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Il dolo incidente come norma ampliativa delle tutele dell'ingannato o

2. Il primo “caso facile”: compresenza fra contratto valido e responsabilità nel

2.4. Il dolo incidente come norma ampliativa delle tutele dell'ingannato o

Dalla disomogeneità dei criteri necessari per configurare come causa di annullamento del negozio l'errore da un lato e il dolo dall'altro, emergono conseguenze molto rilevanti in tema di responsabilità precontrattuale generale da contratto valido.

In primo luogo, è utile immaginare, tramite un procedimento di eliminazione mentale, come si distribuirebbero i rimedi se nell'ordinamento non fosse contemplato l'art. 1440 ma solo l'art. 1439: in questo modo potrebbe emergere il ruolo giocato dall'art. 1440 stesso e la sua finalità.

La mancanza del requisito dell'essenzialità dell'errore originato da dolo, nonché immediate considerazioni di carattere linguistico, strutturale e topologico, oltre ad argomenti più sostanziali che emergeranno in seguito, spingono a reputare che, in mancanza di una disposizione in tema di dolo incidente, si dispiegherebbe nella sua interezza il principio fraus omnia corrumpit: la circostanza per cui l'essenzialità dell'errore, se provocato da dolo, è un elemento irrilevante, renderebbe ogni dolo precontrattuale causa di annullamento del negozio,124 avendo esso avuto un'influenza nel processo

psichico che ha spinto la controparte ad accettare quel contratto come concretamente si è configurato.125

124Mengoni, Metus causam dans e metus incidens, in Riv. dir. comm., 1952, I, 20.

125Come si vedrà, questo è l'itinerario logico proposto da dottrina e giurisprudenza francese per sostenere la mancata autonomia categoriale del dolo incidente. Beninteso, tale costrutto regge solo in un sistema che preveda testualmente la differenza di sanzione fra dolo determinante e incidente.

In mancanza dell'art. 1440, dunque, l'errore, se spontaneo, darebbe origine all'annullamento del negozio solo se fosse integrato, fra gli altri, il requisito dell'essenzialità, mentre l'errore originato da raggiri, stante che il deceptus non avrebbe affatto126 dato il suo consenso al negozio così come concretamente

manifestato, sarebbe sempre causa di annullamento: in difetto della previsione testuale, il caso dei raggiri che abbiano influito sulle semplici condizioni del contratto non sarebbe un dolo irrilevante, bensì un dolo determinante.127

Se si dovesse cercare una motivazione assorbente a sostegno di quanto esposto, basterebbe ricordare che nel caso di errore spontaneo l'ordinamento tutela l'affidamento di entrambe le parti, mentre nel caso di errore originato da dolo, che è per definizione intenzionale, non può che essere tutelato solo l'affidamento della parte vittima del dolo.

E' indubbio che, tramite la disciplina dei vizi del consenso, il legislatore non solo ha inteso tutelare la formazione di un volere genuino, ma anche punire le evenienze più macroscopiche di scorrettezza precontrattuale, come artifici, raggiri e violenza morale, tutelando al contempo l'affidamento, la certezza e la rapidità dei traffici.

126In dottrina, Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Giuffrè, Milano 2014, 183, sostiene che “la maggiore intensità della tutela contro il dolo, rispetto a quella contro l'errore, sta in

questo: il dolo rende invalido il contratto a titolo oneroso anche se ha provocato un errore non essenziale.”

127In giurisprudenza, Cass., 975/1995, in Foro it., 1995, 1, 2502: “il dolo rilevante ai fini

dell'annullamento del contratto può riguardare qualsiasi elemento, e quindi anche il motivo, che abbia determinato la controparte al contratto.”

Fornire una medesima soluzione invalidatoria per il caso in cui il dolo abbia spinto a contrattare un soggetto che non lo avrebbe mai fatto, e per l'ipotesi in cui il dolo abbia semplicemente determinato delle condizioni differenti – nella maggior parte pecuniarie – a svantaggio di un soggetto che avrebbe partecipato comunque all'affare, sembra porre il deceptus stesso in una posizione indebitamente vantaggiosa,128 tale da conferirgli una facoltà simile a un diritto

di recesso non supportato da adeguate ragioni.

