SFAVOREVOLI SUL PIANO DELLA COLPEVOLEZZA
3.3. Riconoscibilità e rimproverabilità come due chiavi di lettura di Corte costituzionale n 364 del
L’idea di una protezione dell’affidamento del cittadino come limite rispetto al potere statale di punire è alla base, almeno nelle movenze argomentative, della nota sentenza della Corte costituzionale n. 364 del 1988 con la quale è stata dichiarata la
parziale illegittimità costituzionale dell’art. 5 c.p.196.
Il passaggio dall’eccessivo rigore dell’art. 5 c.p. nella sua formulazione originaria,
che prevedeva l’irrilevanza (assoluta) dell’ignoranza della legge penale197, alla nuova
formulazione ancora oggi in vigore, passaggio mediato dalla giurisprudenza della
c.d. buona fede nelle contravvenzioni198 nonché da un progressivo superamento del
196 Si può leggere in Riv. it. dir. proc. pen., 1988, 686 ss. con nota di D. PULITANÒ, Una sentenza
storica che restaura il principio di colpevolezza. Sulla pronuncia, oltre agli scritti richiamati alle
note seguenti, si v. i contributi di F.C. PALAZZO, Colpevolezza ed ignorantia legis nel sistema
italiano: un binomio in evoluzione, in Scritti in memoria di Renato Dell’Andro, vol. II, Bari, 1994, 680
s. e 688 ss., nonché di G. AZZALI, La conoscenza della legge penale nella Costituzione della
Repubblica, in M.C. BASSIOUNI, A.R. LATAGLIATA, A.M. STILE (a cura di), Studi in onore di
Giuliano Vassalli, Milano, 1991, 123 ss. in particolare.
197 L’illegittimità costituzionale del principio ignorantia legis non excusat era stata argomentata
prima della pronuncia da F. PALAZZO, Il problema dell’ignoranza della legge penale nelle prospettive
di riforma, in Riv. it. dir. proc. pen., 1975, 777 ss. contestualmente alla precedente pronuncia
della Corte sul tema (Corte cost. 25 marzo 1975, n. 74, in Foro it., 1975, I, 1323), che al contrario aveva dichiarato infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata facendo riferimento (solo) agli art. 2 e 25, co. 2, della Costituzione, nonché da F. BRICOLA, Teoria generale
del reato, in Noviss. dig. it., XIX, 54. In termini più sintetici, si v. anche D. PULITANÒ, Il principio
di colpevolezza e il progetto di riforma penale, in Jus, 1974, 506 e, in nota a due sentenze, E. MUSCO,
Coscienza dell’illecito, colpevolezza ed irretroattività, in Riv. it. dir. proc. pen., 1982, 789.
198 Su cui sia sufficiente il rinvio a G. FORNASARI, Buona fede e delitti: limiti normativi dell'art. 5
c.p. e criteri di concretizzazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1987, 449 ss. in nota ad una pronuncia
con cui si è estesa l’applicazione della buona fede anche ad una fattispecie delittuosa prevista nella normativa in tema di armi; M. DONINI, Il delitto contravvenzionale. «Culpa iuris» e oggetto
del dolo nei reati a condotta neutra, Milano, 1993, passim; D. PULITANÒ, L’errore di diritto nella teoria
del reato, Milano, 1976, 427 ss.; più recentemente, A.VALLINI, Antiche e nuove tensioni tra
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principio dell’ignorantia legis non excusat a livello europeo199, si ha attraverso
l’affermazione costituzionale del principio di colpevolezza200.
Così, dichiarando che «l’ignoranza della legge penale non scusa, tranne che si tratti
di ignoranza inevitabile»201, la Corte ricostruisce l’art. 5 c.p. in chiave scusante. La
coscienza dell’antigiuridicità del fatto e la possibilità di acquisirla diventano elementi della colpevolezza. Sul modello di quanto avvenuto in Germania con la riforma nel
1975 del § 17 StGB, si assiste al trionfo della teoria della colpevolezza (Schuldtheorie)202,
per la quale al fine del rimprovero e come elemento della colpevolezza è sufficiente la possibilità di conoscere la legge, a scapito di quella del dolo (Vorsatztheorie), ove invece la coscienza dell’antigiuridicità costituisce elemento del dolo accanto alla
rappresentazione e volizione203.
199 Naturalmente il riferimento è in primo luogo alla celebre sentenza delle Sezioni unite
(Großer Senat für Strafsachen) della Suprema Corte Federale tedesca del 18 marzo 1952, su cui per tutti, in lingua italiana, H.-H. JESCHECK, L’errore di diritto nel diritto penale tedesco e italiano, in Indice pen., 1988, 189 ss., nonché l’approfondita ricostruzione di A. VALLINI, Antiche e nuove
tensioni tra colpevolezza e diritto penale artificiale, Torino, 2003, 257 ss. Si v. anche gli ulteriori
riferimenti alle vicende di riforma legislativa spagnola e portoghese in F. MANTOVANI, Ignorantia legis scusabile ed inescusabile, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 380; brevemente rispetto alle riforme attuate in Svizzera, Austria, Germania, Ungheria, Portogallo e Spagna, v. G. VASSALLI, L'inevitabilità dell'ignoranza della legge penale come causa generale di esclusione della
colpevolezza, in Giur. cost., 1988, 3 ss. Cfr., infine, M. ROMANO, Commentario sistematico del codice
penale, I, cit., 103 s.
