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L’energia utilizzata dall’IT

ALESSANDRO SIMONETTA *

3. LA STRATEGIA GENERALE PER RISOLVERE IL PROBLEMA

3.1. L’energia utilizzata dall’IT

Un recente studio della CISCO [7], azienda che opera nel settore delle infrastrutture di rete, mostra che il 2% di emissioni relativo al consumo energetico delle infrastrutture IT si com-pone di due contributi equivalenti: il consumo dei data center e quello dei calcolatori che comunemente abbiamo sulla scrivania in ufficio e/o a casa (desktop o PC).

Gli apparati presenti in un CED (server, mainframe, sottosistemi di storage,...) hanno un’architettura interna più complessa e dimensioni differenti rispetto ai desktop e pertanto verranno analizzati separatamente. Tuttavia, trattandosi di elaboratori elettronici è possibile individuare delle strategie comuni di risparmio energetico, come ad esempio il migliora-mento dell’efficienza nella trasformazione della tensione di alimentazione.

3.1.1. I data center

Un data center o più comunemente Centro di Elaborazioni Dati (CED) è una infrastruttura hardware costituita da un insieme di risorse: elaboratori (mainframe e server) e periferiche (unità di memorizzazione, sottosistemi di storage,...) collegati attraverso una rete di inter-connessione veloce in grado di erogare servizi di elaborazione dei dati.

I data center sono utilizzati in molti settori industriali, nelle Istituzioni governative, nelle Università, e presentano delle caratteristiche comuni che verranno di seguito esplorate.

Negli ultimi 10 anni, il costo di gestione di un apparato hardware, anche a causa dei sempre più alti dei costi dell’energia elettrica (comprensivi di quelli per il raffreddamento), ha subi-to notevoli incrementi rispetsubi-to al cossubi-to per l’acquissubi-to dell’apparasubi-to stesso. La crescente richiesta di energia elettrica dei data center, che si aggira intorno al 8-10% l’anno [8], rischia di divenire un fattore di criticità in quanto l’eccessiva domanda potrebbe - a medio-lungo termine - non essere più soddisfatta. Nei prossimi anni, la scalabilità del 60% dei data center sarà limitata dal consumo di energia elettrica, dalle esigenze di raffreddamento e

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dallo spazio [2, 8, 16, 20]. Va evidenziato inoltre che le statistiche sui consumi spesso riguardano stime su dati mondiali, non considerando che in Italia il costo dell’energia è più alto rispetto ad altri Paesi (es. negli US il costo per utenti industriali è di 0.06$/kWh mentre in Italia è di 0.24$/kW [9]).

Talvolta, il consumo effettivo degli apparati IT non è visibile al responsabile dei sistemi informatici perché è gestito contrattualmente da un’altra Struttura dell’azienda, quindi tali costi sfuggono al controllo essendo inglobati all’interno di una voce di costo più ampia che contiene altre spese di energia elettrica (ascensori, montacarichi, illuminazione, mensa,...)[15]. Non ultimo, esiste il problema che misurare questi consumi non è un’opera-zione semplice poiché sono richiesti strumenti e metodologie appropriate. D’altra parte gli attuali CED sono nati in un periodo in cui non veniva per nulla considerato l’impatto ambientale e il costo dell’energia era trascurabile. In quell’epoca le infrastrutture non erano progettate con criteri di efficienza termica (isolamento ed ottimizzazione dello scambio calorico) e non si eseguivano calcoli precisi riguardo il dimensionamento termodinamico degli apparati e delle aree di collocazione. Inoltre, anche se all’epoca fossero stati studiati locali adeguati e impianti di areazione sofisticati, allo stato attuale detti studi sarebbero comunque superati in rapporto all’innovazione tecnologica che ha cambiato radicalmente le architetture hardware.

3.1.1.1. Criticità e possibili punti di intervento

In un data center circa il 40% dell’energia [8, 10] è utilizzata per i gruppi di continuità e per l’impianto di raffreddamento, la cui efficienza è correlata alla disposizione degli apparati e alla struttura dell’ambiente che li ospita. Una tecnica emergente per migliorare l’efficienza dell’impianto di raffreddamento è quella di utilizzare l’aria proveniente dall’esterno piutto-sto che farla riciclare internamente ai locali (free cooling). Alcune aziende specializzate possono valutare l’efficienza energetica del data center (Audit Energetico) affrontando la ri-progettazione ottimale dei locali con l’utilizzo di software sofisticati di simulazione (es.

