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Robo-advisor: la fattispecie e i profili caratteristici

II. A LGORITMI E NUOVI OPERATORI

2. Robo-advisor: la fattispecie e i profili caratteristici

I robo-advisor sono programmi informatici che fanno uso di algoritmi più o meno sofisticati al fine di addivenire a un’allocazione automatizzata di asset per un dato cliente, a partire dall’individuazione del suo profilo di rischio121. In altri termini, i

robo-advisor, proprio come avviene nell’odierna economia delle

piattaforme in molteplici settori di mercato, si pongono nel mezzo tra investitori e prodotti finanziari, svolgendo un matching personalizzato tra le esigenze dei primi e i prodotti stessi122. Paolo Sironi usa il termine «Automated Investment Solution» e fornisce una nozione fondata sui seguenti caratteri123.

Si tratta di servizi (i) che sono basati su avanzate tecnologie digitali, (ii) che seguono generalmente strategie orientate a fondi passivi (ETF e Index Funds) e principi di diversificazione, (iii) che integrano di sovente tecniche di c.d. portfolio rebalancing124 e ottimizzazione fiscale, nonché (iv) meccanismi di auto-valutazione del rischio per personalizzare le scelte di investimento e (v) che hanno un’anima fortemente imprenditoriale e modelli di business altamente focalizzati125. Essi sono orientati prevalentemente ai nativi digitali e

120 Mette in evidenza tale profilo, P. SIRONI, Fintech Innovation. From Robo-Advisor to Goal Based Investing and Gamification, Chichester, 2016, p. 59.

121 P. PIA, op. cit., p. 38, ove si evince che «In base ad algoritmi di asset allocation e di risk management predeterminati e in funzione delle caratteristiche del cliente e della sua propensione al rischio, i robo-advisors suggeriscono la costruzione di portafogli ottimizzati, a fronte di una remunerazione trasparente e di importi contenuti».

122 T. BAKER-B.G.C. DELLAERT, Regulating Robo Advice Across the Financial Service Industry, in Iowa L. Rev., 2018, p. 713 ss.

123 P. SIRONI, Fintech Innovation. From Robo-Advisor to Goal Based Investing and Gamification, Chichester, 2016, pp. 53 e 86, secondo cui: «Robo-Advisors are automated investment solutions which engage individuals with digital tools featuring advanced customer experience, to guide them through a self-assessment process and shape their investment behavior towards rudimentary goal based decision-making, conveniently supported by portfolio rebalancing techniques using trading algorithms based on passive investments and diversification strategies».

124 P. SIRONI, op. cit., p. 102 ss. fornisce la seguente definizione: «Algorithms of portfolio rebalancing (…) take care of the periodical revision of the asset allocation through the investment cycle».

125 Ibidem, pp. 109 ss. Si tratta il più delle volte di startup che mirano a entrare nel settore bancario offrendo un servizio alla volta, dunque, in una logica completamente opposta al modello della banca polifunzionale. Peraltro, esse hanno necessità di scalare in fretta la propria base clienti per poter accedere a nuovi round di finanziamento e far fronte alle pressioni degli investitori.

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presentano talvolta una forte componente di c.d. gamification126. A livello sostanziale, tra gli elementi maggiormente caratteristici vi è indubbiamente l’utilizzo di un algoritmo per migliorare e automatizzare i molteplici profili del wealth management, dalla asset

allocation alla selezione dei prodotti, dall’esecuzione degli ordini alla

gestione fiscale.

All’interno di questa definizione volutamente ampia, i servizi di consulenza automatizzati si differenziano per le strategie di gestione e gli strumenti considerati, per il livello di automazione tecnologica, per i meccanismi di valutazione del rischio, per il target di clientela, per i modelli di business adottati.

In relazione alla tipologia di servizio prestato, può distinguersi tra le imprese che forniscono tali servizi nell’ambito di un’attività di gestione di portafogli127, da un lato, e imprese che svolgono una consulenza finanziaria pura, dall’altro128. In base all’intensità dell’automazione, possono darsi modelli puri, in cui l’automazione riguarda la totalità del servizio in tutte le sue fasi e modelli ibridi, che presentano una commistione tra componente umana e componente tecnologica129. In relazione al target clientelare, possono distinguersi

