia la sua versione dei fatti348.
Nell’Istituto Pinel di Montèal, invece, viene utilizzata la guida di valutazione clinica che distingue quattro livelli di riconoscimento: negazione totale dei fatti, riconoscimento del contatto sessuale ma non del suo carattere delittuoso, riconoscimento del reato ma spostamento della responsabilità su circostanze esterne, riconoscimento del reato e del fatto di avere un problema349.
La negazione è un fattore trattabile: alcuni autori hanno ideato dei programmi pre-trattamentali nei quali si cerca di diminuire la negazione permettendo la partecipazione al trattamento al reo. La risoluzione totale della negazione non è necessaria per la partecipazione; la negazione non deve considerarsi una barriera, bensì come l’ostacolo da abbattere tramite il trattamento e si deve fare il possibile affinchè si possa permettere la partecipazione dei negatori al trattamento350. L’approccio maggiormente diffuso con i negatori è la terapia cognitivo-comportamentale, in cui abbattere la negazione risulta essere l’obiettivo centrale del programma. Le tecniche in genere vengono sviluppate in un setting di gruppo perché questo rende più favorevole il confronto e l’apprendimento indiretto dei partecipanti.
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P. GIULINI – C. PUCCI, op. cit., p. 42.
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P. GIULINI – C. PUCCI, op. cit., p. 43.
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Inoltre, il terapeuta deve creare un clima di fiducia e di rinforzo in cui i pazienti si possano sentire al sicuro e non giudicati, si deve creare un ambiente fra pari. È importante che l’operatore non vada diretto nello smantellamento della negazione, bensì riconosca prima la sua funzione di fronte ai pazienti e poi li faccia riflettere sull’inaccettabilità dei loro comportamenti per poterli modificare351
. Dalle esperienze pregresse sembra essere una buona iniziativa quella di creare un gruppo di trattamento in cui ci siano tanti soggetti negatori, quanti soggetti non negatori affinchè coloro che riconoscono il loro reato possano indurre i negatori a fare lo stesso e fungere da modello imitatorio.
Nell’Unità di trattamento di Bollate si svolge una situazione simile grazie ad un peer suport che partecipa al gruppo di soli negatori, gruppo pre-trattamentale che prevede la partecipazione di un altro reo già trattato, che è uscito dalla sfera della negazione e che racconta la sua esperienza. Il gruppo è a partecipazione obbligatoria per i primi tre mesi, con cadenza settimanale per un’ora e mezza di trattamento. Inizialmente viene chiesto loro di raccontare la vicenda e invitati gli altri membri a riflettere. Poi singolarmente affronteranno in colloqui individuali alcune tematiche riguardanti la negazione e collegati a singoli comportamenti o reazioni avvenuti in gruppo.
351 P. GIULINI – C. PUCCI, op. cit., p. 51.
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Questo corso è tenuto da uno psicologo e un criminologo, oltre alla partecipazione del peer suport352.