Per quanto riguarda gli anni iniziali del primo conflitto mondiale, possono esser definiti di relativa calma, eccezion fatta per i fatti legati ad Orgosolo. Calma dovuta al fatto che, molti giovani, la parte della popolazione più turbolenta e dunque più portata a delinquere, venivano strappati alle loro famiglie per andar a combattere sui campi di battaglia. La popolazione
78 S. De Franceschi, Orgosolo, 1905-1917, La grande “disamistade”, Ed. La Nuova Sardegna,
Sassari, 2009. Cfr. pag. 176 “Guerra a Orgosolo. Tutta la storia della grande disamistade”.
79
La cosiddetta faida di Orgosolo, conosciuta come: la grande “Disamistade”, una lunga catena di omicidi, circa quaranta, che si è protratta per oltre 60 anni. Una triste e lunga scia di sangue e vendette maturate in una terra antica governata da un codice tribale non scritto, tanto feroce quanto difficile da estirpare, il codice della vendetta barbaricina.
adesso, causa la guerra, viveva ancor più in uno stato di sussistenza, mancando molte braccia atte al lavoro nei campi ed alla pastorizia. Così già dal 1915 ripresero tumulti e manifestazioni popolari, con difficoltà gestite dalle forze dell’ordine. E ripresero anche le famose grassazioni, tra le quali quella che balzò agli onori della cronaca, nei primi anni ’20, ai danni del sindaco di Cuglieri: Eraldo Sanna. Fu questa una vera e propria azione da film, alla quale collaborarono ben 40 banditi, che saccheggiarono l’abitazione di tutti i beni presenti, dimostrando ancora una volta l’impotenza delle forze dell’ordine dinanzi a tali azioni criminose, e la scarsa protezione preventiva che veniva concessa a persone e cose. Il 15 marzo 1922 si torna a parlare di sequestri di persona. Questa volta il malcapitato vittima del rapimento è un ragazzo di Ozieri: Luigi Polo, prelevato in una sua campagna da alcuni banditi, dopo aver consegnato al suo servo pastore una lettera con la richiesta di riscatto fissata in 60 mila lire, e con l’ammonizione di non far entrar nella faccenda i carabinieri, pena la morte del giovane stesso. La famiglia si attivò sia con amici che con le forze dell’ordine per il ritrovamento del proprio figlio. Allorché i banditi, fedeli alle loro parole, visto il mancato pagamento del riscatto e vista la presenza delle milizie nelle ricerche, uccisero il ragazzo, che fu ritrovato dopo pochi giorni morto sotto un’automobile nelle campagne del paese. La situazione, insomma, sembrava non trovar un punto di svolta. Fu così che il governo fascista, nella seconda metà degli anni ’20, incitato anche dalle pericolose mire autonomistiche della regione, decise di agire col pugno di ferro per placare le tensioni ferventi nell’isola che, tormentata da una disastrosa situazione economico-sociale, dopo la prima guerra mondiale, correva il pericolo di rientrar nuovamente in un turbine di violenza e delitti dal quale sarebbe stato opportuno venir fuori. Così nel 1926 fu varato un decreto a Cagliari, Sassari e Nuoro che promuoveva le commissioni provinciali per le ammonizioni e le assegnazioni al confino di polizia. Provvedimenti questi che, come ovvio, avrebbero causato nuovi malumori. La Federazione Fascista accusava, ad esempio, la superficialità
dei metodi inquisitori utilizzati e la troppa facilità con la quale si distribuivano confini e ammonizioni, spesso senza una base di prove sufficienti per tali condanne. Nel 1927 si registra comunque un fatto molto importante nella lotta al banditismo in quanto cade sotto i colpi d’arma da
fuoco dei Carabinieri il pericoloso latitante Onorato Succu80 che, da
vent’anni oramai, compiva scorrerie di ogni genere con la sua banda81.
