156. Esenzioni e detrazioni secondo la legge 24 agosto
1877. — Si ricorda che con la legge del 24 agosto 1877
(art. 54) il reddito imponibile si otteneva dal reddito netto, per la cat. A valutandolo al suo valore integrale, per la cat. B riducendolo ai del suo valore integrale, per la cat. C
5 4 riducendolo ai —- e per la cat. D ai — - .
8 8 Ciò premesso, mentre per i redditi di cat. A non si ac-cordava — come non si accorda — esenzione o detrazione veruna, l'art. 55 della citata legge disponeva: quando i redditi di ricchezza mobile delle cat. B, C e D, non sono superiori alle L. 400 imponibili, sono esenti da imposta, quando questa si riscuota col mezzo di ruoli. Questi stessi redditi delle cat. B, C, sui quali l'imposta si riscuote per mezzo dei ruoli, allorché o soli o sommati cogli altri redditi mobiliari o fondiari del contribuente, eccedono le L. 400, ma non le 800 imponibili, sono tassati con la detrazione di L. 250 impon., se eccedono le L. 400 impon., e non le 500 » 200 » » » 500 » » 600 » 150 » » » 600 > » 700 » 100 » » » 700 » » 800 Quando i redditi di ricchezza mobile di cat. D soli o sommati cogli altri redditi mobiliari o fondiari del con-tribuente, sono superiori alle L. 400 impon. ma non alle L. 500, godranno dell'esenzione corrispondente a L. 100 di reddito impon. e sul resto sarà applicata la aliquota normale (art. 55).
157. Esenzioni e detrazioni secondo la legge 22 luglio
dispo-sizioni della legge 24 agosto 1877 vennero modificate dal-l'art. 2 della legge 22 luglio 1894 e più ancora, sebbene in senso opposto alla legge, dall'art. 55 del Regol. 3 no-vembre 1894, e da una circolare della Direzione generale delle imposte dirette in data 8 agosto 1894.
158. Contraddizione tra la legge e il Regolamento -Per chiarire bene questo punto, è necessario ci dilun-ghiamo alquanto. Diceva dunque l'art. 2 della legge 22 lu-glio 1894 « le esenzioni e le detrazioni di cui ali art. 55 del testo unico approvato con decreto reale del 24 agosto 1877 continueranno ad essere calcolate seconde le regole di riduzione dal reddito effettivo in reddito imponibile, stabilite nelle lettere b, c e d dell'art. 54 dello stesso testo unico » È chiaro che questa disposizione anziché aggra-vare anche i contribuenti minimi doveva avere per effetto di alleggerirne il carico.
Si supponga, ad esempio, un contribuente con un red-dito netto od effettivo di L. 850. Egli, secondo la vecchia legge, doveva pagare un'imposta di L. 62,73. Difatti il suo reddito si riduceva dapprima ad un reddito imponibile di
8^0 x 6
L. 633,33 secondo la formola . Per la somma com-presa t r a L 600 e 700 la riduzione essendo, come si è visto di L. 150, ne risultava un reddito netto da caricare in ruolo di L 483 33, al quale con la vecchia aliquota del 13 % cor-rispondeva un'imponibile di L. 62,73. Invece secondo la nuova legge il reddito netto si dovrebbe dapprima r i d u r r e ad un reddito imponibile di L. 425 secondo la formola 8 5 0 x 2 0 Ma per la detrazione si applica la legge vecchia,
40 '
ossia si riduce la somma di •/, ottenendo cosi un reddito di L. 633,33.
Per le somme comprese tra 600 e 700 lire la detrazione è di L. 150. Ma questa detrazione non si fa dalla somma di L. 633,33, ma da quella di 425, ottenuta con il nuovo coefficiente di riduzione. Ne risulta dunque un reddito da c a r i c a r e in ruolo di L. 175, al quale con la nuova aliquota del 2 0 % , corrisponde un'imposta di L 35.
Il fisco dunque vedeva deluse le sue aspettative, per quanto si riferisce ai redditi che subiscono una detra-zione. E corse subito al riparo, disponendo nell'art. 51 del regolamento 3 novembre 1894, n. 493, e in una circo-lare della direzione generale delle imposte dirette in data 8 agosto 1894 che « una volta tradotto il reddito da netto ad imponibile riducendolo per la cat. B a «/, e a S/H per la cat. C, dopo aver riconosciuto la detrazione che com-pete al reddito stesso così ridotto per l'art. 55 della legge del 1877, nella stessa misura debba ridursi proporzional-mente il nuovo reddito imponibile per ottenere il reddito da inscrivere in ruolo ».
