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Il divieto di analogia in malam partem come limite di natura linguistico-testuale

Si è detto che la legalità penale alimenta, sul piano politico-istituzionale, la pretesa di una speciale fedeltà del giudice alla legge. La delimitazione del margine di discrezionalità di cui usufruisce il giudice nel momento dell’interpretazione della

legge è ulteriormente ottenuta con la previsione del divieto di analogia50, ricavato

implicitamente dall’art. 25, co. 2, Cost., desumibile anche dall’avverbio «espressamente» impiegato all’art. 1 c.p. e stabilito in maniera più esplicita dall’art.

14 delle disposizioni preliminari al cod. civ.51.

Il divieto di analogia assicura che il principio di determinatezza, nel suo profilo relativo alla formulazione precisa della legge penale da parte del legislatore, venga

HILGENDORF, G. LIANG (a cura di), Das Gesetzlichkeitsprinzip im Strafrecht. Ein deutsch-

chinesischer Vergleich, Tübingen, 2013, 133 s.; L. KUHLEN, Das Geseztlichkeitsprinzip in der

deutschen Praxis, in ivi, 55 ss.; R. D. HERZBERG, Wann ist die Strafbarkeit “gesetzlich bestimmt” (Art.

103 Abs. 2 GG)?, in R. HEFENDEHL (a cura di), Empirische und dogmatische Fundamente,

kriminalpolitischer Impetus. Symposium für Bernd Schünemann zum 60. Geburtstag, Köln-Berlin-

München, 2005, 31 ss.; per una recente rassegna della giurisprudenza costituzionale LK Dannecker § 1 Rn. 73, nonché prima e più diffusamente cfr. M. KRAHL, Die Rechtsprechung des

BVerfG und des BGH zum Bestimmtheitsgrundsatz im Strafrecht (Art. 103 Abs. 2 GG), Frankfurt

a.M., 1986, passim e soprattutto 341 ss.. Per una comparazione, v. E.R. BELFIORE, Giudice delle

leggi e diritto penale. Il diverso contributo delle Corti costituzionali italiana e tedesca, Milano, 2005,

136 ss., 169 ss. e 304 ss.

50 Sul punto, rimangono importanti i lavori di G. VASSALLI, voce Analogia nel diritto penale, in

Dig. disc. pen., I, Torino, 1987, 158 ss. e di E. MORSELLI, Analogia e fattispecie penale, in Indice pen., 1990, 505 ss. Cfr. anche M. ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, I, cit., 47.

51 Per limitarsi ad alcuni dei manuali più diffusi, G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale, cit.,

118 ss.; F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., 70 ss.; F. PALAZZO, Corso di diritto penale, cit., 136 ss.; G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Manuale di diritto penale, cit., 76 ss.; T. PADOVANI, Diritto penale, cit., 37. V. anche M. GALLO, Diritto penale italiano. Appunti di parte generale, vol. I, Torino, 2014, 70 s. Per una posizione solo in parte diversa soprattutto con riferimento alla possibilità di ricavare il divieto di analogia ex art. 14 delle disposizioni preliminari al cod. civ., G. LICCI, Criteri

ermeneutici nel diritto penale. Il conflitto fra Stato di diritto e Stato di giurisdizione nell’ordinamento italiano, Napoli, 2016, 77 ss., 81 e 86 ss.

La legalità penale come principio 25

rispettato dal giudice, vincolandone l’attività interpretativa e applicativa per rendere calcolabili e dotate di legittimazione democratica le sue decisioni.

Infatti, con il ragionamento analogico si rischierebbe di far rientrare nel sistema penale l’arbitrio giudiziario eliminato con la forte affermazione del principio di legalità. L’obiettivo di garantire la calcolabilità e la legittimazione democratica delle decisioni del giudice è perseguito, sotto questo profilo, garantendo che la fattispecie penale, da un lato, e l’applicazione della stessa da parte del giudice, dall’altro lato, nella sostanza coincidano.

È chiaro, quindi, che i due profili del principio di determinatezza hanno diversi destinatari – il legislatore per quanto attiene alla formulazione determinata della disposizione penale, il giudice per quanto riguarda il divieto di estensione analogica

– , ma che al tempo stesso sono legati da un nesso inscindibile52.

Solo in un sistema in cui le leggi penali sono formulate in modo preciso l’affermazione del divieto di analogia ha significato. Al contrario, se manca in origine la precisa individuazione dei casi a cui una determinata fattispecie deve applicarsi, mancheranno fin dal principio quelle lacune di tutela che potrebbero essere colmate dal giudice con il procedimento di estensione analogica della disposizione penale. Una formulazione onnicomprensiva e indeterminata della fattispecie penale è già di per sé idonea a consentire di – per così dire – colmare tutte le possibili lacune.

