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Diverse concezioni di schiavitù: trafficking as modern slavery?

4. La distinzione tra tratta e schiavitù: nuovi spunti per un antico dibattito

4.2. Diverse concezioni di schiavitù: trafficking as modern slavery?

Il nutrito dibattito scaturito dalle sentenze sopra richiamate, di cui si darà brevemente conto nelle pagine che seguono, appare estremamente significativo nel tracciare i contenuti e i limiti della nozione di schiavitù rilevante in ambito internazionale. Non solo, il tentativo di fornire indicazioni circa l’esatta portata di tale concetto ha posto, fin da subito, la necessità di inviduarne i confini rispetto alla più ampia e nuova definizione di tratta di esseri umani adottata dal Protocollo di Palermo.

Secondo l’analisi della sentenza resa nel caso Siliadin proposta da Jean Allain, nella parte in cui i giudici di Strasburgo hanno escluso la sussistenza della fattispecie di schiavitù, vi sarebbe una potenziale scissione tra il diritto penale internazionale e il sistema dei diritti umani. A differenza del primo, le dichiarazioni dei diritti umani legano generalmente la proibizione della schiavitù con quella della servitù e del lavoro forzato, creando in tal modo una gerarchia di severità tra i vari concetti. L’esistenza di alternative meno gravi, in particolare la servitù, consentirebbe, come è successo nel caso in questione, di elevare la soglia della servitù indentificandola con ciò che – altrove – è stato riconosciuto come schiavitù, ad esempio nel caso Kunarac224. In tal senso, è stato rilevato come la Corte abbia adottato una nozione troppo ristretta di schiavitù rispetto a quanto coperto dalla proibizione internazionale: laddove, infatti, i i giudici di Strasburgo hanno richiesto l’attuale esercizio del diritto di proprietà hanno

224 Cfr. ALLAIN J., The Definition of “Slavery” in General International law and the Crime of

Enslavement within the Rome Statute; discorso tenuto all’interno di una serie di conferenze degli ospiti

dell’Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale, 26 aprile 2007; Cfr. altresì GALLAGHER A., Human Rights and Human Trafficking: Quagmire or Firm Ground? A Response to

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privato la proibizione stessa di ogni utilità, precludendo la possibilità di inserirvi anche la schiavitù di fatto225.

Secondo alcuni, la definizione del 1926 sarebbe un efficace strumento per identificare e perseguire anche i casi più moderni di schiavitù226. Si tratta, in effetti, di una definizione estremamente ampia, confermata dall’utilizzazione dell’aggettivo «any», il quale implica che, al fine del perfezionamento della fattispecie di riduzione in schiavitù, non è indispensabile la contestuale presenza di tutti i poteri che compongono il diritto di proprietà, ma è sufficiente l’effettiva fruizione, da parte dell’esecutore materiale del crimine, di uno solo di tali poteri, a patto che si verifichi l’effetto della sottrazione della libertà personale del soggetto passivo dell’illecito227.

Tale circostanza consente, in linea di principio, all’area applicativa della definizione in esame di comprendere tutte le fattispecie di sfruttamento dell’essere umano che, pur mantenendo un’identità concettuale autonoma rispetto alla concezione tradizionale di schiavitù, causano comunque la produzione degli effetti tipici previsti dalla stessa. La definizione è stata, infatti, considerata abbastanza ampia da ricoprire molte delle pratiche contemporanee tra cui «serfdom, forced labour, bonded- labour/debt-bondage, the exploitation of migrant workers, trafficking in persons, forced prostitution and sexual slavery, forced marriages etc (…)»228.

A rafforzamento di tale tesi, si potrebbe utilizzare anche l’argomentazione di chi, leggendo i lavori del Sesto Comitato dell’Assemblea della Società delle Nazioni, ha sostenuto come alcune pratiche assimilabili alla schiavitù

«fossero già insite nella definizione di schiavitù contenuta nel primo articolo e che

non fosse necessaria nessuna ulteriore proibizione in termini specifici. Essa si applica non solo alla schiavitù domestica, ma a tutte le condizioni menzionate dalla Commissione Temporanea per la schiavitù (…) come la servitù da debito, la

225 CULLEN H., Contemporary International Legal Norms on Slavery. Problems of Judicial

Interpretation and Application, in ALLAIN J. (a cura di), The Legal Understanding of Slavery. From Historical to the Contemporary, cit., pp. 308-309.

226 ALLAIN J. e HICKEY R., Property and the definition of Slavery, in International and Comparative

Law Quarterly, 2012, 61(04), pp. 930 ss.