robo-advisor di prima generazione, che hanno come target la platea di

risparmiatori e robo-advisor di seconda generazione, che si rivolgono

126 Ibidem, pp. 364 ss.

127 Lo sviluppo di tali servizi può essere fatto risalire alla moderna ‘portfolio theory’, sulla quale si rinvia a P. SIRONI, Modern Portfolio Management: from Markowitz to Proababilistic Scenario Optimisation, London, 2015. Rispetto ai servizi di gestione patrimoniale tradizionali possono sin da subito evidenziarti alcuni elementi distintivi. In primo luogo, è diverso il processo di valutazione del profilo di rischio: se gli asset manager persone fisiche si avvalgono in genere di questionari da sottoporre al cliente per individuare, ad esempio, la sua propensione al rischio, i robo-advisor fanno leva su applicazioni digitali al fine di implementare la c.d. user experience dell’utente, aumentando la percezione dell’investitore di prender parte attivamente al processo decisionale. Vedi,

128 P. MAUME, Regulating Robo-Advisory, in Texas Journal of International Law, forthcoming, 2019, disponibile su: https://ssrn.com/abstract=3167137, distingue tra “automated asset management” e “robo-advisory”, sostenendo che soltanto il primo può eventualmente porre problemi di stabilità del mercato.

129 Così, P. PIA, op. cit., p. 114. CONSOB, La digitalizzazione della consulenza in materia di investimenti finanziari, in Quaderni Fintech, gennaio 2019. Nella definizione offerta da Consob, a tali modelli se ne aggiunge un terzo, quello del “robot-for-advisor”. Nello stesso senso, M. GIORGI, Automazione, Big Data e integrazione funzionale: la necessità di una nuova ermeneutica giuridica dei servizi di consulenza finanziaria, in Quaderni di Minerva Bancaria, 2018.

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ai consulenti finanziari tradizionali per ottimizzare i servizi da questi offerti (c.d. robo-for-advisor).

A livello dinamico, infine, quanto allo svolgimento del servizio, la consulenza automatizzata si snoda attorno a una serie di fasi, che possono essere accorpate in tre passaggi fondamentali130:

(1) Costruzione del portafoglio modello. In primo luogo, vengono costruiti, sulla base delle indicazioni di un algoritmo proprietario, un certo numero di portafogli modello, caratterizzati ciascun da un proprio rapporto rischio-rendimento, che vengono poi testati per verificarne il funzionamento sul mercato;

(2) Processo di onboarding del cliente. Il processo di acquisizione del cliente, così come il rapporto consulente-cliente è particolarmente semplificato. Tutte le informazioni sul servizio sono reperibili su internet e la personalizzazione della raccomandazione avviene a distanza in maniera del tutto automatica: il robo-advisor, sulla base di un questionario più o meno elaborato, procede, come anticipato precedentemente, a tracciare il profilo di rischio del cliente, per poi ricollegarlo a un particolare tipo di portafoglio modello;

(3) Ribilanciamento del portafogli. Segue, quindi, una costante attività di monitoraggio del portafogli, strumentale a evitare che questo si discosti dalla c.d. asset allocation ottimale in forza di modificazione della situazione di mercato, del profilo di rischio del cliente ovvero delle risorse che compongono il suo portafogli.

3. Costi e benefici della consulenza finanziaria e della consulenza finanziaria automatizzata.

A livello economico, il servizio di consulenza finanziaria trova la sua giustificazione nelle forti asimmetrie informative131 che sussistono nel mercato finanziario tra risparmiatore e prenditore di fondi. Infatti, generalmente il risparmiatore non è in possesso di quelle informazioni necessarie a valutare se il prodotto è idoneo alle proprie esigenze, alla propria propensione al rischio e alla sua aspettativa di rendimento in un dato orizzonte temporale. Tale problema permane anche quanto l’emittente abbia proceduto a rendere note tutte le

130 Tale tripartizione di passaggi è offerta da P. PIA, op. cit., pp. 128 ss.

131 In via generale, deve rinviarsi all’opera di G. AKERLOF, The market for “lemons”: quality uncertainty and the market mechanism, in Quaterly Journal of Economics, 1970, pp. 488 ss.

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informazioni richieste ex lege132, in quanto i costi, i tempi e l’esperienza connessi all’attività di raccolta e analisi delle informazioni possono risultare proibitivi. Tale rilievo, peraltro, rischia di pregiudicare l’accesso al mercato, scoraggiando il risparmiatore dal porre in essere una transazione con una parte e avente un oggetto che non conosce o conosce superficialmente.

