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165. Le aliquote proposte nel progetto Carmine-Bosetti. — Per queste ragioni i ministri Carmine e Boselli hanno creduto conveniente di concretare una scala di aliquote decrescenti o degressive; che dalla misura normale rispet-tivamente per le categorie B, C e D, del 10, del 9 e del 7,50 "lo, scendono sino ai minimi necessari, per arroton-dare, compatibilmente con le tassazioni attuali, le cifre dell'aliquota.

Tutto questo per quanto si riferisce al primo punto. Per ciò che riguarda il secondo — la necessità di accordare qualche sgravio ai contribuenti minori — i ricordati mi-nistri hanno proposto un'altra piccola modificazione per quanto si riferisce alla cat. D. Dopo avere osservato che per il principio della discriminazione dei redditi è rico-nosciuto a quelli della cat. D, nei riguardi dell'imposta il diritto ad un trattamento più mite in confronto dei red-diti di cat. B e C, gli onor. Carmine e Boselli giusta-mente osservano « dove però questo più mite trattamento fa assolutamente difetto è nei riguardi dei redditi minori aventi diritto a detrazioni, giacché mentre per la cat. B e C la soggezione all'imposta comincia rispettivamente dai redditi di 1067 e di 1281 lire, per la cat. D l'aliquota viene applicata senza riduzione alcuna a partire dai red-diti di L. 1001 in avanti, e mentre tra questi massimi ed il minimo d'imponibilità sono concesse alla cat. B e C detrazioni di 100, 150,200 e 250 lire imponibili, alla cate-goria D è concessa un'unica detrazione di L. 100 ».

In seguito a tutte queste considerazioni il disegno di legge proponeva la seguente riforma (art. 9): i redditi di cat. B, C e D dei contribuenti privati tassabili mediante

ruolo, anche se per rivalsa, saranno assoggettati all'im-posta senza le calcolazioni dipendenti dall'art. 2 della legge 22 luglio 1894, applicando ai redditi rispettivamente le aliquote del 10, del 9 e del 7,50 %•

Quando invece tali redditi o soli o sommati con gli altri redditi mobiliari o fondiari del contribuente, non superino L. 1100 di cat. B, le L. 1300 di cat. C, e le L. 1200 di cat. D, l'imposta sarà loro applicata con le aliquote ridotte qui di seguito indicate.

Per la cat. B: Fra L. 1100 e L. 1001 l'aliquota è 9 °/0 » » 1000 » 901 » > 8 °/o » » 900 » 801 > > 7 % > » 800 » 701 » > 6°/. » » 700 > 651 » » 5°/o » » 650 » 601 » » 4,50 °/o » » 600 » 501 » > 4 % Da L. 500 in giù > » 3,50 % Per la cat. C:

Fra L. 1300 e L. 1201 l'aliquota è 8 °/o » » 1200 > 1101 » > 7 °/0 > » 1100 » 1001 » » 6 °/0 . » » 1000 » 901 » > 5 °/o » » 900 » 801 » » 4,50 o/o » » 800 » 701 » 9 4 » > 700 » 651 » » 3,50 „/„ Da L. 650 in giù » » 3 °/0 Per la cat. D: Fra L. 1200 e L. 1101 l'aliquota è 7 •/„ > » 1100 » 1001 » > 6°/. » » 1000 » 901 » » 5 % Da L. 900 in giù » » 4,50 °/„ (1)

(1) La scala degressiva della cat. D si arresta ad un'aliquota più elevata delle altre due categorie in relazione al più elevato limite che segna l'inizio della tassabilità.

o sommati cogli altri redditi mobiliari o fondiari del con-tribuente non raggiungono per la cat. B le L. 534, per la cat. C le L. 641, e per la cat. D le L. 801 effettive.

Così il disegno di legge, pur mirando principalmente ad un più razionale assetto dell'imposta, riusciva anche ad arrotondare le aliquote in senso benevolo per il contri-buente; il che avrebbe portato ad una perdita per l'erario:

Per i redditi di cat. B di . . . L. 762.430

» » » C » . . . » 367.969

» » » D » . . . » 343.314 In totale L. 1.473.713 Per quanto noi riteniamo che in una razionale riforma del nostro sistema tributario si debba anzitutto mirare a sgravare il consumo e le quote minime d'imposta sui ter-reni e sui fabbricati, pure in un bilancio di quasi 1700 mi-lioni, una somma relativamente così tenue, non ci sembra affatto male impiegata, quando, insieme con un lieve sgravio dei contribuenti minori, essa debba dare un assetto più ragionevole all'accertamento dei redditi imponibili.