200 Ribadita dalla stessa Corte successivamente anche con la sentenza n. 1085 del 1988, § 5,
nonché – sempre in questa prospettiva – anche nella più recente sentenza n. 322 del 2007, § 2.3.
201 Corte cost. n. 364 del 1988, cit., § 28.
202 Sostenuta nella dottrina italiana soprattutto da D. PULITANÒ, voce Ignoranza della legge
(diritto penale), in Enc. dir., Aggiornamento, I, Milano, 1997, 614 ss.
203 In generale, su entrambe le posizioni, cfr. W. NAUCKE, Staatstheorie und Verbotsirrtum, in B.
SCHÜNEMANN, H. ACHENBACH, W. BOTTKE, B. HAFFKE, H.-J. RUDOLPHI (a cura di), Festschrift
für Claus Roxin zum 70. Geburtstag am 15. Mai 2001, Berlin-New York, 2001, 503 ss. e, più
brevemente, U. NEUMANN, § 17 StGB Verbotsirrtum, in U. KINDHÄUSER, U. NEUMANN, A.-U. PAEFFGEN (a cura di), Strafgesetzbuch, 5a ed., 2017, Rn. 1. Per una ricostruzione delle due
posizioni e delle rispettive argomentazioni, v. B. ZABEL, Aktuelle Begründungs- und
Anwendungsprobleme in der Dogmatik zu § 17 StGB, in GA, 2008, 33 ss. Sulla teoria del dolo,
sostenuta soprattutto da E. Schmidhäuser in vari lavori tra cui ID., Illusionen in der
Normentheorie und das Adressatenproblem im Strafrecht, in JZ, 1989, 424 s., v. L. KUHLEN, Die
84 Fondamento e limiti del divieto di retroattività dei mutamenti giurisprudenziali La combinazione in particolare degli artt. 27, co. 1 e 2, 25, co. 2, 2 e 3 della Costituzione – è noto – consente alla Corte di elaborare il principio di (ri)conoscibilità
della legge penale da parte del cittadino204. Da un lato, il primo comma dell’art. 27
Cost., affermando la personalità della responsabilità penale, richiede la possibilità di individuare nell’agente una rimproverabilità soggettiva per il fatto commesso; dall’altro lato, l’affermazione della finalità rieducativa della pena al terzo comma dello stesso articolo fa sì che la sanzione penale abbia un senso solamente qualora il fatto sia in qualche modo rimproverabile all’agente, venendo meno altrimenti il bisogno di rieducazione.
Questa prima “anima” della motivazione, orientata sul piano della colpevolezza, è collegata successivamente con quella incentrata in termini di conoscibilità oggettiva: i «princìpi di tassatività e di irretroattività delle norme penali incriminatrici, nell’aggiungere altri contenuti al sistema delle fonti delle norme penali, evidenziano che il legislatore costituzionale intende garantire ai cittadini, attraverso la “possibilità” di conoscenza delle stesse norme, la sicurezza giuridica delle consentite, libere scelte d’azione» e, ancora, «che, nel quadro dello “Stato di diritto”, anche il principio di riserva di legge e gli altri precedentemente indicati, sono espressione della contropartita (d’origine contrattualistica) che lo Stato offre in cambio […] dell’obbligatorietà della legge penale: lo Stato assicura i cittadini che non li punirà
senza preventivamente informarli su ciò che è vietato o comandato […]»205.
Concludono il quadro, anche se in realtà si pongono alla base dell’intera – per così dire – nuova impalcatura costituzionale in tema di garanzia della conoscibilità della
in particolare. Si v. anche M. DONINI, Il delitto contravvenzionale. «Culpa iuris» e oggetto del dolo
nei reati a condotta neutra, cit., 7 ss.
204 Sul punto, fondamentale il lavoro di G. DE FRANCESCO, Il principio della personalità della
responsabilità penale nel quadro delle scelte di criminalizzazione. Suggestioni teleologiche ed esigenze politico-criminali nella ricostruzione dei presupposti costituzionali di «riconoscibilità» dell’illecito penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, passim e 32 ss. soprattutto. Sulla sentenza anche M.
DONINI, voce Teoria del reato, in Dig. disc. pen., XIV, Torino, 1999, 277 e prima F. PALAZZO, voce
Ignoranza della legge penale, in Dig. disc. pen., III, Torino, 1992, 124. Da ultimo, volendo, per una
ricostruzione dell’intera tematica M. LANZI, Error iuris e sistema penale. Attualità e prospettive, Torino, 2018, 49 ss.
