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Capitolo 5. Il lato dell'offerta Pratiche e modelli di Audience

5.4. Cercasi non pubblici disperatamente

5.4.4. Famiglie e bambin

Il frequente riferimento da parte degli intervistati ai bambini e alle loro famiglie evidenzia un'attenzione crescente da parte delle organizzazioni culturali verso un bacino ampio e importante da attrarre e da fidelizzare, qual è quello dei genitori che non hanno familiarità con le pratiche culturali non solo per motivazioni di

carattere personale, ma anche a causa della mancanza di servizi e contenuti adatti alla prima infanzia. La tendenza a sviluppare una cultura dell'accoglienza, capace di includere anche l'utenza che presenta bisogni specifici, ha spinto un numero non trascurabile di istituzioni a implementare azioni di Audience Development pensate appositamente per cercare di stimolare la partecipazione dei bambini più piccoli e dei loro genitori. Dal punto di vista della programmazione, le iniziative “family and

kids friendly” prevedono nella maggior parte dei casi l'inclusione all'interno del

programma di una sezione dedicata ai bambini:

“abbiamo creato 'La grotta dei piccoli' che è una sezione per bambini dove proiettiamo film di animazione per bambini e lo abbiamo fatto in collaborazione con Unicef. Questo è nato da un'esigenza: i nostri cortometraggi a volte erano un po' troppo spinti per i bambini. Allora questo faceva sì che non solo non avevamo il pubblico infantile, ma anche i genitori di questi bambini non venivano perché dovevano stare con i bambini. Allora da questo problema, abbiamo trovato una soluzione creando 'La grotta dei piccoli', che è questo festival dentro al festival, che è per i bambini. E così facendo [...] abbiamo creato un nuovo pubblico che sono i bambini, creando un contenuto proprio per loro” (Festival 2);

“sicuramente è molto importante tutta la rassegna di 'REF Kids', quindi il progetto che portiamo avanti quest'anno per il terzo anno dedicato ai bambini e alle famiglie, che è un pubblico che non avevamo mai incontrato, con esigenze che non avevamo mai incontrato, con fenomeni che non avevamo mai immaginato” (Festival 5).

Decisamente più ampio il ventaglio di progetti che puntano sul coinvolgimento attivo dei bambini, offrendo occasioni in cui si possano sentire produttori partecipi alla cultura. In questo poliedrico ambito di attività rientrano percorsi formativi, laboratori ludico-didattici, workshop creativi, contest che prevedono la partecipazione non solo dei bambini ma anche delle famiglie per incentivare i momenti di gioco creativo e per accrescere la consapevolezza e la sensibilità verso il rapporto con l'altro, lavorando insieme a una certa esperienza tra classi sociali e provenienze geografiche differenti. Accanto a tali iniziative, alcune organizzazioni offrono anche la possibilità di frequentare vere e proprie scuole per bambini, che diventano occasioni di apprendimento informale e di crescita personale. Tra gli esempi particolarmente significativi, è interessante citare:

 “Sou”, la Scuola di Architettura per Bambini promossa da Farm Cultural Park:

architetto giapponese, che si chiama Sou Fujimoto, al quale abbiamo dedicato la scuola. Tra l'altro, l'anno scorso a gennaio i nostri bambini sono andati a trovarlo a Parigi nel suo studio. I bambini fanno scuola una volta a settimana e hanno la possibilità di incontrare ogni volta un docente differente, docenti che vengono da tutta Italia e anche da diverse parti del mondo. Abbiamo avuto Mario Cucinella, che è stato l'art director della Biennale di Venezia del Padiglione Italia. Abbiamo avuto un architetto della Catalogna, che ha fatto quattro moduli su architettura e tecnologia. Il mese scorso abbiamo avuto Luigi Prestinenza Puglisi che è praticamente il più importante critico di architettura in Italia. Viola Maffessanti che è venuta da Londra per presentare Architecture for Humanities che fa progetti di architettura sociale in tutto il mondo. Quindi capisci che i nostri bambini a Favara hanno la possibilità di fare qualcosa che i bambini di Londra, New York o Milano possono solo sognare di fare. Le lezioni durano due ore e mezza, c'è una parte teorica e c'è una parte di progettazione e segue una parte di realizzazione pratica. Cioè i bambini producono sempre materialmente qualcosa a fine lezione”.

