• Non ci sono risultati.

Le finanze inglesi del secolo XVIII e quelle odierne. — Nel secolo che precede la rivoluzione francese il sistema

La finanza inglese nel secolo XVILI

56. Le finanze inglesi del secolo XVIII e quelle odierne. — Nel secolo che precede la rivoluzione francese il sistema

tributario del Regno Unito d'Inghilterra, Scozia ed Irlanda, sebbene sia molto lontano da quel carattere di spietata oppressione di ogni forma di ricchezza, che ebbe a rive-stire durante e dopo la grande guerra contro la Francia rivoluzionaria e napoleonide (1793-1802), pure aggrava fortemente ogni ceto di cittadini, e specialmente gli ordini inferiori.

Ai nostri giorni il sistema tributario dell'Inghilterra si presenta come quello che meno di ogni altro in Europa comprime lo sviluppo del patrimonio e del reddito della nazione e più di ogni altro tien conto dei principii della giustizia applicata all'imposta.

Studiare questo movimento nelle sue cause storiche, se-guirlo nei varii momenti del suo sviluppo, distinguere la parte di esso che è dovuta a fortuna di eventi da quella che è merito di uomini insigni, porne in luce gli effetti, sarebbe senza dubbio un tema oltremodo interessante, oggi specialmente che affare e affanno degli uomini di governo italiani dovrebbe essere non una sterile lotta di meschini espedienti e di misure empiriche e derisorie, ma il fermo proposito di mutare radicalmente il sistema tributario, spostandone il centro di gravità dai ceti meno agiati a quelli più provveduti.

Ma un tale studio ci allontanerebbe troppo dai limiti del presente lavoro e perciò dovremo accontentarci di fare un riassunto, il più breve che ci sarà possibile della tassazione inglese negli ultimi due secoli, mettendo spe-cialmente in rilievo quelle forme d'imposizione che si ri-feriscono al capitale mobiliare.

57. La land-tax. — Negli anni che precedono la guerra contro la Francia il maggior provento delle imposte di-rette è dato dalla land-tax, introdotta da principio (1692) come un'imposta sul reddito annuo della proprietà fon-diaria e mobiliare, ma poi gravante esclusivamente sulla prima, per la difficoltà, non certo contestabile, ma a bello studio esagerata dalla classe capitalista, di accertare il reddito delle industrie e degli uffici.

La land-tax ridotta così a colpire esclusivamente il red-dito fondiario si ripercuoto sul consumatore, ossia diviene in fatto una vera imposta indiretta sulle classi lavoratrici. Petty, il più grande economista del secolo XVIII, lo afferma nettamente: un'imposta fondiaria, egli dice, è un'imposta regolare sul consumo (1).

La land-tax veniva percepita secondo il metodo di ri-partizione, sostituito a quello di quotità, dimostratosi in-capace di produrre il provento che se ne attendeva. La somma totale da prelevarsi veniva perciò ripartita e ca-ricata in somme particolari sulle contee e città specificate nella legge.

In tal guisa essa assunse un carattere di onere reale gravante sulle singole proprietà e si fece sempre più spe-requata secondo lo sviluppo delle singole località. È in questa sua consolidazione, che più tardi, al tempo della grande guerra contro la Francia, si trovò la giustificazione di un'importante operazione finanziaria, inquanto venne concesso il suo riscatto ai contribuenti (2).

58. Imposte sui fabbricati. — Seguiva in ordine d'im-portanza tra le imposte dirette, un'imposta sui fabbricati

(1) LORIA, Le basi economiche, 3* ediz.

(windowtax), introdotta nel 1696 da Montague, con saggi

più alti per le case aventi più di un determinato numero di finestre (1), a cui si aggiunse più tardi un'altra imposta sul prodotto delle abitazioni (inhabited houses), non più secondo il numero delle finestre, ma in rapporto col red-dito annuo delle abitazioni. Si voleva dapprima sostituire quest'imposta a quella sulle finestre, ma la guerra di se-cessione d'America impedì ogni proposito di abolire l'im-posta sulle finestre, e le due tasse continuarono ad essere prelevate insieme per una cinquantina d'anni (2).

59. Imposte sull'industria. — Buon numero di altre imposte contiene in sè il carattere di un'imposta sul-l'industria, sebbene in parte si debbano a maggior ragione considerare (con il Vocke), come « appendici dell'imposi-zione indiretta del consumo ». Appartengono a questa cate-goria le imposte sull'industria della locomozione [possesso di carrozze da nolo (hackney coaches) dal 1691, di corriere o diligenze (stage coaches) dal 1694, cavalli e vetture di rimessa, 1779], ed inoltre le imposte sulle industrie, che lavorono articoli soggetti all'accisa (3), dove l'obbligo della licenza viene sfruttato a scopo d'imposta (specialmente per le industrie che lavorano nella preparazione, nella ven-dita e nello smercio al minuto dell'acqua-vite, della china e del vino), nonché le imposte sulle professioni di avvocato, notaio, banchiere, ufficiali stimatori, e simili. Vi è anche un'imposta sul commercio ambulante (1697) ed un'imposta generale sulle botteghe (1785-1787) e si tentano alcune altre imposte dirette (sul capitale per azioni di certe specie, 1692. sugli stipendi, 1758) » (4).

(1) DOWELL, A history of taxation in England, II, pag. 52. (2) Ibidem, il, pag. 170.

(3) È frequente trattare delle accise come se questa parola com-prendesse anche il dazio-consumo. Ma è un errore. Le accise sono le imposte di fabbricazione o di produzione (macinato, tassa di fabbricazione o di produzione dell'alcool, della china, dello zuc chero). Si tratta cioè d'imposta su merci prodotte e lavorate nel paese e che vengono pagate dal produttore. Il che non toglie che vi siano intimi rapporti tra le accise ed i dazi.

