Capitolo 5. Il lato dell'offerta Pratiche e modelli di Audience
5.2. Le strategie rivolte ai pubblici occasional
Tra i tre obiettivi di fondo dell'Audience Development, l'incremento dei pubblici sembra essere rivolto in maniera prevalente ai fruitori occasionali, ossia a coloro che Kawashima (2000) definisce persone con un alto potenziale di partecipazione, ma che non fanno ancora parte dei pubblici abituali. Si tratta, pertanto, di individui che, pur mostrando un interesse nei confronti delle pratiche culturali, partecipano in maniera discontinua per scelta e non a causa di particolari condizioni di svantaggio in termini economici, sociali o culturali (Da Milano e Gariboldi, 2019). Per le organizzazioni intervistate, questo tipo di fruitore assume i tratti di un pubblico affine,
“in qualche modo tangente, ma mai davvero integrato” (Centro Culturale 1),
rispetto al quale è necessario prevedere iniziative e attività capaci di catturarne l'attenzione.
Un pubblico che nella maggior parte dei casi si potrebbe chiamare di prossimità, sia perché geograficamente vicino, sia perché potenzialmente interessato alla cultura. Per cercare di entrare in contatto con questo specifico target, le organizzazioni culturali si servono soprattutto di azioni basate sul prezzo, sulla comunicazione e sulla programmazione. Le prime si concentrano maggiormente su interventi di promozione incrociata con altre istituzioni culturali, attraverso l'attivazione di convenzioni, biglietti integrati e sconti condivisi con l'intento di attivare uno scambio virtuoso di pubblici tra un'organizzazione e l'altra. Ad esempio, accade che si predispongano agevolazioni capaci di creare rimandi tra spettacoli di circo e di teatro:
“lavorando con i teatri si immaginano sempre scontistiche [...] che vanno a toccare un pubblico del teatro, che non è [detto che sia] interessato al circo” (Festival 6);
oppure tra manifestazioni incentrate sulle arti performative ed eventi musicali o mostre di arte contemporanea:
“se c'è uno spettacolo sulla musica, ci viene naturale chiamare la Filarmonica e dire: 'oh, guardate c'è questo spettacolo, perché non venite, vi facciamo degli sconti'”
(Festival 1);
“lo scorso anno per la prima volta, avendo cambiato sistema di biglietteria, abbiamo fatto un pacchetto congiunto di vendita che univa la loro mostra sull'Africa contemporanea alla nostra inaugurazione di Serge Aimé Coulibaly con Kirina, uno spettacolo di una compagnia africana” (Festival 5).
In altri casi, invece, si cerca di instaurare un dialogo tra istituzioni di grandi dimensioni e realtà più piccole presenti nello stesso contesto territoriale:
“il museo è entrato in dialogo con 16 istituzioni cittadine – piccoli siti tra virgolette 'minori' – e ha proposto dei biglietti integrati e una scontistica. Questo è stato un modo per dialogare col territorio e comunque per cercare di [...] intercettare più pubblico” (Museo 2).
Anche dal punto di vista delle strategie comunicative, la logica perseguita è quella dei rimandi reciproci tra un ambito culturale e l'altro, tra una forma espressiva e l'altra, per indurre le persone a uscire dalla propria zona di comfort, esplorando territori per loro nuovi o poco conosciuti. Così, uno spazio espositivo di arte contemporanea, oltre ad attivare – in occasione di una specifica mostra monografica – una convenzione con un noto servizio musicale che offre lo
streaming on demand di una selezione di brani di varie case discografiche ed
etichette indipendenti, ha anche stipulato un accordo con le sale cinematografiche per la proiezione di teaser promozionali:
“stiamo parlando di un contesto dove di solito l'arte non entra, però chiaramente il target è interessato, almeno in genere. Parliamo sempre di prodotti culturali, no? Quindi in questo senso cerchiamo di arrivare a esplorare terreni, anche di comunicazione, rispetto a un target – ripeto – interessato ma ancora non così abituale per istituzioni come le nostre” (Museo 14).
ha evidenziato che coloro che frequentano le pratiche artistiche contemporanee apprezzano essere informati sulle connessioni tra i luoghi della cultura e accolgono con favore raccomandazioni di fiducia che possono ampliare le loro esperienze artistiche (Pitts e Price, 2019). Le organizzazioni culturali – rappresentando una voce autorevole – possono svolgere un ruolo chiave nell'incoraggiare la condivisione dei pubblici attraverso lo scambio di informazioni:
“ieri abbiamo mandato una newsletter dove di noi non si diceva praticamente nulla. Ma l'idea era: 'ci piacciono i teatri pieni, andate a teatro! Nelle prossime due settimane la danza la trovate qui, qui e qui'. Anche questo credo significhi fare
Audience Development, no?, oltre che comunicazione” (Associazione Culturale 2).