227 LENZERINI F., L’evoluzione contemporanea del concetto di schiavitù nel diritto internazionale

consuetudinario, cit., pp. 487-488. In definitiva, l’autore, volendo provare a sviluppare il concetto

espresso dall’art. 1 della Convenzione del 1926 e dall’art. 7 di quella del 1956, conclude nell’affermare che, in base al diritto internazionale, costituisce schiavitù «ogni situazione di disposizione e/o

godimento della persona altrui implicante uno stato di costrizione ragionevolmente idoneo a privare la vittima della propria capacità di autodeterminazione».

228 LENZERINI F., Suppressing Slavery Under Costumary International Law, in The Italian Yearbook

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riduzione in schiavitù di persone spacciata per adozione di bambini o l’acquisto di ragazze in cambio di un corrispettivo camuffato come pagamento di una dote»229.

Il tal senso, allora, la Convenzione Supplementare del 1956 serviva di fatto a forzare le resistenze di quanti cercavano di mettere in dubbio che la definizione del 1926 «abbracciasse tutti i tipi di status servile la cui abolizione (…) doveva essere promossa dalle Nazioni Unite» ed evitare che gli stessi ne limitassero la portata in mancanza di una previsione specifica in tal senso230. Si tratta, a ben vedere, di un’impostazione che tende ad equiparare schiavitù e servitù (rectius istituzioni o pratiche analoghe alla schiavitù). A tal proposito, si noti che sebbene i concetti si differenzino dal punto di vista terminologico, una loro distinzione non produrrebbe alcuna conseguenza sul piano giuridico, essendo anche le pratiche analoghe alla schiavitù – ormai equiparate al concetto di servitù – ricondotte al divieto generale di riduzione in schiavitù accolto dalla comunità internazionale nel suo complesso231. Sul piano internazionale, pertanto, non vi sarebbero ragioni per mantenere tale distinzione.

Estremamente rilevante appare, inoltre, il dibattito scaturito dall’ampia interpretazione della nozione di schiavitù nel caso Kunarac.

In particolare, in molti hanno tratto dalle statuizioni del Tribunale penale per la Ex- Iugoslavia supporto nel sostenere un’equiparazione tra la tratta di esseri umani e la schiavitù232.

Vi è chi ha sostenuto, infatti, che la tratta di persone potrebbe essere inclusa nella definizione di schiavitù di cui alla Convenzione del 1926, qualora fossero integrati gli elementi elencati dalla ICTY, in particolare, quelli del controllo e della proprietà233.

229 Cfr. Records of the Seventh Ordinary Session of the Assembly, in League of Nations Official Journal,

Special Supplement, 44, p. 416. Si veda per un’analisi più approfondita sul punto: LENZERINI F., L’evoluzione contemporanea del concetto di schiavitù nel diritto internazionale consuetudinario, in Studi senesi, 2000, pp. 518-520.

230 Si veda: GUTTERIDGE J. A. C., Supplementary Slavery Convention 1956, in International and

Comparative Law Quarterly, 1957, 6, pp. 449-471

231 LENZERINI F., L’evoluzione contemporanea del concetto di schiavitù nel diritto internazionale

consuetudinario, cit., pp. 527-528.

232 Cfr. OBOKATA T., Trafficking of Human Beings as a Crime against Humanity: Some Implications

for the International Legal System, in International and Comparative Law Quarterly, 2005, 54, p. 449;

SCARPA S., Trafficking in Human Beings: Modern Slavery, cit.; VAN DER WILT H., Trafficking in

Human Beings, Enslavement, Crimes Against Humanity: Unravelling the Concepts, cit., p. 314.

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Tali conclusioni sono, tuttavia, oggi criticate da molti autori234, tra cui Jean Allain il

quale, prendendo a riferimento la definizione di tratta del Protocollo di Palermo, sottolinea come la schiavitù sia menzionata come esempio di sfruttamento: la tratta, pertanto, non può essere una forma di schiavitù, perché la schiavitù stessa è solo un esempio delle otto componenti dello sfruttamento, che a sua volta è uno degli elementi della definizione di tratta235. Se la tratta fosse una forma di schiavitù, allora anche gli altri esempi di sfruttamento dovrebbero essere considerati come assorbiti dalla definizione di schiavitù.

La definizione di trafficking contenuta nel Protocollo di Palermo non sembra, dunque, lasciare spazio alla possibilità che la tratta si identifichi con una forma di schiavitù. Inoltre, come si è visto, le tipologie di sfruttamento tradizionalmente collegate alla tratta, come lo sfruttamento sessuale e il lavoro forzato, sono menzionate separatamente rispetto alla schiavitù e alle pratiche simili alla schiavitù, perciò non ci sarebbe alcun margine per una sovrapposizione dei differenti concetti236. Tuttavia, il fatto che la schiavitù e le pratiche simili alla schiavitù siano richiamate nella definizione di tratta è prova del legame sostanziale tra i due concetti, anche in virtù del processo storico che li accomuna.