TileFlowTM http://inres.com).

Negli elaboratori i componenti interni sono diventati sempre più efficienti dal punto di vista energetico: processori, elementi di memorizzazione e ventole di raffreddamento.

L’utilizzo di processori multi-core permette di abbassare la frequenza del clock e ridurre i consumi (un multi-core ben programmato può ridurre i consumi del 30-60% rispetto ad un single-core [4, 8]).

I supporti di memorizzazione a stato solido possono operare ad intervalli di temperatura più ampi rispetto ai classici harddisk e, grazie all’assenza di elementi meccanici, permet-tono di ridurre i consumi elettrici diretti, quelli indiretti di raffreddamento e la difettosità dell’apparato.

Nei singoli elaboratori si può inoltre ridurre il dispendio energetico fino al 40-50% attraver-so l’utilizzo di ventole interne di raffreddamento a velocità variabile che - a differenza delle tradizionali ventole - riescono ad operare efficientemente in funzione del calore prodotto dalla macchina.

Un altro problema di efficienza ben noto risiede nella fase di trasformazione dell’alimenta-zione da alternata a continua che dipende dal regime di carico (normalmente presente in ogni apparato digitale). L’utilizzo di un sistema unico di conversione e la diffusione in ten-sione continua (tipicamente -48V), comune a più elaboratori, può migliorare enormemente

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il dispendio energetico: questa tecnica è attualmente utilizzata nelle centrali di telecomuni-cazione di nuova generazione.

Alcune stime effettuate sui data center mostrano che gli elaboratori presenti nei CED sono utilizzati in modo inefficiente: questi possono arrivare a spendere fino al 90% del loro con-sumo massimo persino in assenza di produzione di lavoro utile. Oggi esiste una tecnologia chiamata virtualizzazione che permette alle applicazioni di girare su più elaboratori virtuali allocati su un ridotto numero di elaboratori reali. Nel futuro le applicazioni verranno riscrit-te per funzionare utilizzando nativamenriscrit-te risorse virtuali. Questo significa che gli elabora-tori potranno funzionare al massimo delle loro capacità, quindi dell’efficienza, con la con-seguente riduzione di apparati ridondanti poiché la caduta di un sistema reale può essere gestita efficacemente attraverso la creazione di una nuova macchina virtuale e il ribilancia-mento del carico (es. tecnologia VMotionTMdi VMware).

Una semplice metrica per quantificare l’efficienza energetica di un data center è la potenza utile efficace (PUE), questo indice sintetizza il rapporto tra l’energia necessaria ad alimen-tare l’intero complesso del data center (con tutti i sottoservizi) e quella strettamente neces-saria all’alimentazione dei server (energia utile). Minore è il PUE e maggiore è l’efficienza energetica. Oggi il valore tipico è intorno a due, in US l’Agenzia della Protezione dell’Ambiente ipotizza che per il 2011 si potrà arrivare fino al valore di 1.2 utilizzando le nuove tecnologie [10].

Alla luce delle considerazioni esposte, la riprogettazione dei locali, il consolidamento delle architetture server e la virtualizzazione costituiscono le attività da intraprendere nel medio-lungo periodo al fine di perseguire l’obiettivo del Green IT [15, 16, 17].

Un’altra soluzione concreta per ridurre le emissioni di CO2, già messa in atto da alcune organizzazioni, è la generazione locale di energia pulita attraverso l’utilizzo di pannelli solari o termici, particolarmente indicata in zone assolate come le terrazze degli edifici.

Con una prospettiva più ampia, grazie all’incremento della banda nelle comunicazioni tele-matiche, la localizzazione fisica del data center è diventata superflua tanto da chiedersi se vale la pena spostare l’intera infrastruttura in aree geografiche in cui la produzione di ener-gia elettrica è prevalentemente pulita (come accade per lo stato dell’Oregon negli US che è dotato di grande capacità idroelettrica).

