Capitolo 4. Disegno della ricerca
4.2. Basi di dati e strumenti di analisi 1 Il lato dell'offerta
4.2.2. Il lato della domanda
Altro momento importante del lavoro di ricerca è stata l'analisi delle principali caratteristiche di coloro che non partecipano o che partecipano molto raramente ad attività di tipo culturale, volta ad indagare le motivazioni della mancata o scarsa partecipazione. La scelta di dedicare particolare attenzione all'assenza di pratica culturale trae origine dalla volontà di approfondire un fenomeno che risulta essere profondamente legato al tema dell'Audience Development. Come evidenziato da Eigo e Wilson (2019), «one other element of audience development is to try and contextualise it in terms of participation or attendance» (p. 241). Questo modo di pensare all'Audience Development, per Taylor (2016) solleva un ulteriore interrogativo che spinge l'autore a domandarsi se coloro che presentano bassi livelli di partecipazione culturale secondo le statistiche ufficiali non siano in realtà coinvolti in “altri tipi” di attività culturali, quali ad esempio fare giardinaggio o socializzare in un pub, sperimentando stili alternativi e quotidiani di partecipazione. Rispetto a questo tema, secondo i dati riportati nell'ultima edizione dell'Annuario Statistico Italiano (Istat, 2018), la percentuale di coloro che nell'ultimo anno non sono mai stati a teatro è pari al 79,1% della popolazione. Questa constatazione rinvia a due possibili riflessioni. Da un lato, una porzione così ampia di mancata partecipazione – seppure riferita a una specifica attività – è sintomatica di un comportamento praticato in maniera trasversale dalla maggior parte degli italiani, i quali indipendentemente dalle caratteristiche socio- demografiche sembrano mostrare una profonda disaffezione nei confronti di tale pratica culturale. A fronte di un dato giudicato da molti analisti ed esperti del settore come poco rassicurante, è lecito chiedersi cosa spinga così tante persone a non frequentare questi luoghi e quali misure si possano prevedere per invertire la rotta. Al contempo, però, seguendo il ragionamento sollevato da Taylor (2016),
appare altrettanto legittimo non cedere alla tentazione di istituire un rapido – e poco accurato – parallelismo tra mancata partecipazione a forme canoniche di cultura e inattivismo culturale latamente inteso, e scegliere di adottare una prospettiva alternativa basata su un'idea più ampia e inclusiva di partecipazione culturale (cfr. Capp. 1 e 2).
A questo proposito, Stevenson (2016) cita le parole di Holden (2010) per suggerire che nella nostra società è in atto una “guerra culturale” in cui le battaglie infuriano su due fronti: il primo riguarda chi ha accesso a ciò che è stato tradizionalmente definito “cultura” e il secondo chiama in causa chi ha il potere di decidere cosa rientri nella definizione di “cultura” e cosa no. Per Stevenson (2016), questo significa che i discorsi sulla partecipazione culturale continuano a essere dominati da un'idea elitaria di cultura, secondo la quale bisogna aumentare la partecipazione solo a quelle attività e istituzioni che sono state identificate da una rete di professionisti della cultura come di maggior valore, in virtù della loro capacità di offrire un'esperienza unica e arricchente. In questo modo però – avverte l'autore – si rischia di prestare poca attenzione a ciò che conta come “cultura” per i gruppi finora esclusi dalle forme tradizionali di partecipazione culturale (ibidem).
