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EmILIE - rilevazione di input implicito e di emozioni

Responsabile scientifico: Lucio Davide Spano

Gruppo di ricerca: Barbara Pes, Daniele Riboni, Riccardo Scateni, Giovanni Puglisi, Diego Reforgiato, Maurizio Atzori, Massimo Bartoletti, Michele Pinna

Ogni giorno interagiamo con un elevato numero di dispositivi sparsi nell’ambiente che ci circonda o che indossiamo e portiamo sempre con noi (Fig. 1). Sebbene ognuno di loro sia collegato in modo autonomo alla rete internet, che consente una comunica-zione con qualsiasi servizio o applicacomunica-zione, di solito questi dispositivi supportano l’in-terazione con gli utenti in modo isolato. Ciò rende difficile la creazione di ambienti che sfruttino appieno l’interazione multi-dispo-sitivo, anche in situazioni in cui sarebbero vantaggiose, come nei negozi, nei musei o nelle aule scolastiche.

Il progetto EmILIE ha come scopo quello di studiare delle tecniche per il rilevamen-to di informazioni sulle diverse entità che compongono gli ambienti interattivi, coor-dinando e integrando i dati provenienti da diversi dispositivi. In particolare, il proget-to si è focalizzaproget-to sull’input impliciproget-to, cioè su quelle informazioni che possono essere raccolte sugli utenti e sull’ambiente che non sono state generate per interagire con un dispositivo in modo conscio, come la gestualità, la prossemica o il posizionamen-to all’interno dell’ambiente. Quesposizionamen-to tipo di informazioni sono importanti per proget-tare e implemenproget-tare interazioni usabili sui diversi livelli di interattività, riassunti in Figura 2.

All’interno del progetto sono stati com-pletati diversi studi pilota, che hanno

per-messo di provare la possibilità di utilizzare dispositivi di livello consumer come sem-plici camere RGB, sensori di profondità, mi-crofoni, o dispositivi Bluetooth per questo tipo di rilevamento.

I risultati del progetto si articolano su cin-que linee di lavoro. La prima è cin-quella della prossemica e della localizzazione indoor.

All’interno del progetto è stata sviluppata un’architettura hardware e software per

Fig. 1. Un esempio di ambiente interattivo multispositivo. Diversi utenti possono interagire con di-versi dispositivi che sono sparsi all’interno dell’am-biente. Ogni utente può svolgere un compito con l’ausilio di uno o più dispositivi, anche collaborando con altri utenti.

Scienze matematiche e informatiche

la localizzazione della posizione dell’u-tente all’interno di ambienti chiusi, utiliz-zando come scenario d’esempio un’aula scolastica. Il sistema funziona tramite l’u-tilizzo di due tipologie di emettitori Blue-tooth (beacon), una a lungo raggio e una a corto raggio. La prima tipologia, posi-zionata sulle pareti, permette una stima della posizione tramite triangolazione. La seconda permette di identificare oggetti come mobili o apparecchiature che di per sé non supportano servizi digitali. Tra-mite un algoritmo di combinazione delle informazioni ricevute da questi emettito-ri su dispositivo mobile siamo in grado di fornire la posizione dei diversi alunni all’interno dell’aula e di fornire al docen-te una vista sui gruppi che si formano in modo autonomo. Il funzionamento del si-stema è riassunto in Figura 3.

Una seconda linea di lavoro è lo svi-luppo e l’applicazione di tecniche di ma-chine learning per il riconoscimento

del-Fig. 2. Diversi livelli di interattività in base alla di-stanza dal dispositivo. Il primo livello prevede un’interazione personale con il dispositivo; il secon-do una interazione leggera, che può essere condivisa anche fra più utenti; il terzo è quello dell’interazione implicita, nel quale il dispositivo può rilevare delle informazioni senza che l’utente le invii esplicitamen-te, il quarto è quello della visualizzazione di infor-mazione ambientale, utile per l’analisi del contesto delle altre interazioni.

Fig. 3. Rilevazione della posizione di un utente all’in-terno di una stanza. I beacon a lungo raggio (long-ran-ge) permettono di stimare la posizione in modo as-soluto tramite triangolazione. Questa informazione è integrata dal rilevamento dei beacon a corto raggio (short-range) che permettono di incrementare l’accu-ratezza del posizionamento. Un server centralizzato analizza la posizione di tutti gli utenti nell’ambiente e fornisce informazioni dinamiche sui gruppi che si formano spontaneamente nell’ambiente.

le attività dell’utente, sfruttando l’input implicito raccolto tramite diversi sensori.