In ultima analisi, si può ipotizzare il passaggio al Green Cloud Computing: acquisizione di servizi di elaborazione dati da aziende specializzate (in sostanza CED virtuali) che utilizza-no un’infrastruttura distribuita in aree in cui l’energia è prodotta senza scorie.

In conclusione, sebbene gli apparati hardware del data center siano stati prodotti nel rispetto di eccellenti criteri di efficienza energetica, oggi l’anello più debole è indubbiamente il software che, essendo realizzato con diversi strati applicativi, può presentare delle criticità inoltre, se mal progettato, può rischiare di vanificare l’efficienza dell’intero sistema. Per questa ragione più avanti verrà dedicata una sezione specifica al tema dell’efficienza ener-getica del software.

3.1.2. Gli ambienti desktop

Mentre gli apparati di un data center sono concentrati in un’unica area, per gli ambienti desktop - responsabili dell’altra metà dei consumi del settore IT - il problema di gestirne l’efficienza è ben più complesso (si pensi agli apparati distribuiti in ufficio quali PC, laptop, stampanti, scanner e telefoni). In questo caso, è difficile controllare l’energia utilizzata

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anche perché quest’ultima dipende dal comportamento di molti utenti: esistono tuttavia delle soluzioni tecnologiche che possono essere di grande aiuto.

Alcune statistiche della National Energy Fundation [12] mostrano che il 18% degli impie-gati non spegne il proprio PC durante la notte o nel week-end, questo produce un danno complessivo pari all’emissione di 700?000 tonnellate di CO2(lo stesso volume di emissio-ne di una centrale termoelettrica in un anno)[10]. Uno degli accorgimenti da preferire con-siste nell’utilizzo di con-sistemi automatici di spegnimento dopo un prefissato periodo di tempo di inattività della macchina.

Coerentemente con l’ipotesi del Governo del UK, se assumiamo che 1kWh produce circa 0.51Kg di diossido di carbonio, ciascun PC è in grado di produrre nell’anno una tonnellata di CO2[16].

I componenti elettronici presenti nei desktop sono soggetti alle medesime considerazioni degli elementi di calcolo dei data center: l’utilizzo di hardware innovativi che possiedano intrinsecamente il concetto di efficienza energetica è una strada da prediligere quando si hanno a disposizione sufficienti risorse economiche. Tuttavia, si ricorda che il modo in cui il software è scritto può influire significativamente sulle caratteristiche messe a disposizio-ne dall’hardware persino limitandodisposizio-ne il vantaggio edisposizio-nergetico.

Sebbene oggi tutti i computer abbiano la modalità a basso consumo energetico che si aziona dopo un periodo di inattività da parte dell’utente, è bene definire per i desktop delle impo-stazioni comuni in tema di risparmio energetico.

Uno studio evidenzia come un computer laptop, durante l’utilizzo, possa consumare fino ad un terzo dell’energia spesa da un normale desktop [4, 10]. Proprio in virtù di questa consi-derazione, alcune aziende stanno sostituendo le proprie postazioni desktop con postazioni laptop. Altre da tempo prediligono la strada del laptop in luogo del PC tradizionale.

Dal punto di vista del TCO, i laptop, nati originariamente come postazioni mobili di lavoro, richiedono le medesime attività di gestione dei desktop: aggiornamento del software applica-tivo, controllo delle licenze software, aggiornamento dei sistemi di protezione e sicurezza,…

Tra le strategie di risparmio energetico del parco hardware, se l’azienda possiede ancora dei monitor a raggi catodici (CRT), vale la pena sottolineare che i monitor digitali (LCD), durante la modalità operativa, possono ridurre i consumi del 50% circa rispetto ai CRT [13].

Un approccio completamente opposto per le postazioni di lavoro è il thin client: terminale privo di elementi di processamento locale e sistema operativo - costituiti semplicemente da monitor, tastiera ed apparato di comunicazione - che, connessi a server centrali, ne possono visualizzare l’output. Sebbene i consumi di un thin client siano molto modesti (circa 3-10W contro i 130W di un PC con medie performance ad esclusione del monitor [13, 21]) occorre considerare, rispetto all’architettura con PC desktop o laptop, l’aggiunta di un server centra-le il cui consumo dipende dal numero di postazioni che deve remotizzare. Un autorevocentra-le Istituto tedesco stima che un’architettura con thin client mediamente può raggiungere il doppio dell’efficienza energetica rispetto ad una con desktop [10].