60. Imposte sul lusso. — Molto sviluppate sono le cosi-dette imposte dirette sul lusso e sul godimento, che appa-riscono come un tentativo d'imposizione speciale dei ceti più agiati, come una specie d'imposta sul reddito, ma molto ineguale, perchè gravano qualità di consumo e co-stumi sociali ai quali nessuno è tenuto assolutamente di uniformarsi (1).

Tali gravezze colpivano il possesso dei domestici maschi e femmine, delle carrozze, dell'argenteria, dei cavalli da lusso e da corsa, dei cani, degli orologi, dei cappelli, l'uso degli stemmi gentilizi, dei guanti e persino della polvere di cipria.

Malgrado la loro grande varietà queste imposte non da-vano il prodotto che se ne sperava, il che prova una volta di più come esse siano incapaci di un gettito considerevole e debbano essere considerate solo come il comodo espe-diente a cui ricorrono volentieri i ceti superiori, quando, essendo costretti a contribuire in qualche guisa alle spese pubbliche, cercano almeno di evitare quelle forme di tassazione le quali, come l'imposta sul reddito, riescono a colpirli efficacemente.

61. Imposte sul consumo. — Ma il centro di gravità del sistema tributario si trova nelle imposte sul consumo. Difatti su circa 17 milioni di 1. st. d'imposte nel 1792-93, l'anno finanziario immediatamente precedente l'apertura delle ostilità contro la Francia, mentre le imposte dirette non giungono a dare 4 milioni (3.837.000) 1. st.; e quelle sul bollo risultano di appena 952.000 1. st., le imposte su ar-ticoli di consumo: commestibili, bevande, tabacco, carbone, seta, ferro, ecc., e le tasse di fabbricazione sulle candele, sul cuoio, sul sapone, sui tessuti, ecc., danno un provento di oltre 12 milioni (2).

62. Condizioni dell' Inghilterra prima della guerra. — Può dunque affermarsi che la dogana e l'accisa formavano

(1) Ibidem, pag. 185.

(2) Queste cifre si sono ottenute raggruppando opportunamente

q u e l l e d a t e d a l DOWEL, II, p a g . 206-7.

già a quest'epoca la parte principale delle entrate dello Stato; pure il loro peso negli anni immediatamente pre-cedenti la guerra, non essendo eccessivamente grave, veniva sopportato con relativa facilità, e la nazione, rimessasi dalle scosse subite in causa della guerra di seccessione d'Ame-rica, cominciava a svolgere le sue grandi risorse, a uti-lizzare il ferro e il carbone che la natura aveva posto nelle viscero della sua terra, a migliorare la sua agri-coltura, a dare un possente slancio alle sue fabbriche ed alle sue manifatture.

Questo era il « felice risultato di dieci anni d'economia, di lavoro, di fermezza, e di saggezza da parte del Parla-mento nei suoi sforzi di coltivare le arti della pace, di aumentare il reddito, di migliorare la condizione del po-polo » (1).

63. Conseguenze economiche della guerra. — Ma la guerra contro la Francia rivoluzionaria prima e contro Napoleone poi, doveva aver per effetto di distruggere gli effetti di tanto lavoro e di tanta saggezza, per edificare nel campo della finanza, quell'immenso edificio di tasse d'imposte, di dazi e di accise, che rimane documento del-l'invincibile potenza economica del popolo inglese, che lo potè sopportare, e che ebbe il duplice scopo di far fronte alle immense spese causate dalla guerra e di farlo soste-nere, in parte prevalente, dalla classe povera della popo-lazione.

Non è còmpito nostro e n t r a r e nei particolari di quella mole d'imposizioni, solo diremo che dal 1792 al 1815, quando la tassazione raggiunse il suo zenit, per servirci dell'elegante frase di uno scrittore inglese, cioè in soli 22 anni il provento delle varie imposte salì per la Gran Bretagna da 17 a 67 milioni di st.

Di questi 67 milioni 25 erano dati dalle imposte dirette, 39 dalle indirette sul consumo (commestibili, bevande,

ta-ti) Discorso di Pitt in risposta alle osservazioni del sig. Whit-bread, 5 aprile 1802. Speeches, 215.

bacco, materie greggio, e tasse di fabbricazione), e quasi 3 milioni dell'imposta sul bollo.

Dell'oppressione finanziaria dell'epoca si può trovare una vivace descrizione nelle pagine di uno scrittore contem-poraneo. « Noi possiamo informare il fratello Jonathan — scriveva Sydney Smith nella Edinborough Review del 1820 — quali siano le inevitabili conseguenze del troppo amore per la gloria. Tasse sopra ogni articolo che ci entra in bocca, o ci copre il dorso, e ci è collocato sotto i piedi. Tasse sopra ogni cosa ch'è bella a vedere, a udire, a sen tire, a odorare, a toccare. Tasse sul calore, la luce, la locomozione. Tasse su ogni cosa sulla terra e sotto la terra, su ogni cosa che viene dall'estero, o è cresciuta all'in-terno. Tasse sulle materie greggio, tasse su ogni nuovo valore creato dall'industria e dal commercio ».

E la giustificata lamentela continua ancora a lungo su questo medesimo tono, ma noi ne facciamo grazia al let-tore, per non attristarlo con la descrizione di miserie di altri tempi e di altri paesi, tanto più che questo stato di cose è ora completamente mutato e non trova riscontro in nessuna nazione civile, t r a n n e che nella nostra, a mal-grado della presente età dell'oro, tanto liricamente de-cantata da una graziosa schiera di pubblicisti, alcuni stipendiati ed altri pur no.

II.