6.5 L’importanza delle preferenze
6.5.1 L’atteggiamento nei confronti dell’istruzione
Nella misura in cui l’istruzione viene vista come un investimento, nel decidere quale percorso scolastico seguire i soggetti, dopo avere tenuto conto degli effetti dei vincoli sulle opportunità, valutano le relative probabilità di successo delle opzioni praticabili.
I risultati scolastici in questa prospettiva possono rappresentare un ottimo indicatore in grado di rassicurare i genitori della dotazione naturale di abilità dei propri figli e, quindi, della bontà o meno della decisione di investire nella loro istruzione.
Di fronte a risultati scolastici diversi, come abbiamo visto, diverso è il comportamento delle famiglie meno abbienti: quando hanno buone ragioni per sentirsi fiduciosi circa le abilità nello studio dei loro figli si adeguano razionalmente a quella percezione e scelgono di sostenerli nella prosecuzione degli studi; viceversa, in
255 Nel linguaggio di Boudon gli effetti di abilità e di impegno sul successo scolastico sono definiti
“primari” per distinguerli dagli effetti “secondari” che costituiscono gli effetti dei vincoli economici. Di conseguenza gli effetti netti della classe di origine sui comportamenti scolastici si possono scomporre in due componenti: una primaria rappresentata dall’influenza della classe di appartenenza sulle abilità cognitive, ed una secondaria costituita dall’influenza della famiglia di origine sulla capacità di sostenere i costi diretti ed indiretti dell’istruzione.
presenza di un rendimento scarso o di fronte alle scarse motivazioni dei figli scelgono di interrompere i loro studi.
Se le decisioni dei soggetti fossero state governate, invece, da norme o valori specifici della classe sociale di appartenenza, secondo cui gli appartenenti alle classi meno privilegiate non dovrebbero nutrire alcuna ambizione di successo né dovrebbero avere alcun interesse di raggiungere mete, come un’elevata credenziale educativa, in grado di favorire la loro ascesa sociale, si sarebbe dovuto attendere una sostanziale insensibilità di fronte alle variazioni nelle probabilità di successo scolastico. In altri termini, se l’istruzione fosse stata rifiutata a tutti i costi, le variazioni nelle probabilità di successo attese non avrebbero dovuto accompagnarsi a variazioni nei comportamenti.
Altrettanto vero, tuttavia, è che la scelta dei genitori di ritirare i figli dai banchi di scuola alle prime difficoltà, quando ancora frequentano la scuola elementare, rinunciando a qualsiasi ulteriore tentativo di prosecuzione degli studi, considerata anche la giovane età, probabilmente non può essere considerata come un naturale comportamento di adeguamento alle circostanze. Il fatto che, senza alcuna esitazione, famiglie di bassa estrazione sociale decidono per l’abbandono scolastico dei loro eredi, dopo una bocciatura o perché i figli, neanche adolescenti, manifestano l’intenzione di lasciare la scuola, come abbiamo visto nelle testimonianze raccolte, può essere interpretato, piuttosto, come un comportamento di sovra-adattamento alle probabilità di successo, vale a dire un adattamento che porta all’estremo l’azione dei cattivi risultati scolastici. In altre parole è possibile che esse tendano a sovrastimare le difficoltà che i figli hanno nel terminare con successo gli studi.
Ciò porta a presumere che a monte della decisione presa dai genitori vi sia un atteggiamento di scarso apprezzamento nei confronti dell’istruzione.
Del resto la breve carriera scolastica, interrotta anch’essa precocemente, degli altri componenti familiari di tutti i soggetti intervistati che hanno abbandonato la scuola, sembra confermare tale ipotesi:
«…per quanto riguarda i miei fratelli non sono andati a scuola se non fino alle elementari, anche mia sorella, la più grande ha preso solo la licenza elementare…» [ Carmela, 50 anni, licenza elementare ]
« il primo (fratello) ha fatto fino alla terza elementare se non sbaglio, il secondo invece fino alla prima media. Dopo c’è l’ultimo fratello…lui ha fatto pure fino alla prima media..» [ Vincenzo, 52 anni, licenza elementare ]
Una bocciatura o un limitato interesse dimostrato per lo studio da parte dei figli finiscono, così, col costituire le circostanze che consentono all’atteggiamento negativo dei genitori nei confronti della scuola di concretizzarsi nella scelta del ritiro anticipato. Probabilmente non si è attratti dall’istruzione come forma di investimento in grado di produrre benefici nel tempo, ma essa viene, piuttosto, considerata, come un bene di consumo. In quanto bene di consumo, l’istruzione viene acquistata secondo le capacità proprie di spesa. Se il prezzo aumenta la quantità domandata diminuisce; ciò avviene in misura più che proporzionale rispetto alla crescita del costo quando minori sono le entrate della famiglia.
In una situazione di propensione minima nei confronti dell’istruzione, pertanto la stima da parte della famiglia delle probabilità di successo scolastico dei figli, così come la valutazione dei genitori del proprio bilancio familiare, diventano più «esacerbate».