Più numerose e articolate sono, invece, le azioni basate sulla programmazione. In riferimento a ciò, gli approcci prevalenti si possono racchiudere in due grandi blocchi che sono rispettivamente la diversificazione del proprio sistema di offerta e le collaborazioni con altri enti e istituzioni culturali per l'ideazione e la realizzazione di progetti comuni. A livello generale, è possibile affermare che in entrambi i casi l'intera gamma delle iniziative punti a intercettare pubblici nuovi, o comunque discontinui, attraverso la commistione di più proposte culturali, allargando il proprio campo d'azione verso altri settori e discipline. Non è raro, quindi, incontrare teatri che oltre a presentare spettacoli di prosa, scelgono di mettere in scena formati che sono contaminazioni tra la musica, la danza e la prosa; oppure imbattersi in musei che ospitano concerti, cicli di conferenze, degustazioni e incontri su tematiche non legate all'attività espositiva. Più nello specifico, rispetto all'ampliamento del sistema di offerta per raggiungere pubblici tangenti, ma ancora occasionali, le organizzazioni culturali citano interventi quali:
la realizzazione di spettacoli che coniugano, ad esempio, danza contemporanea e musica jazz:
“abbiamo cercato di intercettare il pubblico che non partecipa alla danza ma partecipa a concerti jazz. Cioè […] un appassionato di jazz può venire a vedere uno spettacolo di danza contemporanea che parte dalla musica di Charles Mingus, che è un grandissimo jazzista? E l'anno scorso […] abbiamo fatto un po' questa scommessa. Devo dire che sono venute diverse persone che non masticavano danza contemporanea e sono rimaste molte sorprese dall'iniziativa” (Circuito
Multidisciplinare 1);
all'interno di residenze e palazzi storici:
“[abbiamo] scelto di sviluppare dei progetti culturali e [...] degli eventi che non guardassero soltanto al teatro, ma che guardano anche ad altri tipi di attività performativa. Ad esempio, […] organizziamo degli eventi dove invitiamo personaggi illustri del mondo della cultura in senso ampio, in contesti molto belli che sono le ville venete […] invitando poi gli spettatori, le persone che vengono a questi incontri, e gli ospiti a degustare delle primizie del nostro territorio. Una sorta di connubio tra le ville venete (il patrimonio storico, architettonico e paesaggistico proprio del nostro territorio), importanti ospiti nazionali e internazionali della nostra cultura [...] e la cultura eno-gastronomica” (Teatro 2);
l'allestimento di spettacoli dal vivo, incontri e conferenze negli spazi museali:
“i nostri progetti legati al museo come produttore culturale, come luogo di produzione, e quindi tutti i progetti che sono stati creati di musica, danza e teatro all'interno proprio delle sale espositive, non come contenitore ma come dialogo, quindi un vero progetto culturale fra le collezioni, i nostri reperti e l'interpretazione attraverso gli artisti contemporanei” (Museo 10);
“abbiamo sviluppato alcuni temi legati all'archeologia. Abbiamo individuato delle personalità estremamente autorevoli su queste tematiche e chiaramente si rivolgevano a delle persone interessate a questo tipo di tematiche, quindi a un pubblico non dico di nicchia, però specifico. […] siamo usciti dal nostro orticello – chiamiamolo così – dell'arte contemporanea per andare a esplorare altri pubblici”
(Museo 14);
l'introduzione di nuovi segmenti di programmazione, che arricchiscono l'offerta più nota e consolidata:
“molto importante è tutto il lavoro fatto sul nuovo teatro indipendente […] ed anche [...] tutta la parte legata ad arte e nuove tecnologie. Quindi anche nella programmazione c'è un'importante fetta di attività che risponde [...] alla volontà di rivolgersi ad altri pubblici” (Festival 5);
“abbiamo promosso, allestito, ideato, concordato, lavorato, organizzato ad esempio delle mostre, delle esposizioni […] Anche questa è in realtà un'azione che esula dal fare spettacolo e basta, è sicuramente un'azione che coinvolge altre fasce di pubblico interessate al mondo dell'arte […] E anche in questo caso non è detto che siano interessati al circo, però in realtà spostandoci noi dalla nostra zona di comfort
che è il circo, siamo andati a toccare un'altra area culturale, che sicuramente ha visto un altro tipo di pubblico interessato” (Festival 6);
“[al] festival di teatro si intersecano i concerti, che sempre di più li stiamo inquadrando come concerti dal mondo, nel senso che l'idea è quella di meticciare attraverso la musica le culture e quindi ci piace andare a selezionare sonorità straniere [...] l'obiettivo della stagione dei concerti è quello di raggiungere un pubblico che spesso è anche diverso da quello che frequenta gli appuntamenti di prosa” (Associazione Culturale 3).
