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Le disuguaglianze nelle opportunità educative

«Le società ad economia di mercato e a sistema politico pluralista hanno sistematicamente preteso di legittimare la struttura delle disuguaglianze sociali in base al principio della competenza (…)Uno dei principali indicatori socialmente accettati delle abilità possedute dai singoli è costituito dal grado di istruzione»130 Se è il livello di scolarità a decidere sui destini lavorativi e sociali della persone, allora esso deve dipendere unicamente dalle abilità e dalle doti intellettuali di ciascun individuo. In una società aperta e giusta, anche se disuguale, in cui la scuola opera come strumento di selezione occupazionale e sociale, occorre che gli accessi al sistema formativo e gli esiti della sua frequenza siano regolati dal principio di eguaglianza delle opportunità.

Nella misura in cui le disuguaglianze di fronte all’istruzione derivano da capacità o impegno diversi, è considerato eticamente accettabile che chi è più bravo e si impegna di più ottenga risultati scolastici migliori. Il problema sorge quando la variazione dei risultati è in misura maggiore o minore, indipendente da abilità ed impegno. Gli effetti di abilità e di impegno sul successo, nel linguaggio di Boudon, sono definiti «primari» mentre quelli delle altre possibili cause di successo scolastico, per esempio la famiglia di origine o il genere o la qualità della scuola frequentata sono definiti «secondari»131.

Lo studio della disuguaglianza dell’istruzione si concentra principalmente sugli effetti secondari oppure sulla misura in cui i fattori primari (abilità, impegno e motivazione) sono a loro volta riconducibili agli stessi fattori responsabili degli effetti secondari. L’esito di questi effetti costituisce quello che i sociologi chiamano disuguaglianza delle opportunità educative132.

Dal momento che l’istruzione è un buon predittore della posizione sociale che gli individui andranno ad occupare una volta terminata il loro percorso educativo, lo studio delle disuguaglianze delle opportunità educative assume una particolare importanza nelle società democratiche e liberali contemporanee in cui sono considerate legittime soltanto le disuguaglianze basate sul principio di pari opportunità e sul diverso contributo che gli individui danno alla società.

Nel corso del secolo in Italia come in tutte le società avanzate è cresciuta in maniera continua la partecipazione dei giovani a tutti i livelli del sistema scolastico. L'effetto è stato un aumento del livello medio di istruzione della popolazione e una

130 Schizzerotto A., Cobalti A., La mobilità sociale in Italia, Il Mulino, Bologna, 1994, p.158. 131 rif. biblio

132 Ballarino G., Checchi D., ( a cura di) , Sistema scolastico e disuguaglianza sociale, Il Mulino,

diminuzione del livello di disuguaglianza della distribuzione dell’istruzione all’interno della popolazione complessiva. L’espansione della partecipazione scolastica ha, inoltre, contribuito a diminuire progressivamente e ad annullare le differenze di genere in termini di opportunità educative, che all’inizio del secolo era decisamente a sfavore delle donne.133

Dall’indagine sulla partecipazione al sistema scolastico in Italia condotta da Pisati nell’ambito dell’Indagine longitudinale sulle famiglie italiane (ILFI)134 emerge come nel corso del secolo la quota di individui che sono riusciti a terminare con successo la scuola elementare è aumentata rapidamente e, in pochi decenni, ha raggiunto un livello prossimo a quello di saturazione. Analogamente tutti i nati a partire dai primi anni settanta, a prescindere dalla classe di appartenenza, sono riusciti almeno a conseguire la licenza media. Sono inoltre progressivamente aumentate le probabilità di conseguire il diploma e la laurea. Il conseguimento di questi risultati è da porre in relazione alle due più importanti riforme scolastiche conosciute dal nostro sistema formativo nel secondo dopoguerra, vale a dire l’istituzione della scuola media inferiore unica e la liberalizzazione degli accessi all’università, il cui obiettivo principale era quello di ridurre la disuguaglianza delle opportunità di istruzione.

L’espansione della partecipazione scolastica è per gli studiosi di orientamento funzionalista l’indicatore dell’avvenuta democratizzazione dei sistemi scolastici e del progressivo prevalere del criterio della capacità e del merito su quello dell’appartenenza e della provenienza sociale, come principio di selezione in base al quale allocare le persone nei vari ruoli sociali e professionali.