Un atteggiamento completamente difforme sembra caratterizzare le classi sociali privilegiate.
La scarsa sensibilità dimostrata ai risultati scolastici dei propri figli, riscontrata in alcuni casi, per cui, anche di fronte ad un rendimento scolastico non particolarmente brillante, i genitori istruiti e ricchi non hanno dubbi sulla prosecuzione degli studi dei propri eredi, a prescindere dalle loro probabilità di successo, può essere letta come un segnale inequivocabile di una propensione massima che le famiglie più agiate nutrono nei confronti dell’istruzione. In modo analogo la scelta, all’uscita della scuola media inferiore, da parte di tutti i soggetti intervistati, eredi di famiglie ricche ed istruite, del percorso scolastico più lungo ed impegnativo, può essere interpretata come l’esito di un atteggiamento di sole certezze che le classi privilegiate hanno nei confronti della scuola. Il liceo sembra, infatti, esercitare un richiamo pressoché irresistibile sui discendenti delle classi medio-alte, che lo scelgono indipendentemente da ogni altra considerazione. E quando si opta per l’istruzione liceale, evidentemente, i genitori hanno un progetto ambizioso per i loro figli.
Gli studi secondari superiori in Italia si articolano in una pluralità di indirizzi qualitativamente diversi. Essi risultano suddivisi in istruzione professionale, tecnica e liceale. Le scuole professionali forniscono una preparazione per mansioni manuali
qualificate e per mansioni non manuali ordinarie. La maggior parte dei corsi dura tre anni e, con qualche rara eccezione, non danno accesso all’università. Le scuole professionali, in conseguenza della durata più breve dei corsi rispetto agli altri indirizzi, richiedono un sacrificio minore in termini di rinvio dell’ingresso nel mercato del lavoro ed in termini di costi, sia di costi diretti che di mancati guadagni.
Gli istituti tecnici hanno lo scopo di preparare i giovani a mansioni qualificate non manuali. Essi pertanto forniscono competenze direttamente spendibili sul mercato del lavoro. La durata dei corsi, in questo caso, è di cinque anni, garantendo il pieno accesso all’università. Queste caratteristiche fanno degli istituti tecnici una sorta di scuola intermedia tra gli altri due tipi di istruzione superiore. Infatti con le scuole professionali hanno in comune l’attributo della formazione professionale specifica e con i licei la possibilità di continuare gli studi. Di conseguenza possono essere considerati come la scuola media superiore che minimizza i rischi nel caso in cui si cambiasse idea in seguito, nel senso che richiedono il livello minimo di impegno preventivo a frequentare l’università come vuole il liceo o a entrare sul mercato del lavoro, come esigono le scuole professionali.257
Il liceo non ha l’obiettivo di fornire una preparazione specifica per qualche mansione particolare ma quello di preparare all’università , ritardando a lungo il vero e proprio ingresso nel mercato del lavoro. Una scelta del genere comporta un livello superiore di impegno a proseguire quanto più possibile gli studi per il ragazzo e un notevole sforzo economico per la famiglia.258 È evidente che quando si adotta una decisione del genere, si può ragionevolmente supporre che i soggetti decisori siano orientati da un progetto in cui l’istruzione è considerata irrinunciabile e, come tale, va acquisita in grandi quantità, a prescindere dai costi.. Chi sceglie la filiera liceale punta al completamento dell’intero percorso di studi scolastici, che termina almeno col raggiungimento della laurea.
Se i soggetti intervistati e i propri genitori, invece, avessero avuto soltanto un atteggiamento interlocutorio nei confronti dell’istruzione e non di solo certezze, con ogni probabilità, non avrebbero sostanzialmente deciso la successiva iscrizione all’università già all’età di quattordici anni, dopo la licenza media. Essi, invece,
257 Gambetta D., op. cit. p. 73
258 Basta considerare che quando si sceglie l’istruzione liceale un ragazzo e la sua famiglia sono
consapevoli che devono trascorre almeno 8 anni per conseguire un titolo di studio superiore spendibile sul mercato del lavoro.
avrebbero posticipato la scelta al conseguimento del diploma, scegliendo un percorso scolastico più «prudente» attraverso l’iscrizione ad un istituto tecnico, anziché al liceo, in grado comunque di fornire un titolo professionale intermedio e spendibile sul mercato del lavoro. Soltanto allora avrebbero così deciso di smettere o di proseguire con gli studi universitari, valutando in quel momento gli elementi a favore o a sfavore della prosecuzione degli studi.
Tale adattamento razionale alle circostanze non sembra caratterizzare i comportamenti scolastici dei discendenti delle famiglie agiate ed istruite, per i quali, conseguire la laurea, verosimilmente, rappresenta un traguardo obbligatorio, a prescindere dalle loro inclinazioni o dalle loro probabilità di successo.
Rimane a questo punto da interrogarsi su quale siano i probabili meccanismi che possano spiegare come mai valori e aspirazioni relativi all’istruzione tendano ad essere distribuiti in un modo socialmente disuguale, che corrisponde strettamente alla distribuzione disuguale dei vincoli.