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182. Importanza del sistema prussiano delle imposte

dirette. — Le imposte dirette della Prussia meritano una

speciale attenzione per parecchi motivi. Ed anzitutto per il carattere schiettamente personale e progressivo dell'im-posta governativa sul reddito, poi per la diversificazione delle fonti d'entrata attuata in qualche guisa con l'imposta complementare sul patrimonio. Della quale per compren-dere il significato e la funzione è necessario ricordare che patrimonio e reddito non sono due categorie econo-miche tra di loro indipendenti, ma due aspetti di una stessa sostanza. Perciò quando s'impone il patrimonio si viene indirettamente a colpire il reddito già accumulato e proveniente dal possesso, ed a risparmiare quello pro-veniente dal lavoro in via di accumulazione. Ecco perchè l'imposta sul patrimonio si può da questo punto di vista, e nel sistema prussiano delle imposte dirette, considerare come un mezzo per attuare nella legislazione tributaria la discriminazione dei redditi.

183. Ripartizione delle imposte tra Stato e Comune. — Ma sopratutto le imposte dirette della Prussia sono oggetto dello studio degli uomini di finanza perchè hanno attuato il pensiero di attribuire allo Stato le imposte personali e quelle reali al Comune. Giudicare di questa ripartizione delle imposte tra Stato e Comune non è cosa facile trat-tandosi di un argomento in cui le opinioni dei competenti non sono ancora concordi ed unanimi.

Per risolvere il problema bisogna prima r i c e r c a r e quali siano le funzioni proprie del Comune (1) e quali quelle

(1) Per brevità omettiamo di trattare della Provincia, tanto più che essa è un'emanazione artificiale dello Stato e dei Comuni, sorta per i bisogni dello Stato per esercitare funzioni locali e' per il bisogno dei Comuni di esercitare servizi intercomunali. BONOMI, o p . c i t . , p a g . 1 8 9 .

dello Stato, perchè solo dopo che si sarà fissata la sfera delle attribuzioni e dei servizi relativi, sarà possibile de-cidere quali imposte meglio convengano allo Stato e quali al Comune.

A noi pare che questo limite tra le funzioni governative e le comunali si debba ritrovare nel limite della utilità delle funzioni medesime, e che siano proprie del Comune quelle funzioni che riescono di speciale utilità ai comunisti come tali e dello Stato, quelle altre che non giovano al cittadino come membro di un Comune, ma come facente parte di quel più vasto organismo politico che è lo Stato. Cosi, ad esempio, è evidente che le funzioni del provvi-gionamento dell'acqua potabile, della viabilità, dell'illumi-nazione, ecc., devono essere funzioni comunali, perchè il cittadino gode di esse come comunista e non come facente parte dello Stato. Speciali condizioni locali possono ren-dere più o meno costoso il soddisfacimento di questo bi-sogno, ma sarebbe sempre ingiusto ed assurdo che alle spese per l'illuminazione di una città si facessero contri-buire anche coloro che per ragioni di località non ne godranno probabilmente mai.

Ed inversamente le funzioni della difesa o della giustizia per esempio, giovano indifferentemente a tutti i cittadini dello Stato, senza che si possa dire a quale più e a quale meno. Gli è certo dunque che queste devono essere zioni dello Stato. E già questa prima ripartizione di fun-zioni tra lo Stato e il Comune secondo la loro speciale utilità ci fa vedere come le funzioni comunali siano pre-valentemente di ordine materiale (viabilità, igiene pubblica, edilizia, fognature) e quelle dello Stato piuttosto di ordine intellettuale e morale (difesa, giustizia, istruzione superiore). Ma vi sono alcuni bisogni per i quali non è possibile preci-sare se siano sentiti in grado maggiore dall'individuo come comunista o come cittadino. Si prendano, ad esempio, le funzioni della pubblica sicurezza e quella dell'istruzione. Non è possibile stabilire a priori se queste funzioni deb-bano spettare allo Stato o agli Enti locali, perchè se al-l'individuo — come cittadino — interessa per molte ragioni una buona organizzazione della pubblica sicurezza e la

dif-fusione dell'istruzione elementare per tutto lo Stato, non è men vero che per molte altre ragioni il buon andamento di questi due servizi lo interessa in modo particolare come comunista. Qui vien meno ogni principio assoluto di pre-ferenza in favore dello Stato o del Comune e queste fun-zioni saranno attribuite all'uno o all'altro prendendo por guida il principio affatto relativo della maggiore o mi-nore capacità del Comune o dello Stato per il soddisfaci-mento di questi bisogni.

