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Dopo i patriarchi che hanno presieduto parte di questo capitolo accanto ai folli costituendo con essi dei duetti di rilievo – Deeriye-Kaliif in Close Sesame, Nguirane-Ali Kaboye in Les Petits de la guenon, Zoaételeu-Zoaétoa in L’Histoire du fou –, in quest’ultima tappa del nostro percorso attraverso i romanzi, incontriamo l’intellettuale di mezza età Farai Chari, uomo di fama nell’ex-Rhodesia, la cui potestà dell’età virile è messa a repentaglio e genera follia. Nello Zimbabwe post-indipendente, Farai deve far fronte alla difficoltà di « maintaining a sense of (patriarchal) manhood under conditions of rapid and violent social change »93 dove il termine “maintain” si carica di un significato profondo allorché la trasmissione della discendenza è minacciata dalle moderne condizioni di vita ; e in ciò si sente una eco, sia pure leggera, delle ultime riflessioni di Mongo Beti che vedremo altrove, e una più decisa continuità con le lezioni dei patriarchi Deeriye, Nguirane e Zoaételeu.

In realtà Chairman of fools (2005) si distingue da tutti i romanzi visti in precedenza in

quanto non presenta un personaggio che riveste il ruolo di pazzo senza necessariamente esserlo ; Farai sprofonda presto in un grave stato di paranoia, inserendosi nel novero dei personaggi affetti da patologia mentale, numerosi nelle letterature africane dell’ultimo mezzo secolo illustrati nell’introduzione. Inoltre, Chairman of fools deroga in parte al nostro criterio

91 Cilas KEMEDJIO,op. cit., p. 271. 92 Ibid.

anti-clinico di approccio alla follia : a Farai viene diagnosticato un disturbo bipolare e buona parte del romanzo si svolge nella “Annexe hospital”, clinica psichiatrica che pullula di malati mentali. L’interesse di Chinodya per la malattia mentale vista dall’interno lo avvicina ai suoi connazionali Dambudzo Marechera (The House of Anger, 1978 ; Black Sunlight, 1980 ; The

Black Insider, 1990) e Tsitsi Dangarembga (Nervous Conditions, 1988) e a Bessie Head (A question of power, 1974) del vicino Botswana. Colto questo elemento, che non è però

determinante per la sistemazione tassonomica di questo romanzo nel nostro corpus94,

Chairman of fools ha catturato il nostro interesse per la relazione, costante nel libro, tra il

potere creativo del protagonista e la sua follia che si annida nel personaggio dello scrittore e genera il romanzo stesso. In questo Farai è discendente dei visionari e onirici Deeriye e Toutina e dei creatori d’arte e onnipotenti di Boubacar Boris Diop e Sémou MaMa Diop.

La posizione stessa di Shimmer Chinodya nell’ambito delle letterature africane giustifica la nostra scelta : a cavallo tra due generazioni – quella delle lotte per l’indipendenza e quella della scrittura diasporica contemporanea –, l’autore di romanzi, oltre che di racconti per l’infanzia e di manuali scolastici, scruta lo Zimbabwe di oggi, socialmente ed economicamente indebolito, attirando ora l’attenzione sulle questioni estetiche della letteratura e sulla figura dello scrittore, temi nuovi rispetto alle lotte di liberazione e ai riti di passaggio verso lo stato adulto (Dew in the morning95, Child of War96 sotto lo pseudonimo di Ben Chirasha, Harvest of Thorns97, Strife98) che lo avevano interessato per quindici anni.

Chairman of fools è difatti un romanzo insolito, impostosi durante un soggiorno in

Italia dove Chinodya sospende il progetto in corso – la stesura di Strife – per scriverlo d’un fiato. E ciò che ha costituito il tornante da Harvest of thorns – romanzo che lo ha coronato di successo – in poi, è l’allontanamento dell’autore dallo Zimbabwe grazie al quale ha guardato,

93 Il corsivo e le parentesi sono nel testo. Ranka PRIMORAC, « Nightmares and Butterflies: Family, Nation and

Self in Four Recent Postcolonial Novels », Wasafiri, n° 2, vol. 22, july 2007, p. 81.