Tuttavia, l’adozione dell’architettura con client “leggeri” garantisce altri aspetti significativi:

• la minore complessità elettronica interna e l’assenza di componenti meccaniche, riduco-no la difettosità (e la rumorosità) di questi apparati rispetto alle altre tipologie di PC;

• l’utente non può installare localmente software non autorizzato e quindi non può inserire virus all’interno della postazione (anche se è possibile abilitare l’utilizzo limitato di dispositivi USB);

• se dotati di un sistema di riconoscimento (es. lettore badge o lettore biometrico)

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tono di autenticare automaticamente l’utente e lavorare indipendentemente dalla posta-zione; inoltre, possono essere un utile strumento per identificare le persone nell’edificio ai fini della sicurezza (es. nel caso di incendio);

• si può migrare architettura con postazioni desktop ad una con thin client semplicemente riutilizzando i monitor - a vantaggio della riduzione dei tecnorifiuti - aggiungendo un apparato di interfaccia di piccole dimensioni (e costo ridotto) in sostituzione del PC;

• la gestione degli ambienti (prodotti software, licenze, affidabilità, backup,…) è centralizza-ta con la conseguente riduzione dei costi del TCO rispetto alle altre soluzioni distribuite;

• in caso di caduta dell’alimentazione elettrica sul client (o su più postazioni) non si verifi-cano malfunzionamenti (hardware e software) e la sessione di lavoro può essere ripristi-nata in pochi secondi, e su qualsiasi macchina, esattamente al punto in cui era stata lasciata;

• un thin client è un hardware con maggiore longevità rispetto ad un classico PC [13].

In tema di miglioramento energetico della rete di fonia, è possibile utilizzare il VoIP (Voice Over Internet Protocol), tecnologia che consente di gestire le chiamate telefoniche in moda-lità Internet, con notevoli vantaggi anche in termini di competitività e di riduzione di costi.

Inoltre, i telefoni VoIP possono utilizzare il PoE (Power Over Ethernet), una tecnologia attraverso la quale è possibile trasferire su un comune cavo ethernet oltre ai dati anche l’ali-mentazione degli apparati stessi. Gli apparati alimentati in PoE hanno migliore efficienza energetica (non esistendo trasformazione locale) e possono riutilizzare il cablaggio di rete esistente negli edifici, senza richiedere ulteriori connessioni di alimentazione.

Considerando gli altri dispositivi periferici destinati alla produttività individuale, ovvero la stampante, lo scanner, la fotocopiatrice ed il fax, è preferibile l’utilizzo di apparati multifun-zionali che, assemblando più apparati insieme, permettono di ridurre il consumo di energia elettrica ed anche i costi di manutenzione. In ultima analisi, questi dispositivi periferici perso-nali, come i PC, proprio perché introducono dei costi difficilmente controllabili (energia, carta, manutenzione,…) - ove possibile - andrebbero limitati a favore dell’utilizzo di risorse condivise. Un piccolo accorgimento sulla impostazione della stampante, come il fronte/retro, può far risparmiare molta carta e costi di manutenzione. Il riuso della carta è un importante obiettivo del Green IT, infatti, per produrre una tonnellata di carta da cellulosa vergine occor-rono circa 15 alberi, 440 000 litri di acqua e 7 600 kWh di energia elettrica. Viceversa per produrre una tonnellata di carta riciclata non occorrono alberi ma sono sufficienti 1 800 litri di acqua e 2 700 kWh di energia elettrica (http://www.cermec.it). Nel 1980, durante la prima introduzione dei PC, venivano consumate 70 milioni di tonnellate di carta ogni anno; nel 1997 si è arrivati fino a 150 milioni di tonnellate [15]. Viviamo in un’epoca di crescita non predici-bile della quantità di informazioni, infatti nel 2006 sono state create e copiate informazioni digitali per un totale di 161 ExaByte (161 000000000000000000 Byte) che corrispon-de a tre milioni di volte le informazioni presenti in tutti i libri mai scritti, oppure a 12 pile di libri che si estendono dalla terra al sole per circa 150 milioni di km. Si stima che nel 2010 si arriverò a sestuplicare il valore del 2006 [15].