Durante lo svolgimento del progetto sono state sviluppate diverse tecniche per ri-solvere problemi di base nell’utilizzo dei dati raccolti in fase di analisi, come nel caso di dimensionalità elevata o nel caso di una distribuzione delle classi forte-mente sbilanciata. Sono state studiate e implementate tecniche “ensamble” per il miglioramento della stabilità e l’efficacia del rilevamento, valutando sperimental-mente la robustezza di diverse tecniche di selezione degli attributi rispetto alla per-turbazione dei dati in input. Queste tecni-che, valide in generale per diverse tipolo-gie di dato, sono state applicate al caso di studio del progetto per il riconoscimento delle attività utente. In particolare, le ab-biamo sperimentate per la personalizza-zione del riconoscimento di un insieme di attività in base alle caratteristiche e abilità fisiche dell’utente, per la

personalizzazio-pervisionata (cioè senza l’intervento di un umano), semplicemente interpretando automaticamente dei testi forniti in input.

Questo consente l’estrazione di conoscen-za strutturata su un determinato domi-nio o attività semplicemente analizzando descrizioni in linguaggio naturale. Una evoluzione di questo sistema permette, in modalità semi-supervisionata, di rispon-dere autonomamente a interrogazioni degli utenti in linguaggio naturale, sfrut-tando le conoscenze apprese in modo automatico. Durante la sperimentazione l’approccio è stato applicato agli open data sulle spese dei governi di diversi Pa-esi, ottenendo dei risultati incoraggianti.

Una tecnica simile è stata inoltre applicata alla documentazione e al codice di libre-rie software (in linguaggio Java), creando una ontologia (CodeOntology) interroga-bile per vari scopi come l’ingegneria del software o il question answering compu-tazionale.

La quinta linea di lavoro comprende le tecniche per la dimostrazione di pro-prietà sui dati raccolti, in modo da ren-dere più semplice, efficace e sicuro il sal-vataggio e l’analisi dei dati. I risultati in questa linea hanno portato allo sviluppo di tecniche per individuare analogie tra le varie informazioni, in modo da eliminare inutili duplicazioni. Questo ha consentito di comprendere come differenti alternati-ve nelle varie evoluzioni possano essere compattate, introducendo il concetto di merging relation che per ora ha trovato ap-plicazione nell’ambito delle Reti di Petri.

Infine, ci si è concentrati nella definizione di modelli per la dimostrazione di pro-prietà formali relative alla correttezza e completezza di contratti per l’utilizzo di dati e l’esecuzione di servizi, che consente di offrire garanzie dimostrabili agli utenti dei servizi stessi.

Maggiori informazioni e un elenco comple-to delle pubblicazioni supportate dal pro-getto sono disponibili alla pagina http://

cg3hci.dmi.unica.it/lab/projects/emilie.

ne di servizi digitali in base al contesto d’uso attraverso il riconoscimento di atti-vità quotidiane (come ad esempio cammi-nare, correre, lavarsi, ecc.) e per la perso-nalizzazione della definizione dell’elenco di attività da riconoscere all’interno degli ambienti interattivi (p.es. una smart home) in base al feedback degli utenti, permet-tendo una semplice integrazione di nuovi sensori per il raffinamento delle attività riconosciute.

La terza linea di lavoro è quella del-lo sviluppo di metodi e tecniche per la descrizione e il riconoscimento di gesti interattivi. Questa particolare forma di input permette di ottenere informazio-ni importanti nel caso di esecuzione di azioni in modo sia conscio che inconscio.

All’interno del progetto è stata sviluppata una tecnica di modellazione basata sulla composizione di elementi geometrici di base (punti, linee e archi). Ciò permette agli sviluppatori di definire gesti interat-tivi come evoluzioni temporali di traietto-rie formate da questi elementi. La tecnica ha un duplice vantaggio: da un lato per-mette al programmatore di definire i gesti con un linguaggio apposito, ottenendo un riconoscitore accurato che fornisce infor-mazioni sia sull’intero gesto che sulle sue parti. Dall’altro lato, l’approccio permette all’utente di essere guidato durante l’ese-cuzione del gesto, tramite il supporto al riconoscimento parziale. Questo consen-te una maggiore usabilità dei sisconsen-temi ge-stuali, poiché facilitano la scoperta e l’ese-cuzione dei gesti, mitigando il problema della scelta del vocabolario di interazione legata alla capacità di riconoscimento dei dispositivi di tracciamento.