94 Nell’ambito degli studi africani postcoloniali, Chairman of fools apre altre piste interessanti dal momento che

può rientrare, a nostro avviso, nel filone iniziato negli anni ’50-’60 dei romanzi “delle crisi”, crisi di coscienza, crisi di sistemi e culture in contrasto, che focalizzano la genesi della malattia mentale come conseguenza dei cambiamenti sociali, politici ed economici generati dalla colonizzazione, come ben dimostrato dalle teorie di Frantz Fanon. In un certo senso, Chairman of fools sembra situarsi al crocevia di questi romanzi di formazione (basti pensare a Samba Diallo ne L’Aventure Ambiguë e ad Okonkwo in Things Fall Apart) e quelli sulla rappresentazione del moderno folle-creatore. Le piste da battere sono lontane dalla completezza.

95 Harare, Zimbabwe, Mambo Press, 1982.

96 Harare, Zimbabwe, College Press, 1985. Designato dall’autore come una sorta di canovaccio di Harvest of thorns.

97 Harare, Zimbabwe, Baobab Books, 1989 ; II ed. Portsmouth, New Hampshire, Heinemann, 1991. Vincitore

del Commonwealth Writer Prize (Africa Region) e Noma Award, entrambi nel 1990.

98 Harare, Zimbabwe, Waver Press, 2006. Vincitore del premio zimbabwano Nama (National Arts Merit Award)

con maggiore obiettività, ai nuovi soggetti dell’Africa postcoloniale : l’ultimo romanzo,

Strife, come Chairman of fools, dà risalto al difficile compromesso tra il sapere ancestrale e

l’Africa moderna il quale compromesso confuta le certezze di sempre e impone una ridefinizione di sé, anche in qualità di scrittore. Il disorientamento sociale è quindi, di nuovo, causa dell’instabilità mentale ; e per lo scrittore qual è Chinodya, diviene materia prima della creazione letteraria.

In considerazione di ciò, non è azzardato vedere nel protagonista Farai Chari il riflesso autobiografico di Shimmer Chinodya. Lo stimato professore di letteratura africana incaricato di un corso di scrittura creativa negli Stati Uniti, dov’è anche prolifico produttore di testi, è ormai una figura ricorrente nella realtà del mondo postcoloniale. Come tanti colleghi scrittori e professori come lui costretti a trascorrere « long months in the States », dei quali si potrebbe fare una lunga lista99, Chinodya è, alla stregua di Farai, « one of the handful of black professors, trying to teach creative writing and African Literature to white kids some whom even struggled to construct sentences and paragraphs. »100 Vedremo nell’ultimo capitolo della tesi in quali termini si può leggere il sottobosco autobiografico di buona parte – o addirittura della totalità – dei testi di questo capitolo, sia pure in forma mascherata ; ma qui i riferimenti sono a volte così palesi che è difficile non riconoscervi Shimmer Chinodya, come quando Farai ricoverato sorprende l’infermiera dell’ospedale mentre legge « one of his novels, the fourth, which had won him a major prize and taken him to many countries in the world » (p. 130) dove il riferimento a Harvest of thorns è accuratamente segnalato.

