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Lo sfruttamento nell’art 22 T.U.I e l’attuazione della direttiva ‘sanzioni’:

3. Smuggling e trafficking nel T.U Immigrazione: una difficile convivenza

3.3. Lo sfruttamento nell’art 22 T.U.I e l’attuazione della direttiva ‘sanzioni’:

sfruttamento

Le modifiche più rilevanti, apportate da d.lgs. 109/2012 in tema di sfruttamento lavorativo, riguardano l’art. 22 d. lgs. 286/1998, al quale sono stati aggiunti alcuni commi dopo il dodicesimo (da 12-bis a 12-quinquies).

In particolare, con il comma 12-bis, il legislatore integra la fattispecie principale di cui al comma precedente con delle nuove fattispecie aggravanti, le quali considerano i casi di occupazione di lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti caratterizzati da sfruttamento.

Le circostanze in questione, definite dal comma 12-quater come «di particolare sfruttamento» lavorativo, determinano un aumento da un terzo alla metà della pena prevista, e sono:

«a) il caso in cui i lavoratori impiegati (in simili condizioni) siano più di tre; b) il

caso in cui vengano scoperti lavoratori occupati che sono in realtà minori in età non lavorativa; c) l’ipotesi in cui i lavoratori occupati sono soggetti a «condizioni lavorative di particolare sfruttamento».

È interessante notare come, invece di tentare di elaborare una nozione esplicativa di tali condizioni – di cui al punto c) –, il legislatore del 2012 abbia scelto di operare una definizione delle stesse ‘per rinvio’ al terzo comma dell’art. 603-bis c.p., dedicato alle circostanze aggravanti ad effetto speciale del reato di intermediazione illecita

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(formulazione ante riforma del 2016), le quali comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà quando: 1) il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; 2) uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; 3) il fatto sia stato commesso esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro. Posto che le lettere a) e b) del comma 12-bis corrispondono alle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del comma terzo, l’unica ipotesi aggravata che si ritiene debba essere aggiunta in forza del richiamo, è quella in cui il datore abbia esposto il lavoratore clandestino ad una generica «situazione di pericolo» nello svolgimento delle mansioni affidategli (art. 603-bis, co. 3, n. 3, c.p.).

Come si è visto, prima dell’introduzione di questo insieme di circostanze si riteneva che, l’elemento dello sfruttamento, in quest’ambito, determinasse l’applicazione dell’articolo 12, co. 5, d. lgs. 286/1998, ovvero il delitto di favoreggiamento della permanenza clandestina dello straniero irregolare «al fine di trarne un ingiusto profitto».

L’art. 22 riguardava, invece, i soli casi di impiego di tale individuo, a prescindere dal modus. Con la novella, venendo meno tale criterio distintivo degli ambiti applicativi delle due fattispecie, i problemi di coordinamento tra le due fattispecie sono senza dubbio aumentati. Ad oggi, l’utilizzo a fini lavorativi di stranieri non in regola con il soggiorno è sempre riconducibile all’articolo 22 del d. lgs. 286/1998. Se ricorrono, poi, modalità d’impiego vessatorie, particolarmente gravose e/o discriminatorie, troveranno spazio le ipotesi di cui al comma 12-bis dello stesso articolo, più gravemente sanzionate.

Si rammenta, inoltre, che con la riforma del 2012, è stato previsto che qualora sussistano le situazioni di particolare sfruttamento lavorativo, così come definite dal combinato disposto delle due norme citate, il comma 12-quater dell’art. 22 prevede che il questore, su proposta o con il parere favorevole del Procuratore della Repubblica, possa provvedere al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell’articolo 5, comma 6, d. lgs. 286/1998428, in favore di quello straniero che abbia presentato denuncia e collabori nel procedimento istaurato nei confronti del datore di lavoro. Tuttavia, proprio il concetto di «particolare

428 Recentemente abrogato per effetto dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) del d.l. n. 113 del 2018,

convertito con modificazioni nella legge n. 132 del 2018 (c.d. Decreto Salvini), il quale ha introdotto la categoria dei permessi di soggiorno «per casi speciali».

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sfruttamento lavorativo», come disegnato dalla riforma operata dal d.lgs. 109/2012, ha destato le maggiori perplessità, soprattutto in ordine alla discrasia aperta con la formulazione adottata dal legislatore europeo che all’art. 13 della direttiva 2009/52/CE, come si è visto, definisce di «particolare sfruttamento» quelle

«condizioni lavorative, incluse quelle risultanti da discriminazioni di genere e di

altro tipo, in cui vi è una palese sproporzione rispetto alle condizioni di impiego dei lavoratori assunti legalmente, che incide, ad esempio, sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori ed è contraria alla dignità umana»429.

Tale nozione non sembra infatti coincidere con le fattispecie aggravate di cui all’art. 603-bis, co. 3, n. 3), c.p. richiamate dal comma 12-bis dell’art. 22 d.lgs. 286/1998. Ma ciò che appare ancor più paradossale è la mancata menzione, ai fini della ricostruzione del concetto di «particolare sfruttamento lavorativo», degli indici di cui al comma secondo dell’art. 603-bis c.p., che, come si vedrà nel prossimo capitolo, appaiono indubbiamente più specifici e significativi per l’individuazione dei casi di sfruttamento lavorativo, sebbene limitati ad operare nella suddetta fattispecie del codice penale.

Si noti, comunque, come a seguito della riforma dell’art. 603-bis c.p. ad opera della legge n. 199/2016, il problema del coordinamento con la fattispecie di cui all’art. 22, comma 12-bis, T.U.I. risulti fortemente ridimensionato, anche in virtù della clausola di sussidiarietà «salvo che il fatto costituisca più grave reato» dell’art. 603-bis c.p. In effetti, la fattispecie di sfruttamento lavorativo di cui all’art. 603-bis c.p. è punita più gravemente, con la conseguenza che le ipotesi di particolare sfruttamento prima rientranti nell’art. 22, comma 12-bis, lettera c), c.p., sono oggi assorbite nella norma del codice penale430. Allo stesso tempo, le pene previste dal nuovo art. 603-bis c.p. non raggiungono il livello di gravita di quelle della fattispecie di cui all’art. 12, comma 3-ter, T.U.I., con la conseguenza che – stante la clausola di sussidiarietà – il reclutatore (che agisca da solo o in accordo con lo smuggler) di stranieri irregolari a

429 FERRERO M. e BARBAIOL G., Prime note sulla normativa italiana per la protezione delle vittime

di tratta e di grave sfruttamento dopo l’attuazione della direttiva 2009/52/CE, in FORLATI S. (a cura

di), La lotta alla tratta di esseri umani. Tra dimensione internazionale e ordinamento interno, cit., pp. 107 e ss.

430 Come vedremo, la fattispecie base dell’art. 603-bis c.p. è, infatti, punita con una pena da uno a sei

anni, mentre l’art. 22 T.U.I., nell’ipotesi aggravata di cui al comma 12-bis, contempla una pena che va da 8/9 mesi a 4/4 anni e mezzo (sono aumentate da un terzo alla metà).

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fini di sfruttamento è punito più gravemente del reclutatore di stranieri regolari (art. 603-bis c.p.).