Quelli appena esposti sono, d’altronde, gli stessi argomenti, cui si è accennato sopra, utilizzati per negare la qualificazione della tratta di esseri umani come «modern form of slavery».

Tale equiparazione è divenuta un tema centrale a partire dagli anni duemila parallelamente al rinnovato interesse, dimostrato da alcuni autori, per la questione della schiavitù.

Uno dei più noti sociologi della schiavitù, militante dell’Anti-Slavery International, Kevin Bales, si è spinto ad affermare, secondo una stima ormai divenuta popolare,

234 Cfr. STOYANOVA V., Human Trafficking and Slavery Reconsidered. Conceptual Limits and

States’ Positive Obligations in European Law, cit., p. 292; VAN DER WILT H.G., Trafficking in human beings: a modern form of slavery or a transnational crime?, cit.; GALLAGHER A. T., The International Law of Human Trafficking, cit., p. 190. In particolare, entrambi gli autori, pur

ammettendo che il caso Kunarac abbia reso più incerti i confini tra schiavitù e tratta di esseri umani, escludono che quest’ultima possa qualificarsi come crimine contro l’umanità. Gallagher afferma in tal senso che: «(…) despite indications that legal conceptions of slavery have expanded to embrace

practices that go beyond chattel slavery, it is difficult to sustain an absolute claim that trafficking, in all its modern manifestations, is included in the customary and ius cogens norm prohibiting slavery and slave trade» (Cfr. GALLAGHER A. T., The International Law of Human Trafficking, cit., p. 190).

235 ALLAIN J., Book review: Silvia Scarpa, Trafficking in Human Beings: Modern Slavery, in

European Journal of International Law, 2008, 20, pp. 454-455.

236 SCARPA S., Contemporary forms of slavery, Study requested by the DROI committee, European

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che gli schiavi presenti nel mondo contemporaneo ammonterebbero a 27 milioni237.

Pur trattandosi di una stima informale – per ammissione dello stesso autore e relativa ad un numero «che corrisponde alla [sua] definizione di schiavitù in senso stretto», le conclusioni dell’autore appaiono paradigmatiche del rilievo assunto dal concetto di schiavitù agli albori del nuovo millennio. Bales evidenzia, peraltro, come la maggior parte di questi ventisette milioni – all’incirca dai quindici ai venti – sia rappresentata da bonded labor.

La progressiva importanza della tratta di esseri umani, acquisita per l’effetto della Convenzione delle Nazioni Unite del 2000 ha, poi, incoraggiato gli attivisti a fondere il moderno fenomeno della tratta di esseri umani con la più antica nozione di schiavitù238.

Joel Quirk ritiene, ad esempio, che il riferimento alle forme contemporanee di schiavitù possa aiutare a distinguere le questioni correnti da quelle del passato «while harnessing the evocative imagery of slavery to prioritize cases of acute exploitation and abuse»239.

Su altro fronte, Michael Dottridge ritiene, invece, che il termine «modern form of slavery» non dovrebbe essere utilizzato, innanzitutto, per l’assenza di una definizione legale240.

La qualificazione della tratta come modern slavery è giudicata, inoltre, ambigua da coloro che vedono nell’uso dell’aggettivo ‘moderno’, un maldestro tentativo di comparare un fenomeno contemporaneo con un istituto del passato, con il rischio di attribuire al primo «l’oblio e conseguenze sul piano giuridico del secondo»241.

237 Cfr. BALES K., Disposable People: New Slavery in the Global Economy, University of California

Press, Berkeley, 1999, trad. it., BALES K., I nuovi Schiavi. La Merce umana nell’economia globale, Feltrinelli, Milano, 2000.

238 WONG W. H., Is Trafficking Slavery? Anti-Slavery International in the Twenty-first Century, in

Human Rights Review, 2011, 12, p. 317. Cfr. DAVIDSON J.O’C., New Slavery, Old Binaries: Human Traffikcing and the Borders of Freedom, in Global Networks, 2010, 2, p. 244-261. Cfr., in particolare,

BALES K. e TRODD, Z., Addressing Contemporary Forms of Slavery in EU External Policy, European Parliament, Brussels, 2013, p. 4 secondo cui il concetto di schiavitù di cui alla convenzione del 1926 dovrebbe essere interpretato come «conrol over a person by another such as a person might

control a thing». Si tratta di un’interpretazione che corrisponde all’approccio promosso dagli esperti e

accademici che hanno redatto le Bellagio-Harvard Guidelines on the Legal Parameters of Slavery (The

Bellagio-Harvard Guidelines on the Legal Parameters of Slavery, reperibili al sito:

http://www.law.qub.ac.uk/schools/SchoolofLaw/FileStore/Filetoupload,651854,en.pdf).

239 QUIRK J., Unfinished Business: A Comparative Survey of Historical and Contemporary Slavery,

UNESCO, Paris, 2008, pp. 32-33.

