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L’esistenza di una pluralità di interpretazioni possibil

VERTICALMENTE VINCOLANTE DI ALCUNI PRECEDENT

3. L’esistenza di una pluralità di interpretazioni possibil

Superata la teoria cognitivistica dell’interpretazione, dove si assumeva che i testi normativi fossero dotati di un significato intrinseco oggettivo che il giudice doveva solamente scoprire e dichiarare, si è diffusa per un certo periodo l’opposta idea che l’interprete, nel momento in cui attribuisce significato ad un testo normativo, crei tutto il diritto.

Più precisamente, dal primo punto di vista, i giudici creerebbero diritto solo nel momento in cui si discostano dal significato intrinseco oggettivo dei testi normativi. In poche parole, è la “falsa” interpretazione, intesa come manipolazione dei testi normativi discostandosi dal loro significato oggettivo, a costituire creazione del

dell’applicazione della norma, uscendo definitivamente da quell’ipocrisia metodologica, che ha […] di fatto perpetuato una prassi che tratta i testi nromativi all’infuori di alcuna regola». Recentemente, si v. sui limiti e i rischi di un’esclusiva attenzione al dato letterale M. PAPA, Fantastic voyage. Attraverso la specialità del diritto penale, Torino, 2017, passim; più sinteticamente, anche in M. PAPA, La tipicità iconografica della fattispecie e l’interpretazione del

giudice. La tradizione illuministica e le sfide del presente, in G. CONTE, S. LANDINI (a cura di),

Principi, regole, interpretazione. Contratti e obbligazioni, famiglie e successioni. Scritti in onore di Giovanni Furgiuele, vol. I, Mantova, 2017, 336 s. Sul punto cfr. anche il monito di W. HASSEMER,

Diritto giusto attraverso un linguaggio corretto? Sul divieto di analogia nel diritto penale, cit., 193:

«Nel caso non esista una cultura che concepisca dei rapporti equilibrati tra legislazione ed amministrazione della giustizia, conformemente ai principi dello stato di diritto, è impossibile che tale cultura venga creata solo tramite esercizi linguistici, per quanto efficaci e volenterosi possano essere».

378 Sulle insufficienze del riferimento al solo pre-dato linguistico e a favore di una progressiva

affermazione dello strumento ermeneutico del tipo criminoso, da ultimo F. PALAZZO,

Interpretazione penalistica e armonizzazione nell’attuale momento storico, in Ars interpretandi, 2016,

La natura costitutiva dell’interpretazione e il valore vincolante di alcuni precedenti 151

diritto da parte dei giudici. Dal secondo punto di vista, portato all’estremo, l’unica vera fonte del diritto sarebbe la giurisprudenza, in quanto il diritto inteso come insieme di significati e non di testi normativi sarebbe il risultato delle sole decisioni dei giudici.

Entrambe le opposte tesi sembrerebbero a prima vista corrette. Pur non esistendo il significato oggettivo dei testi normativi, in quanto – come è stato scritto – «ogni

testo normativo è, almeno parzialmente e almeno diacronicamente, equivoco»379, è

purtuttavia vero che ciascun enunciato normativo presenta, accanto ad un alone più o meno controverso, un nucleo non oggetto di discussione. Tutte le volte in cui il giudice si allontana dal significato possibile dell’enunciato normativo creerebbe un diritto diverso rispetto a quello prodotto dal legislatore.

Al tempo stesso, ogni disposizione normativa ha un significato equivoco e indeterminato, nel senso che ammette una pluralità di interpretazioni. Pertanto, il significato di ciascun testo normativo sarebbe il solo risultato della decisione del

giudice di ultima istanza380.