Da questa prospettiva, come osservato dalla teoria economica, l’esistenza stessa degli intermediari finanziari è strumentale alla riduzione dei costi di transazione connessi alla valutazione dell’informazione e alla facilitazione del processo di incontro tra domanda e offerta di risparmio133. Infatti, il fulcro dell’attività del consulente consiste nella selezione e nella elaborazione dell’informazione disponibile, nonché nella sua presentazione in una forma semplificata e più agevolmente comprensibile. Ed è proprio in forza di tale duplice utilità che si giustifica il prezzo che il consulente è ammesso a richiedere come corrispettivo, prezzo che deve essere quanto meno inferiore ai costi informativi che la sua attività è orientata a stemperare.

Deve, tuttavia, osservarsi come il ricorso a un consulente finanziario non sia affatto totalmente risolutivo del problema delle asimmetrie informative ma si limiti piuttosto a spostarlo a un livello ulteriore, quello afferente al rapporto tra consulente e risparmiatore.

Infatti, da un lato, il risparmio dei costi connessi all’analisi dell’informazione viene a essere ridimensionato dagli ulteriori costi connessi alla scelta del migliore consulente sul mercato. Dall’altro,

132 Il riferimento è alla disciplina in materia di prospetto informativo, cui agli artt. 94 ss. TUF e a quella cui ai capi I e I-bis, titolo III TUF.

133 Attraverso l’allocazione di una parte essenziale del processo decisionale si risponde all’esigenza di colmare il gap informativo dell’investitore nell’ambito di mercati finanziari sempre più specializzati. Così, A. PACCES, Financial Intermediation in the Securities Markets. Law and Economics of Conduct of Business Regulation, in International Review of Law and Economics, 2000, p. 481. Per un esame del collegamento tra costi di transazione e intermediazione finanziaria, si rinvia a G. BENSTON, A Trasaction Cost Approach to the Theory of Financial Intermediation, in Journal of Finance, 1976, pp. 215 ss; J. GURLEY-E. SHAW, Financial Intermediaries and the Saving-Investment Process, in Journal of Finance, 1956, pp. 257 ss.; vedi anche, V.F. ALLEN, The Marker for Information and the Origin of Financial Intermediation, in Journal of Financial Intermediation, 1990, pp. 3 ss, dove si evidenzia come l’interpretazione dell’informazione resa disponibile dagli emittenti è resa più efficiente grazie allo sfruttamento delle economie di scala.

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l’istaurazione di un rapporto di agenzia134 tra le parti è tale da rendere il controllo del risparmiatore-principale sulla bontà delle scelte suggerite dal consulente-agente tutt’altro che agevole, in tutti quei casi di mancato allineamento di interessi tra i due. E tale situazione di conflitto di interessi non può che condurre a scelte allocative sub-ottimali in relazione al portafogli del risparmiatore, specialmente nei casi di clienti c.d. retail privi di conoscenze specialistiche135. Qui, infatti, le asimmetrie informative inevitabilmente si traducono nell’incapacità del risparmiatore di valutare appieno l’operato dell’intermediario, lasciando quest’ultimo nella massima libertà di perseguire i propri scopi individualistici. Così, l’esigenza di ridimensionare tali problemi è stata una delle ragioni alla base delle diverse iniziative regolamentari susseguitesi in materia, che hanno cercato di attenuare in modo più o meno intenso i margini di possibili conflitti di interessi. Sul punto, torneremo più avanti. Per il momento, è opportuno soffermarsi sull’atteggiarsi dei summenzionati aspetti critici in relazione alla consulenza automatizzata.

In particolare, è stato rilevato come questa sia in grado di apportare almeno tre vantaggi e, nello specifico, una riduzione dei costi del servizio di consulenza, una maggiore accessibilità agli stessi e un sostanziale miglioramento della qualità della consulenza erogata136. Quanto al primo e al secondo aspetto, se in precedenza la consulenza finanziaria rappresentava un’attività per di più inaccessibile su larga scala e limitata a patrimoni consistenti, ora

134 Una relazione di agenzia è, in estrema sintesi, un contratto, in base al quale una persona (principal) delega un’altra persona (agent) a ricoprire per suo conto una data mansione che implica una delega di potere all’agente. La teoria dell’agenzia è stata elaborata nell’ambito degli studi economico-organizzativi sull’impresa e applicata alle difficili relazioni tra azionisti e manager. V.M. JENSEN, A theory of the Firm. Governance, Residual Claims and the Organizational Forms, Boston, 2003, p. 123; M. JENSEN-W. MECKLING, Theory of the Firm: Managerial Behaviour, Agency Costs and Capital Structure, in Journal of Financial Economics, 1976, p. 305 ss..