Scrittore al picco della sua scalata economica, Farai Chari punta sulle certezze fittizie del successo e del denaro101 presto smantellate dalla nuova situazione familiare non appena torna in Africa : la moglie Veronica, impegnata nelle iniziative della nuova Chiesa riformata, è sfuggente ; i figli sono spesso assenti ; la presenza ossessiva dei parenti – si noti ad esempio che buona parte delle voci Shona del glossario indicano le sfumature linguistiche sugli appellativi tra familiari e i diversi gradi di parentela – acuisce lo scarto tra il modello tradizionale e la famiglia moderna. L’accumulo delle frustrazioni e della vita sregolata di

99 È indicativo che negli Stati Uniti vi sia una forte domanda di diffusione del sapere africano, oltre che una

maggiore disponibilità di risorse economiche. Tra i numerosi scrittori e intellettuali che vivono e insegnano negli Stati Uniti citiamo soltanto Maryse Condé, Abdourahman A. Waberi, Emmanuel Dongala, Kossi Efoui, V. Y. Mudimbe, ma la lista è decisamente più lunga. Cfr. Cap. 3.3. – Parte III.

100 Shimmer CHINODYA, Chairman of fools, Harare, Zimbabwe, Waver Press, 2005, p. 131. Segnalazione dei

numeri di pagina nel testo.

101 Alcuni definiscono Chairman of fools come il romanzo della virilità e del successo delusi che portano alla

Farai, alcolista e donnaiolo, occupa la prima metà del romanzo, dove assistiamo alla genesi della follia di Farai attraverso il suo status di creatore d’arte, intellettuale, scrittore e persino protagonista di un film che viene girato sulla sua vita ; e che egli immagina così :

« It (the show) must start with him at the airport leaving, his family waving from the balcony and cheering him off for the umpteenth time. It has to start with journeys into the past and forgotten beginning. It must capture that stark moment when he spilled out of this mother’s womb and screamed into a blurred world. His very first memories of faces and voices and leering shadows, of the warmth of his mother’s milk dripping into his mouth, of his father towering tall and strong, naked, soapy and wet in the shower above him, with him. Of the vast little four-roomed house with innumerable nooks and insistent ghosts shivering in the bananas, and voices cackling in alien languages inside the radio. Of the sharp odour of Dorothy’s bum inside the hot little rolling drum, and the salt bite of his mother’s peach stick on his leg. Of hunger and crowded, stinking classrooms and toilets awash with filth, of dew in the morning on miles of grass and frivolous impossible girls. Of thorny wars between black and white, black and black, wrangles between fathers and mothers, brothers and sisters and couples who can’t talk.

This will be a great big film that will include everything; a film to end all films. » (pp. 28-29)

Questo passo segna il tono melanconico di una felicità primordiale anelata e delusa ; inoltre espone alcune immagini ricorrenti che si trasformeranno in vere e proprie ossessioni, come le voci che provengono dalla radio, e gli « insistent ghosts shivering in the bananas ». Mano a mano la realtà si deforma, si ingigantisce, si trasforma per diventare pura invenzione. Dalla radio giungono indistinte voci che gli sussurrano il castigo dell’ “old vatezvara”102 (pp. 61-62) e, per estensione, degli Avi (p. 72). Inizia lo smarrimento – « I do not know where to go or what to do, or what is happening to me » (p. 78) – ; trascinato verso un Ovest simbolico, il personaggio immagina di trovarsi in una discarica di rifiuti umani e di essere perseguitato da fantasmi in campagna, elemento che ricorda con tutta evidenza i “ghosts” di Amos Tutuola, quindi la continuità tra vivi e morti dell’immaginario tradizionale africano. Ecco che la nascita della follia alimentata dalla scrittura creativa di cui Farai romanziere si fa « Chairman of fools, Shimmer Chinodya », Pambawuka Neus : panafrican voices for freedom and justice, 23 nov 2005.

promotore, è a sua volta il motore di un mondo parallelo, assolutamente fantastico dove l’onirismo si impone come unica realtà possibile che porta alla disintegrazione, un altro esempio di “emasculation” che è la costante dei personaggi di Shimmer Chinodya. L’alternanza di picchi euforici e di cadute depressive sviluppa un moto accelerato simboleggiato dal motore dell’automobile rimasta – significativamente – in panne.

