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Ma cosa si intende per sfruttamento lavorativo?

5. La tratta di esseri umani a fini di sfruttamento lavorativo

5.1. Ma cosa si intende per sfruttamento lavorativo?

Le maggiori difficoltà che si riscontrano nel configurare la tratta ai fini di sfruttamento lavorativo sono dovute, in primo luogo, alla complessità di definire lo sfruttamento lavorativo e, ancor prima di esso, lo sfruttamento tout court.

Come evidenziato da Alan Wertheimer

«althought we frequently claim that some act, practice or transaction is exploitative,

the concept of exploitation is typically invoked without much anlysis or argument»265.

In realtà, nonostante il concetto di sfruttamento sia spesso invocato come un concetto ovvio, non vi è un generale consenso sul suo significato.

Esistono, in particolare, due definizioni di sfruttamento: una tecnica e una normativa266. Nel primo senso, lo sfruttamento può riferirsi, in modo neutro, a fare uso di qualcosa o a trarre beneficio da una cosa o da una situazione (esempio una risorsa). Nel secondo senso, esso si concentra nella relazione tra persone, dando una connotazione negativa alla relazione consistente nel ricevere vantaggio da qualcuno (o dalle sue caratteristiche o dalla sua situazione) per i fini di qualcun’altro.

L’International Organization of Migration (IOM) definisce lo sfruttamento come

«the act of taking advantage of something or someone, in particular the act of taking

unjust advantage of another for one’s own benefit»267.

Sul piano dello sfruttamento lavorativo, si riscontrano, peraltro, differenti comprensioni all’intenrno delle legislazioni penali degli Stati.

Ad esempio il Belgio e la Francia all’interno della propria normativa penale fanno riferimento al concetto di dignità. Il primo definisce lo sfruttamento lavorativo all’interno del conteso della tratta come «the intent to put somebody to work or

265 MUNRO V. E., Exploring Exploitation: Trafficking in Sex, Work and Sex Work, in MUNRO V. e

DELLA GIUSTA M. (a cura di), Demanding Sex: Critical Reflections on the Regulation of

Prostitution, Ashgate Publishing Limited, Hampshire, 2008, p. 83.

266 Ivi, p. 84. Cfr. altresì: UNODC, The concept of exploitation in the trafficking in Persons Protocol.

Issue Paper, United Nations, Vienna, 2015, p. 21, reperibile sul sito:

https://www.unodc.org/documents/congress/background-

information/Human_Trafficking/UNODC_2015_Issue_Paper_Exploitation.pdf.

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permitting the person to be put into work where conditions are contrary to human dignity»268. La seconda specifica, invece, che uno degli scopi della tratta è «the

imposition of living or working conditions inconsistent with human dignity»269. È evidente che, sebbene non appaia di immediata e lampante utilità tentare di definire un concetto indeterminato (sfruttamento) attraverso il richiamo ad un concetto ancora più indefinito e controverso (dignità), ciò, invece, può aiutare l’interprete nell’individuazione del bene giuridico sotto cui sottendere l’incriminazione dello sfruttamento lavorativo270.

Ancora, in Germania il codice penale definisce la tratta per fine di sfruttamento lavorativo riferendosi a «working conditions that show a crass disparity to the working conditions of other employees performing the same or comparable tasks»271. Tale definizione sembra richiamare piuttosto chiaramente la stessa definizione (l’unica rinvenibile a livello di UE) adottata dall’Unione europea in sede di approvazione della Direttiva 2009/52/CE riguardante le sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che assumono alle loro dipendenze cittadini di Paesi terzi che non siano in regola con le norme relative al soggiorno sul territorio di uno Stato membro272. Nell’ambito della definizione unionale ritorna, come vedremo a breve, il

riferimento al concetto di dignità umana.

La definizione di sfruttamento tramite il riferimento a parametri comparativi è indubbiamente una tecnica che tende ad oggettivizzare la definizione di sfruttamento, prescindendo dalle percezioni personali che i singoli lavoratori possono avere in ordine alle condizioni lavorative cui sono sottomessi. Quest’ultimo è un rischio potenzialmente enorme rispetto all’emersione del fenomeno dello sfruttamento lavorativo, potendo questo dipendere dalle diverse concezioni del lavoro rilevanti nelle varie culture di riferimento.

268 Art. 433-quinquies, Belgium Act to Amend Several Provision with a View to Combating More

Effectively Trafficking of Human Beings and the Practices of Abusive Landlords, 2005.

