Gli anni Novanta hanno segnato un cambiamento importante nel quadro normativo internazionale sulla tratta, anche in considerazione del mutato contesto politico, sociale ed economico generato dalla caduta del blocco comunista che aprì i confini ad una massa di persone in movimento in cerca di nuove opportunità.
Se, fino ad ora, la tratta era considerata un problema marginale, di basso profilo, e relegato esclusivamente al sistema dei diritti umani, nei primi anni dell’ultimo decennio del Novecento questo fenomeno ha assunto la rilevanza di un tema di interesse nazionale ed internazionale58.
55 Cfr.: QUIRK J., Trafficked into Slavery, cit., p. 192.
56 STOYANOVA V., Human Trafficking and Slavery Reconsidered. Conceptual Limits and States’
Positive Obligations in European Law, Cambridge, Cambridge University Press, 2017, pp. 21-22.
57 Ivi, p. 61.
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In tale periodo, un generale interesse per il tema della tratta di esseri umani si riscontrò anche da parte delle Istituzioni dell’allora Comunità Europea.
In una nota relazione sul traffico di esseri umani della Commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni59, presentata da Maria Paolo Colombo Scevi il 14 dicembre 1995, con cui si sottoponeva al Parlamento europeo una proposta di risoluzione, la tratta di esseri umani venne definita come
«l’atto illegale di chi, direttamente o indirettamente, favorisce l’entrata o il
soggiorno di un cittadino proveniente da un paese terzo ai fini del suo sfruttamento utilizzando l’inganno o qualunque altra forma di costrizione o abusando di una situazione di vulnerabilità o incertezza amministrativa»60.
L’ampiezza di tale definizione la rese estremamente innovativa rispetto al panorama dell’epoca: in un certo senso – si può dire oggi – che abbia preconizzato gli elementi chiave del dibattito che di lì a poco si sarebbe svolto, in seno alle Nazioni Unite, in vista dell’elaborazione del Protocollo sul trafficking.
Non solo, tale definizione rende palese come fino agli anni Novanta non vi fosse una chiara distinzione tra il trafficking e lo smuggling, che verrà sancita – a livello internazionale – soltanto nel 2000.
Nonostante lo sforzo di dettagliare le condotte e le modalità della tratta, nella motivazione alla proposta di risoluzione si precisò che il fenomeno della tratta riguardava (ancora) prioritariamente le donne e che, in tale contesto, dovesse essere considerata come qualsiasi atto o attività volta ad indurre una persona alla prostituzione, alla pornografia o a un lavoro degradante ovvero a mantenerla in siffatta condizione ricorrendo eventualmente al trasferimento in ambito nazionale o internazionale con il consenso della persona interessata ovvero usando inganni, minacce, strumenti coercitivi o di altro tipo.
Nelle tipologie di sfruttamento esplicitate nella proposta vennero elencati – tra gli altri – anche il lavoro forzato dei migranti clandestini, l’accattonaggio nelle strade, la vendita di droga da parte di stranieri, la pornografia e la prostituzione di donne.
59 Parlamento europeo, Relazione sul traffico di esseri umani della Commissione per le libertà
pubbliche e gli affari interni del Parlamento europeo, Relatrice On. Maria Paola Colombo Svevo, del
14 dicembre 1995, A4 0326/95.
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Nel febbraio del 1996, la Risoluzione sulla tratta di esseri umani venne adottata nella versione proposta.
Nello stesso anno la Commissione inviò una comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sul traffico di donne a scopo di sfruttamento sessuale61, in cui, analizzando il contesto, definì il traffico come un crimine organizzato internazionale, concernente il trasporto di donne da Paesi terzi verso l’Unione europea a scopo di sfruttamento sessuale.
Pochi mesi dopo, il 24 febbraio 1997, il Consiglio dell’Unione europea adottò, nell’ambito dell’allora terzo pilastro dell’Unione, l’Azione comune 97/154/GAI62 per
la lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini. Con tale atto si invitavano sostanzialmente gli Stati a rivedere le proprie normative penali in materia di tratta e collaborazione giudiziaria, al fine di procedere all’armonizzazione delle stesse. Anche tale atto considera la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, ancora una volta, come un crimine organizzato internazionale.
Apprezzabile appare in tale documento lo sforzo di concepire separatamente le due definizioni di trafficking e di sexual exploitation.
La definizione di tratta di cui alla parte A del Titolo I si palesò piuttosto scarna e sovrapponibile al traffico di migranti:
«qualsiasi comportamento che agevola l’ingresso, il transito e il soggiorno nel
territorio di uno Stato membro, nonché l’uscita da esso per uno degli scopi menzionati nel titolo I, parte B, lettere b) e d)», ossia «b) tratta a scopo di lucro di persone diverse dai bambini, finalizzata allo sfruttamento sessuale, alle condizioni di cui alla lettera a); (…) d) tratta di bambini finalizzata allo sfruttamento o all’abuso sessuali».
La definizione di tratta adottata dall’Azione comune fu, infatti, decisamente più ristretta rispetto a quella proposta dal Parlamento europeo, in quanto pose più forte enfasi sugli aspetti migratori e lo sfruttamento sessuale fu configurato come l’unico possibile obiettivo del movimento.