Il panorama, tuttavia, cambia sensibilmente se vengono prese in esame le disuguaglianze relative di istruzione anziché le disuguaglianze assolute. Queste ultime si limitano a considerare l’andamento, nel volgere delle generazioni, della proporzione di individui nati in ciascuna classe che raggiungono i vari livelli di istruzione. Le disuguaglianze relative invece costituiscono la misura più appropriata delle disparità di istruzione esistenti tra le varie classi sociali, perché indicano le possibilità che i discendenti di un gruppo sociale hanno di accedere ad un dato livello del sistema scolastico piuttosto che ad un altro, in rapporto alle corrispondenti chancess di altri gruppi. Esse esprimono soltanto l’effetto netto, in campo formativo, dei vantaggi o degli svantaggi di ordine materiale e immateriale, derivanti dall’essere nati e cresciuti in una

133 Pisati M., La partecipazione al sistema scolastico, in Schizzerotto A., (a cura di), Vite ineguali, Il

Mulino, Bologna, 2002, p. 144.

134 Pisati M., La partecipazione al sistema scolastico, in Schizzerotto A., (a cura di), Vite ineguali, Il

stessa classe, a differenza delle disparità assolute che rappresentano il prodotto di fattori strutturali (gli assetti istituzionali del sistema scolastico, la domanda di forza lavoro istruita, le politiche per il diritto allo studio, etc.) e delle stesse disuguaglianze relative135.

Come nell’analisi dei processi di mobilità sociale per valutare la «fluidità» di un sistema sociale è opportuna la distinzione tra mobilità «forzata», relativa alla quantità di opportunità di mobilità che una società offre ai suoi membri, e mobilità «virtuosa», relativa al modo con cui tali opportunità sono distribuite tra gli individui, nello studio delle disuguaglianze educative per misurare l’effettiva intensità dell’associazione tra origini sociali e livello di istruzione è necessario distinguere tra i meccanismi che operano sui tassi globali di scolarità e quelli che, dato il tasso globale di scolarità, determinano l’allocazione dei titoli di studio tra i soggetti di diversa origine sociale.

Un sistema formativo diventa «virtuoso» non quando si limita ad ampliare l’accesso a tutti i livelli di istruzione, ma quando stempera gli effetti esercitati dalle disuguaglianze di classe in termini di risorse economiche e culturali sulle possibilità di conseguire un titolo di studio.

Dall’analisi delle disuguaglianze relative, nella ricerca di Pisati, emerge come le riforme non abbiano inciso in modo sostanziale sulla disuguaglianza fra le classi in termini di opportunità di istruzione. La probabilità di conseguire un diploma di scuola media superiore a tutt’oggi, infatti, varia in misura rilevante secondo al classe sociale di origine Allo stesso modo sussistono tra i vari gruppi sociali differenze in termini di probabilità di conseguimento di un titolo universitario. «…Né gli effetti sperequativi esercitati dalla classe di origine in senso stretto, né quelli esercitati dal capitale culturale di origine sono cambiati in misura significativa nell’arco del tempo considerato»136 .

Alle stesse conclusioni sono giunte molte altre ricerche empiriche condotte negli ultimi anni, tutte concordi nel ritenere che, malgrado le riforme e l’espansione degli accessi alle istituzioni scolastiche, nella generalità dei paesi ad economia di mercato e a sistema economico pluralista, il principio di uguaglianza delle opportunità di fronte all’istruzione non è stato ancora concretamente realizzato. Le chances di accesso e di riuscita nei vari gradi di istruzione sono influenzate dalle capacità, dall’applicazione allo studio dei singoli, ma anche dalle posizioni sociali della loro famiglia di origine.

135 Schizzerotto A. Barone C., Sociologia dell’istruzione, Il Mulino, Bologna, 2005, p.84 136 Pisati M., op. cit. 2002, p. 166

I risultati di uno studio comparativo sulla disuguaglianza delle opportunità di istruzione coordinato da Shavit e Blossfeld nel 1993137 hanno mostrato che in undici dei tredici paesi oggetto di analisi, tra cui l’Italia, non vi è stato, nel corso del secolo, alcun cambiamento nell’influenza sperequativa esercitata dalla risorse socio-economiche sul processo di conseguimento delle credenziali educative, nonostante l’attuazione, in molti dei paesi studiati, di riforme esplicitamente orientate a ridurre le disuguaglianza fra le classi sociali in termini di opportunità di raggiungere i diversi titoli di studio138.