269 Art. 225-4-1, codice penale francese.

270 Questo tema sarà più ampiamente sviluppato, con riferimento alle modifiche che hanno interessato

l’ordinamento penale italiano, nel IV capitolo.

271 Art. 231, codice penale tedesco. Qui, sebbene non vi sia un riferimento diretto alla dignità nella

fattispecie penale, occorre rammentare che questa assume preminente rilevanza costituzionale, essendo inserita all’interno dell’art. 1 della Costituzione tedesca: «La dignità dell’uomo è intangibile. È dovere

di ogni potere statale rispettarla e proteggerla».

272 Direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 che introduce

norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in GU L 168/24 del 30.6.2009.

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In ogni caso, proprio perché lo sfruttamento lavorativo rimane un fenomeno giuridicamente e sociologicamente di difficile definizione, vi sono numerosi tentativi di precisarne i contenuti mediante l’utilizzo di indicatori273.

Vi è, inoltre, chi ha identificato nello sfruttamento lavorativo un processo dinamico (c.d. continuum of exploitation) che si sviluppa tra due estremi, uno rappresentato dal lavoro dignitoso e l’altro dal lavoro forzato274.

La libertà di scelta significa che il lavoratore possiede potere di contrattazione ed è capace di negoziare con il datore di lavoro sui termini e le condizioni di impiego senza affrontare alcuna punizione. In una situazione di lavoro forzato, secondo quanto statuito a livello internazionale dalla Convenzione dell’ILO del 1930, il potere del datore di lavoro di imporre condizioni e regole è assoluto e il lavoratore non può rifiutare senza affrontare altre punizioni.

Queste considerazioni ci forniscono un primo dato: la distinzione tra lavoro forzato e sfruttamento lavorativo. Nello sfruttamento lavorativo non c’è nessuna minaccia o pena se si lascia il lavoro: manca semplicemente il potere di contrattazione delle condizioni lavorative, che vengono accettate semplicemente per la situazione di vulnerabilità o bisogno del lavoratore.

Cosa si intende per lavoro dignitoso (decent work) ce lo dice ancora una volta l’ILO275, individuando delle caratteristiche minime per poterlo definire tale: diritti sul

lavoro (rights at work); occupazione (employement); protezione sociale (social protection); dialogo sociale (social dialogue). Secondo l’ILO, l’essenza del lavoro dignitoso è massimizzare le sinergie tra queste quattro componenti276.

273 Come si vedrà nel prossimo capitolo, l’ILOha elaborato alcuni indicatori operativi nell’ambito della

tratta di esseri umani anche a fini di sfruttamento lavorativo: ILO, Operational indicators of trafficking

in human beings. Results from a Delphi survey implemented by the ILO and the European Commission

First published in March 2009, reperibile sul sito:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@ed_norm/@declaration/documents/publication/wcms_1 05023.pdf.

274 SKRIVANKOVA K., Between Decent Work and Forced Labour: Examining the Continuum of

Exploitation, paper for the Joseph Rowntree Foundation, November 2010, reperibile on-line al sito:

https://www.jrf.org.uk/report/between-decent-work-and-forced-labour-examining-continuum- exploitation.

275 ILO, Decent Work: Objectives and Strategies, Edited by Dharam Ghai, Geneva, 2006, reperibile sul

sito: http://nap.psa.gov.ph/nsm/23rdNSM/decentghai.pdf. Il primo riferimento al lavoro dignitoso lo si deve all’ILO Director-General, Juan Somavia, che nel suo primo rapporto International Labour Conference, nel giugno 1999, ha affermato che: «The primary goal of the ILO today is to promote

opportunities for women and men to obtain decent and productive work, in conditions of freedom, equality, security and human rights» (ILO, 1999, p.3).

276 Ivi, p. 27. Secondo un diverso approccio utilizzato da alcuni analisti il lavoro dignitoso può essere

classificato, invece, in undici categorie: «employment opportunities, acceptable work, adequate

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Il c.d. continuum of exploitation, sebbene non valga a sopperire all’assenza di una definizione di sfruttamento lavorativo, offre uno strumento per individuare quei casi in cui un lavoratore viene a trovarsi in una situazione diversa da un lavoro dignitoso. Ciò che, tuttavia, non appare chiaro in questa ricostruzione, secondo alcuni, è dove il lavoro dignitoso si trasforma in una forma di sfruttamento e quando, e se solo una violazione dei diritti del lavoro è una forma di sfruttamento e/o deve essere considerata lavoro forzato277.

5.2. La Direttiva 2009/52/CE e le sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che