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Evoluzioni musicali settecentesche e concezione illuministica della musica

Come già accennato, durante il XVIII secolo avviene un’ampia diffusione – incominciata nel secolo precedente – dell’opera drammatica e dell’opera comica in tutta l’Europa, nondimeno, la densa mescolanza fra voci e musica di cui le prime opere liriche sono partecipi si indebolisce per via delle variazioni che gli autori compiono architettando nuove trame e nuove composizioni. In effetti, nelle opere liriche settecentesche viene introdotto, con frequenza crescente, il cosiddetto basso continuo – di cui le prime esperienze, invero, risalgono agli inizi del XVII secolo –,

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ovvero un accompagnamento strumentale costante, che prosegue dall’inizio alla fine della rappresentazione operistica. In altre parole, sempre più, la musica strumentale assume indipendenza anche in contesti in cui non mancano cantanti, tant’è che preludi e interludi divengono momenti musicali fondamentali delle opere, durante i quali artisti e pubblico possono percepire che la musica strumentale può essere autonoma, giacché fortemente espressiva pur senza testo. Oltretutto nel XVII secolo, il violino – sviluppo ultimo della viola – diviene alquanto popolare fra i compositori e gli esecutori, quindi nel XVIII secolo va a sostituire, talvolta, la parte cantata. Non è un caso che, in questo periodo, fioriscano le forme sonate da camera per violino, il concerto grosso, la sinfonia e nascano vere e proprie scuole violinistiche. In effetti, anche la pregiatissima produzione liutaia di Antonio Stradivari avviene a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo. Specialmente, dalla forma sonata, inoltre, ha origine l’esigenza di superamento del clavicembalo che determinerà la nascita del pianoforte, uno degli strumenti più importanti per la musica romantica e novecentesca. In effetti, la sonata, che comprende caratteristiche ritmiche piuttosto dilatate e, perciò, accordi che si protraggono per diversi secondi, non può essere eseguita con gli strumenti clavicordi siccome essi sono dotati di martelletti acuminati che pizzicano le corde e dunque emettono suoni brevi e quasi privi di dinamiche: giustappunto, la musica per clavicordi è caratterizzata da una marcata cadenza ritmica. La sostituzione dei martelletti acuminati dei clavicordi con dei martelletti stondati e l’aggiunta di una serie di leve a pedale utili a modulare le vibrazioni delle corde implicano, infine, l’invenzione del pianoforte. Senza dilungarsi ulteriormente, questo fatto è utile a dimostrare l’importanza di quelle caratteristiche che Cartesio definisce quasi irrilevanti per la musica, ossia timbriche ed intensità: in questo caso, tali enti, i quali si rivelano assai differenti in relazione allo strumento – il clavicembalo emette suoni secchi e duri, il pianoforte emette suoni prolungati e più morbidi – condizionano significativamente la possibilità di espressione musicale e, perciò, pure il significato musicale che il fruitore comprende. In questo fertile periodo operano geni della musica come Haydn, Mozart e Beethoven che aprono le porte all’evoluzione romantica della musica.

Sul piano teoretico, il fenomeno musicale viene discusso dagli illuministi – specialmente da Rousseau e da Diderot – all’interno della redazione

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dell’Enciclopedia. Un fatto determinante di queste indagini riguarda la formazione musicale degli enciclopedisti: fra di loro, infatti, nessuno possiede un’educazione musicale veramente approfondita, ma, indicativamente, costoro conoscono la musica nel modo – piuttosto approssimativo – in cui tutti gli intellettuali del tempo la conoscono e ne fruiscono, ovverosia occasionalmente e quasi più per convenzione che per interesse (Fubini, L'estetica musicale dal settecento a oggi , 2001). In linea di massima, gli illuministi tendono a mitizzare la musica italiana del tempo e a criticare quella francese: Rousseau in particolare, che non si discosta molto dal pensiero comune illuministico, considera la musica italiana come la migliore per via della sua linearità e della sua freschezza che rassomigliano alla natura – concetto che per Rousseau, giustappunto, comprende sentimento, intuizione ed istinto – mentre la musica francese viene reputata artificiosa, astrusa e, dunque, lontana dalla natura. L’imitazione della natura, nella filosofia illuministica, è un elemento necessario alla bellezza artistica, perciò, forme musicali quali la musica puramente strumentale – giacché il canto viene considerato il mezzo musicale più emozionante che esista16 oppure il contrappunto o la polifonia sono respinte, dal momento che sono ritenute avulse dall’immediatezza dell’istinto o dell’intuizione – le principali caratteristiche della natura secondo Rousseau – bensì sono state concepite attraverso un processo fortemente razionale.

Diversamente da Rousseau – e non per la sezione della musica dell’Enciclopedia ma per la sezione intorno alla bellezza –, Diderot elabora una innovativa teoria della musica che cerca, comunque, di non discostarsi troppo dal pensiero più comune, il quale, nondimeno, soffermandosi sulla concezione di imitazione della natura, quasi per inerzia, appare incapace di trovare giustificazioni ai radicali cambiamenti musicali dell’epoca – distanti dalla natura, eppure tanto apprezzati, inspiegabilmente. Nella fattispecie, Diderot enuncia una teoria intorno ai rapporti, definendo la musica, giustappunto, come la percezione del rapporto fra i suoni, al pari del piacere che egli definisce come la percezione dei rapporti. In altri termini, Diderot elabora una sorta di regola psicologica della musica che – analogamente al pensiero di Aristosseno – ripensa le varie correnti musicali come

16 Rousseau sostiene il primato del canto, in ambito musicale, poiché – alquanto originalmente – lo associa alla dimensione primordiale dell’essere umano: il filosofo ritiene che, inizialmente, linguaggio e canto fossero un solo ente capace di esprimere perfettamente quali sentimenti provassero gli individui così come potesse esprimere anche concetti più complessi. Tale idea, invero, non è poi tanto distante dalle scoperte di Steven Mithen, le quali saranno discusse nei prossimi capitoli.

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meri fenomeni storici e culturali, anziché come derivazioni naturali dell’armonia celeste. Grazie al pensiero di Diderot, la musica assume una valenza artistica estremamente meritevole poiché considerata forma primordiale di espressione umana, piuttosto che “semplice” veicolo espressivo gradevole. La musica, così, viene finalmente emancipata dalle altre discipline artistiche, assumendo a tutti gli effetti una propria autonomia, non soltanto riconosciuta a livello pratico ma anche a livello teorico.