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L’editto delle chiudende e i primi “balentes” dell’800 Un primo impatto sulla criminalità rurale, come già detto in precedenza, fu

apportato dalle modificazioni relative al secolare sistema comunitario delle terre, che andava nettamente in contrasto con l’ideologia egualitaria delle popolazioni dell’isola ed in particolare di quelle Barbaricine. Infatti, tra 1820 e 1860, vennero varati i provvedimenti già noti con la dicitura di: “Leggi delle Chiudende” che abolivano i diritti feudali e davano il via allo sviluppo della proprietà privata sulla terra. La nuova normativa andò a

favore dei grandi possidenti, i cosidetti “principales”57 che ormai trasferitisi

57

La terra e la proprietà, a prescindere dalla professione intrapresa, erano un bene indispensabile in quanto dovevano assicurare la sussistenza della famiglia; erano infatti, il principale e spesso unico mezzo di produzione e riproduzione della stessa. Dalla terra traevano sostentamento le famiglie, dipendevano le loro possibilità di sopravvivere, ma non solo, anche tutta una serie di valori altri, ampiamente condivisi da tutti gli abitanti della comunità: più terra si deteneva e più si era considerati ricchi: “principales” è il termine che veniva utilizzato per i maggiori possessori di terra. L’idea di patrimonio, di ricchezza si fondava quasi esclusivamente sul possesso di beni agricoli e pastorali. Come la comunità era dotata al suo interno di coltivazioni differenziate, vigne, orti, terra da semina e per il pascolo, così la famiglia doveva ricostruire, nel suo piccolo, questo sistema cercando di riprodurre la stessa diversificazione esistente nella

in città, avevan pur sempre mantenuto i legami di proprietà delle loro terre, che ora, avrebbero potuto recintare e privatizzare, impedendo la loro

messa a coltura, a scapito, così, dei piccoli proprietari e dei pastori58,

impossibilitati, ora, nell’uso di tali terreni. Questi ultimi erano particolarmente infastiditi dalle nuove norme, in quanto le recinzioni erano ostacoli che rendevano difficoltosi i trasferimenti di bestiame da un terreno all’altro, impedendo la normale pratica della pastorizia brada e transumante. Semplice è dunque intuire come il nuovo stato di cose abbia potuto innescare nella popolazione nuovi attriti e forti tensioni. Soprattutto nelle zone interne dell’isola, dove ci si oppose con violenza alla chiusura dei terreni con: l’abbattimento dei nuovi recinti, la distruzione dei raccolti, l’invasione e occupazione dei campi e l’uccisione dei contadini. Data la gravità della situazione si attuò contro vari comuni della provincia di Nuoro una dura repressione, che causerà nuovi strascichi di odio e vendette,

malcontenti, violenza e criminalità futuri. L’abolizione dei vincoli feudali59,

con il progressivo conseguente aumento dei terreni agricoli, fu sviluppata gradualmente e i feudatari ottennero i loro congrui risarcimenti. La politica delle chiusure e quella dei riscatti, che prosciugaron ancor più le risorse finanziarie dell’isola, determinarono il finale assetto fondiario della regione. Si andava delineando, inoltre, in questo modo, una più stratificata realtà socioeconomica. Ed è in questa nuova realtà che sembrano aumentare le forme di violenza e ribellione. Il bandito sembra fonder in se gli elementi del ladro gentiluomo e del vendicatore allo stesso tempo, non piegandosi ai soprusi ne della classe dirigente ne dell’autorità costituita. Abbiamo

cellula sociale più vasta, la comunità. Cosiddetti “principales” della comunità: avvocati, notai, sacerdoti, persone il cui nome era semplicemente preceduto dall’appellativo di signore. Oltre alle loro attività professionali, spesso ricoprivano dei ruoli importanti nella sfera politica comunitaria. Tra questi ricchi possidenti compaiono inoltre alcune donne; e anche il loro nome è preceduto dall’appellativo signora.

