• Non ci sono risultati.

L’evoluzione delle consistenze

Nel documento Rapporto 2017 (.pdf) (pagine 97-102)

5. Le produzioni zootecniche

5.1. I bovini e la carne bovina

5.1.1. L’evoluzione delle consistenze

Al 1° dicembre 2017 negli allevamenti emiliano-romagnoli si contavano poco più di 680 mila bovini, con un discreto incremento sul dato dell’anno precedente (+2,1%), che già si poneva in modo non trascurabile sopra quello del 2015 (+1,6%). Pare quindi interrompersi per il momento l’andamento alta-lenante che aveva visto picchi nel 2011, 2013 e (dopo la pausa del 2015) 2016, avvallamenti invece nel 2010, 2012 e 2014 (tabella 5.3). È da osservare che in questo quadro in crescita nell’ultimo anno, fanno eccezione quasi tutti i capi da macello, dai vitelli alle manze e scottone fino ai maschi adulti; il buon an-damento della domanda estera e qualche segno positivo anche per quella na-zionale hanno infatti portato, nell’anno che al momento della rilevazione è quasi al termine, ad intensificare le macellazioni.

Per tutte queste categorie l’incidenza dell’Emilia-Romagna sul totale na-zionale è in calo, e si colloca oggi sotto la media del comparto, che è dell’11,5%. Il gruppo più numeroso è quello dei vitelloni e torelli sotto i due anni, corrispondenti ad oltre la metà dei capi da macello, il cui peso sul totale Italia non arriva al 5%; le femmine di pari età, complessivamente pari a meno di un terzo dei maschi, sono addirittura sotto il 3% dell’insieme nazionale. Più alta era nel 2016 l’incidenza dei bovini adulti da macello, che però nel 2017 scende dal 9% al 5% del dato nazionale per i maschi e dal 7% al 3% per le femmine.

Per contro crescono decisamente i capi destinati a rimpolpare la mandria lattiera, sull’onda dei recuperi di prezzo del latte nel 2016 e della situazione sostanzialmente positiva anche nel 2017: crescono di oltre il 7% le vitelle e manzette sotto l’anno, quasi del 10% le manze tra uno e due anni e di oltre il 7% le manze, gravide e non, di due anni e più. Il confronto con le dinamiche a medio-lungo termine mostrano sia l’accelerazione nell’ultimo anno della ma-cellazione dei capi ad essa destinati, sia la graduale ricostituzione rispetto a cinque anni fa della mandria lattiera.

Tabella 5.3 - Patrimonio bovino in Emilia-Romagna e quota sul patrimonio italiano al 1° dicembre, 2007-2017

- Destinati ad essere macellati

come vitelli 12.021 2,3 9.756 2,2 25.762 5,2 22.035 4,5 22.841 4,6 21.059 4,3 -7,8 16,6 5,7 - Maschi (vitelloni, manzi, torelli e

tori) 44.230 6,8 22.032 4,3 24.394 5,1 27.199 5,6 24.616 4,9 25.237 4,9 2,5 2,8 -5,4

Fonte: Elaborazioni Osservatorio sul Mercato dei Prodotti Zootecnici su dati Istat.

IL SISTEMA AGRO-ALIMENTARE DELL’EMILIA-ROMAGNA. RAPPORTO 2017

5. LE PRODUZIONI ZOOTECNICHE

97 5.1.2. Gli andamenti di mercato

Dopo i segni negativi del 2013 e 2014 nelle variazioni medie annue dei prezzi del comparto bovino da carne, l’interruzione portata dal predominio di segni positivi del 2015 e il ritorno ad un quadro generalizzato di segni negativi nel 2016, con la sola eccezione dei vitelloni Limousine, il 2017 ha portato ad un quadro più variegato.