Dunque noi abbiamo: 1° servizi assolutamente propri dello Stato perchè riescono egualmente utili a tutti i cit-tadini; 2° servizi assolutamente propri del Comune perchè tornano specialmente utili ai comunisti; 3° servizi che non si può in modo assoluto stabilire se debbano spet-tare allo Stato o al Comune riuscendo egualmente utili agli individui sia come comunisti, sia come membri dello Stato. Ciò premesso, noi vogliamo ora stabilire con quali specie di entrate si debba provvedere alle spese del Co-mune. È evidente che si dovranno scegliere quelle forme di ricchezza che vengono specialmente favorite dall'atti-vità del Comune. E poiché il Comune nell'adempimento di quel compito che gli è più specialmente proprio, adempie a delle funzioni, come la viabilità, l'edilizia, l'igiene, la difesa contro gl'incendi, che riescono evidentemente' di particolare vantaggio alla proprietà fondiaria, all'industria e al commercio, così le maggiori entrate dovranno essere prelevate mediante imposte reali sui terreni, sui fabbricati e sull'industria.

A proposito dell'imposta reale sull'industria e i com-merci rileva giustamente il Bonomi (p. 185), che una de-duzione logica del principio della controprestazione, con-siglia a colpire con l'imposta reale anche l'industria e il commercio. « Come infatti considerare un opificio indu-striale in maniera diversa da un fondo, da una casa? E se traggono benefici locali un fondo ed una casa come non ne dovrebbe t r a r r e un opifìcio? Ragioni di giustizia dunque vogliono che si tassino anche le industrie e i com-merci i quali hanno di solito un impianto stabile di ca-pitale fisso e occupano una porzione di territorio ».

Ma i comunisti non ritraggono vantaggio dall'opera del Comune solo in quanto siano proprietari di terreni e di fabbricati; delle attribuzioni più specialmente proprie del Comune (come la cura dell'igiene, la fornitura dell'acqua potabile, l'illuminazione, la fognatura e la pulitura stra-dale, le passeggiate, la conservazione dei giardini e dei parchi, il servizio degli incendi, cimiteri, ecc.), alcune rie-scono d'indiscutibile vantaggio anche a tutti gli altri co-munisti, per cui è giusto di far contribuire alle spese del Comune anche altre fonti di reddito, diverse dalla pro-prietà fondiaria e dagli stabilimenti industriali e commer-ciali. Al che si giungerà mediante un'imposizione, più lie^e che per la proprietà fondiaria, anche del reddito mobiliare e del consumo.

Da questo punto di vista il sistema prussiano delle im-poste locali, in cui prevalgono le imim-poste dirette reali sui terreni, sui fabbricati e sull'industria, ma non sono esclusi i centesimi addizionali dell'imposta sul reddito e le imposte sul consumo, merita di venire apprezzato nella teoria e secondo la possibilità seguito nella pratica.

IV. — IN AUSTRIA.

184. Le imposte dirette in Austria nel loro complesso. — Il sistema delle imposte dirette in Austria, quale fu creato con la legge 25 ottobre 1896, è il risultato di un compro-messo tra le vecchie e le nuove forme di tassazione. Lo Stato conserva le imposte dirette sul prodotto dei terreni, dei fabbricati, delle industrie, del capitale, delle professioni meglio retribuite e a queste imposte ne aggiunge un'altra sul reddito complessivo personale del contribuente.

185. Giudizio sull'imposta sulle industrie comuni. — L'imposta sulle industrie comuni, moderatissima nel suo saggio medio, che è, come si è visto, di circa il 2,71 °/0,

viene prelevata mediante il sistema del contingente. Nel passaggio dal sistema della tariffa a quello del contingente e dei consorzi d'imposta, rimase stabilito che ogni circo-scrizione finanziaria dovesse versare al fisco la stessa somma che in essa veniva precedentemente pagata, e che l'imposta aumentasse annualmente del 2 , 4 % del suo pri-mitivo ammontare: saggio d'incremento inferiore a quello verificatosi negli anni precedenti.

