6.5 L’importanza delle preferenze
6.5.5 L’importanza delle reti sociali
A differenza dell’approccio economico alle scelte scolastiche, per il quale le preferenze sono irrilevanti perché simili in tutti gli individui e l’unica preferenza dominante è quella della massimizzazione dell’utilità, nella realtà le preferenze scolastiche dei soggetti decisori non sono omogenee. È innegabile che le preferenze possano nascere in maniera casuale e accidentale, determinate dalle cause più svariate ed impensabili. Tuttavia non possiamo ritenere che sia semplicemente un fatto casuale che coloro preferiscono meno l’istruzione siano anche coloro che hanno meno risorse a disposizione.
L’analisi dei casi presi in esame nelle ricerca evidenzia, infatti, come le aspirazioni relative all’istruzione tendono a distribuirsi, quasi sempre, in modo socialmente disuguale ed in maniera corrispondente alla distribuzione disuguale dei vincoli. Questa associazione tende a sgombrare dal campo l’ipotesi che si possa trattare semplicemente di aspirazioni genuine, ossia che si siano formate a prescindere dalle condizioni sociali in cui sono collocati i soggetti decisori. Altrettanto vero è comunque il fatto che in presenza di molti ragazzi appartenenti a famiglie di bassa estrazione sociale che interrompono gli studi precocemente , altri ragazzi, di origini sociali identiche, riescono a completare gli studi fino a conseguire la laurea.
Come abbiamo precedentemente visto, in corrispondenza di un ottimo rendimento scolastico, le famiglie meno abbienti mostrano una certa reattività ai buoni voti dei figli e decidono di sostenerli nella prosecuzione degli studi. Le vicende scolastiche di
Raffaella, Francesco e Luca, provenienti da famiglie non agiate della città, non si sono interrotte precocemente come nel caso dei loro coetanei di stessa estrazione sociale
Pur riconoscendo che il buon profitto scolastico possa avere un’influenza nella decisione di proseguire gli studi, è ragionevole supporre che se vi fosse stato un atteggiamento di chiusura nei confronti dell’istruzione da parte della famiglia, probabilmente il percorso di studi si sarebbe interrotto, magari in virtù di un processo di sovra- adattamento ai vincoli economici. Se si decide di proseguire è presumibile che vi sia da parte della famiglie un apprezzamento, seppur minimo,dell’istruzione. In altre parole si può ipotizzare che le famiglie abbiano almeno un interesse interlocutorio per l’istruzione, per cui non stabiliscono a priori quale livello di istruzione sia ottimale per il figlio. Esse decidono gradualmente, al passaggio da una tappa scolastica all’altra, se proseguire o smettere, adattandosi «sensatamente» alle circostanze:
« …la decisione di andare all’università l’ho presa durante gli ultimi anni della Ragioneria, a scuola andavo abbastanza bene e poi anche i miei professori insistevano che continuassi e non mi fermassi al diploma….…» [ Raffaella, 42 anni, laureata ]
. La scelta di iscriversi all’università, ad esempio, nel caso di Raffaella, matura soltanto durante gli anni della scuola superiore, quando i risultati conseguiti sono particolarmente rassicuranti e non nasce a completamento di un progetto pianificato a lungo tempo, nell’ambito della famiglia di origine, come accade solitamente per i rampolli delle classi medio –alte, sottoposti a dure sanzioni sociali se non conseguono uno status sociale almeno pari a quello dei genitori. Si tratta comunque di un atteggiamento non di chiusura confronti dell’’istruzione, anche se improntato alla cautela per la rilevanza che i vincoli, particolarmente quelli di natura economica, hanno in ogni modo nelle decisioni delle famiglie meno facoltose.