240 DOTTRIDGE M., Eight reasons why we shouldn’t use the term modern slavery, Open Democracy,

2017.

241 VAN DER WILT H., Trafficking in Human Beings, Enslavement, Crimes Against Humanity:

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Come è stato evidenziato, le espressioni contemporary, modern, o modern-day slavery vengono utilizzate per lo più come «umbrellas» di una molteplicità di manifestazioni o pratiche, affinché si possa evitare un rigido scrutinio della loro riconducibilità negli incerti confini della schiavitù di cui alla Convenzione del 1926242.

L’uso di tali espressioni, a dire il vero, sebbene si possa giustificare nel contesto di un dibattito politico e/o mediatico243, appaiono assolutamente scorrette – se non ultronee – all’interno di un ambito accademico che dispone, senza dubbio, di tutti gli strumenti normativi a livello internazionale per inquadrare correttamente le attuali e più gravi forme di sfruttamento dell’essere umano.

In tal senso sembra esprimersi anche l’Agenzia delle Nazioni Unite, che trova la sua missione nella lotta al crimine internazionale. Il concetto di «modern slavery», secondo l’UNODC,

«has an important advocacy impact and has been adopted in some national

legislation to cover provisions related to trafficking in persons, however the lack of an agreed definition or legal standard at the international level results in inconsistent usage»244.

Potendo la tratta di per sé implicare schiavitù, pratiche simili alla schiavitù e lavoro forzato, l’UNODC ritiene di potersi efficacemente occupare di queste forme contemporanee di asservimento dell’uomo all’interno del quadro generale della tratta,

242 SCARPA S., The Nebulous Definitions of Slavery: A Critique of the Interpretations of the 1926

Slavery Convention’s Definition and of Some Recent Sociological Proposals, in WINTERDYK J e

JONES J. (a cura di), The Palgrave International Handbook on Human Trafficking, 2019,forthcoming.

243 Cfr. VAN DER WILT H., Trafficking in Human Beings, Enslavement, Crimes Against Humanity:

Unravelling the Concepts, cit., p. 298, secondo cui l’espressione è stata utilizzata nelle seguenti

occasioni: «Deputy Secretary General of the Council of Europe, Maud de Boer-Buquicchio, in her

address to the Ad Hoc Committee on Action Against Trafficking in Human Beings (CAHTEH), during its meeting of 15 September 2003, said: “… trafficking in human beings is a new form of slavery affecting the whole of Europe.” Maud de Boer-Buquicchio, Deputy Secretary General of the Council of Europe, Address at the First Meeting of CAHTEH (15 September 2003). In similar terms spoke Mrs. Myria Vassiliadou, EU's anti-trafficking co-ordinator, addressing a special committee on crime at the European Parliament on 19 February 2013: “Human trafficking is the slavery of our times.” EuropaNU (www.europa-nu.nl/id/vj7awgbzejzq/nieuws/europese_commissie_vergelijkt?ctx (accessed 26 August 2013)). See Secretary of State Hillary Clinton, US State Department Trafficking in Persons Report, 2009 (www.gvnet.com/humantrafficking (last visited on 20 September 2013)): “This [Trafficking in Human Beings] is modern slavery, a crime that spans the globe, providing ruthless employers with an endless supply of people to abuse for financial gain.” See also Polaris Project on Human Trafficking (www.polarisproject.org/human-trafficking/overview (accessed 20 September 2013)): “Human trafficking is a form of modern-day slavery where people profit from the control and exploitation of others.”».

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senza fare ricorso ad espressioni che potrebbero ingenerare più confusione che chiarezza.

Il punto più convincente, tuttavia, appare essere un altro. Se si assume che l’Anti- Slavery International ritiene che la modern slavery includa le pratiche di «forced labour, debt bondage or bonded labour, trafficking in persons, descent-based slavery, child slavery as well as early and forced marriages»245, non si vede quale sia l’utilità di ricorrere ad una categoria a sé, per fenomeni che sono già autonomamente definiti (forced labour; trafficking in persons) ovvero assimilati, per effetto di convenzioni internazionali, a concetti predefiniti come la schiavitù (debt bondage/child slavery/forced marriages).

Lo stesso debt bondage (o bonded labor), pratica quanto mai attuale e preoccupante (come ricordato da Bales), non solo trova definizione nella Convenzione Supplementare del 1956, per effetto della quale, viene assimilata alla schiavitù246, ma è oggi considerata una pratica che potrebbe rilevare ai fini della configurabilità della tratta, rappresentando un elemento di dipendenza potenzialmente sintomo dell’abuso della posizione di vulnerabilità della vittima247.

Il problema dell’utilità delle suddette espressioni rimane, oggi, sostanzialmente aperto.

4.3. La tratta di esseri umani nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti