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Dopo la fallacia razionalistica: l’investitore algoritmico

II. A LGORITMI E NUOVI OPERATORI

2. Dopo la fallacia razionalistica: l’investitore algoritmico

intermediari finanziari13. In questa sezione, si analizzeranno l’ascesa dei traders algoritmici, i problemi da essi sollevati e le prime iniziative regolamentari che hanno interessato il fenomeno. In una seconda sezione, ci si soffermerà sull’applicazione degli algoritmi nell’attività dei consulenti finanziari. Infine, in una terza sezione si darà conto dell’impatto delle DLT sui modelli organizzativi per lo svolgimento di attività economiche.

2. Dopo la fallacia razionalistica: l’investitore algoritmico.

Per introdurre il tema del trading algoritmico e fornire sin da subito una cornice al cui interno inquadrare le riflessioni che seguiranno, si deve fare un passo indietro e partire da una breve descrizione dell’investitore tradizionale, identificato con l’archetipo dell’investitore ‘razionale’, intorno al quale è stata costruita l’attuale architettura regolamentare del mercato mobiliare.

Quello dell’agente (in questo caso, investitore) razionale è un modello teorico di analisi dell’azione sociale, elaborato dalla teoria economica neoclassica e fatto coincidere con l’ideale dell’homo

economicus14. Quest’ultimo viene descritto come un soggetto che mira a massimizzare la propria utilità personale e in grado di porre in essere scelte perfettamente razionali, a partire da una serie di preferenze stabili e una certa mole di informazioni acquisita dai mercati15.

Il modello dell’agente razionale ha goduto nel corso degli anni di una discreta fortuna ed è stato applicato in molteplici settori

13 È esclusa dalla presente analisi l’attività di gestione dei sistemi di negoziazione, che, per chiarezza e linearità espositiva, verrà affrontata nel capitolo II, avente a oggetto i mercati.

14 C. RODRIGUEZ-SICKERT, Homo Economicus, in Handbook of Economics and Ethics, pp. 223 ss, identifica l’origine del concetto di homo economicus con il lavoro di John Stuart Mill nei suoi Essays on Some Unsettled Questions of Political Economy (1844) e nei suoi Principles of Political Economy (1848), in cui attraverso un’impostazione di individualismo metodologico venivano presentati alcuni assiomi sulla natura umana. A ben vedere, l’impostazione di Mill trova nelle opere di Thomas Hobbes e Bernard Mandeville i suoi antesignani e nelle teorie della scelta razionale le sue applicazioni successive più radiose.

15 Può richiamarsi in tema G. S. BECKER, The Economic Approach to Human Behavior, Chicago-London, 1976, p. 14, secondo cui: «all human behavior can be viewed as involving participants who maximise their utility from a stable set of preferences and accumulate an optimal amount of information and other inputs in a variety of markets. If this argument is correct, the economic approach provides a unified framework for understanding behavior that has long been sought by and eluded Bentham, Compte, Marx and others».

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(mercato, lavoro, famiglia ecc)16. Quanto al settore finanziario, esso ha costituito la necessaria premessa all’elaborazione della c.d.

Efficient Market Hypothesis (EMH), secondo cui i prezzi degli

strumenti finanziari, in una situazione di perfetta concorrenza dei mercati, riflettono fedelmente il valore reale delle imprese che rappresentano17. Infatti, solo laddove tutti gli investitori, in quanto esseri razionali, ricercassero le opportunità di investimento che consentono loro di massimizzare il profitto, potrebbe raggiungersi una condizione di ottimo paretiano18.

In questo quadro, l’investitore razionale viene qualificato come un investitore tendenzialmente conservativo, che adotta pratiche di investimento passive per generare profitti a lungo termine19. È l’investitore retail con una preparazione finanziaria nella media20, che presenta tratti in comune con il modello dell’investitore intelligente di Ben Graham e, non da ultimo, è una persona fisica, un essere umano21. L’archetipo dell’investitore razionale e le EMH costituiscono la premessa sulla cui base è stato elaborato lo statuto della trasparenza dei mercati finanziari.

Tuttavia, come ogni impianto teorico apparentemente “perfetto”, la EMH si dimostrò con il tempo tutt’altro che aderente alla realtà fattuale. A metterne in luce tutte le insufficienze assiologiche valsero due distinti accadimenti. Per un verso, l’impetuoso sviluppo degli studi cognitivi e comportamentali22 sul finire del secolo aveva finito

16 P. FLEMING, The Death of Homo Economicus, London, 2017, p. 98, secondo cui: «Homo economicus represents a model of social being invented mainly by economists. This template is then used to understand and manage the state, marketplace, employment sector and even […] the family and crime».

17 Così, M. A. STEFANELLI, Problematiche in ordine alla efficacia della regolazione pubblica in materia di informazione finanziaria, Modena, 2009, pp. 303 ss.

18 N. BARBERIS-R. THALER, A Survey of Behavioral Finance, in G.M. COSTANTINIDES-R.M. STULZ-M. HARRIS (a cura di), Handboook of the Economics of Finance, vol. 1B, Amsterdam-Boston-Heidelberg, 2003, p. 1056, chiarisce che: «under this hypothesis [EMH], “prices are right”, in that they are set by agents who understand Bayes’ law and have sensible preferences».

19 A. R. PINTO-D. M. BRANSON, Understanding Corporate Law, Durham, 2018, p. 191.

20 S. J. PADFIELD, Is Puffery Material to Investors? Maybe We Should Ask Them, in U. Pa. J. Bus. & Emp. L., 2008, pp. 339 ss.

21 T. C. W. LIN, Reasonable Investor(s), op. cit., p. 468.

22 Il riferimento è innanzitutto alla Behavioral Law and Economics (BLE). A livello anglosassone, per quanto recente, il filone di studi è stato particolarmente prolifico. Vedi, C. R. SUSTEIN, Behavioral Law and Economics, Cambridge, 2000; F. PARISI-V. SMITH, The Law and Economics of Irrational Behavior, Stanford, 2005. Per un

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per mettere in luce come la EMH fosse, in realtà, basata sulla generalizzazione di una regola profondamente fallace. Il comportamento degli agenti, quand’anche teso alla massimizzazione del benessere individuale, è intrinsecamente limitato, influenzato da elementi emotivi e impulsivi e fortemente condizionato (o condizionabile) nei processi cognitivi e decisionali: in una parola, totalmente ‘irrazionale’23.

Per altro verso, l’altrettanto impetuoso e coevo sviluppo della tecnologia, insinuandosi nella vita ordinaria dell’(asserito) investitore razionale, contribuiva a modificarne nel profondo le modalità di pensiero e azione. Sicché, all’evolversi delle tecnologie di trading inevitabilmente non poteva che evolvere anche la figura del trader che se ne valeva, prima ancora del mercato delle negoziazioni24.

Il risultato congiunto di queste due direttrici di movimento è stata la frammentazione concettuale, teorica25 e (in parte) regolamentare26, del monolitico investitore razionale in una pletora di investitori dalle caratteristiche diversissime tra loro. Tra questi,

bilancio, può rinviarsi, in ambito nazionale a R. CATERINA, I fondamenti Cognitivi del diritto. Percezioni, rappresentazioni, comportamenti, Milano, 2008.

23 Così, A. ZOPPINI, Le domande che ci propone l’economia comportamentale ovvero il crepuscolo del «buon padre di famiglia», in G. ROJAS ELGUETA-N. VARDI (a cura di), Oltre il soggetto razionale. Fallimenti cognitivi e razionalità limitata, Roma, 2014, p. 12. Sulle scelte strategiche degli individui, si veda D.G. BAIRD-R. H. GERTNER-R. C. PICKER, Game Theory and the Law, Cambridge, 1994.

24 L’effetto della tecnologia sulla fisiologia dell’investitore tradizionale è stato nel senso di un potenziamento delle sue capacità: l’investitore che si vale della tecnologia ha accesso a una migliore informazione, è più connesso e più veloce del suo predecessore. Si veda, T.C.W. LINN, The New Investor, cit., p. 699.

25 La premessa è dunque che gli investitori non sono tutti uguali. A livello nazionale, mette in luce tale aspetto A. CHILORIO, L’informazione societaria e la varietà di tipologie di azionisti, in AGE, 2013, p. 182. Quanto alla letteratura internazionale, è il caso di rammentare la tassonomia offerta da Lin, che distingue i seguenti tipi: (i) l’investitore ‘irrazionale’, immediata proiezione dell’homo sapien, ossia l’individuo fallace di tutti i giorni, (ii) l’investitore ‘attivo’, che cerca di influenzare il comportamento degli organi amministrativi della società o degli altri investitori, (iii) l’investitore ‘sofisticato’ (rectius, professionale), identificato con gli istituti bancari, i fondi pensione, i fondi di investimento; (iv) l’investitore ‘entità’, ossia un investitore istituzionale che presenta natura giuridica (e.g. società). Vedi, T. C.W. LINN, Reasonable Investor(s), op. cit. pp. 469 ss.

26 Il riferimento è alla classificazione di investitori operata nell’ambito della MiFID II, dove si distinguono tre categorie di investitori, in funzione delle quali viene graduata la portata delle regole di condotta degli intermediari. Tali sono le c.d. “controparti qualificate (cfr. art. 6, comma 2-quater, lett. d), TUF), i “clienti professionali” (cfr. art. 6, commi 2-quinquies e 2-sexies) e e i c.d. “clienti al dettaglio.

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l’investitore algoritmico27 fa il suo ingresso sulla scena: un investitore che si avvale di algoritmi nella sua attività di investimento e che, in relazione al grado di autonomia che il software presenta rispetto al suo programmatore e/o utilizzatore28, può prendere le sembianze di un “ibrido” (derivante dall’interrelazione tra componente umana e componente tecnologica) o di un “agente artificiale”.