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Il dopoguerra e la grande trasformazione

3.1 Breve storia di una città del Sud

3.1.3 Il dopoguerra e la grande trasformazione

Agli inizi degli anni quaranta, le condizioni economiche, sociali e civili della popolazione crotonese subirono un drastico arretramento causato dall’intenso coinvolgimento della città negli eventi bellici.

È, soprattutto, tra la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta che il crotonese sperimentò la sua più drastica discontinuità socio-economica dell’intero ventesimo secolo180. I protagonisti principali di tale discontinuità furono i

provvedimenti di Riforma agraria, che varati dal Parlamento nel 1950, ebbero l’effetto di creare il definitivo dissolvimento della proprietà latifondista borghese e nobiliare e del blocco agrario, come forza egemone della società locale.

All’indomani del secondo conflitto mondiale, gruppi via via più numerosi di

177L'accentramento nella città di grossi capitali agrari ed industriali portarono all'apertura di vari

istituti di credito: nel 1929 nacque la sede della Banca d'Italia, seguita, nei primi anni 30, dall'apertura della Cassa di Risparmio e del Credito Agrario,e successivamente dalla nascita della sede della Banca di Calabria (dal 1886 era già presente la Banca Popolare Cooperativa, la banca del latifondo).

178La figura dell'industriante, già presente nel secolo scorso, nasceva dalla scissione tra proprietà

ed impresa, tipica del latifondo.Anche se priva del prestigio sociale dei latifondisti e pur non avendo la proprietà del suolo, svolgeva un importante ruolo di controllo, difesa e gestione imprenditoriale dei possedimenti dei ricchi proprietari.

179Con il ristagno della zootecnia e con l'estensione della cerealicoltura gli agrari si distaccarono

sempre più dalla gestione diretta dell'organizzazione produttiva del latifondo e concessero maggiore potere gestionale e organizzativo ai grandi affittuari.

braccianti e contadini poveri del crotonese occuparono, spontaneamente le terre del latifondo, rivendicando il diritto alla terra e al lavoro. Governo e Parlamento a causa dell’inasprimento e della diffusione del conflitto di classe, furono costretti ad adottare i cosiddetti decreti Gullo sulla concessione ai contadini associati di terre incolte, e successivamente, le leggi di Riforma fondiaria, per cui veniva sancito l’esproprio della proprietà superiore ai 300 ettari e la redistribuzione della terra liberata ai contadini assegnatari.

La distribuzione dei fondi agrari, però, non riuscì a soddisfare totalmente la richiesta di terra che proveniva dalle campagne, il che ebbe l’effetto di fare affiorare un esercito di ex braccianti e contadini, che vedendo inevasa la loro domanda di terra, e non trovando alcuna collocazione nella nuova configurazione del mercato del lavoro agricolo, si venne a trovare liberata dal secolare legame con la terra e tese a confluire negli altri settori produttivi. Il mercato del lavoro diventò più fluido per effetto della fuoriuscita dal settore primario di quote rilevanti di masse bracciantili non coinvolte dalla Riforma, mentre si ingrossò enormemente l’esercito dei lavoratori impegnati nei lavori pubblici e nelle infrastrutture rurali che furono avviati in quegli stessi anni.

Riforma agraria e Cassa per il Mezzogiorno, sorta nel 1950, modificarono, così, non solo l’ambiente fisico, ma anche le condizioni di vita dei crotonesi. Queste modifiche ebbero un grande impatto sulla vita di Crotone e sulla sua stratificazione di classe.

La popolazione impegnata in agricoltura subì, infatti, un ulteriore declino, parte della vecchia classe latifondista si trasformò progressivamente in borghesia capitalistica agraria e non, mentre la popolazione industriale rimaneva stabile con quella legata ai servizi e al terziario pubblico e privato che si espandeva. Crotone, quindi, nei primi anni 50, acquistava i connotati di una città a carattere industriale-terziario.

Inoltre, il ridimensionamento quantitativo e l’indebolimento dell’egemonia della vecchia classe dominante, concessero spazio a processi di mobilità sociale per nuovi gruppi di borghesia cittadina legati al mondo delle professioni, del commercio, e soprattutto, ai nuovi enti istituzionali destinati ad attuare la Riforma agraria181

La dissoluzione del vecchio quadro sociale, con la rottura degli antichi equilibri alimentò un costante flusso migratorio di popolazione proveniente dalle campagne del Marchesato. Crotone subì di conseguenza uno sviluppo fisico e sociale rilevante, in un primo tempo disordinato e caotico, per l’assenza di un sistema di infrastrutture e di servizi insufficienti all’aumentata popolazione.