E un metodo che può andare in un paese come l'Austria dove il saggio d'imposta è molto mite, ma che presenta il pericolo di una sperequazione tra distretto e distretto, quando l'incremento delle industrie, per una di quelle vi-cende abbastanza comuni nella vita industriale, avvenisse in una misura o con una velocità differente da quella che fu assunta come punto di partenza. In ogni modo noi ri-teniamo che questa riforma segni l'intenzione di eseguire in un prossimo avvenire la cessione dell'imposta sull'in-dustria dallo Stato agli Enti locali.

186. Sull'imposta sulle imprese obbligate alla

zione dei conti. — Le industrie obbligate alla

pubblica-zione dei conti sono soggette ad un trattamento ben più duro, in quanto il saggio medio d'imposta è per esso fis-sato a circa il 10,50%. Si mira con ciò a colpire le grandi industrie, vale a dire le imprese esercitate dalle società per azioni, dalle società in accomandita per azioni, le im-prese montanistiche, gli istituti di assicurazione e di cre-dito, ecc. Ma ci sembra che la grande differenza nei saggi d'imposta tra le imprese ordinarie e quelle obbligate alla pubblicazione dei bilanci, più che corrispondere all'idea di applicare la progressività del saggio d'imposta, sia l'ef-fetto della prevalenza di cui godono in parlamento i pro-prietari terrieri. Non dobbiamo certamente formalizzarci noi in Italia, per l'altezza del saggio d'imposta, ma tuttavia, considerando la cosa in sè, è permesso l'osservare che anche in Austria l'eccessiva altezza del saggio di quest'im-posta può esercitare una qualche influenza nell'ostacolare la formazione delie grandi imprese con danno evidente del consumatore.

187. Sull'imposta sugli interessi. — L'imposta sugli in-teressi è quella che più di ogni altra in Austria si presta alla critica: come abbiamo già notato essa manca di cri-terio direttivo e dev'essere considerata solo come il com-promesso di interessi e di partiti politici in contrasto.

188. Sull'imposta sugli stipendi più elevati. — L'imposta sugli stipendi dai 5200 fl. in su ha lo scopo di sottoporre ad una speciale tassazione questi redditi superiori del la-voro, i quali al pari dei redditi dell'industria, vengono in tal guisa soggetti a quest'imposta e a quella sul reddito, mentre tutti gli altri redditi del lavoro contribuiscono solo all'imposta sul reddito.

189. Sull'imposta personale sul reddito. — Infine l'Austria con la sua imposta personale sul reddito si è posta tra gli Stati che sanno plasmare i loro sistemi tributari secondo i principii della scienza moderna.

L'imposta personale sul reddito ha per ora una funzione integratrice e correttrice, perchè non si sostituisce, ma si sovrappone alle imposte dirette reali sul prodotto, e perchè con la progressività del suo saggio, che oscilla tra un mi-nimo del 0,6 °/„ e un massimo che si avvicina sempre più, senza però mai raggiungerlo, al 5°/0> e c o n la larghezza delle sue esenzioni e deduzioni essa mira a formare l'equi-librio, che sinora manca, tra le imposte dirette e le indi-rette. Ma in seguito l'imposta sul reddito finirà con l'eli-minare e con il sostituire le imposte dirette reali sul prodotto, perchè « l'esperienza degli altri Stati insegna che le vecchie stelle delle imposte sul prodotto impallidi-scono non appena sorgono le nuove dell'imposta sul red-dito » (1). Inoltre la legge del 25 ottobre 1896 con lo stabilire che la differenza in più di prodotto tra le nuove e le vecchie imposte, sia impiegata ad accordare degli sgravi d'imposta sui terreni e sui fabbricati sino al 10°/o dell'am-montare attuale di quest'imposta, e a cedere ai corpi locali il civanzo ulteriore sino a 3 milioni di fi., ha introdotto un

principio che è probabilmente destinato a riformare tutto il sistema delle imposte locali, secondo la massima: le im-poste reali ai Comuni, le personali allo Stato.

V. — IN ITALIA.

190. Carattere dell'imposta di ricchezza mobile. — L'im-posta di ricchezza mobile italiana è fra tutte le imposte del Continente quella che si avvicina di più

all'Income-tax inglese, però con una variante importantissima, che

quella colpisce solo i redditi della ricchezza mobiliare, e questa anche i redditi della ricchezza fondiaria.