Nella concezione tradizionale della legalità, così come la determinatezza viene riferita solo alla legge astratta formulata dal legislatore, anche il criterio per valutare il rispetto del divieto di analogia ha natura puramente linguistico-testuale.

Sintetizzando, la possibilità di ricorrere al procedimento analogico presuppone, in primo luogo, che vi sia un determinato fatto che non è previsto come reato da una

52 Cfr. T. PADOVANI, Diritto penale, cit., 30, con estrema chiarezza: la determinatezza «si proietta

all’interno della fattispecie, vincolandone il modo di formulazione legislativa», mentre la tassatività «costituisce […] lo sbarramento esterno della fattispecie stessa, impedendo che essa possa essere riferita ad ipotesi non ricomprese nella sua dimensione normativa astratta». Sottolinea con più forza l’autonomia dei due principi, che avrebbero in comune il sovraordinato concetto di tipicità, G. VASSALLI, voce Tipicità (diritto penale), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 540 e ID., voce Nullum crimen, nulla poena sine lege, cit., 307 s. Cfr. l’esaustivo studio di V. KREY, Studien zum Gesetzesvorbehalt im Strafrecht, Berlin, 1977, soprattutto 113 ss. Infine, si v. anche F. PALAZZO, Corso di diritto penale, cit., 135 e

26 Fondamento e limiti del divieto di retroattività dei mutamenti giurisprudenziali norma penale (c.d. lacuna) e, in secondo luogo, che questo fatto non previsto abbia in realtà una medesima esigenza di disciplina (c.d. eadem ratio) di un’altra fattispecie

normativamente riconosciuta53. La somiglianza tra i due fatti consentirebbe e

teoricamente giustificherebbe l’estensione analogica.

Se non che, in diritto penale, quest’ultima è vietata perché nei risultati pratici si sostanzierebbe in un’operazione identica a quella che compie il legislatore nel momento in cui valuta se procedere alla criminalizzazione di determinati fatti.

L’estensione analogica in penale avrebbe come diretta conseguenza quella di produrre tre effetti parimenti non desiderabili. Innanzitutto, il legislatore sarebbe affiancato dal giudice nell’esercizio del potere normativo penale, con la conseguenza che il principio democratico che sta alla base della legalità verrebbe inevitabilmente indebolito. Ma, a ben vedere, sarebbe la stessa legittimazione del diritto penale, legittimazione fondata proprio sulla natura democratica delle decisioni di criminalizzazione, a risentire delle conseguenze negative dell’attribuzione di un

ruolo realmente legislativo al giudice54. Chi vorrebbe lasciare le scelte di

criminalizzazione alla decisione di un organo privo di legittimazione e, quindi, al tempo stesso, di responsabilità democratica?

In secondo luogo, l’incertezza dovuta alla natura intimamente valutativa del procedimento analogico avrebbe come diretta conseguenza la limitazione della libertà individuale, in quanto il cittadino, nel momento in cui si trova a decidere se compiere (o omettere) un’azione, si troverà nella situazione di dover prognosticare il possibile esito della valutazione di somiglianza che sarà svolta – successivamente al fatto – dal giudice.

53 Cfr., per tutti, L. CAIANI, voce Analogia (teoria generale), in Enc. dir., II, Milano, 1958, 348 ss.;

G. VASSALLI, voce Nullum crimen, nulla poena sine lege, cit., 307 in particolare, nonché ID., voce

Analogia nel diritto penale, in Dig. disc. pen., I, Torino, 1987, 159 ss.; M. GALLO, Diritto penale

italiano. Appunti di parte generale, cit., 95 ss.; S. MOCCIA, La ‘promessa non mantenuta`, cit., 28 ss.; N. BOBBIO, voce Analogia, in Noviss. dig. it., I, 1, Torino, 1957, 601; K. ENGISCH, Introduzione al

pensiero giuridico, Milano, 1970, 238 ss.

54 Con particolare efficacia F. PALAZZO, Testo, contesto e sistema nell’interpretazione penalistica, in

M. VOGLIOTTI (a cura di), Il tramonto della modernità giuridica. Un percorso interdisciplinare, Torino, 2008, 264 s.

La legalità penale come principio 27

Un’ulteriore fondamentale ragione che sta alla base del divieto di analogia è,

infine, la tutela del carattere frammentario del diritto penale55. Il principio di

frammentarietà è finalizzato a circoscrivere la tutela penale a ben specifiche tipologie di aggressione al bene giuridico, mentre l’assimilazione analogica, al contrario, completerebbe tutte le “lacune”, con l’effetto ultimo di determinare una tutela

integrale del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice56.