Se negli esempi appena illustrati l'aspetto ricorrente è quello di affiancare alla programmazione principale una serie di formati ed eventi trans-disciplinari o multidisciplinari, ampliando le possibilità di scelta a disposizione dei vari pubblici, nei progetti e nelle iniziative realizzati in collaborazione con altre istituzioni culturali emerge, quale ulteriore elemento comune, la volontà di costruire delle relazioni tra soggetti che operano all'interno di uno stesso territorio e che svolgono attività diverse ma complementari, con il duplice obiettivo di attrarre segmenti e comunità specifiche, da un lato, e di costruire un sistema integrato di offerta capace di aumentare la partecipazione culturale nel suo complesso, dall'altro. Le organizzazioni culturali che seguono questo tipo di approccio, parlano di:
collaborazioni con altri enti del territorio:
“tantissime collaborazioni con enti del territorio. Perciò lavoriamo tantissimo con le biblioteche, lavoriamo molto con la Cineteca di Bologna e le varie Cineteche anche di Modena e di Cesena proprio per cercare di allargare il bacino di pubblico, cercando di andare a dialogare con un pubblico che magari non è direttamente interessato al teatro ma è interessato a delle attività che possono essere tangenti e molto in comunicazione con il teatro stesso. Quindi ad esempio un'attività che abbiamo in maniera abbastanza stabile sono queste rassegne che [...] facciamo proprio con le cineteche, dove noi entriamo in dialogo con questi centri cinematografici per costruire, all'interno della loro programmazione, una programmazione che guarda alla sinergia con la nostra programmazione” (Teatro 1);
progettazione integrata tra partner:
“la progettazione integrata è, diciamo, lo strumento principale con cui […] realizza le sue attività. […] questa è un po' la caratteristica innovativa, che fa la differenza [...] perchè [si mettono] a sistema attività che gli enti fanno con il
meccanismo della progettazione integrata. Un po' come nei progetti a bando, in questo caso non ci sono dei bandi ma c'è una condivisione della progettazione, si individua - o gli enti partner individuano al loro interno, fra loro - un capofila per progetto, a cui [...] qualcuno aderisce per svilupparlo insieme in un'ottica di capofila e partner” (Centro Culturale 5);
sodalizi tra due o più organizzazioni:
“un sodalizio tra due organizzazioni [...] e quindi […] abbiamo collaborato, abbiamo spesso ospitato degli spettacoli […] di diverso tipo dalla danza alla musica […] che potessero anche costruire e rappresentare un punto di tangenza con quello che è il pubblico dell'arte contemporanea, che è un pubblico a sé stante. E certe volte è divertente, perché magari ti rendi conto che il pubblico degli spettacoli di Jan Fabre non è il pubblico delle mostre di Jan Fabre e tu dici 'no, aspetta, qual è il problema?', nel senso che veramente c'è difficoltà a farli dialogare questi mondi dell'arte contemporanea e delle performing arts […] Quindi quello che cerchiamo di fare insieme, sia in termini progettuali che in termini promozionali, è di far dialogare i pubblici” (Festival 5);
“per quanto riguarda, invece, come arrivare ad altri pubblici di appassionati, […] il festival che facciamo da ottobre a dicembre è un buon esempio, perché è un festival organizzato con altre dieci organizzazioni. Quindi anche qui i pubblici […] di ognuno si mischiano e vivono il teatro per tre mesi come centro di un'attività complessa”
(Teatro 3).