61 COM (1996) 567 def. del 20 novembre 1996.
62 Azione comune 97/156/GAI 24 febbraio 1997 adottata dal Consiglio sulla base dell’articolo K.3 del
trattato sull’Unione europea per la lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, in GUCE L 63/2 del 4.3.1997.
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Seguendo la linea già tracciata a livello internazionale durante la seconda parte del Novecento, anche la Comunità europea confermò, con l’Azione comune, un approccio alla tratta di esseri umani come fenomeno principalmente finalizzato allo sfruttamento sessuale di donne e bambini. L’Azione comune definiva lo sfruttamento sessuale in riferimento ad un adulto in maniera potenzialmente molto ampia, precisando che esso comprende «almeno lo sfruttamento ai fini di prostituzione».
Per quanto concerne la protezione delle vittime, l’Azione GAI si occupò esclusivamente dei testimoni dimostrando di voler promuovere un sistema premiale basato su una tutela a fini processuali. L’approccio repressivo dell’epoca al fenomeno della tratta si evince proprio da tale sistema, volto ad agevolare la testimonianza di quelle vittime a conoscenza di elementi utili ai fini dell’esercizio dell’azione penale, mediante la contropartita di un permesso di soggiorno provvisorio.
Se il dibattito interno alla Comunità europea dimostrò di volere collegare il problema della tratta di esseri umani a quello della criminalità organizzata e dell’immigrazione irregolare, un approccio simile sembrò emergere, nello stesso periodo, anche in seno alle Nazioni Unite. Quest’ultime, parallelamente alla gestione della tratta ai fini di prostituzione, intesero ben presto fronteggiare quelle che consideravno le nuove minacce internazionali, quali lo smuggling dei migranti e il crimine internazionale organizzato63.
L’intersezione tra i concetti della tratta e dell’immigrazione illegale è dimostrata anche dal fatto che, a quel tempo, non vi era una terminologia specifica per distinguere questi due fenomeni: pertanto, inizialmente, venivano utilizzate indifferentemente le espressioni illegal trafficking e human smuggling64. Entrambi, inoltre, erano considerati come problemi di rilevanza internazionale e, più precisamente, come crimini transnazionali. Ciò costituì la base, come si vedrà tra poco, per l’elaborazione dei rispettivi protocolli sotto l’ombrello della Convenzione delle Nazioni Unite sul crimine transnazionale organizzato.
Solo la Convenzione delle Nazioni Unite, infatti, nell’ambito di uno strumento finalizzato al controllo dell’immigrazione e al contrasto del crimine transnazionale finì per tracciare una distinzione tra tratta di esseri umani e traffico di esseri umani
63 STOYANOVA V., Human Trafficking and Slavery Reconsidered. Conceptual Limits and States’
Positive Obligations in European Law, cit., p. 68.
64 Si veda in proposito: UN, Measures to Combat Alien-Smuggling, Doc A/49/350, 30 agosto 1994;
Cfr. STOYANOVA V., Human Trafficking and Slavery Reconsidered. Conceptual Limits and States’
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che, nonostante la sua attuale problematicità, si è oggi radicata a livello internazionale65.
La confusione tra i concetti sopra richiamati era, in particolare, testimoniata da una risoluzione delle Nazioni Unite del 1994 in cui si fece riferimento a
«the illicit and clandestine movement of persons across national and internatinal
borders…with the end goal of forcing women and girl-children into sexually or economically oppressive and exploitative situations for the profit of recruiters, traffickers, crime syndicates as well as other illegal activities related to trafficking such as forced domestic labour, false marriage, clandestine employment and forced adoption»66.
Un anno dopo, il Segretario Generale delle Nazioni Unite in un rapporto indirizzato alle Nazioni Unite sviluppò questa discussione esaminando il nesso esistente tra la tratta e l’immigrazione illegale. In tale rapporto, nello specifico, si mise in luce, da una parte, la possibilità che la tratta potesse avere come scopo anche attività diverse dallo sfruttamento sessuale; dall’altra parte, si ammise che, nella realtà, le persone trafficate, sebbene inizialmente consenzienti, avrebbero potuto non acconsentire ad alcuni segmenti della tratta, durante lo spostamento67.
La definizione del Segretario Generale, a differenza di quella espressa un anno prima dalla risoluzione dell’Assemblea generale, sembrò andare nella direzione di identificare la tratta con un ‘processo’, piuttosto che con un ‘risultato’68.
L’incertezza sull’esatto significato da dare al termine trafficking era d’altronde generalizzata. A tal proposito, non stupisce che la definizione proposta dall’IOM (International Organization for Migration) negli anni novanta fosse ancora fortemente legata all’atto del ‘commercio’ delle donne:
«any illicit transporting of migrant women and/or trade in them for economic or
other personal gain»69.
65 Ivi, p. 31.
66 Assemblea generale ONU, Traffic in Women and Girls, UN Doc, A/RES/49/166, 23 dicembre 1994. 67 Assemblea Generale ONU, Traffic in Women and Girls: Report of the Secreatary-General, UN Doc.
A/50/369, 24 agosto 1995.
68 GALLAGHER A. T., The International Law of Human Trafficking, cit., p. 18.
69 IOM, International Response to Trafficking in Migrants and the Safeguardind of Migrant Rights,
1994, dove si afferma che i movimenti migratori internazionali vengono considerati «trafficking» se presentano le seguenti cinque condizioni: 1) scambio di denaro; 2) coinvolgimento di un facilitatore;
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