Tra i capi da macello il calo medio annuo più significativo è stato, come vi-sto, quello dei vitelli, che hanno perso quasi un 12% sul 2016. Per leggere cor-rettamente questo dato, si deve tener conto che per effetto della forte crescita di questo listino non solo nel 2015 ma anche nel 2014, e del solamente parzia-le ripiegamento del 2016, che ancora si collocava del 10% sopra il dato di cin-que anni prima. La tendenza di medio periodo è così passata in campo negati-vo, con una perdita media annua di sei decimi di punto nell’ultimo quinquen-nio e della metà sull’arco decennale.

L’illustrazione grafica di questa serie, a confronto con quelle degli altri ca-pi, mostra bene che la flessione del 2017, proseguendo quella del 2016, è figlia dell’andamento comparativamente molto positivo degli anni precedenti (figura 5.1): il prezzo dei vitelli da macello ha infatti toccato un vertice assoluto nel gennaio 2016, con un prezzo di 4,64 euro per kg, che rappresentava un incre-mento del 6% in un anno e del 21% in tre anni. Se si azzarda un confronto con i vitelloni di migliore qualità, i francesi Limousine, il vantaggio di prezzo dei vitelli da macello era passato dal +27% del gennaio 2013 al +54% del gennaio 2016. Da quel punto iniziava una flessione che, con fasi alterne per la compo-nente stagionale, ha caratterizzato l’intero biennio 2016 e 2017: -13% fino a giugno 2016, poi un recupero del 2% arrivando a gennaio 2017 con un prezzo di 4,15 €/kg. La flessione di quest’ultimo anno era più lunga ma grossomodo altrettanto profonda, arrivando con agosto al -13,6% (3,58 €/kg); da lì a fine anno si è osservato un recupero del 3,3%, cosicché gennaio 2018 si colloca, con 3,70 €/kg, all’11% in meno rispetto allo stesso mese del 2017.

L’altra categoria di animali da macello che nel 2016 aveva avuto un bilan-cio fortemente negativo era stata quella delle vacche, con una netta inversione poi nel 2017. In realtà il grafico mostra qui che il dato medio annuale racconta solo un pezzo di verità, essendo utile agli operatori per tracciare il bilancio di un anno di attività, ma potendo essere fallace se gli si vuol far significare come è evoluto il mercato momento per momento. Risulta infatti chiaramente che la riduzione tra 2015 e 2016 è figlia della forte riduzione delle quotazioni nella seconda metà del primo di questi due anni, e che il secondo è stato tutto in cre-scita, avviando un’evoluzione che è proseguita nel 2017. Infatti il dato di

dicembre 2015 (1,23 €/kg), pur rappresentando un minimo locale che seguiva sette mesi di prezzi in calo, per effetto degli aumenti occorsi nella prima metà del 2015 era ancora superiore, dello 0,6%, rispetto ad un anno prima. Da lì è iniziata una graduale e costante crescita, con una stagionalità fortemente atte-nuata o addirittura annullata: +13,8% nel corso del primo semestre 2016 e -4,2% nel secondo semestre (con dicembre 2016 a 1,34 €/kg, +9% in un an-no); +13,2% nel primo semestre 2017 e ancora +5,8% nel secondo semestre. Il 2017 si è così chiuso con la quotazione di 1,61 €/kg, ossia +19,9% in un anno.

I vitelloni delle razze Limousine e Charolaise ed incroci, che rappresentano le due categorie tenute sotto controllo per questa tipologia di animali, avevano ritrovato nel 2015 un percorso sostanzialmente parallelo, ma i loro listini sono tornati a divergere nel 2016 e nel 2017. Mentre nel 2016 il prezzo della razza più pregiata portava il segno positivo, contrariamente a quella più commercia-le, l’opposto si è verificato nel 2017, quando in media i vitelloni Limousine hanno lasciato sul terreno l’1,8%, gli Charolaise hanno guadagnato il 2,5%. In realtà le differenze sono soprattutto nelle variazioni infra-annuali, molto più piatte per la razza di maggior valore: rispetto alla quotazione medi del biennio 2016-17, pari a 2,91 €/kg, il prezzo dei Limousine si è discostato in positivo al

Figura 5.1- Prezzi medi mensili all’ingrosso dei bovini da macello: gennaio 2008-dicembre 2017

Fonte: Elaborazioni Osservatorio sul Mercato dei Prodotti Zootecnici su dati C.C.I.A.A. di Modena.