Evitando la pretesa e il rischio di un’analisi integrale del divieto di analogia e dei suoi stretti legami con l’interpretazione e, quindi, con la concezione del diritto alla base, si può qui affermare che la matrice teorica del divieto di analogia è costituita dall’idea che il significato linguistico delle parole utilizzate dal legislatore sia un dato

precostituito, un significato che il giudice si trova solo a dover conoscere57.

Il divieto di analogia pone un limite esterno all’attività interpretativa del giudice, un limite costituito proprio dal significato linguistico delle parole impiegate dal

legislatore58. Il possibile significato letterale marca il limite più esterno

dell’interpretazione giurisprudenziale ammessa: così, secondo la nota formula,

l’interpretazione estensiva è consentita, mentre quella analogica è vietata59.

55 Ancora, cfr. F. PALAZZO, Testo, contesto e sistema nell’interpretazione penalistica, cit., 270 s. 56 Si v. F. PALAZZO, Regole e prassi nell’interpretazione penalistica nell’attuale momento storico, in

Diritto privato 2001-2002, VII-VIII, L’interpretazione e il giurista, Padova, 2003, 518 s.

57 Si rinvia per l’approfondimento della questione anche a quanto osservato successivamente

al Cap. II, §§ 1 ss.

58 In particolare, si v. G. GRÜNWALD, Die Entwicklung der Rechtsprechung zum

Gesetzlichkeitprinzip, in F.HAFT (a cura di), Strafgerechtigkeit. Festschrift für Arthur Kaufmann

zum 70. Geburtstag, Heidelberg, 1993, 440 s., secondo cui il divieto di analogia potrebbe essere

sostituito con il divieto di superamento del significato linguistico. Cfr. anche V. KREY,

Gesetzestreue und Strafrecht. Schranken richterlicher Rechtsfortbildung, in ZStW, 1989, 842 ss. e B.

SCHÜNEMANN, Die Gesetzesinterpretation im Schnittfeld von Sprachphilosophie, Staatsverfassung

und juristischer Methodenlehre, in G. KOHLMANN (a cura di), Festschrift für Ulrich Klug zum 70.

Geburtstag, vol. I, Köln, 1983, 176 ss.

59 Oltre ai lavori di G. Vassalli poco sopra citati, si v. M. BOSCARELLI, Analogia e interpretazione

estensiva nel diritto penale, Palermo, 1955, 69 ss. Sul tema, più recentemente e per tutti, G.

FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale, cit., 119 ss.; G. LICCI, Criteri ermeneutici nel diritto penale, cit., 71 ss.; T. PADOVANI, Diritto penale, cit., 37. Più in generale, lo studio di M. FRACANZANI,

Analogia e interpretazione estensiva nell’ordinamento giuridico, Milano, 2003, passim, nonché V.

VELLUZZI, La distinzione tra analogia giuridica e interpretazione estensiva, in M. MANZIN, P. SOMMAGGIO (a cura di), Interpretazione giuridica e retorica forense. Il problema della vaghezza del

28 Fondamento e limiti del divieto di retroattività dei mutamenti giurisprudenziali Come noto, l’interpretazione estensiva sarebbe, infatti, pur sempre collegata al significato delle parole impiegate dal legislatore nel descrivere la fattispecie, mentre con l’analogia si farebbe rientrare nel campo di applicazione della fattispecie penale un’ipotesi che non è in alcun modo riconducibile all’ambito semantico della disposizione.

Nella concezione tradizionale, il significato letterale non è solo il criterio centrale, ma anche l’unico per valutare il rispetto del divieto di analogia. L’interpretazione letterale è, quindi, l’unico criterio interpretativo impiegabile dal giudice. Al tempo stesso, il significato letterale è inteso prevalentemente come il significato linguistico della singola parola. Conseguentemente, la struttura stessa del divieto di analogia è

così ridotta ad una valutazione di natura esclusivamente semantica60.

In definitiva e concludendo sul punto, il postulato dell’applicazione letterale della legge si inserisce in una prospettiva esegetica di natura formale che esalta la fonte e quindi l’organo che detiene il potere legislativo, mentre lascia in secondo piano il giudice, che nelle impostazioni teoriche più radicali è davvero ridotto a «bocca della legge», a Subsumptionsautomat.

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