Nel riferirsi ai pubblici occasionali, sebbene in maniera meno frequente rispetto a quanto accada per coloro che con un termine abbastanza generico ma pertinente potremmo definire popolazione locale, alcune organizzazioni culturali citano anche gruppi fortemente connotati come gli studenti di discipline artistiche e i professionisti del settore, o più ampi come quello dei turisti culturali. Nei pochi casi in cui è presente un esplicito riferimento ai turisti culturali, le azioni messe in campo per cercare di captare il loro interesse sono prevalentemente azioni basate sulla comunicazione e sulla programmazione. Più nel dettaglio, gli interventi di natura comunicativa tendono a concentrarsi sull'accessibilità delle proposte culturali dal punto di vista linguistico, come si evince dagli esempi che seguono:
“si cerca sempre di avere tutto il materiale in più lingue visto che comunque siamo in una zona di confine [...] quindi si cerca di intercettare anche il turista, italiano e straniero” (Sito Archeologico 1);
“una cosa che ci caratterizza, è una politica linguistica [...] tutto ciò che noi proponiamo scritto, o a volte audibile, viene sempre proposto ovviamente in italiano [...] in francese e ovviamente anche in inglese [...] quindi nella pratica cosa vuol dire? Uno entra nello spazio espositivo e può leggere immediatamente le didascalie in tre lingue, una brochure stampata, un A5 di formato, anche lei in tre versioni diverse, inglese, francese, italiano, una app [...] anche lei è sfruttabile e scaricabile in tre lingue” (Museo 14);
“poi c'è tutta una questione legata ai viaggiatori e turisti che vengono, però alle volte partecipano, alle volte non partecipano. C'è una questione linguistica di traduzione che stiamo affrontando con degli strumenti” (Impresa Sociale 2).
Oppure si lavora per aumentare la riconoscibilità dell'istituzione nel ricco panorama culturale italiano:
“il museo si trova proprio dentro al porto [...] e adesso inizia la stagione delle crociere [...] E allora è chiaro che noi prendiamo contatti con l'ente che accoglie qui i crocieristi e quindi nelle informazioni sulle cose che possono vedere c'è anche il nostro museo, che si trova proprio a due passi da dove arriva la crociera. Quindi questo è un altro strumento che interessa in modo particolare soprattutto gli stranieri, perché poi le crociere sono frequentate soprattutto da stranieri” (Museo
12);
“spendiamo al momento qualcosina per i turisti, ma il turista culturale, quindi se io devo investire dei soldi scelgo siti di persone che cercano musei, che cercano un viaggio culturale” (Museo 5).
Più rare le situazioni in cui le istituzioni culturali hanno dovuto affrontare un vero e proprio problema di reputazione, legato alla mancanza di una percezione positiva a livello locale e nazionale:
“il mio problema è: a) far percepire che qui c'è archeologia; b) che qui c'è il museo più antico della Sicilia, in assoluto. Nonostante io sia al centro di Palermo, ho questo problema comunicativo di posizionamento, per cui chi viene qui non si aspetta di trovare un museo archeologico così importante. E siccome oggi, come sai, la gente quando ha 48 ore, due o tre giorni, il viaggio è programmato prima di atterrare e ormai la gente sa dove deve andare quando va nei posti, difficilmente gira così senza una meta, per cui a quel punto per me diventa molto importante stare, più che sui social, su TripAdvisor, ma bene però perché è strategico TripAdvisor. Non c'è niente da fare, possono dire quello che vogliono, lo guardano tutti” (Museo 13);
“Noi avevamo anche un problema, da subito, di reputazione del luogo dove lavoravamo che era escluso dalle mappe turistiche, era escluso dalla percezione positiva da parte della cittadinanza per enne motivi. E allora ci siamo dati [...] un obiettivo interno che era quello di rendere imprescindibile nell'arco di qualche anno il passaggio da questo luogo. E quindi abbiamo prima puntato su una, poi due risorse umane ed è andata molto bene nel senso che, per dirti, su TripAdvisor nel 2010 non c'era la scheda [...] oggi è il secondo sito su 170 attrazioni locali” (Impresa Sociale 2).
Sul fronte della programmazione, l'attenzione nei confronti dei turisti si traduce prevalentemente nell'offerta di formati e proposte specifici o comunque vicini alle loro esigenze:
“il Festival del cinema archeologico è una soluzione più trasversale che interessa […] il turista anche perché si svolge d'estate, all'aperto, è gratuita […] quindi la sera il turista che sta in albergo o in campeggio può venire con una passeggiata in bicicletta a vedersi il film e tornare” (Sito Archeologico 1);
“poi tutta una serie di altre attività, invece, dedicate proprio ai turisti di passaggio che magari non hanno tempo e voglia di stare in teatro per tre, quattro ore e seguirsi un'opera. E quindi con la programmazione di una serie di concerti più brevi” (Teatro
6).