58

P. Marongiu, Criminalità e banditismo in Sardegna, Carocci ed., Roma, 2004, p. 41.

59

dunque il proliferare di nuovi e pericolosi fuorilegge nei quali ritroviamo i tratti distintivi del “bandito sociale” (ad esempio l’iniziale episodio di ingiustizia nei suoi confronti, che giustifica una sua reazione, per autodifesa o per vendetta e poi, molto spesso, la sua morte per tradimento). Tra tutti questi banditi sociali il più famoso è sicuramente

Giovanni Tolu60, che ebbe un’esistenza molto travagliata, a tratti

romanzesca. Si diede alla macchia per l’aggressione e tentata uccisione del parroco del paese, che nutriva interessi, e non solo religiosi, per la sua bella moglie, la quale, d'altronde, ricambiava le attenzioni. Mentre il Tolu batteva le campagne, da latitante, la moglie fuggì in Corsica, per evitare vendette, e lui trascorse un lungo periodo tra i boschi braccato dalle forze armate, di circa trent’anni. Durante questo periodo si macchiò di numerosi delitti e malefatte. Uccise addirittura vari rappresentanti delle forze dell’ordine, con le quali, comunque, spesso e volentieri collaborò aiutandole nella cattura di vari latitanti del periodo, ergendosi in questo modo a paladino della giustizia. Arrestato nel settembre 1880 fu condannato a morte dopo regolare processo. Sarà poi assolto successivamente, in appello, dal tribunale di Frosinone nel 1882, con la motivazione che gli omicidi erano stati commessi per legittima difesa. Posto in libertà morirà poco tempo dopo a causa di una banale infezione

contratta in campagna. Nella biografia a lui dedicata61, spiccano le sue

doti di “balente”62 che lo rendon sicuramente il bandito più celebre del XIX

60

P. Marongiu, Criminalità e banditismo in Sardegna, Carocci, Roma, 2004, pp. 40-46.

61

E. Costa, Giovanni Tolu. Storia di un bandito sardo narrata da lui medesimo, Nuova Sardegna ed., 2009, Sassari.

62

Chi ricerca il termine balente, oggi, in risposta otterrà nel migliore dei casi, questa spiegazione: «Balente deriva da balentia, che significa valore. Il balente è colui che vale, che ha valore, coraggio, ma in sardo vuol dire qualcos’altro che non si capisce bene». Il concetto di balentia nasce in un’isola nell’isola: la Barbagia . Quella Sardegna che è solo là. Nei paesi sardi il balente, in un’antichità quasi scomparsa, era l’uomo protettore. Quello che difendeva il villaggio dalle angherie dei vicini. Era lo Stato mai conosciuto. Colui che insomma faceva rispettare L’ordine. Feroce e spietato, assassino e vendicatore, mai bandito. Mai umiliato dagli insulti della latitanza. Di lasciare il paese non se ne parlava. Se volevano scacciarlo dal suo regno dovevano prima

secolo. La sua carriera si intersecherà poi con quella di altri famosi banditi del tempo quando contemporaneamente nel 1864 scoppiavano a Nuoro i moti ricordati col nome di “torramos a su connottu” ossia “torniamo al conosciuto” , accennati in precedenza, durante i quali la popolazione di Nuoro inferocita, in seguito all’editto delle chiudende, manifestò

violentemente saccheggiando e dando alle fiamme il municipio63, dopo

aver distrutto il piano di lottizzazione dei terreni comunali, i registri dello stato civile e i documenti dell’archivio di Stato. Si chiedeva con queste rivolte un ritorno al consueto uso comune dei terreni ora privatizzati. Questi alcuni degli avvenimenti susseguitisi nei primi anni dalla nascita del Regno d’Italia che contribuiranno al perdurare della rabbia e del malcontento contro ogni qualsiasi nuova norma o provvedimento preso dalle varie amministrazioni e dal governo centrale.

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