Era sicuramente un passo avanti aver tolto dalla circolazione la banda di Succu, ma la situazione di gravità ci sarà confermata poco dopo dall’emanazione di altre 16 taglie su altrettanti fuorilegge, ancora a piede libero. Nel 1926 Nuoro diviene provincia, ed il suo prefetto, Ottavio Dinale, proclamò guerra a coloro che avevan fatto del nuorese un privilegiato campo di battaglia, invitando la popolazione civile a non aiutare ed a non appoggiare i latitanti nelle loro malefatte, e ad abbandonare l’idea del bandito romantico, l’eroe, il paladino della giustizia, così come in molte zone era ancor visto chi si dava alla macchia. Lo stesso prefetto, poi, in un suo comunicato dimostrava la positività di una migliorata situazione nella regione per quanto riguardava l’ordine pubblico ed il calo di reati, eccetto il permanere in latitanza del criminale Samuele Stochino detto “Sa tigre de
80 <<Onorato Succu, bandito famoso, passò una parte della sua latitanza libero e tranquillo, d’in
zilleri in zilleri, da una bettola all’altra, nel diplomatico paese di Gavoi, grazie ad un contratto stipulato clandestinamente con un maresciallo sardo: in cambio della sua singolare libertà doveva impedire o risolvere in bonas o in malas ogni bardana e ogni mancamentu di bestiame nel territorio della circoscrizione. >> in: A. Satta, Cronache dal sottosuolo, Jaka book ed., Milano 1991, pg. 61-62. il Succu, imputato di 60 omicidi resta nella storia come uno dei più famigerati capibanda del nostro secolo, spietato nella scelta delle vittime, tra le quali un carabiniere, si dimostrò altrettanto spavaldo, con ripetuti ultimatum rivolti al governo. La notizia della sua uccisione lasciò incredula la popolazione sarda, che si convinse dell’accaduto solo dopo aver ascoltato numerosi bollettini radio. Cfr. pag. 178 “Succu-Corraine fuorilegge […]”
81 <<la banda terribile ed efficiente di Onorato Succu, che per circa vent’anni terrorizzò il
Nuorese, è finalmente distrutta, e l’uomo che proponeva dalla macchia dei compromessi agli imbelli governi socialdemocratici e trovava perfino dei Ministri compiacenti che con lui scendevano a patti, è caduto il 30 marzo 1927 sotto il piombo dei carabinieri che così hanno voluto vendicare l’appuntato Majorca, una delle ultime vittime della banda.>> come riportato da da “L’Isola”, periodico Sardo, del 1 aprile 1927.
Arzana”82 (la tigre di Arzana), “famoso” ai tempi per vari episodi criminali a lui connessi. Eran, però, queste del prefetto, parole facilmente smentibili dai dati statistici che continuarono durante tutti gli anni ’20 a registrare una recrudescenza di delitti di ogni genere. Una terra insomma dove ancora, l’unica luce di civiltà era proprio la presenza dell’arma dei carabinieri: queste le parole del procuratore di Cagliari, Ferrara, nel 1925. Carabinieri che continuavano nella loro opera e nel tentativo di far rispettare la giustizia. Nel 1926 ritrovarono, già morto il brigante Giomaria Uneddu di Ittiri. Poi nel 1927 toccò a Giovanni Maria Puggioni di Bitti. Nel febbraio del ‘28 cadde colpito a morte anche il famigerato Samuele Stochino, il più sanguinario latitante del periodo. Giunsero elogi per questi eventi anche direttamente dal Duce in persona che affermò, forse con
troppo ottimismo che, con l’uccisione di Stochino83, si eran debellati gli
ultimi barlumi della criminalità dell’isola. A smentir ciò, a pochi mesi di distanza, nel maggio del 1928 con tre fucilate fu però assassinato il maresciallo di Orgosolo Antonio Colomo, per mano di alcuni componenti della banda di Santino Succu, come risultò dalle successive indagini. Vennero emanati circa sessanta mandati di cattura per favoreggiamento. Tutti i componenti della banda verranno successivamente arrestati o uccisi. Così come lo stesso capobanda, uno degli uccisori del maresciallo Colomo, il quale cadrà anch’egli, ferito a morte, il 21 dicembre del 1928. Puntuali arrivarono, ancora una volta, le espressioni di esultanza per la fine del banditismo, classica azione di propaganda, questa, svolta dal
82
P . Pillonca, Vita di Samuele Stochino, Ed. La Nuova Sardegna, Sassari, 2009, p. 7. Cfr. pag. 183 “Samuele Stochino, da soldato a fuorilegge tra verità e leggenda”.