Ripigliando il nostro esempio si deve dunque r i c o r r e r e alla proporzione seguente: 633,33:150 = 425:0? da cui a ? = 1 0 1 somma da detrarsi dall'imponibile di L. 425. Per cui ne risulta un reddito da inscriversi in ruolo di L. 224, al quale corrisponde un'imposta di L. 44,80 anziché di L. 35 come secondo la legge.
Il provvedimento manca di logica e di sistema, ma non si può negare che questa bizzarra disposizione non sia un abile per quanto illegale (1) espediente per sminuire le perdite che altrimenti avrebbe riportato il fisco.
159. Detrazioni per classi di reddito. — In conseguenza dell' ora descritto procedimento, le classi di reddito aventi diritto ad una quota di detrazione per effetto del combi-nato disposto della legge del 1877 con il regolamento del 1894 sono le seguenti :
(1) Diciamo illegale perchè riteniamo che un art. di regolamento non possa contradire a un art. di legge, neppure in un caso come questo in cui l'art, della legge è in palese contradizione con lo spirito della medesima e con la mente del legislatore.
Per la categoria B : I Reddito netto il Redditi imponibili ! 877 HI Redditi imponibili 1894 IV Detrazione dali'imp. Lire V Da caricare in ruolo VI Ammon-tare dell'im-posta Vii Saggio percent. ili f r o n t e al r e d d . notto 5 3 4 6 7 0 8 1 0 9 4 0 '/« 4 0 0 5 0 2 , 7 2 6 0 7 , 5 0 7 0 5
"'-SS
4 0 5 4 7 0 1 6 6 , 6 6 1 3 3 . 3 3 1 0 0 6 6 , 6 6 1 0 0 , 3 4 2 0 1 , 6 7 3 0 5 4 0 3 , 3 4 2 0 , 5 5 4 1 , 3 1 6 2 , 4 8 8 2 , 6 8 3 , 8 4 6 , 1 0 7 , 7 1 8 , 7 9 Per la categoria C. 6 4 1 8 1 0 9 7 0 1 1 3 0 7, 4 0 0 , 6 2 5 0 6 , 2 5 6 0 6 , 2 5 7 0 6 , 2 5 "/»» 2 8 8 , 4 5 3 6 4 , 7 0 4 3 6 , 5 0 5 0 8 , 5 0 1 8 0 1 4 4 1 0 8 7 2 1 0 8 , 4 5 2 2 0 , 5 0 3 2 8 , 5 0 4 3 6 , 5 0 2 2 , 2 1 4 5 , 1 7 6 7 , 2 9 8 9 , 4 1 3,44 5,57 6 , 9 2 7 , 8 1 Per la categoria 1>: 8 0 1 ' / , 4 0 0 , 5 0 * "/»•1 6 5>3 7; 9 0 , 3 7 | 1 8 , 0 7 | 2 , 2 5160. Divisione dei redditi in redditi che trazioni e in quelli che non ne godono.
-godono di
de-- Si consideri ora quale sia la massa dei redditi che godono delle dedu-zioni e quale la sua proporzione di fronte alla massa to-tale del reddito. I dati sono tolti e opportunamente ela-borati dalle tabelle a pag. 11, 12, 13 del disegno di legge Carmine-Boselli sull'imposta di R. M. (1). I Classi di reddito II Numero dei redditi III Redd. netti per olasse IV Imp. attua.e per olasse V Aliquota percent. dell' imp. VI Aliqu medi Da L . 1101 in su,
os-sia redditi ohe non godono detrazione . Da L. 1101 a L. 534, ossia redditi che go-dono detrazione. . • 6 9 . 9 5 0 3 7 3 . 0 5 0 2 6 0 . 7 0 0 . 0 0 0 2 1 4 . 8 0 0 . 0 0 0 2 6 . 0 7 0 . 0 0 0 1 3 . 7 1 7 . 7 1 0 1 0 7 .
