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Capitolo 3. Il ruolo dell'Audience Development in una prospettiva europea

3.2. I diversi approcci all'Audience Development

3.2.3. L'approccio avanguardista all'Audience Development

Fondato sul bisogno di una più profonda comprensione della relazione che si instaura tra pubblici e agenti culturali, questo approccio considera l'espressione

Audience Development in un certo senso inadeguata e obsoleta se vista in un'ottica

futura (Cuenca-Amigo e Makua, 2017). Assumendo una posizione critica nei confronti di una terminologia che appare riduttiva e ingannevole, in quanto incapace di catturare la ricca complessità fenomenologica dell'interazione tra individui e organizzazioni culturali (Walmsley, 2019), questa prospettiva mette in evidenza il fatto che se non adeguatamente riformulato l'Audience Development potrebbe essere visto non solo come un concetto ancora fortemente connotato dalle sue origini nell'ambito del marketing culturale (Cuenca-Amigo e Makua, 2017), ma anche come una combinazione di parole intrise di giudizi di valore (Walmsley, 2019) che rimandano all'idea di una forma «passiva e primitiva di relazione» in cui soggetti immaturi e deficitari necessitano di essere formati, istruiti e alfabetizzati (Argano, 2014; p. 186). Ne consegue che per superare una concettualizzazione che si presenta come scivolosa e problematica (Walmsley,

2019), occorre elaborare una definizione avanguardista di Audience Development capace di mettere in evidenza la duplice natura di un processo complesso e articolato, che riguarda da un lato la costruzione di relazioni a lungo termine basate sulla fiducia e sul rispetto, e dall'altro l'organizzazione interna e i processi strategici delle istituzioni culturali (Cuenca-Amigo e Makua, 2017).

Questo approccio all'Audience Development mostra numerose analogie con i concetti di Audience Engagement e Audience Empowerment, che stanno ricevendo un'attenzione crescente da parte di studiosi ed esperti del settore culturale e che sembrano destinati a dominare il lessico delle politiche culturali dei prossimi anni (Tomanová, 2018; Walmsley, 2019). Facendo riferimento all'interpretazione di Audience Engagement elaborata da Walmsley (2019), è possibile affermare che esso incorpora «a much more complex and nuanced approach to developing relationships with audiences than crass attempts to market to them or simply allow them to participate or even co-produce» (ivi, p. 10). Questo perché secondo Walmsley (ibidem) l'Audience Engagement può essere inteso come una filosofia unificante sostenuta da un ethos incentrato sui pubblici, che riconosce i pubblici come partner nei processi di scambio culturale e che combina marketing, formazione, programmazione artistica e sviluppo organizzativo per massimizzare l'impatto sui partecipanti30 (Brown e Ratzkin, 2011; citato in Walmsley, 2019). Non diversamente dall'Audience Development inteso nella sua accezione più ampia ed evoluta31, l'Audience Engagement viene descritto come un insieme di attività che mira a sviluppare relazioni intime, significative, convergenti e durature con i pubblici: gli individui risultano essere coinvolti in esperienze che emancipano coloro che partecipano alla pratica culturale e generano profonde connessioni che consentono alle persone di diventare una parte inestimabile del processo di creazione artistica (Walmsley, 2019). Per coltivare questo tipo di relazioni, Walmsley (ibidem) suggerisce che le istituzioni culturali dovrebbero sviluppare una sorta di “porosità organizzativa”, ossia una mentalità capace di consentire un libero scambio di energie creative tra un'organizzazione e i suoi pubblici. Per l'autore tale obiettivo può essere perseguito attraverso l'adozione di un approccio

30 Brown e Ratzkin (2011) hanno definito l'Audience Engagement come «a guiding philosophy in the creation and delivery of arts experiences in which the paramount concern is maximizing impact on the participant» (ivi, p. 5).

31 A questo proposito, Walmsley (2019) cita la definizione di Audience Development elaborata dalla nota società internazionale di consulenza e ricerca, Morris Hargreaves McIntyre, che dal suo punto di vista descrivere in maniera molto pertinente l'approccio orientato alla centralità dei pubblici: «Audience development is a continual, actively managed process in which an organisation encourages each attender and potential attender to develop confidence, knowledge, experience and engagement across the full breadth of the art form to meet his or her full potential, whilst meeting the organisation’s own artistic, social and financial objectives» ( ivi, p. 174).