Tale prudenza è irrilevante quando la decisione scolastica è sostenuta da una propensione massima verso l’istruzione, come abbiamo riscontrato nelle scelte scolastiche degli eredi delle classi privilegiate della città. In questo caso eventuali «incidenti di percorso» determinano difficilmente un cambiamento degli obiettivi prefissati, a meno che la situazione non sia irrimediabilmente compromessa. Riconoscere che sia un atteggiamento tipico delle famiglie ricche ed istruite quello di possedere soltanto certezze nei confronti della scuola non esclude che, talvolta, anche
famiglie poco agiate e scarsamente istruite possano considerare l’istruzione come un bene particolarmente allettante:
«…mi sono iscritto al liceo classico su consiglio dei miei professori della scuola media, ma poi c’era stato anche mio fratello, …» [Luca 45 anni, laureato]
«…dopo il liceo mi sono iscritto ad economia e commercio a Messina..» [Francesco, 44 anni, laureato]
La scelta di iscrivere al liceo, dopo aver conseguito la licenza media, i propri figli è il segnale più evidente di un progetto ambizioso che genitori poco istruiti e non particolarmente facoltosi hanno per i loro eredi. Soltanto i risultati brillanti conseguiti ai primi gradi di istruzione non sono sufficienti per decidere ex ante di intraprendere il percorso scolastico più lungo e più oneroso. Occorre piuttosto che la scelta sia alimentata da una forte ambizione scolastica e professionale, soprattutto se si considera le limitazioni di carattere economico a cui sono sottoposti le famiglie meno facoltose. Del resto tale atteggiamento di propensione massima nei confronti dell’istruzione è confermata anche dal fatto che già altri componenti della famiglia avessero intrapreso in precedenza gli studi liceali. In questo caso né la tesi avanzata da Bourdieu né tanto meno il modello proposto da Boudon per spiegare le disuguaglianze educative possono aiutarci a comprendere come possa formarsi, anche nelle classi meno privilegiate, .un’ambizione scolastica così forte. Per entrambi, anche di fronte a buoni voti ed avendo quindi ragionevoli probabilità di successo, non sarebbe conveniente per gli studenti di modesta estrazione sociale continuare ad investire in istruzione.
Il fatto che anche in famiglie poco agiate e scarsamente istruite, diversamente da quanto si sarebbe potuto attendere, possa nascere un atteggiamento di pieno apprezzamento dell’istruzione, diversamente da quanto si sarebbe potuto attendere, induce a ritenere che le caratteristiche del contesto di scelta entro il quale si forma la decisione scolastica di smettere o proseguire gli studi, a differenza da quanto sostenuto da Boudon, non dipendono in modo esclusivo dalla classe sociale di appartenenza.
Gli individui non sono atomi che agiscono isolatamente, piuttosto essi sono collocati all’interno di una rete di relazioni sociali che offrono loro opportunità ed informazioni, ma che implicano anche l’esistenza di aspettative comportamentali, di sanzioni e di norme sociali. L’insieme delle risorse, materiali e simboliche, di cui i
soggetti possono all’occorrenza disporre, attraverso il sostegno e l’attivazione delle relazioni, per realizzare obiettivi o scopi che perseguono, costituisce quello che Coleman chiama «capitale sociale». Pur se il capitale sociale è incorporato nelle reti sociali, da cui non può prescindere, non si identifica con esse. Il capitale sociale ha sempre una valenza positiva in quanto produce benefici, a differenza delle reti sociali che possono costituire talvolta vincoli all’azione sociale.267
Il tipo di risorse che circolano nelle reti sociali, e che quindi possono essere usate dai soggetti quando occorrono, è strettamente dipendente dal tipo di risorse individuali possedute dai singoli nodi della rete stessa.
Dal momento che una caratteristica generale delle reti è quella di essere “omofile”, data la tendenza degli attori ad interagire con i propri simili268, è evidente che gli ambienti sociali in cui i soggetti imparano a muoversi strategicamente nella società ed in cui trovano le risorse necessarie, sono fortemente omogenee al loro interno. Se le reti sociali in cui sono inseriti gli individui, pertanto, tendono ad essere socialmente stratificate, per cui differiscono notevolmente fra loro a causa del tipo prevalente di risorse che vi circolano, ciò ha inevitabilmente implicazioni sulla riproduzione delle disuguaglianze sociali.