1
6 , 3 8 °/„ ! 8 , 9 0 » / , Per la categoria C: Da L. 1301 in su, os-sia redditi che non godono detrazione . Da L. 1301 in giù ossia redditi che go-dono detrazione. . . 1 6 . 9 3 0 1 1 4 . 0 7 0 8 0 . 1 3 5 . 0 0 0 6 9 . 3 6 5 . 0 0 0 7 . 2 1 2 . 1 5 0 4 . 1 3 2 . 2 6 4 9 ° / . 5 , 9 6 ° / , 6 , 7 5 •/»
Queste due tavole dimostrano come solo '/, dei commer-cianti ed industriali paghi il saggio effettivo del 1 0 % e tutti gli altri paghino un saggio medio del 6,38 % , mentre la massa dei redditi che pagano senza detrazione è solo di poco maggiore di quella dei redditi privilegiati.
Lo stesso fenomeno si ripete per i redditi dei profes-sionisti. Anche qui solo '/, dei professionisti non gode di alcuna detrazione e paga il saggio effettivo del 9 % e tutti gli altri pagano un saggio medio del 6,75. Anche qui la massa dei redditi che pagano senza detrazione è di poco superiore a quella dei redditi che godono detrazione.
Il che, anche tenendo il dovuto conto delle numerose frodi, indica una reale povertà della gran massa dei con-tribuenti italiani.
161. Redditi medi delle industrie e delle professioni. — E quest'affermazione viene confermata dall'esame dei red-diti medi delle industrie esercitate dai privati.
Prendendo per guida il riparto in gruppi dei redditi di cat. B dei contribuenti privati, tassati nei ruoli dell'anno 1899 (1), si ha che i redditi medi delle industrie esercitate dai privati oscillano tra un massimo di L. 2901, per i prodotti tessili, cuoi e pellami, ed un minimo di L. 686 per i cosidetti esercizi varii.
L'industria dei prodotti chimici, degli zuccheri e dei coloniali, e quella dell'educazione e delle arti belle dànno ancora un reddito medio superiore alle L. 2000; l'industria agraria, quella del nutrimento, le cosidette industrie com-merci e manifatture diverse, la fabbrica e il comcom-mercio di oggetti in legno e in ferro, le industrie varie e minute danno un reddito medio inferiore alle L. 1000; tutte le restanti industrie oscillano tra le L. 1000 e le 2000.
Con la scorta degli atti parlamentari (2), che recano i dati per l'anno 1897 è anche interessante vedere quale sia il reddito medio di alcune professioni e quali i redditi
(1) Ministero delle finanze, Direzione generale delle imposte di-rette e del catasto, Bollettino ufficiale, x v i l ; anno 1902, die.
massimi di esse. Pare che una delle professioni più rimu-nerative sia quella di usciere giudiziario. Infatti il reddito medio per contribuente di questa classe di persone è di L 1062 mentre quello dei medici - chirurghi raggiunge appena L. 910, gli ingegneri - architetti guadagnano in media L. 1305, e gli avvocati, procuratori e causidici L 1575. In tutta Italia su 11.881 medici non ve ne sono che 52 che guadagnano più di L. 10.000, e due tra essi, uno in Lombardia con L. 35.000 e uno in Toscana con L. 50.000 che ottengono un reddito superiore alle L. 30.000.
Per contro sono ben 8703 i sanitari che devono vivere una vita stentatissima, non riuscendo a guadagnare più di L. 1000 per anno. In quanto agli ingegneri-architetti sopra 3487 ne troviamo ben 1849 che hanno un reddito netto inferiore a L. 1000, e solo 9 con un reddito superiore a L. 10.000.
Un po' ' meno desolate appariscono le condizioni degli avvocati, dei quali però su 10.982, circa la metà, ossia 5508, non riesce a guadagnare più di L. 1000 per anno, e solo 89 in tutta Italia hanno un reddito superiore alle L. 10.000. Tra questi ultimi solo 5 hanno un reddito su-periore alle L. 30.000.
Un tale risultato, pur ferma restando la nostra convin-zione che la gran massa dei contribuenti si trovi in con-dizione di reale povertà, dà anche il diritto di affermare, che « è verissimo che in Italia si è più disonesti che al-trove verso il fìsco, un po' per tradizioni e costumi, un
po' per la gravezza dell'imposta > (1).
162. Le esenzioni e le detrazioni sono troppo basse. — In ogni modo è incontestabile che le esenzioni e le detra-zioni per i redditi minori sono troppo basse ed inferiori forse a quelle di ogni altro Stato europeo: per cui sarebbe desiderabile che si accordassero degli ulteriori sgravi ai piccoli contribuenti di quest'imposta.