olistico alla co-creazione, definita come qualsiasi processo e pratica partecipativa che apra ogni parte dell'iter creativo ai pubblici latamente intesi. In particolare, questo tipo di iniziative non dovrebbe mirare a coinvolgere i partecipanti solo nelle fasi di produzione di un progetto, ma dovrebbe permettere l'accesso anche alle fasi di decodifica, in cui i significati sono elaborati collettivamente (ibidem). È quanto fatto, ad esempio, dal National Theatre Wales che ha messo in scena lavori sovente digitalmente innovativi all'interno di treni, campi di addestramento militare, magazzini, discoteche, scuole, hangar per aerei e biblioteche, ma anche spazi all'aperto come spiagge e montagne, sviluppando al contempo una comunità online interattiva di oltre 5.000 membri (Walmsley, 2018). Oppure quanto realizzato dal progetto europeo Be SpectACTive!, che coinvolge numerose compagnie e festival teatrali con l'intento di creare gruppi di “spettatori attivi”, ossia persone che pur non essendo addetti ai lavori – quindi né attori, né registi, né operatori teatrali – partecipano alla selezione degli spettacoli che considerano migliori e meritevoli di essere inseriti nella programmazione ufficiale, discutendo e confrontandosi tra loro attraverso modalità di ingaggio che sovvertono i criteri di organizzazione del rapporto canonico tra il sistema dello spettacolo e il pubblico (Bonet e Négrier, 2018). Ulteriori esempi sono ravvisabili nei progetti che compongono il programma culturale di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura, frutto della collaborazione tra artisti, collettivi, istituzioni, associazioni e residenti locali, la cui partecipazione è stata perseguita attraverso numerose e capillari strategie di animazione territoriale (Riitano, 2019). Tra queste rientrano l'iniziativa “Museo per un giorno”, durante la quale il Museo Nazionale d'arte Medievale e Moderna della Basilicata ha esposto in due diverse occasioni alcune delle sue opere più importanti in appartamenti, parrocchie e centri di aggregazione e di aiuto ubicati nelle aree di Serra Rifusa e Spine Bianche, chiedendo ai ragazzi del quartiere di allestire un loro museo privato con gli oggetti personali o familiari più preziosi; oppure l'opera partecipata “Cavalleria Rusticana” realizzata in collaborazione con il Teatro San Carlo, che è stata ambientata nei Sassi di Matera con la partecipazione dei cittadini non in qualità di semplici figuranti, ma come parte integrante del processo creativo (ibidem). In maniera simile, i progetti che rientrano nei campi della community arts e della participatory art32 si fondano sull'incontro tra artisti 32 Come messo in evidenza da Matarasso (2019), i movimenti della community arts e della

participatory art, nati negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, si fondano sull'idea che l'arte

sia una componente vitale per la prosperità umana, che tutti abbiano le capacità di crearla e definirla, e che la piena, libera ed equa partecipazione alla vita culturale sia un diritto umano e un percorso verso una società più giusta e democratica. Tuttavia, Matarasso (ibidem) sottolinea che i due termini non vanno intesi come sinonimi. Infatti, l'autore usa l'espressione participatory

art per indicare l'intera gamma di esperienze in cui gli artisti lavorano con coloro che non sono

professionisti e gente comune per creare insieme lavori artistici e dare vita a spazi in cui tutti possono parlare ed essere ascoltati, e dove si possono elaborare visioni comuni e modi di agire collaborativi (Matarasso, 2019).

L'emancipazione dei pubblici è un obiettivo che ricorre anche negli interventi di

Audience Empowerment, che si focalizzano sul rendere le persone consapevoli dei

propri interessi e delle loro relazioni con gli altri membri della società al fine di poter partecipare e influenzare il processo decisionale, consentendo un pieno accesso a tutta la gamma di capacità e potenzialità umane (Tomanová, 2018). Emergendo sia come una successione di fenomeni connessi alla gestione strategica sia come un beneficio socioculturale, questo nuovo modo di intendere l'Audience

Development riflette l'approccio audience-centred in cui i pubblici sono i principali

portatori d'interesse di un'organizzazione culturale, rappresentando il fulcro delle sue azioni e la sua vera raison d’être ( Walmsley, 2019). Detto altrimenti, il passaggio da un'economia dell'esperienza a un'economia del significato33 implica una responsabilità organizzativa tale per cui l'Audience Development deve diventare un processo continuativo e gestito in maniera attiva, tramite il quale le istituzioni culturali sono guidate da una visione artistica ma allo stesso tempo abilitano i pubblici ad assumere una posizione strategica nella costruzione dei significati (ibidem). «Such organisations actively seek out opportunities for authentic co- creation but they retain the ultimate artistic vision and decision-making capabilities; they know when to stop engaging and act» (ivi, p. 173; corsivo dell'autore). Per Walmsley (ibidem), «the ultimate goal of this engagement-based strategy in this new economy of meaning is enrichment» (ivi, pp. 160-161), dove con il termine enrichment l'autore intende un processo complesso che comporta una sorta di trasformazione personale o una qualche forma di aspirazione a diventare una persona migliore. Visti in quest'ottica, l'Audience Development e le espressioni affini di Audience Engagement e Audience Empowerment formano un insieme di approcci interdipendenti, che esistono in una relazione simbiotica in cui le organizzazioni culturali, e in particolare i loro spazi creativi, diventano forum sociali in cui i pubblici possono creare significati e generare in modo collaborativo un autentico valore culturale, facilitando la crescita estetica e lo sviluppo personale (ibidem). In definitiva, l'approccio avanguardista all'Audience Development mira a

diritti umani, in cui artisti professionisti e non professionisti cooperano come pari per scopi che fissano insieme, e i cui processi, prodotti e risultati non possono essere conosciuti in anticipo. Al suo meglio, la community arts può essere vista come la sezione “ricerca e sviluppo” della

participatory art (ibidem).

33 Con il passaggio al nuovo millennio, studiosi come Bill Sharpe (2010) hanno iniziato a sostenere che le esperienze di per sé non sono più sufficienti per il consumatore post-postmoderno, che in realtà è alla ricerca di un particolare tipo di esperienza, ovvero un coinvolgimento condiviso, significativo, prezioso e duraturo (Walmsley, 2019).

innescare un cambio di paradigma, passando dal modello ormai obsoleto del marketing culturale – che tende a considerare i pubblici come consumatori – a un nuovo modello fondato sulla centralità dei pubblici e sulla prospettiva relazionale delle nozioni di valore culturale e creazione artistica (Walmsley, 2018).

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