In linea con tale prospettiva, Miles e Gibson (2016) sostengono che vi sia una sorta di ortodossia nell'approccio alla partecipazione culturale, che si basa su una definizione (e comprensione) ristretta del concetto stesso di partecipazione, focalizzato su un insieme limitato di forme, attività e istituzioni culturali, che oscura il significato di altre modalità di partecipazione culturale localmente situate nella sfera del quotidiano. Ma lavorare con il concetto del quotidiano implica, come rifletteva Elias (1998), la mobilitazione del suo opposto, che in questo caso è il quadro “ufficiale” della partecipazione culturale. Seguendo Bourdieu (1979; trad. it. 1983), questo quadro riflette una serie di ipotesi storiche e culturali su alcuni gusti e forme di attività canonizzate come più preziose di altre, che possono agire come potenti simboli di distinzione sociale49. L'accettazione di questo quadro ha comportato la progressiva affermazione del cosiddetto “deficit model of
participation” (Miles e Sullivan, 2010; 2012) e la conseguente
“problematizzazione” della mancata partecipazione a ciò che viene considerato cultura legittima (Stevenson, 2016). Tuttavia, in una sorta di cortocircuito, la reiterazione di questo modello ha fatto sì che le misure che avrebbero dovuto
49 Bourdieu (1979; trad. it. 1983) fa notare che tra «tutti gli oggetti offerti alle scelte dei consumatori, non ne esistono di più classificanti delle opere d'arte legittime; le quali, essendo globalmente distintive, permettono di produrre dei distinguo all'infinito, grazie al gioco delle divisioni e delle suddivisioni in generi, epoche, maniere, autori, ecc.» (p. 8; corsivo dell'autore). Per l'autore si possono in tal modo distinguere tre universi di gusti che corrispondono, a grandi linee, a tre livelli scolastici e a tre classi sociali: il gusto legittimo per le opere legittime; il gusto medio per le opere minori; il gusto popolare per le opere di intrattenimento.
sanare tale presunto “deficit” e favorire l'accesso alla cultura in nome della riduzione dell'esclusione sociale, divenissero allo stesso tempo parte di un processo di discriminazione, stigmatizzando ed emarginando quelle persone e quei luoghi che non si associano alla cultura consolidata come passivi, isolati e bisognosi di attenzione per essere sottratti allo loro condizione di imperfezione (Miles e Gibson, 2016).
Nel tentativo di superare questa visione e offrire un'interpretazione più affine alla natura e al significato associato alle preferenze e alle attività culturali nello scenario contemporaneo, Miles e Gibson (ibidem) invitano a riflettere sul fatto che esista una ricca varietà di forme di partecipazione culturale che vanno oltre la limitata nicchia delle attività tradizionali e che risultano essere altrettanto rilevanti per lo sviluppo del capitale sociale e per la definizione dei tratti distintivi di una comunità. Non stupisce, quindi, che una recente indagine condotta negli Stati Uniti abbia messo in luce che proprio come il mondo intorno a noi si è trasformato – con nuove modalità di comunicazione e connessione e infinite opzioni per il tempo libero – anche il panorama culturale è sostanzialmente cambiato. La ristretta cerchia delle attività culturali si è allargata fino a includere i parchi pubblici accanto ai musei, le degustazioni di cibi e bevande accanto agli spettacoli teatrali e l'arte di strada accanto alla musica classica (LaPlaca Cohen, 2017). Lo studio si spinge addirittura più in là, affermando che per i pubblici di oggi la definizione di cultura si è ulteriormente democratizzata: le attività che sono state tradizionalmente considerate cultura e quelle che attualmente non sono considerate tali sono in condizioni di parità, con i pubblici divisi sul fatto che l'etichetta “cultura” sia persino applicabile (ivi, pp. 7-8). In tale scenario, LaPlaca Cohen (ibidem) considera le motivazioni alla base della partecipazione come un elemento chiave del discorso. Se, come suggeriscono Eigo e Wilson (2019), ciò è vero allora analizzare e comprendere i motivi della partecipazione diventa fondamentale, specialmente se si vuole riformulare tale concetto includendo anche le attività che i diretti interessati descrivono e vivono come “culturali” (ivi, p. 241).
A partire da tali premesse, l'analisi del lato della domanda si pone un duplice scopo: da una parte, approfondire le ragioni alla base della mancata o scarsa partecipazione culturale, tracciando il profilo di coloro che non partecipano o partecipano molto raramente a diversi tipi di attività, comprese le attività amatoriali; dall'altra, capire se le pratiche di Audience Development realizzate dalle organizzazioni culturali possano rappresentare una valida risposta alle esigenze espresse da chi oggi risulta essere escluso dai pubblici della cultura.