Per quanto riguarda l’Italia la ricerca condotta da Cobalti e Schizzerotto sulla mobilità sociale nel paese, pubblicata nel 1994139, ha mostrato come si sia avuto a partire dal dopoguerra una profonda modificazione della distribuzione dei titoli di studio ma, nonostante le riforme degli anni sessanta, non si è avuta alcuna sostanziale alterazione dei condizionamenti esercitati dalla posizione della famiglia di origine sulle opportunità relative di ottenere i singoli titoli di studio.

Mutamenti di una certa rilevanza, invece, hanno interessato le disuguaglianze di istruzione collegate al genere. Infatti la crescita della scolarità femminile registrata nell’arco di tempo coperto dall’indagine è stata accompagnata da una parziale riduzione delle disuguaglianze nelle chances di accedere ai titoli di studio superiori intercorrenti, a parità di origine, tra uomini e donne, «cosicchè le donne godono oggi di opportunità di diplomarsi e di laurearsi molto più prossime a quelle degli uomini di quanto non fossero mai state in precedenza»140.

Un dato rilevante che emerge nello studio dell’andamento nel tempo delle disuguaglianze educative141 è la progressiva riduzione del peso delle origini sociali sulle opportunità nette di conseguire i vari titoli di studio col progredire della carriera scolastica. In altre parole gli esiti della transizioni scolastiche, cioè il passaggio da un livello di istruzione all’altro, sono sempre meno influenzati dall’origine sociale mano a mano che si passa dalla scuola media inferiore a quella superiore, e da questa all’università. Tale fenomeno viene generalmente spiegato con l’ipotesi della selezione differenziale, secondo cui la probabilità di effettuare ogni transizione scolastica è influenzata positivamente dal possesso di caratteristiche individuali di tipo attitudinale e motivazionale, che dipendono dalla classe sociale di origine: quanto più alta è l’origine

137 La ricerca coordinata da Yossi Shavit e da Hans-Peter Blossfeld è stata pubblicata in Shavit Y.,

Blossfeld H.P., ( a cura di), Persistent inequality: Changing educational attainment in thirteen countries, Boulder, Westview Press, 1993.

138 Shavit Y., Westerbeek K., Istruzione e stratificazione in Italia: riforme, espansione e uguaglianza delle

opportunità., in Polis, a. XI, n. 1, aprile, 1997: 91-109, p. 91.

139 Cobalti A., Schizzerotto A., La mobilità sociale in Italia, Il Mulino, Bologna, 1994 140 Cobalti A., Schizzerotto A., op. cit., 1994, p. 179

sociale, maggiori sono le abilità e la motivazione allo studio. Man mano che si sale lungo gli ordini e gradi del sistema scolastico, i soggetti meno abili e motivati allo studio vengono espulsi dai vari processi di selezione scolastica, mentre gli studenti più capaci proseguono la loro carriera. La relazione positiva esistente tra origini sociali e livelli di apprendimento e adeguamento alla cultura scolastica ha come conseguenza una consistente presenza ai gradini più alti dell’istruzione dei discendenti delle classi sociali superiori. La maggior parte degli individui provenienti dalle classi inferiori, invece, meno capaci di integrarsi nella cultura scolastica e meno dotati di capacità di apprendimento, interrompono la loro avventura scolastica ai livelli iniziali del sistema educativo. I pochi discendenti delle classi subalterne che riescono a raggiungere la «sommità educativa» posseggono più o meno le stesse abilità dei loro coetanei, relativamente più numerosi, delle classi superiori. La parte alta del sistema formativo, quindi, è caratterizzata da una certa omogeneità in termini di abilità e motivazioni allo studio. Ciò significa che nel passaggio da una transizione all’altra si attenua la forza della relazione tra origine sociale e abilità, e con essa si affievolisce anche la portata complessiva dell’effetto netto142.