83
Samuele Stochino, Figura leggendaria del banditismo Sardo. Sulla sua testa pendeva una taglia di duecentomila lire, la massima mai fissata per un ricercato. Essa a testimonianza del terrore che aveva seminato ovunque. Uccideva e faceva scempio dei cadaveri, senza rinunciare a lasciare sui corpi straziati messaggi per le autorità. Mania, quella dei messaggi per la quale spesso appariva nei villaggi per affiggere bandi intimidatori contro i suoi nemici giurati, e fu proprio questa sua passione a tradirlo, in quanto i carabinieri gli tesero un agguato fatale il 20 febbraio 1928 avendo appreso che si sarebbe recato ad Arzana, quel giorno, per esporre un nuovo bando.
regime fascista ogni qualvolta si ottenevano dei risultati positivi. Infatti era si vero che il governo guidato da Mussolini aveva ottenuto grandi risultati sotto questo punto di vista, ma continuava la crescita dei delitti e bisognava ammettere che nella regione il valore della vita era ancora molto sottovalutato, dato il numero dei delitti commessi, spesso anche per futili motivazioni. Nei primi anni trenta vi fu dunque, forse legato anche alla crisi mondiale che piegò ancor più l’economia sarda, una nuova stagione di prosperità del banditismo isolano. Dal 1925 al 1932, durante il nuovo corso del governo fascista, non si registrarono sequestri di persona. È il 1933, però, quando la Sardegna viene sconvolta dal sequestro della
piccola Maria Molotzu84, la sfortunata innocente figlia del podestà di Bono,
uccisa poi dalla banda dei suoi sequestratori, cappeggiata da Antonio Pintore (o forse ammalatasi in mano ai briganti, e morta lì, tra le rocce del Nuorese, secondo altre versioni). La banda fu sgominata grazie alle testimonianze di alcuni operai che ne consentirono l’identificazione. Antonio Pintore, due anni più tardi fornì ai carabinieri le indicazioni utili per ritrovare il corpo della piccola Maria, nei pressi di Olzai. Lo stesso Pintore riconosciuto dal tribunale come esecutore materiale del delitto verrà processato e condannato a morte nel marzo del 1936. Altra importante vittoria delle forze dell’ordine fu l’uccisone del bandito Antonio Chironi, che si era reso famoso, nella regione, dichiarando di voler diventare il più famoso bandito di tutti i tempi, ma nel novembre del 1933 fu colpito a morte da una fucilata alla testa da parte del carabiniere Sebastiano Pirastru. Si sollevavano, intanto, dibattiti per ciò che riguardava la
legittimità della pena di morte85, vista in alcune occasioni come unico
84
G. Ortu, La donna nella società sarda, Ed. sarda Fossataro, 1975, p. 45.
85 L'ultima condanna a morte venne irrogata ai tre autori di una strage a scopo di rapina avvenuta
nel 1945 in una cascina di Villarbasse (TO), dieci persone massacrate a bastonate e gettate ancora vive in una cisterna. L'allora capo dello Stato Enrico De Nicola respinse la grazia e il 4 marzo 1947 venne eseguita l'ultima fucilazione in Italia alle Basse di Stura vicino a Torino. L'abolizione definitiva fu sancita il primo gennaio 1948 dalla Costituzione Italiana, salvo che nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. La Legge costituzionale 2 ottobre 2007, n. 1, ha eliminato la pena di
rimedio necessario e come deterrente al proliferare dei crimini. Come vedremo da quando essa sarà abolita ci sarà un sostanziale aumento dei delitti.