135 In argomento, H. MEHRAN-R. STULZ, The Economics of Conflict of Interest in Financial Institutions, in Journal of Financial Economics, 2007, pp. 267 – 296. Il conflitto di interessi è essenzialmente riconducibile, da un lato, alla polifunzionalità degli intermediari, i quali, accanto alla consulenza pura offrono ulteriori servizi finanziari (cfr. P. PIA, op. cit., p. 144); d’altro, ai meccanismi di remunerazione dell’attività di consulenza, capaci di incidere sulle dinamiche di agenzia. Si veda, F.M. FINKE, Financial Advice: Does It Make a Difference?, in O. MITCHELL-K. SMETTERS (a cura di), The Market for Financial Advice, Oxford, 2007.

136 P. PIA, op. cit., p. 92; vedi, anche, A. DI MASCIO, Wealth management e Fintech. Le nuove sfide tra Private Banker e Robo Advisor, Milano, 2018.

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l’innovazione tecnologica porta con sé la promessa di semplificare un’attività complessa ed elitaria, rendendola fruibile dal grande pubblico. L’abbattimento di costi deriva principalmente dall’assenza totale o parziale di qualsivoglia intermediazione umana. L’accessibilità del servizio, oltre a essere una conseguenza immediata della sua maggiore economicità, discende altresì dalla attrattività e semplicità dello stesso e dalla sua fruibilità al di fuori di ogni vincolo spaziale tramite la rete. Infine, in relazione alla qualità della raccomandazione, la matematica precisione di calcolo dell’algoritmo è tale da annullare (almeno in teoria) errori umani e biases comportamentali, addivenendo a scelte di investimento più efficienti e costantemente aggiornate ai dati e alle informazioni di mercato. Peraltro, l’eliminazione della relazione fiduciaria con il consulente persona fisica, da una parte, è tale da migliorare la trasparenza precontrattuale e l’onboarding del cliente; dall’altra, riduce il livello di dipendenza psicologica del cliente dall’intermediario, spingendo quest’ultimo a compiere scelte più oggettive e informate.

Tali vantaggi sono però bilanciati da una serie di rischi di non immediata percezione, che possono riguardare sia le modalità con cui viene formulata la raccomandazione sia le caratteristiche del mezzo attraverso cui la consulenza viene prestata137.

Sul primo versante, l’assenza di un rapporto fisico potrebbe dar luce ad incomprensioni del cliente in merito alle condizioni contrattuali proposte, stante l’impossibilità di un raffronto diretto con il “consulente”. Anche sul piano della fornitura delle informazioni necessarie per il corretto espletamento dei servizi di consulenza, l’assenza di una presenza fisica in grado di veicolare e, se del caso, supportare il cliente nella comprensione delle informazioni richieste (ai fini della successiva elaborazione algoritmica delle stesse) potrebbe ripercuotersi sulla qualità del servizio offerto.

In generale il canale informatico può condurre facilmente a fraintendimenti, soprattutto in un contesto prettamente automatizzato quale quello del robo-advisory. Peraltro, le stesse caratteristiche tecniche dello strumento automatizzato potrebbero finire per amplificarne la portata. Ad esempio, i criteri matematici sottostanti all’algoritmo adottato dal sistema per la formulazione di raccomandazioni o proposte potrebbero non essere idonei a garantire

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una corretta differenziazione del servizio a seconda delle caratteristiche o delle necessità del cliente, riducendo la qualità dello stesso. O, ancora, l’esistenza di errori o inadeguatezze inficianti l’algoritmo utilizzato, oltre che incidere negativamente sulla qualità del servizio fornito singolarmente, potrebbe rischiare di arrecare un nocumento all’intera clientela138 del servizio.

In definitiva, i problemi connessi alle asimmetrie informative e al rapporto di agenzia non vengono annullati ma mutano forma e collocamento nell’ambito della genesi e dello svolgimento del rapporto di consulenza. Alle asimmetrie informative aventi a oggetto la scelta del consulente e il controllo del suo operato si sostituiscono quelle aventi a oggetto le modalità di funzionamento dell’algoritmo.

4. Il collocamento de robo-advisory nell’ambito dell’evoluzione