Questa apparente correttezza di entrambe le opposte tesi è determinata dall’uso equivoco dell’espressione “creazione di diritto” e, ancora prima, dall’uso ambiguo

del termine “norma” nel linguaggio giuridico381. Così, come «il vocabolo “norma” [è]

usato: ora, per designare enunciati del discorso delle fonti (formali); ora, per designare i loro significati» anche «l’espressione “creazione di diritto” può essere usata per riferirsi: ora alla produzione di enunciati, tipica della legislazione (in senso “materiale”); ora, alla produzione di significati, che è propria dell’interpretazione. In altre parole: in nessun caso si può dire che i giudici creino diritto nello stesso modo in cui diciamo che crea diritto la legislazione. L’espressione “creazione di diritto” acquista due significati distinti nei due contesti, giacché produrre un testo e deciderne

il significato sono attività evidentemente diverse, tanto quanto scrivere e leggere»382.

379 Così, R. GUASTINI, Le fonti del diritto. Fondamenti teorici, cit., 397.

380 In questo senso pare muoversi soprattutto G. TARELLO, Diritto, enunciati, uso. Studi di teoria

e metateoria del diritto, Bologna, 1974, 393 ss., nonché in G. TARELLO, L’interpretazione della legge, Milano, 1980, 39 ss.

381 Cfr. R. GUASTINI, Dispozione vs. norma, in Giur. cost, 1989, 3 ss. 382 R. GUASTINI, Le fonti del diritto. Fondamenti teorici, cit., 401.

152 Fondamento e limiti del divieto di retroattività dei mutamenti giurisprudenziali

È la sempre più diffusa e accolta383, anche in penale384, distinzione tra disposizione

e norma a consentire di fare chiarezza sui limiti entro i quali si può dire che i giudici veramente creano diritto e, quindi, in definitiva sui rapporti tra legislazione e interpretazione giurisprudenziale.

La disposizione, intesa come «enunciato delle fonti “formali” del diritto»385, è il

prodotto dell’attività legislativa. Ciascuna disposizione ammette una pluralità di interpretazioni, delineando una cornice di significati entro la quale si colloca una molteplicità di norme alternative. La norma, invece, è un enunciato che rappresenta uno dei possibili significati di una disposizione.

Si può quindi ben dire che la produzione del diritto (anche penale), inteso in senso ampio, sia il risultato della combinazione di legislazione e interpretazione.

Andando ancora più a fondo, anche l’interpretazione può essere intesa –

riprendendo lo schema kelseniano386 - come un atto cognitivo, decisorio o di creazione

normativa387. L’interpretazione cognitiva, che coincide con la ricognizione degli usi

linguistici effettivi, consiste nel determinare la cornice di significati potenzialmente espressi da una disposizione. La norma (espressa) è il risultato dell’interpretazione decisoria, ovvero della scelta da parte dell’organo dell’applicazione di un significato

383 Per tutti, anche se con significati non sempre coincidenti, si v. V. CRISAFULLI, voce

Disposizione (e norma), in Enc. dir., vol. XIII, Milano, 1964, 195 s.; P. CHIASSONI, La giurisprudenza

civile. Metodi d’interpretazione e tecniche argomentative, Milano, 1999, 261 ss.; G. TARELLO, Diritti,

enunciati, usi. Studi di teoria e metateoria del diritto, cit., 143 s.; R. GUASTINI, Dalle fonti alle norme, Torino, 1990, 15 s.; F. VIOLA, G. ZACCARIA, Diritto e interpretazione. Lineamenti di teoria

ermeneutica del diritto, cit., 117 s. e 320 s. in particolare; R. GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano, 1998, 15 s., 136 s. e 497 s.

384 Cfr., ampiamente e per tutti, M. DONINI, Disposizione e norma nell’interpretazione penalistica,

in M. DONINI, Europeismo giudiziario e scienza penale, cit., 63 ss., nonché cenni già in lavori precedenti. Da ultimo, anche, M. RONCO, La legalità stratificata, in Riv. it. dir. proc. pen., 2018, 1398 s.

385 R. GUASTINI, Le fonti del diritto. Fondamenti teorici, cit., 402.

386 Fondamentalmente, si v. H. KELSEN, Dottrina pura del diritto, Torino, 1966 (ed. originale

1960), 381 ss.

387 Si cfr., anche per quanto detto nel prosieguo, R. GUASTINI, L’interpretazione dei documenti

normativi, Milano, 2004, 80 ss.; dello stesso Autore si veda anche R. GUASTINI, Le fonti del diritto.