Non è un caso dunque se l’autorità che dovrebbe ispirare la sua posizione è accompagnata, sin dalle prime pagine, dall’automobile della quale è al comando ; e che costituisce il complesso metaforico della guida e dello sbandamento, come vedremo più avanti nell’analisi delle immagini.103 Farai ostenta i propri averi perché sia da tutti riconosciuto il suo potere – promette ruoli sul set, aggredisce i meccanici che non gli approntano l’automobile – poiché, in fondo, è lui “a capo” della macchina cinematografica e narrativa, rammentando in ciò un certo egotismo alla André Gide e, in misura relativa, l’edonismo di una vita discinta che ricorda il sapore di molte pagine di Dorian Gray. E un altro “portrait” è convocato, questa volta direttamente da un personaggio del libro, ed è quello joyciano dell’artista. A capo, dunque, anche dell’automobile, sulla quale fuggire dal vortice urbano e dal “puzzle” che segnano il ritmo del romanzo e che lentamente si impossessano di lui.

Seguendo questa andatura, Farai è soprattutto il capo supremo del suo mondo immaginario che lo conduce direttamente nell’ “Annexe hospital”, il microcosmo di pazzi, ammucchiati in una sorta di gabbia da circo traboccante di caricature che ci riporta alla mente la celebre stampa secentesca di Giuseppe Mitelli sulla metafora del mondo come gabbia di matti. E qui, per concludere, Farai viene coronato “chairman of fools” tramite « an open ballot (that) you can vote once for each post » (p. 123), secondo il classico procedimento delle elezioni democratiche ; e lui, da bravo presidente, si vuole impegnare per rappresentare la gente dell’ospedale e le loro esigenze. Come non ricondurre Chairman of fools al modello della follia di Stato laddove il disordine mentale non è altro che la manifestazione – sociale e letteraria – del disordine di una Nazione in cui le « identities are constantly contested and ricreated »104 ? Farai Chari ne è cosciente e, prossimo alla guarigione dal disordine mentale e meno predisposto, però, a sognare e a vagare con la mente, si rende conto che « that elections were a charade, an attempt to give this mediocre place a weak semblance of that clawning

102 Il corsivo è nel testo. Chinodya riporta il nel glossario : « vatezvara : father-in-law », suocero. 103 Cap. 3.1.b. – Parte II.

104 Flora VEIT-WILD, « Zimbolicious – The Creative Potential of Linguistic Innovation: The Case of Shone-

world out there. » (p. 156) Dopo aver “abdicato” dal vertice della famiglia – che tenterà di riconquistare uscito dall’ospedale –, cede il proprio ruolo di presidente a prossime elezioni, facendo ingresso nella realtà domestica e sociale, dove la routine e i riti tradizionali reclamano il loro posto.

La riflessione di Farai, dietro la quale sta quella di Chinodya, non lascia spazio ai dubbi : il ritorno alla “normalità”, rassicurante eppure monotona, se per un verso esime dal rischio di smarrirsi, per un altro impone di rinunciare alla smania dell’avventura. L’ordinarietà la vince sull’estro a detrimento della creatività produttiva. È quindi necessario fare un passo indietro e soffermarci sul Farai Chari “impazzito”, più che su quello “rinsavito”, per apprezzare la carica creativa in Chairman of fools come negli altri romanzi che vale la pena di analizzare nel loro funzionamento formale. È ciò che tenteremo di fare nella prossima parte di questo lavoro.

PARTE SECONDA

Il dinamismo che qualifica la presenza dei folli nei testi illustrati non si limita al piano tematico. Peraltro le diverse tipologie del cammino – specificate da ulteriori tipi di folli – indicano la varietà del quadro, condizionato storicamente dal difficile assestamento dei nuovi sistemi sociopolitici. La mutazione sociale motiva altresì il rinnovamento letterario visibile nell’erranza dell’espressività del folle su vari piani formali. S’impone a noi la distinzione che Michel de Certeau suggerisce, circa la forma letteraria, tra il luogo circoscritto della « formalité du discours » e lo spazio letterario nel quale la parola del folle si sviluppa in una serie di “passi”, « un tracer (un marcher, Wandern) de l’écriture »1 che articolerà il suo discorso. Tale attività conferita al personaggio del folle non è casuale ; essa corrisponde alla maturazione della consapevolezza postcoloniale degli autori, consistente nella presa di distanza dal fatto coloniale, rispetto al quale riposizionarsi. Il folle, dunque, dà traccia di questo mutamento che si riverbera in tre flessioni del discorso corrispondenti a tre capitoli.