La necessità di tali sgravi fu più volte affermata dal Parlamento e proclamata in progetti di legge d'iniziativa parlamentare ed anche ministeriale, ma essi però non riu-scirono mai a giungere in porto.
163. Difetti del metodo di accertamento. — È del pari incontestabile che l'attuale sistema di riduzioni e di de-trazioni, specie dopo la legge e il regolamento del 1894 è quanto di più complicato ed assurdo si possa immaginare Ed è proprio a lamentare che non siano state approvate le riforme proposte nel 1899 dai ministri Carmine e Bo-selli, le quali miravano a dare all'imposta un aspetto più razionale e a concedere qualche sgravio ai contribuenti minori. Esaminiamo distintamente questi due punti.
Io II nostro metodo di accertamento della ricchezza mo-bile, per il quale dal reddito netto si passa all'imponibile e da questo si fanno le prescritte detrazioni, pare fatto apposta — dice bene il Camelli (1) — « per eccitare i contribuenti contro la finanza: vedendosi accertato o pro-posto un reddito di L. 1000 il contribuente pensa subito a un debito e ad una spesa di circa L. 200, sa confusa-mente che vi saranno poi dei calcoli e delle riduzioni nei lavori interni dell'ufficio, ma a questi dettagli egli non si ferma, non può dare attenzione, e intanto gli resta fisso in mente che essi gli vogliano cavare di borsa L. 200 o giù di li, non le può pagare ed è naturale che resista vigoro-samente all'accertamento. Le L. 200 non saranno poi in verità che 88,40 o 69,80, le L. 1000 di reddito appariranno nello stesso anno per sole L. 500 o 450: a ciò per altro il contribuente più non bada, che oramai non gli interessa nè punto, nè poco, ma intanto il male è fatto, perchè gli resta un ricordo, un'impressione indistinta che la finanza volesse chiedere una somma molto maggiore di quella por-tata via sull'avere e perchè cosi gli si rinsalda la convin-zione che fece bene a resistere agli accertamenti del reddito ».
E intanto — continua brillantemente il Camelli — « è assai poco consono alle istituzioni democratiche e liberali il segretume del nostro metodo di accertamento della ric-chezza mobile nel quale chi tira a indovinare, chi tira moccoli, e chi si rassegna, nessuno restando persuaso che
(1) L'aliquota dell'imposta sui redditi della ricchetza mobile, Roma 1891, pag. 44-45.
si faccia o si procuri di fare la giustizia umanamente pos-sibile ner tutti, mentre sarebbe assai preferibile un sistema che permetta ai cittadini di fare i conti chiari e per tempo dei loro debiti verso lo Stato »...
164. Cause dei difetti del metodo di accertamento, — Nessuna istituzione della finanza è però opera del caso e il nostro metodo di accertamento deriva da quella garanzia che la legge organica del 10 luglio 1861 aveva stabilito per le rendite del debito pubblico: che cioè tali rendite non sarebbero state mai assoggettate ad alcuna speciale
imposta...
Orbene si temeva, come si teme, che speciale sarebbe diventata l'imposta del 20°/o su queste rendite, qualora abbandonando il criterio costantemente seguito dell'asso-luta uniformità dell'aliquota per tutti i contribuenti, si fosse esplicitamente affermato che l'aliquota dei redditi incerti e variabili per tutti i contribuenti delle industrie e delle professioni si ragguagliava al 10 "/•> ed al 9 »/„ del reddito.
Ma come nota il già ricordato disegno di legge Carmine-Boselli « l'uniformità dell'aliquota in relazione con l'im-pegno preso con la legge 19 luglio 1861, di non assogget-tare cioè le rendite del debito pubblico ad alcuna imposta speciale, fu intesa e riconosciuta nel senso che unica dovesse essere l'imposta, cui venivano assoggettati i redditi del capitale, aventi eguale sicurezza d'impiego, si che le ren-dite del debito pubblicò non potessero essere mai gravate di un tributo superiore a quello cui erano assoggettate le altre rendite della stessa specie.
In altre parole, la legge col fissare l'uniformità dell'ali-quota non intendeva che di colpire egualmente tutti i reo-diti della stessa specie, o, il che è lo stesso, di colpire di-sformemente redditi disformi.