La quarta linea di lavoro è stata l’estra-zione di conoscenza dal linguaggio na-turale. Abbiamo proposto un algoritmo che, a partire da un piccolo insieme di parole co-iperonime (come ad esempio Italia, Francia, Germania), restituisce una lista più lunga di elementi (ad es. Spagna, Portogallo, Polonia...) in maniera non

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Scienze matematiche e informatiche

Bibliografia

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Art. No. 11.

Lucio Davide Spano è Professore associato del Dipartimento di Matematica e Informati-ca dell’Università degli Studi di Cagliari, dove insegna Interazione Uomo-Macchina e Pro-grammazione Web. È un membro associato del laboratorio HIIS all’ISTI-CNR di Pisa dove ha lavorato dal 2008 al 2012. Ha ricevuto il suo Dot-torato di Ricerca all’Università di Pisa nel 2013.

Il suo interesse principale di ricerca è l’Intera-zione Uomo-Macchina. Ha scritto diversi arti-coli su tecniche innovative di interazione e vi-sualizzazione, l’interazione gestuale, la realtà

virtuale e aumentata per i beni culturali, guide mobili per museo ed end-user development.

È stato il responsabile scientifico del progetto D3P2 (creazione di ambienti virtuali per utenti non programmatori) e EmILIE (tecniche per il tracciamento di input implicito). Ha collaborato a diversi progetti finanziati dalla Commissione Europea (Serenoa FP7 STREP p.n. 258030, Ser-vFace FP STREP 216699, Artemis Smarcos p.n.

100249). È stato membro del Model-Based User Interface Working Group del World Wide Web Consortium (W3C).

L’avvento di nuovi materiali ha reso pos-sibili le principali rivoluzioni tecnologiche che hanno plasmato la società moderna: la microelettronica, l’optoelettronica e le te-lecomunicazioni. I materiali in questione sono il silicio, i semiconduttori III-V e più recentemente i semiconduttori organici. Le perovskiti organico-inorganico a base di alogenuri organo-metallici rappresentano una nuova classe di semiconduttori al cen-tro dell’attenzione della comunità scientifica per le loro eccellenti proprietà optoelettro-niche. In pochi anni le celle solari fabbricate con questi materiali hanno raggiunto effi-cienze di conversione superiori al 20%. L’in-tegrazione con pannelli fotovoltaici al silicio per la realizzazione di celle multigiunzione a basso costo ma elevatissime efficienze, intorno al 30%, rappresenterebbe una con-creta rivoluzione tecnologia nel campo dei dispositivi fotovoltaici ed un importante passo verso uno sviluppo energeticamente sostenibile della nostra società. Le perovski-ti sono inoltre estremamente interessanperovski-ti anche come materiali elettroluminescenti nei diodi emettitori di luce (PLED). I PLED hanno tutte le caratteristiche per diventare i dispositivi di prossima generazione che accomunano i pregi degli emettitori di luce presenti oggi nel mercato: i LED, costruiti utilizzando semiconduttori inorganici; gli OLED, basati su semiconduttori organici; i QLED, che sfruttano le proprietà di

emissio-ne dei punti quantici per una migliore resa colorimetrica degli schermi dei cellulari e televisori. I motivi sono qui illustrati breve-mente. Una peculiarità delle perovskiti ibri-de è quella di poter essere utilizzate, come i semiconduttori organici, in pannelli sot-tili, flessibili e di grande area. Le perovski-ti ibride mostrano in aggiunta proprietà di trasporto elettrico molto superiori, e quindi, in principio, i PLED assicurerebbero consu-mi energetici consu-minori e non distanti da quelli dei LED inorganici basati sui semicondut-tori III-V. Nell’illuminotecnica, i PLED a grande area e su substrati flessibili offrireb-bero quindi soluzioni a basso consumo ed architettoniche uniche, non ottenibili con le tecnologie oggigiorno presenti nel mercato.

Infine, l’emissione di luce dalle perovskiti ibride è in prima approssimazione mono-cromatica e modulabile in tutto lo spettro visibile. Questa caratteristica permetterebbe di ottenere una profondità e brillantezza di colore confrontabile a quella degli schermi con tecnologia QLED.

Le perovskiti hanno la formula chimica ABX3, dove A+ è un catione organico mono-valente, B++ uno ione metallico bivalente, e X- un alogeno. Nelle perovskiti ibride ABX3, gli elettroni del semiconduttore si possono muovere in tutte e tre le direzioni dello spa-zio (3D). È anche possibile confinare il mo-vimento degli elettroni in un piano, ed in questo caso si parla di perovskiti

bidimen-Emissione di luce efficiente da perovskiti ibride

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