Per essere efficace il capitale sociale non deve necessariamente essere disponibile in grandi quantità, ma deve essere specializzato, vale a dire coerente e specifico agli obiettivi perseguiti. Se il capitale sociale disponibile nel proprio ambiente sociale di provenienza, mediamente omogeneo al suo interno, può essere utile per realizzare progetti omologhi alla situazione della famiglia di origine, esso risulterà largamente inadeguato nei progetti di mobilità sociale, ove al contrario servono risorse eterogenee rispetto a quelle di partenza.
Quando si utilizza il capitale sociale, ad esempio, nella ricerca di un lavoro e si aspira ad una collocazione professionale più prestigiosa di quella dei genitori, lo status del contatto, vale a dire lo status della persona che fornisce efficacemente il suo aiuto (informazioni ed influence) nella ricerca del lavoro deve essere “coerente “con il proprio progetto occupazionale e di conseguenza, di estrazione sociale più elevata.
267 Piselli F. Capitale sociale: un concetto situazionale e dinamico, in Bagnasco A., Piselli F., Pizzorno A,
Trigilia C., Il Capitale sociale. Istruzione per l’uso, Il Mulino, Bologna, 2001, pp. 47- 75, p. 54
268 Follis M., Perché contano i contatti personali nel mercato del lavoro ? I micro fondamenti della
funzione economica dei reticoli sociali ed il problema dell’embeddedness, pp. 7- 115, p. 56, in Follis M., ( a cura di ), La forza dei legami deboli e altri saggi, Liguori Editore, Napoli, 1998
Si può, pertanto, sostenere che quanto più le reti sono varie dal punto di vista sociale, tanto più possono essere efficaci per la realizzazione di progetti di mobilità sociale.
Buona parte della letteratura che usa la categoria di capitale sociale si concentra soprattutto sul suo uso come mezzo per il raggiungimento di fini che sono stati già prefissati dai soggetti coinvolti. Minore attenzione è stata prestata dalla letteratura sulla capacità delle reti sociali di influire sulla formazione delle preferenze e sulla formulazione degli obiettivi degli individui. Nelle reti di relazioni in cui sono inseriti, che sono innanzitutto quelle ereditate dalla famiglia di origine, i soggetti sin da piccoli si socializzano, imparando a conoscere e fare propri valori e norme societali, e formando anche la propria identità. In altre parole nell’interazione con gli altri membri di queste reti costruiscono i propri progetti, definiscono le proprie preferenze, scelgono lo stile di vita ed imparano negli anni chi sono e chi vogliono essere. 269.
Da questo prospettiva è evidente, pertanto, che le reti sociali in cui si è inseriti possono contribuire a alla formulazione e alla realizzazione di progetti di vita in cui l’istruzione assume un’importanza fondamentale. Se si proviene da famiglie con scarso capitale culturale e che rivelano una scarsa capacità di immaginare e perseguire strategie educative per i propri figli diverse dalla loro esperienza diretta è chiaro che per interrompere la catena della deprivazione culturale occorre probabilmente la presenza di risorse, quindi di nodi, nella propria rete di relazione, che possano favorire il coagularsi di progetti di vita diversi da quelli dei propri familiari.
L’ambiente di lavoro dei genitori può consentire di intrecciare, ad esempio, interazioni che possono dimostrarsi cruciali, a prescindere dal livello delle loro mansioni:
«…mio padre faceva il bidello al liceo classico, ricordo che era ben voluto dai professori… forse perché lavorava a scuola la sua ambizione era che io riuscissi negli studi e ed a realizzarmi economicamente ..forse anche perché lui non ci è riuscito … » [Raffaella, 42 anni, laureata]
269 Bianco M.L. Il capitale sociale nello studio delle disuguaglianze: la forza dell’omogeneità
occupazionale, in Bianco M. L. , ( a cura) L’Italia delle disuguaglianze, Il Mulino, Bologna, 2001, pp. 23- 52, p. 37