Per questo, l'art. 1440 non sembra orientato all'ampliamento delle tutele previste dall'art. 1439, quanto piuttosto alla limitazione delle stesse: esso non estende la protezione del deceptus ai casi in cui il dolo non sia causam dans, perché gli è già attribuita, a prescindere dall'art. 1440, dallo stesso art. 1439. La norma, in effetti, limita i caratteri di questa tutela che, in sua mancanza, sarebbe più ampia, in applicazione testuale del solo art. 1439.

Del tutto diversamente si rapporterebbero le norme se l'errore spontaneo e l'errore causato da dolo richiedessero, per dare adito a tutela invalidatoria, il medesimo parametro, per esempio solo quello di essere determinante, o se, meno banalmente, si ritenesse che il dolo determinante sia puramente e semplicemente il pendant dell'errore essenziale; solo se così fosse, l'art. 1440 creerebbe, in tema di dolo, una tutela che in materia di errore non esiste.

128Giustamente un Autore nota che la buona fede non può “rimuovere, tramite il risarcimento,

il costo di qualunque danno che si verifichi nell'ambito del rapporto precontrattuale, perché ciò equivarrebbe a configurare una garanzia. Il rischio di subire perdite rientra, infatti, nella fisiologia della contrattazione”. Piraino, La responsabilità precontrattuale e la struttura del rapporto prenegoziale, in Pers. merc., 2017, 2, 126.

Il dolo incidente si configura dunque come un'eccezione al principio fraus

omnia corrumpit, tale da impedire l'accesso alla tutela invalidatoria – alla

quale, a mente dell'art. 1338 del Codice civile, si accompagnerebbe quella risarcitoria – per il caso in cui il dolo abbia avuto un'influenza solo sulle condizioni e non sull'an della contrattazione, rectius per il caso in cui (il

deceptor riesca a provare che) il deceptus, quantunque a diverse condizioni,

avrebbe comunque stipulato il contratto.

Il legislatore, redigendo l'art. 1440 del Codice, non ha tenuto presente in via principale la tutela dalle indebite e maliziose interferenze nella libertà di contrarre,129 ma, al contrario, ha accantonato parzialmente questa istanza per

tutelare la certezza del diritto, l'autoresponsabilità e la conservazione dei contratti.

Stanti le differenze fra il dolo e l'errore, l'art. 1440 è concepito più come una norma di chiusura che come una norma di apertura, di limitazione delle tutele più che di ampliamento delle stesse, e quello che più interessa, come una fonte di tutela del deceptor da abusi del deceptus più che del deceptus da abusi del

deceptor.130

Infatti, per le ragioni sopra esposte, in mancanza di una norma (l'art. 1440) tale da attenuare la severità dell'art. 1439, il deceptor, in ipotesi artefice di inganni che si sono limitati a modificare in maniera contenuta condizioni secondarie del contratto, sarebbe in balia del deceptus, che potrebbe, secondo una sua valutazione successiva, convalidare o chiedere la caducazione di un negozio al quale verosimilmente avrebbe comunque preso parte.131

129Alla tutela dalle quali è posto a presidio l'art. 1439.

130Barcellona, Trattato della responsabilità civile, cit., 501, critica la “pretesa funzione

incrementativa della tutela”.

131Barcellona, ivi., nt. 93, sostiene condivisibilmente che “l'art. 1440 rappresenta un

bilanciamento fra ragione etica, che vorrebbe il deceptor punito per i suoi raggiri, e ragione pratica, che spinge a salvare un contratto, che, in fondo, deve ritenersi atto ad assolvere la sua funzione nel sistema di circolazione della ricchezza.”

Essa sarebbe una sanzione troppo grave, del tutto smisurata, qualora il dolo del

deceptor fosse di tale contenuto effetto.

In ultima analisi, l'art. 1440 non estende una tutela simile a quella dell'art. 1439 anche a campi non previsti da esso, ma stringe le maglie della protezione contro gli abusi, in omaggio ad altri principi.

Una risposta all'interrogativo, su cui ci si soffermerà in seguito, sull'eventuale ruolo di errore e violenza incidenti, dovrebbe tenere in considerazione che l'idea di applicare ad altri campi tale pretesa funzione incrementativa della tutela di cui sarebbe portatore il dolo incidente è erronea non solo nelle conseguenze, ma anche nelle premesse, proprio perché l'art. 1440 non ha affatto uno scopo consimile.132

2.5. L'equiparazione del dolo incidente al dolo