 “La scuola elementare del teatro e della danza” realizzata da Kilowatt Festival:

“un progetto a cui siamo molto affezionati, che abbiamo cominciato quest'anno, si chiama La scuola elementare del teatro e della danza. È praticamente un progetto per cui abbiamo individuato una classe, solo una classe – una prima elementare di una scuola primaria – e li facciamo venire a tutte le 20 residenze che noi facciamo, una mattina per un'ora, con un rituale che loro hanno imparato: devono togliersi le scarpe, devono entrare in sala in silenzio. Abbiamo raccontato loro che sono una specie di agenti segreti che assistono a quello che la compagnia sta facendo, che non sono spettacoli per bambini, sono spettacoli per adulti. Ovviamente chiediamo alla compagnia di non fare niente in quell'ora che i bambini non possano vedere, però se la compagnia sta facendo una prova luci loro vedono quella, se sta provando la stessa scena quattro volte vedono quello. E la nostra idea è lavorare con questa stessa classe per cinque anni, perché crediamo che in qualche modo così facciamo vedere loro che cos'è un teatro, che cos'è la creazione artistica molto più che portarli due volte a vedere degli spettacoli il sabato pomeriggio o la domenica pomeriggio”.

 La “Cinema Summer School” organizzata dall'Associazione Culturale Babelica:

“abbiamo quest'altro progetto che va avanti da quattro anni che è questa scuola estiva di cinema [...] è sempre tutti gli anni una grande sfida, perché

noi offriamo queste cinque settimane in cui insegniamo ai ragazzi il mestiere, cioè insegniamo ai ragazzi a progettare storie per immagini, quindi a creare dei video. Ed è sempre una nuova sfida perché li devi veramente andare a individuare persona per persona. Quindi è sempre una sfida nel coinvolgere dei nuovi pubblici […] perché noi offriamo una scuola in cui i bambini sostanzialmente lavorano, cioè si divertono anche, però la sfida è comunicare ai genitori il fatto che i loro figli quasi acquisiranno una sorta di professionalità nell'arco della frequenza di questa scuola estiva. Che è una scuola estiva in cui non li portiamo in piscina, non giocano all'aperto, in cui però cerchiamo di abbinare questo sviluppo delle loro competenze a quella che è una formazione rispetto all'associazionismo”.

 La “Scuola di Circo” dell'Associazione Culturale Sarabanda:

“qualcosa di programmato, ad esempio, è l'apertura di una scuola di circo per bambini che noi abbiamo iniziato tre anni fa. Sicuramente questo fa parte dei nostri progetti culturali e sicuramente è legata allo sviluppo del pubblico. Chiaramente è una piccola scuola di circo nascente, perché siamo al terzo anno. Questo significa però coinvolgere famiglie, che cominciano a entrare all'interno del mondo circo non solo da spettatori, ma anche perché i propri figli cominciano e si allenano e imparano delle discipline circensi. Coinvolgere le famiglie significa coinvolgere i bambini, oppure a ritroso è coinvolgere i bambini per coinvolgere delle famiglie. E famiglie si intende non solo mamma e papà, ma i fratelli, i nonni, quindi c'è una propagazione di sapere, di coinvolgimento che comincia sicuramente ad essere interessante, ad esempio, con un'operazione di questo tipo”.

Rispetto all'accessibilità e in particolare alla possibilità di fruire di determinati servizi, alcune organizzazioni culturali si sono dotate di un'area in cui poter lasciare i passeggini o di un fasciatoio in modo da rendere gli spazi accoglienti anche per i genitori con bambini molto piccoli. Un'istituzione che ha deciso di investire molto sull'accesso della prima infanzia è, ad esempio, il Museo delle Scienze di Trento, che ha

“firmato un protocollo a novembre dell'anno scorso con Unicef Roma. Siamo il primo museo amico dei bambini e degli adolescenti in tutta Italia, nel senso che abbiamo stilato un protocollo e una progettualità con Unicef, supportati dal Dipartimento Salute, dalla parte educativa del nostro territorio [...] abbiamo lavorato otto mesi su questo protocollo, dove ci sono gli indicatori che un'istituzione deve soddisfare per avere questo tipo di marchio, che corrisponde a una certa modalità di relazione con i ragazzi 0 – 18. E questo è stato per un noi un lavoro, perché ci ha permesso di rielaborare una policy interna, specifica per queste giovani generazioni,

che va banalmente dalle politiche economiche, cioè abbiamo il biglietto family, ecc. ecc. [alla] formazione specifica di tutto il personale”.

L'insieme delle pratiche messe in campo per avvicinare i bambini e le loro famiglie, caratterizzato da attività pensate in maniera specifica per questo tipo di utenza, mette in evidenza il fatto che per un numero non trascurabile di intervistati la possibilità di rivolgersi a più pubblici contemporaneamente risulta essere strettamente legata alla capacità di offrire una programmazione diversificata e adeguata alle esigenze dei vari target di riferimento.

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