Meno comuni e molto specifiche appaiono, invece, le pratiche volte ad avvicinare sia i professionisti del settore culturale sia gli studenti delle scuole di danza e di teatro, delle accademie di belle arti e dei conservatori di musica. In particolare, queste iniziative si distinguono dalle precedenti per la maggiore rilevanza attribuita all'aspetto del coinvolgimento dei potenziali fruitori. In tale direzione si muove, ad esempio, un progetto realizzato nell'ambito delle “residenze trampolino” – ideate dalla Fondazione Piemonte dal Vivo per la Lavanderia a Vapore di Collegno – per cercare di colmare la distanza che separa il mondo professionale dal sistema della formazione, richiamando l'attenzione sulla necessità di ricucire il legame tra le scuole di danza, il teatro e un segmento importante del proprio pubblico futuro:
“quindi il progetto cosa prevede? Prevede di mettersi in relazione con delle grandi compagnie. In questo caso noi ci stiamo mettendo in relazione con lo Scottish
Ballet [ di Glasgow] e con due compagnie importanti e storiche di Torino e abbiamo
fatto un progetto che è il progetto di una giovane compagnia – una Young Company – che prevede che un gruppo di ragazzi che provengono da queste scuole di danza lavorino insieme per una produzione, e poi vadano in Inghilterra, e poi lavorino
insieme ad altri ragazzi per fare una produzione che accomuna queste realtà europee. E quindi questo progetto vuole dare delle maggiori possibilità ai ragazzi delle scuole di danza di entrare in relazione con il mondo professionale”.
Accanto a questo tipo di esperienze, per stimolare la partecipazione degli studenti di determinate discipline artistiche, ossia di
“un pubblico molto specifico, ma che poi è anche una parte del pubblico di domani” (Festival 5),
alcune istituzioni culturali organizzano residenze, stage, workshop, lavorando sulla formazione di un pubblico molto spesso anagraficamente giovane, attraverso l'educazione alla visione e la possibilità di conoscere in maniera diretta quello che è il lavoro di un artista.
L'aspetto del coinvolgimento svolge un ruolo significativo anche nelle pratiche pensate appositamente per incuriosire e avviare un dialogo con coloro che per motivi professionali operano all'interno dello stesso campo delle organizzazioni culturali. Questi interlocutori privilegiati, in quanto conoscitori ed esperti del settore, sono invitati a prendere parte ad attività che prevedono il confronto e lo scambio di opinioni tra pari oppure l'esercizio della propria funzione in contesti non tradizionali, stimolando l'interazione anche con la comunità di riferimento. Così, con l'intento di incentivare la condivisione di conoscenze, esperienze, idee e obiettivi tra musei e istituzioni culturali europee, Palazzo Grassi e Punta della Dogana, attraverso il progetto “Grand Tour”, invitano un museo italiano o europeo a presentare sé stesso, realizzando dei momenti di incontro con gli operatori dei servizi educativi per riflettere
“su che cosa voglia dire la mediazione, quindi anche Audience Development. Quindi prendendo esempi altri, [...] l'intenzione è dire […] riuniamoci tutti [...] un weekend a Venezia, insieme a un ospite speciale, [...] e ragioniamo su questi temi”.
In un contesto più informale, la cooperativa Periferica – attiva nella periferia di Mazara del Vallo, in Sicilia – promuove dei workshop creativi rivolti agli studenti che, però, sono progettati grazie alla collaborazione di docenti, università e studi professionali. Ogni workshop si avvale infatti del sostegno di alcuni tutor,
“che vengono scelti tramite call e selezionati sulla base delle loro competenze. […] I tutor vengono due giorni prima e vanno via due giorni dopo, perché aiutano nell'organizzazione, nell'allestimento e in tante altre cose in cui serve appunto il loro
supporto. […] Anche gli stessi direttori e turor comunque, a loro dire, partecipano a questa esperienza con molto piacere, anche perché viene restituito molto da parte dei partecipanti stessi”.
Nello stesso solco si inseriscono anche due progetti sviluppati dal Teatro dell'Argine, focalizzati sulla formazione dei professionisti e attenti all'impatto sulle comunità di riferimento:
“formarsi a vicenda tra partner con le tecniche che ognuno adotta […] Quindi, artisti che si incontrano - nel nostro caso per esempio uno dei progetti era con la Tunisia - sul tema della migrazione, andando a formare giovani attori e giovani