5. LE PRODUZIONI ZOOTECNICHE

99 tra aprile e settembre 2017, mentre per gli Charolaise, a fronte di un prezzo medio di 2,53 €/kg, il massimo scostamento positivo si è avuto in dicembre 2017 con + 22 centesimi, quello negativo in giugno 2016 con -15 centesimi.

Il differenziale tra le due categorie, che era dell’11% (rapportato ai capi di prezzo inferiore) all’inizio del 2016, era arrivato al 22,5% nel giugno di quell’anno, per scendere poi fino al 13% nel febbraio 2017, salire ancora fino al 18% di maggio-giugno e crollare al 4,2% in dicembre.

La trasmissione di prezzo tra i diversi stadi della filiera pare essere pesan-temente condizionata dalla debolezza della domanda finale, almeno per il pro-dotto principale, ossia la carne di vitellone: nel 2017 a fronte di prezzi all’origine con variazioni positive o negative modeste, a seconda delle tipolo-gie, abbiamo pesanti cadute passando ai listini franco macello. Le mezzene di vitellone hanno lasciato sul terreno il 7,7% del valore unitario, mentre la ridu-zione arriva al 12,5% per i più pregiati quarti posteriori; nel 2016 entrambe avevano perso il 12% circa, anche in quel caso in presenza di modeste varia-zioni dei prezzi dei capi vivi. Anche considerando l’ultimo quinquennio, la di-namica dei due tagli è stata negativa, premiando comunque quello di maggiore qualità, a fronte di una stabilità dei prezzi all’origine.

In realtà l’andamento mensile dei listini di questi due prodotti mostra un 2017 in modesto recupero rispetto ai valori di inizio anno, condizionato però da un 2016 pesantissimo, specie nella sua parte centrale (figura 5.2). Infatti il 2016 si era aperto, per i questi posteriori, con la quotazione di 8,76 €/kg, deci-samente elevata e comunque in linea con quanto il mercato stava quotando ormai da circa tre anni e mezzo. Ma tra maggio e luglio il listino è crollato, da 8,91 a 7,0 €/kg (-21% in soli due mesi!), perdendo poi ancora 30 centesimi fi-no alla fine dell’anfi-no. Il 2017 si è rivelato piuttosto piatto, comunque con un recupero del 3,6% tra dicembre 2016 e 2017. Non molto diversa è stata l’evoluzione dei corsi delle mezzene, presentando però una componente sta-gionale più evidente.

Rispetto a quanto avvenuto per i vitelloni, nel caso dei vitelli l’evoluzione del mercato dei capi da macello e dei tagli (in questo caso le selle di 1a qualità) nel 2016 e nel 2017 è stata decisamente più concorde, e in questo caso risulta premiante per il taglio rispetto al capo, con riduzioni più contenute in entram-be gli anni. In media la valutazione delle selle nel 2017 è stata di 10,25 €/kg, il 7,5% in meno rispetto al 2016 (a fronte del -11,9% per gli animali vivi), men-tre nell’anno precedente la riduzione era stata dell’1%, confrontata con un -2,4% dei vitelli da macello. In questo caso l’indicazione fornita dalle medie annuali trova conferma nell’evoluzione mensile: mentre a dicembre 2015 il li-stino si collocava appena sopra il livello di un anno prima (+0,4%), a partire da aprile si avviava una flessione che portava a luglio una perdita, rispetto ad

inizio anno, del 4,6% e, dopo una fase stazionaria fino a novembre e un legge-ro recupelegge-ro in dicembre, la quotazione perdeva ancora nei primi cinque mesi del 2017 un euro e 4 centesimi per kg (-9%). Dopo una stabilità estiva, l’autunno portava dei rialzi, dai 10,03 €/kg di settembre fino ai 10,10 di di-cembre (+1,5% rispetto ad agosto).

Nel documento Rapporto 2017 (.pdf) (pagine 97-102)