La prima tappa sulla “parola errante del folle” è cruciale nella misura in cui espone tanto l’espressione impiegata per illustrare il ritratto ironicamente amplificato del folle, quanto il modo di esprimersi del folle stesso, di cui spicca il linguaggio iperbolico e il mutismo. Egli si prende progressivamente carico dell’enunciazione, segnando il passaggio dalla figura come oggetto di osservazione alla figura come soggetto parlante. La sua divagazione verbale ne darà ampiamente atto.

Vedremo in seguito, nel secondo capitolo, che il dilagare della parola del folle contamina la voce narrante. Questa si scompone, si disarticola e alimenta la capillarità della “rumeur”. D’altra parte l’incidenza del folle sulla forma si avverte, nello scenario letterario dagli anni ’80, nell’affermazione di un’opera “stra-vagante” : fuoriuscendo dal piano della

diegesi, il folle viola i confini del romanzo, trasgredisce le regole canoniche proprie al genere narrativo e mette in opera l’azione sovversiva sul testo.

Tuttavia, come abbiamo visto nella prima parte, l’erranza non è soltanto attitudine motoria, ma anche capacità evocativa, quindi suggestione simbolica che rinsalda il legame tra significante e significato. Tale slittamento di piano si evincerà nel discorso dell’immaginario, dalla sintassi articolata ma molto precisa cui dedichiamo il terzo capitolo : la ricorrenza delle immagini dell’oscurità, illustrative del tumulto sociale – subìto dal folle e dalla società intera –, cela uno spazio interiore autentico, nel quale definire la propria posizione critica nei confronti della storia. Vedremo in che misura le immagini della transizione (il fiume, l’albero, il bestiario ibridato) evocano uno spazio della profondità (il fondale, la radice) e di passaggi intermedi. Dalla sintassi del linguaggio figurato che ne emerge, scaturisce l’importanza del

C

APITOLO PRIMO

. La parola errante del folle

L’erranza è un elemento costitutivo del linguaggio espresso dal folle e sul folle, verificabile tanto nell’atto dell’enunciazione per opera del folle quanto nell’enunciato che i narratori elaborano sul folle. La parola è errante nella misura in cui viola il “patto letterario”1 tra il destinatore e il destinatario ; pertanto l’erranza è deviazione dalla convenzione linguistica come la follia è devianza rispetto al decoro di un modo espressivo accettabile.

In quanto figura dell’eccesso, il folle predilige il linguaggio della sovrabbondanza qualitativa (esagerazione semantica) e quantitativa (verbosità caotica), due modi espressivi condensati nelle due rispettive espressioni : “parola dell’esagerazione” e “parola della divagazione”. Nel primo caso (cap.1.1) il folle si esprime per mezzo delle forme iperboliche ; inoltre, è lui stesso ritratto con alcuni caratteri accentuati a discapito di altri, da cui nascono delle forme stilizzate di folle (la caricatura, lo stereotipo). D’altro canto (cap.1.2) il folle divaga fino a perdere il referente (delirio e assurdità) ; e si spinge, prolisso e ripetitivo, alla ricerca del referente tradotta, questa, in introspezione. Infine, vediamo che la loquacità può essere espressa per mezzo del linguaggio non verbale, attraverso cui il folle si esprime allorché il contesto sociale non è favorevole alla parola pronunciata. La parola muta (cap.1.3) è dunque parola errante nella misura in cui sfugge ai criteri della comunicazione verbale.