Neuroscienze della musica
2.5 Musica e genetica
In virtù di ciò che è stato analizzato sinora, si evince che i fattori determinanti per un efficiente apprendimento musicale siano soprattutto lo studio, l’esercizio, l’ascolto, la passione e simili, così come risulta palese che non esista una particolare predisposizione alla musica al di fuori di quella che, sostanzialmente, accomuna tutti gli esseri umani. Cionondimeno, alcune ricerche hanno reso noto il ruolo di taluni geni in attività prettamente musicali, sicché risulta inevitabile un’analisi del contributo funzionale di questi ultimi.
La biologa molecolare finlandese Jaana Oikkonen et al., avendo rilevato che i casi di orecchio assoluto o di amusia presentassero un’incidenza statistica maggiore fra individui appartenenti ai medesimi ceppi familiari, si sono domandati se la genetica ricoprisse un ruolo di qualche tipo nella percezione della musica; per questo motivo, nel 2015 essi hanno condotto un’indagine su quasi cento ceppi familiari finlandesi, per un totale di circa mille persone (59% femmine e 41% maschi), dai sette ai novantaquattro anni. Quindici ceppi familiari sono stati selezionati sulla base della tradizione musicale che li accomunava: molti dei relativi componenti, infatti, sono stati o sono stati musicisti professionisti; le altre famiglie, invece, si sono candidate volontariamente e solo pochi dei relativi membri avevano esercitato la professione di musicista. Le doti musicali dei soggetti sono state verificate mediante tre prove, ossia il Karma Music Test, il test di intonazione di Carl Seashore64 ed un test di scansione ritmica. Il Karma Music Test consiste nel riconoscimento di
64 Psicologo statunitense, vissuto tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX secolo, i cui studi si sono concentrati prevalentemente sulle patologie del linguaggio e sull’educazione musicale.
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eventuali variazioni strutturali di pattern musicali astratti – cioè componimenti generalmente atonali, cromatici o ritmicamente banali – durante gli ascolti successivi al primo. Il test di intonazione di Carl Seashore, diversamente, è un compito di individuazione di possibili mutamenti nell’altezza di frequenza durante l’ascolto di una medesima composizione. Il test di scansione ritmica, infine, è un esame che consiste nella rilevazione, da parte dei soggetti, delle alterazioni di durata di una nota riprodotta a più riprese. Successivamente, l’equipe ha analizzato oltre mezzo milione di polimorfismi differenti appartenenti ai volontari, individuandone molteplici a singolo nucleotide in prossimità di geni coinvolti nei processi neurocognitivi dell’elaborazione acustica e nei processi uditivi. La comparazione operata tra i soggetti col punteggio più alto ottenuto nelle prove di configurazione sonora, discriminazione tonale e discriminazione ritmica e la varianza dei relativi alleli65 rispetto ai campioni raccolti, ha consentito all’equipe di focalizzare una regione genetica (nominata 3q21.3) distante alcune decine di migliaia di coppie di basi66 dal gene GATA2, responsabile della crescita delle cellule ciliate della coclea e del collicolo inferiore (Gingras, Honing, Peretz, Trainor, & Fisher, 1964), i quali sono – come già riportato – implicati nella elaborazione tonale delle onde di pressione (Oikkonen, et al., 2015).
Inoltre, è stato costatato che la musica sia in grado di mutare il trascrittoma67 di individui con esperienze musicali plurime – non necessariamente strumentisti o cantanti. Uno studio intorno al sangue di persone con esperienze musicali – prelevato sia prima che dopo l’ascolto del Concerto per violino e orchestra numero 3 in Sol maggiore, K216 di Wolfgang Amadeus Mozart – grazie al quale è stata possibile una completa profilazione del genoma dei partecipanti, ha dimostrato che la fruizione dell’opera in questione potenziasse la trascrizione di geni significativamente responsabili della sintesi della dopamina68 e del consolidamento della memoria a lungo termine. In particolare, l’alterazione della espressione genetica è stata valutata sulla base di 45 geni (27 geni sovraregolati e 18 geni
65 Forme alternative dello stesso gene presenti nella medesima posizione in ogni cromosoma omologo. 66Unità di misura fisica di sequenze di acidi nucleici a doppio filamento.
67 Il totale degli RNA trascritti da parte di un genoma.
68 Neurotrasmettitore endogeno legato alla cognizione, al movimento volontario, all’attenzione, alla memoria procedurale, all’apprendimento, alla motivazione nonché al comportamento, all’inibizione, al sonno e all’umore.
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sottoregolati69) collegati alla comprensione tonotopica e 97 geni (75 geni sovraregolati e 22 geni sottoregolati) collegati all’apprendimento acustico, tramite la misurazione delle proteine che essi codificano (Kanduri, et al., 2015).
La genetica, oltretutto, si rivela nodale dacché le competenze musicali degli esseri umani – al di là delle funzioni esclusivamente percettive – hanno radici anche in una serie di correlativi neurologici come la neuroplasticità, la memoria, la velocità di apprendimento e simili. Ciò significa che un corredo genetico che favorisca gli aspetti succitati, inciderà innegabilmente sulle elaborazioni cerebrali concernenti la musica. Ancora una volta, comunque, il vero ruolo chiave della genetica circa nel campo in questione, è la predisposizione stessa che l’essere umano presenta fin da piccolo verso la musica. In sostanza, dunque, i geni possono predisporre qualche piccola agevolazione relativamente allo studio della musica, ma soltanto inizialmente, dopodiché a fare la differenza sarà la costanza e la passione dello studente o della studentessa: la predisposizione può velocizzare relativamente i primi passi della formazione musicale ma da un certo livello in poi, solo l’applicazione metodica ed assidua conduce a risultati soddisfacenti. In altre parole, ambienti culturalmente e musicalmente stimolanti, esibizioni e incisioni musicali, ascolto variegato e approfondito di quante più composizioni possibili e così via, sono la vera sorgente della modificazione genetica e neuronale che genera quasi tutte le differenze neurocognitive fra musicisti e non musicisti.
Un grande musicista come Wolfgang Amadeus Mozart, quindi, era quel che era non soltanto perché aveva i geni giusti (seppure i geni aiutino), ma anche perché iniziò a mettere in pratica le doti per cui divenne famoso in un momento in cui il suo cervello era più duttile (Kandel, Alla ricerca della memoria, 2017).
69 Sovraregolazione e sottoregolazione genetica, conosciute anche come up-regulation e down-
regulation, sono processi che hanno luogo all’interno di una cellula e che comportano rispettivamente
l’aumento o la diminuzione dell’espressione di uno o più geni e della relativa proteina da essi biosintetizzata.
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