Tale approfondimento è stato condotto attraverso un'analisi secondaria dei dati messi a disposizione dall'Istat sull'uso del tempo libero da parte dei cittadini
italiani50. Nello specifico, è stato utilizzato il file di dati relativo all'indagine “I cittadini e il tempo libero”51 condotta nel 2015. La rilevazione rientra in un sistema integrato di indagini sociali (Indagini Multiscopo sulle Famiglie) promosso dall'Istat, che consente di descrivere in modo sistematico un campo complesso e differenziato qual è quello del tempo libero e dei rapporti che sussistono tra questo e la partecipazione culturale. La rilevazione si concentra sugli atteggiamenti e i comportamenti della popolazione riconducibili alla sfera del tempo libero, con particolare riguardo all'insieme di comportamenti e di attività connessi alla partecipazione culturale e alle pratiche più direttamente legate alla sfera del sé e dell'autorealizzazione. Contestualizzando l'uso del tempo libero nel più ampio tessuto della vita quotidiana, l'indagine presta attenzione sia agli aspetti più tradizionali della pratica culturale come andare a teatro, visitare mostre e musei, ascoltare concerti di musica classica, sia a forme partecipative meno convenzionali come svolgere attività amatoriali, usare il computer, navigare in Internet, giocare ai videogiochi (Istat, 2019). Il periodo di riferimento è prevalentemente costituito dai dodici mesi che precedono l'intervista. Il campione effettivo di individui raggiunti dalla rilevazione è pari a 39.848 unità, a partire da un campione teorico in termini di nuclei famigliari di circa 24.000 famiglie (ibidem).
Dato l'elevato numero di variabili presenti all'interno del file di dati, in conformità con gli scopi della presente ricerca sono state selezionate, e successivamente trattate, le variabili afferenti ai seguenti ambiti:
variabili di base riferite alle principali caratteristiche socio-demografiche (genere; età in anni compiuti; titolo di studio; condizione professionale; posizione nella professione; regione di residenza; ripartizione geografica di residenza; fonte principale di reddito);
variabili relative alla partecipazione ad attività culturali di tipo convenzionale (andare al cinema; andare a teatro; visitare musei, mostre, siti archeologici, monumenti storici, città d'arte e altre località di interesse storico e artistico; recarsi in biblioteca; assistere a concerti di diverso tipo; leggere libri);
variabili riferite allo svolgimento di attività amatoriali (fare fotografie; fare film, video amatoriali; disegnare, dipingere, scolpire, svolgere attività artistiche; scrivere poesie, racconti, diari; utilizzare il computer in modo creativo; suonare
50 Si precisa che è stata presentata all'Istat una richiesta formale per il rilascio di dati elementari per scopi di ricerca, al fine di effettuare di persona le analisi statistiche sui microdati dell'indagine di nostro interesse, nel rispetto delle norme sulla riservatezza dei dati personali. 51 La rilevazione, di tipo campionario, è stata svolta per la prima volta nel 1995 e le rilevazioni
successive sono state condotte con cadenza periodica pluriennale. L'indagine, nella sua prima edizione era denominata “Tempo libero e cultura”. Le edizioni successive, con la nuova denominazione “I cittadini e il tempo libero”, sono state effettuate nel 2000, 2006 e 2015 (Istat, 2019).
uno o più strumenti; comporre musica; cantare; ballare; recitare; fare modellismo; realizzare piccoli oggetti artigianali; cucinare, preparare dolci);
variabili che si rifanno a un concetto più ampio di partecipazione culturale (guardare la tv; ascoltare la radio; leggere quotidiani, riviste e periodici; giocare ai videogiochi; usare il computer; navigare in internet; frequentare sagre paesane, fiere, manifestazioni enogastronomiche; ascoltare musica dal vivo presso balere, feste, intrattenimenti di piazza, pub, bar, locali generici, ecc.).
variabili connesse alle motivazioni della non partecipazione a determinati tipi di attività, ove presenti;
variabili relative all'autorappresentazione (interesse per arte, spettacolo, letteratura, cultura e tradizioni locali; informato su arte, spettacolo, letteratura, cultura e tradizioni locali; avere una vera e propria passione per qualcosa).
Nello specifico, i dati sono stati elaborati attraverso analisi a livello monovariato, bivariato e trivariato, effettuate con l'ausilio del software SPSS (Statistical Package
for the Social Sciences), al fine di descrivere approfonditamente il target di chi
presenta una bassa o nulla partecipazione culturale, ricostruendone l'identikit e dettagliandone il profilo sociologico.
Sulla base del disegno di ricerca delineato in queste pagine, nei Capitoli che seguono saranno presentati i risultati emersi dalle due indagini condotte rispettivamente sul lato dell'offerta e su quello della domanda, provando laddove possibile a individuare eventuali punti di contatto e rimandi reciproci tra i due campi di osservazione.