166. Proposte di esenzioni in riguardo alla qualità del

reddito nel progetto Carmine-Bosetti. — Ma oltre queste

modificazioni alla legge di ricchezza mobile, con lo stesso disegno di legge altre ne sono state proposte in riguardo alla qualità dei redditi, offrendo argomento ad una grave questione di principio e di metodo.

I capisaldi del disegno di legge Carmine-Boselli, che ri-produceva in gran parte un precedente progetto del mi-nistro Branca, si possono riassumere nelle tre proposte seguenti:

1° Esenzione dall'imposta di ricchezza mobile dei red-diti e dei maggiori profitti che i proprietari o coltivatori di fondi ritraggono dai perfezionamenti e dalle manipola-zioni dei prodotti dei fondi stessi, eseguite allo scopo della loro conservazione e commercialità;

2° Esenzione per anni 3 dei redditi dei nuovi stabili-menti industriali;

3" Esenzione per anni 6 dei redditi di nuovi stabili-menti che si diano alla produzione di merci, prodotti in Italia per 6 anni.

La prima di queste proposte mirava ad esentare dall'im-posta i redditi di quelle che, assai impropriamente vengono dette industrie agrarie, un modo di dire che ha un signi-ficato ambiguo e fluttuante. A noi pare che per poter de-terminare i limiti tra industria propriamente detta e agri-coltura e per poter dare un giudizio su questo punto del progetto Carmine-Boselli, si debba tener per fermo che « l'agricoltura si stacca dall'industria o perchè fra l'una e l'altra intercede effettivamente uno scambio, o perchè al-meno sussiste la possibilità economica di praticarlo. Quel che è prima di questo scambio è agricoltura, quel che è dopo è industria o commercio » (1). Posto questo limite tra l'agricoltura e l'industria, in esso si deve anche tro-vare il punto dove l'imposta sui terreni deve dar luogo a quella di ricchezza mobile. Ora, in questi ultimi anni le condizioni del mercato, avendo creato la necessità di mi-gliorare i prodotti primitivi del suolo, per poter dare ad essi la possibilità economica (si badi, possibilità

econo-mica, e non materiale), di praticarlo, non si comprende

perchè questa necessità evidente e indeclinabile della te-cnica agraria non debba essere riconosciuta e si conti-nuino a tassare tali redditi anche mediante l'imposta di ricchezza mobile, con il che si viene a colpirli due volte, essendo già stati una volta incisi dall'imposta fondiaria.

« L'esenzione di alcune delle cosi dette industrie agrarie dall'imposta di ricchezza mobile è perciò giustificata; ma non in quanto sono industrie che traggono la materia prima dall'agricoltura, bensi in quanto non rappresentano operazioni produttive,autonome e distinte dall'agricoltura».

Per ciò che si riferisce alla seconda e la terza proposta, per impugnarle si disse (2) che il progetto ministeriale di creare esenzioni d'imposta per creare nuove fabbriche e

(1) G. VALENTI, Il sistema tributario italiano in relazione all'eser

eizio dell' agricoltura. Roma, 1900, pag. 28. (2) Giorn. d'Econ., giugno-luglio, 1897.

nuove industrie e per attirare in esse il capitale ed il lavoro indispensabile, avrebbe necessariamente distolto le stesso capitale e lo stesso lavoro da altri impieghi più rimuneratori. Ma questa obiezione non corrisponde, a nostro parere, alla corretta teoria economica sugli uffici dello Stato nei riguardi dell'industria nazionale, perchè ci sembra che in un paese come il nostro, che offre tutte le condizioni per un grande sviluppo dell'industria mani-fatturiera, ma dove il capitale è timido e rifugge dai rischi connessi con i nuovi impianti, sarebbe utile che lo Stato non ostacolasse la creazione di nuove fabbriche e di nuove industrie, col richiedere subito una parte del reddito sotto forma d'imposta.

IV.