181D. Cersosimo, op.cit.,pag.401

Nel periodo intercensuario 1951-61 la popolazione residente in Crotone subì un aumento assoluto di 11.328 abitanti, e del 35,4% in termini relativi. La rapida crescita demografica, fu alla base della progressiva espansione urbanistica e del patrimonio abitativo cittadino. Lo sviluppo edilizio diventava così il nuovo volano degli affari economici e della stessa mobilità sociale.

Dal punto di vista delle tipologie costruttive, è possibile distinguere due periodi differenti.

Nel primo, sostanzialmente negli anni cinquanta, prevalsero decisamente le costruzioni popolari favorite dai provvedimenti di incentivazione dell’edilizia economica e popolare (la legge Fanfani) ; nel secondo, negli anni sessanta, l’iniziativa edilizia passò nelle mani dell’imprenditoria privata, che realizzò i palazzi per la piccola e media borghesia cittadina, che occupava le zone centrali e funzionali della città. Lo sviluppo degli anni sessanta rappresentò la fase di culmine nel processo di crescita urbana di Crotone, non a caso in questo periodo vengono edificati, nell’arco di dieci anni circa 5000 nuovi alloggi, più di quanti ne erano stati edificati nei precedenti 50 anni.

I principali fattori che caratterizzarono questa seconda fase di nuovo sviluppo dell’edilizia residenziale di Crotone, sono legati alla formazione della rendita fondiaria urbana ed alla conseguente speculazione edilizia.

La rendita fondiaria si impose, dunque, nel secondo dopoguerra, unitamente alla speculazione edilizia dei “Palazzinari” che riuscì a condizionare, nella maggior parte dei casi, le scelte urbanistiche dei politici, come il fenomeno più rilevante dell’economia interna alla città.

Crotone tendeva sempre più ad acquisire i connotati di una città industriale- terziaria, caratterizzata da un netto miglioramento dei suoi standards abitativi e infrastrutturali, e da una nuova configurazione dell’assetto sociale, all’interno del quale cresceva e si consolidava una più articolata classe media di commercianti, imprenditori edili, professionisti e dipendenti di Enti dello Stato.

Gli anni settanta possono considerarsi come il periodo d’oro dello sviluppo economico crotonese. Infatti, lo sviluppo della struttura industriale raggiunse il suo culmine, non si arrestava l’espansione demografica ed abitativa, così come l’ampliamento delle attività commerciali e finanziarie, visto che la peculiare caratteristica di unico centro urbano, in un’area di 26 comuni di natura rurale, portava ad orientare l’assetto dello sviluppo della città verso l’organizzazione ed il consolidamento del tessuto terziario, capace di erogare servizi ad una domanda di scala

comprensoriale.

L’elemento trainante comunque, dell’economia crotonese continuava ad essere rappresentato dall’industria di base, dalla Pertusola, che nel 1974 con 955 unità lavorative dirette, e con quasi 500 addetti nell’indotto, raggiunse il suo più alto livello occupazionale, alla Montedison, che arrivò a contare 900 occupati. Lo sviluppo industriale degli anni settanta, infine, si concretizzò con la nascita di una nuova rilevante iniziativa industriale, la Cellulosa Calabra, per la produzione di pasta semichimica per carta, che dava lavoro a 150 dipendenti diretti.

La lievitata presenza del salario operaio e il fenomeno del neo-capitalismo nascente degli imprenditori edilizi e di quelli della piccola azienda industriale e commerciale ebbero, poi, come conseguenza uno sviluppo del comparto creditizio, con una ulteriore presenza nella città di istituti di credito, che da sei diventarono nove.

Alla luce della nuova e più allargata configurazione dell’assetto urbano di Crotone e del ventaglio di maggiori funzioni a cui essa doveva assolvere, l’esigenza di una pianificazione del territorio comunale. Il tempo trascorso, però, tra l’approvazione comunale dello stesso (nel 1964) e quella definitiva del Ministero dei lavori Pubblici, sette anni dopo, condizionò negativamente l’operatività del Piano, tant’è che tre anni dopo si avvertì già, l’esigenza di redigere una Variante Generale. Infatti il P.R.G. del 1971 aveva puntato all’adeguamento della città verso una nuova e più grande zona industriale, trascurando in parte la dotazione e la distribuzione territoriale dei servizi, la Variante del 1973 puntava, invece, alla risoluzione di tale problema, tenendo conto del crescente fenomeno di terziarizzazione che stava interessando la città182.