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legge penale, gli artt. 2 e 3 Cost. Nel rapporto tra stato e cittadino, sempre sul piano delle movenze argomentative della sentenza, è la persona umana che acquista una posizione di centralità. Diversamente, «far sorgere l’obbligo giuridico di non commettere il fatto penalmente sanzionato senza alcun riferimento alla consapevolezza dell’agente, considerare violato lo stesso obbligo senza dare alcun rilievo alla conoscenza od ignoranza della legge penale […] equivale […] a strumentalizzare la persona umana, facendola retrocedere dalla posizione prioritaria
che essa occupa e deve occupare nella scala dei valori costituzionalmente tutelati»206.
In una prospettiva prettamente contrattualistica207, lo stato deve rendere
conoscibili al cittadino le norme penali e il cittadino deve adempiere agli obblighi di informazione.
La diversità di piani delle differenti norme costituzionali sulla base delle quali è stata fondata la dichiarazione di parziale incostituzionalità si manifesta bene laddove si afferma che «“prima” del rapporto tra soggetto e “singola” legge penale [piano della colpevolezza], esiste un ben definito rapporto tra ordinamento e soggetto “obbligato” a non violare le norme [piano della legalità], dal quale ultimo rapporto il
primo è necessariamente condizionato»208.
La Corte sembra in più punti propendere per quest’ultimo piano ribadendo più volte il fondamentale principio che il cittadino sia tutelato a fronte dell’oggettiva
impossibilità di conoscenza del precetto209. Ma, a ben vedere, prima ancora che sul
piano dei risultati della pronuncia e cioè nel momento in cui vengono individuati i parametri in base ai quali stabilire quando l’ignoranza della legge sia inevitabile, è già sul piano argomentativo che si assiste allo spostamento della garanzia della libertà
di autodeterminazione dalla legalità alla colpevolezza210.
206 Ivi, § 25.
207 Ivi, § 16. Cfr. anche A. CADOPPI, Il valore del precedente nel diritto penale, cit., 58 s. che
argomenta una comunanza di pensiero tra l’idea alla base della pronuncia e quella dell’illuminista Beccaria.
208 Corte cost. n. 364 del 1988, § 17. 209 Ivi, §§ 16, 17 e 18.
210 Criticamente su questa tendenza L. STORTONI, L’introduzione nel sistema penale dell’errore
86 Fondamento e limiti del divieto di retroattività dei mutamenti giurisprudenziali I binomi conoscibilità-riconoscibilità, ignoranza-errore, ammonizione-rimprovero, rieducazione-deterrenza sono i binari lungo i quali si muove questa alternativa.
Se rispetto al primo si è già scritto che la Corte propende per la riconoscibilità, pur lasciando trasparire in più punti le sue preoccupazioni dovute anche alla circostanza che – come afferma - «l’assoluta, “illuministica” certezza della legge sempre più si
dimostra assai vicina al mito»211, anche rispetto agli altri binomi la soluzione in
definitiva propende verso il secondo termine.
Di fatto, con la nuova impostazione l’errore ingloba l’ignoranza, pur trattandosi di fenomeni ben diversi. Nel secondo caso – l’ignoranza – l’agente non sospetta dell’illiceità del suo agire, mentre nel primo caso – l’errore – il medesimo soggetto si è posto il dubbio circa l’illiceità e lo ha risolto erroneamente nel senso della liceità del
comportamento212.
La rimproverabilità, che non è altro che la formulazione in negativo della meritevolezza di tutela dell’affidamento come elemento del Vertrauensschutzprinzip, è in sostanza il valore che deve essere bilanciato rispetto alla difficoltà di (ri)conoscere il precetto penale. E questo elemento è strettamente collegato con il quarto binomio: se, da un lato, la Corte nega che sia possibile «strumentalizzare la persona umana a
fini di pura deterrenza»213, dall’altro lato la violazione dei doveri di solidarietà sociale
impone che sia chiamato «a rispondere penalmente anche chi lede [gli interessi
dell’altrui persona umana] non conoscendone positivamente la tutela giuridica»214.
favorevoli, individuando il principio di colpevolezza come secondo aspetto di quello di legalità, da ultimo D. PULITANÒ, Diritto penale e tecniche interpretative: l’interpretazione conforme
a Costituzione e il ruolo ‘creativo’ del giudice, in I. PELLIZZONE (a cura di), Principio di legalità penale
e diritto costituzionale. Problematiche attuali, Milano, 2017, 66 s. Si v. anche G. VASSALLI, Nullum crimen, nulla poena sine lege, cit., 322 che pone in rilievo il richiamo all’art. 25, co. 2, Cost. da parte della pronuncia, ma che riconosce la sua operatività in misura ridotta dovendo “fare i conti” con la colpevolezza.
211 Corte cost. n. 364 del 1988, § 18.
212 Cfr. sul punto, in termini critici, L. STORTONI, L’introduzione nel sistema penale dell’errore
scusabile di diritto: significati e prospettive, cit., 1329.
213 Corte cost. n. 364 del 1988, § 14. 214 Ivi, § 18.
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Ragionevoli preoccupazioni di politica criminale215 hanno in definitiva finito per
influenzare e almeno in parte attenuare le affermazioni di principio216.