La natura costitutiva dell’interpretazione e il valore vincolante di alcuni precedenti 153

tra quelli possibili individuati in sede di interpretazione cognitiva, significato a cui è data preferenza rispetto alle altre norme potenzialmente espresse dalla disposizione. Si parla invece di norma inespressa per indicare un enunciato normativo frutto di un’“interpretazione” creativa, nel senso che attribuisce ad una disposizione un significato che non rientra tra quelli individuabili attraverso l’interpretazione cognitiva.

Gli organi incaricati dell’applicazione del diritto e quindi in particolare i giudici, nell’attribuire significato ad un testo normativo attuano sempre (almeno implicitamente) un’interpretazione cognitiva e una successiva interpretazione

decisoria. In questi limiti, almeno in penale, la giurisprudenza (norma) è potenziale388

fonte del diritto, evidentemente non equiparata alla legge (disposizione) in virtù del

necessario rispetto del principio della riserva di legge389.

Il definitivo superamento dell’idea dell’esistenza ontologica di un’unica

interpretazione corretta390 non è tuttavia privo di conseguenze sul piano pratico-

ordinamentale391. Il giudice ha bisogno, nel motivare la sua decisione, di presentarla

come quella corretta392. Meglio ancora, l’intero sistema decisorio giudiziario ha

388 È realmente giurisprudenza-fonte solo quella che vincola in qualche modo i giudici futuri.

Così, anche D. PULITANÒ, Diritto penale e tecniche interpretative: l’interpretazione conforme a

Costituzione e il ruolo “creativo” del giudice, in I. PELLIZZONE (a cura di), Principio di legalità penale

e diritto costituzionale, cit., 80, n. 33.

389 Sembra quindi corretto ricondurre le accese critiche rispetto al progressivo affermarsi di

un’«età della giurisdizione» e di un «governo dei giudici» alle sole ipotesi di interpretazioni creative. Peraltro, tra i numerosi contributi che si sono occupati del tema, questa distinzione non pare sempre presente.

390 In questi termini G. FIANDACA, Il diritto penale giurisprudenziale tra orientamenti e

disorientamenti, Napoli, 2008, 16.

391 Cfr. U. NEUMANN, Wahrheit im Recht. Zu Problematik und Legitimität einer fragwürdigen

Denkform, Baden-Baden, 2004, 37 ss. Sui problemi di legittimazione delle corti nel momento in

cui si supera l’idea che l’attività di quest’ultime si esaurisca nell’esclusiva interpretazione del testo legale o, in common law, della sola ricognizione di un qualcosa di già esistente, cfr. R. FORRESTER, Supreme Court Opinions – Style and Substance: An Appeal for Reform, in Hastings L. J., 1995, 184; A. SCALIA, The Rule of Law as a Law of Rules, in U. Chi. L. Rev., 1989, 1180 in particolare; recentemente, P.H. DUNN, How Judges Overrule: Speech Act Theory and the Doctrine

of Stare Decisis, cit., 503 ss.

392 U. NEUMANN, Rechtsanwendung, Methodik und Rechtstheorie, in M. SENN, B. FRITSCHI (a cura

154 Fondamento e limiti del divieto di retroattività dei mutamenti giurisprudenziali bisogno che ci sia, almeno temporaneamente, un’unica decisione corretta. La motivazione della decisione, la condivisibilità delle argomentazioni utilizzate per arrivare al risultato interpretativo giustifica il risultato. Si potrebbe parlare a tal

proposito di legittimazione della decisione attraverso esattezza (Richtigkeit)393, ma una

chiusura del sistema è pur sempre necessaria.

È così che ad una legittimazione attraverso esattezza della decisione si affianca –

almeno a chiusura del sistema – una legittimazione attraverso autorità394. E la

legittimazione di una decisione attraverso autorità si ottiene anche stabilendo un

vincolo verticale al “precedente” degli organi giudiziari di ultimo grado395.

4. Il meccanismo della rimessione obbligatoria in caso di dissenso come equivalente

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