Scartato (e fu fortuna), il progetto dello Scialoia, che proponeva la consolidazione dell'imposta fondiaria e la tassa del 4 % sull'entrata, l'imposta di ricchezza mobile fu introdotta come il corrispettivo sulla ricchezza mobi-liare degli oneri che gravano la proprietà fondiaria. Essa è dunque un'imposta reale sui redditi mobiliari, come l'im-posta sui terreni e quella sui fabbricati lo sono sui red-diti fondiari. Tuttavia, a differenza dell'imposta fondiaria, essa ha in sè qualche momento proprio dell'imposta per-sonale, e cioè l'esenzione dei redditi minimi e la meno grave tassazione dei redditi minori, non che il cumulo dei redditi, che deve essere calcolato prima di accordare le esenzioni.

191. Suoi pregi. — Considerata nelle sue linee princi-pali, nella suddivisione nelle sue quattro categorie, nella discriminazione del reddito a seconda le sue fonti, nel principio che essa accetta di accordare esenzioni ai red-diti minimi e deduzioni a quelli minori, e specialmente nel suo metodo di accertamento del reddito, che si affida per la dichiarazione alla moralità del contribuente e lo sottopone per la verifica a non molesti controlli, l'imposta italiana di ricchezza mobile costituisce un esempio orga-nico e razionale di ciò che può dare il metodo di quotità

applicato all'imposta sulla ricchezza mobiliare e seguito secondo il principio della dichiarazione verificata.

192. E difetti. — Ma accanto a questi pregi l'imposta di ricchezza mobile presenta non pochi difetti.

Di essi il principale consiste nell'altezza del saggio, che ridotto a frazione del reddito netto o effettivo è del

2 0 % per la categ. A 16 % » » A'

10 % » » B

9 % » * C 7,50 °/0 » » D

In nessun altro paese l'imposta sulla ricchezza mobile raggiunge un saggio così elevato, tranne in Austria l'im-posta sulle industrie obbligate alla pubblicazione del bilancio. Ma nella finanza italiana l'alta tassazione della ricchezza mobiliare non è un fenomeno isolato: tutte le forme del reddito e del consumo sono del pari e anche più grave-mente tassate. Anzi la proprietà fondiaria e il consumo sono tassati in misura anche maggiore. E perciò — è bene dirlo schietto — in una prossima riforma tributaria prima di diminuire sensibilmente il gettito dell'imposta di ric-chezza mobile, si dovrà alleggerire la tassazione dei con-sumi più popolari ed esentare le quote minime dell'imposta sui terreni e sui fabbricati.

Altri difetti dell'imposta di ricchezza mobile sono la fa-cilità che essa offre alle frodi dei contribuenti, e il fatto che i redditi maggiori pagano relativamente meno dei redditi più piccoli, ed ì redditi difficilmente accertabili meno dei redditi accertabili con facilità e sicurezza (1), con il bel risultato di ostacolare il formarsi e lo svilup-parsi delle piccole fortune.

Questi sono difetti che hanno per causa il metodo della dichiarazione verificata e che non si possono radicalmente togliere se non eliminandone le cause.

(1) Cfr. ALESSIO, Sitt. trib., I, pagg. 35.Ì-57 dove questo punto è largamente sviluppato.

Qualche diminuzione alle frodi dei contribuenti, favorite dal predominio dei poteri elettivi nelle commissioni di primo grado, si potrebbe ottenere dando in esse parità di condi-zione ai membri eletti e ai membri nominati.

Qualche riparo all'inconveniente che i contribuenti mag-giori paghino relativamente meno dei contribuenti più pic-coli, si potrebbe opporre col rendere progressivo il saggio dell'imposta e con l'elevare in pari tempo il minimum esente da tassa. Ma un rimedio radicale ai mali ora la-mentati, e tanto meno alla differenza di trattamento tra i redditi facilmente e quelli difficilmente accertabili, che costituisce un'offesa al principio dell'eguaglianza dell'im-posta, non è possibile trovare senza una riforma più vasta e complessa di quello che sia un riordinamento dell'im-posta, fermi restando i principii su cui essa attualmente riposa.

Se si vogliono davvero eliminare le cause delle ingiu-stizie presenti, al sistema di quotità e della dichiarazione verificata, bisogna sostituire quello di ripartizione e della tassazione autonoma con il metodo dei Consorzi d'imposta; una sostituzione che si riconnette a tutto il problema della nostra finanza. Donde la necessità di riassumere e di tener presenti le più importanti proposte di riforma tributaria.

L'imposta di ricchezza mobile