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Il racconto breve “The Madman” fa parte della raccolta nota sotto il titolo di Girls at

war (1972) che racchiude buona parte degli scritti giovanili di Chinua Achebe. Eccezion fatta

26 Cfr. Dominique BERTHET, “Avant-propos” di Figures de l’errance, Paris, L’Harmattan, coll. Ouverture

philosophique, 2007, p. 11 : « Voyager, c’est quitter son domicile ordinaire pour l’inconnu, sachant que le voyage n’est vraiment pas accompli qu’avec un retour. »

27 Xavier GARNIER, op. cit., p. 125. 28 Cap. 3.3 – Parte II ; cap. 1 – Parte III.

per “Girls at war”, “Vengeful Creditor” e “Civil Peace”, secondo Moore29 queste prime sperimentazioni di Achebe sono il frutto acerbo del talento che mostrerà di avere da Things

Fall Apart (1958) in poi.

Ciò detto, “The Madman” suscita il nostro interesse per il protagonista che rientra a pieno titolo nella figura popolare dello scemo del villaggio. Malgrado una sostanziale differenza tra il personaggio di Tutuola e il matto di Achebe, vi sono tuttavia delle affinità interessanti che crediamo derivino dalla contiguità delle etnie yoruba e igbo cui appartengono rispettivamente Amos Tutuola e Chinua Achebe. Gli igbo, a sud-est della Nigeria, condividono con gli yoruba le credenze religiose nel dio del ferro Ogun, del tuono (Sango presso gli yoruba, Amadiora presso gli igbo) e nel dio supremo (Chukwu per gli igbo e Clodunare per gli yoruba)30. I due scrittori nigeriani rimangono fedeli alla conoscenza tradizionale della Nigeria meridionale che forgia il romanzo ; ma se Tutuola fa appello alla conoscenza intuitiva, Achebe invoca uno sforzo intellettuale. Presso Achebe, la tradizione è presente soprattutto sotto forma di indovinelli e proverbi molto sofisticati che richiedono sia una conoscenza discreta della cultura Igbo sia un lavorio cerebrale per decodificare le astrazioni che risultano dalle sue formule ; e “Tha Madman” ne è un esempio. Per molto tempo la critica di Achebe si è soffermata su tale aspetto cui riconduce la ragione principale del suo talento e la chiave di lettura delle sue opere:

« [Proverbs] serve as keys to an understanding of his novels because he uses them […] to sound and reiterate themes, to sharpen characterization, to clarify conflict, and to focus on the values of the society he is portraying. »31

Con i proverbi, Achebe ha il chiaro obiettivo di istruire il pubblico, quanto più vasto possibile, sugli effetti devastanti della colonizzazione. E nel suo saggio del 1965 “Novelist as Teacher” teorizza in questo senso sul ruolo dello scrittore in Africa che deve essere in grado di coniugare il proprio patrimonio orale con le esigenze della scrittura. Non si tratta solo di

29 Gerald MOORE, Twelve African writers, London, Melbourne, Sydney, Auckland, Hutchinson University

Library for Africa, 1980, p. 140.

30 Jide TIMOTHY-ASOBELE, “Le Monde s’effondre, une suite de L’Ivrogne dans la brousse?”, Ethiopiques, n°34-

35, nouvelle série (3ème et 4ème trim.), vol. 1, n°3-4, 1983.

31 Cfr. Bernth LINDFORS, « The Palm Oil with which Achebe’s Words are Eaten », African Literature Today, 1,

1968, pp. 3-18. Citato da William R. FERRIS, Jr, “Folklore and the African Novelist. Achebe and Tutuola”, The

rieducare, dunque, ma anche di rigenerare la propria cultura32. Vediamo come gli elementi proverbiali rientrano in un disegno pedagogico che caratterizza buona parte dei racconti brevi in Gils at War, and other stories.

“The Madman” è un aneddoto banale con un finale a sfondo didattico. Un matto vaga nudo tra un mercato (Afo) e l’altro (Eke) dove sosta abusivamente nelle tende di alcune donne, da cui viene maltrattato e cacciato. Uno dei suoi persecutori, Nwibe, un abitante rispettabile, viene poi sorpreso dal matto mentre si fa il bagno in uno stagno in prossimità del mercato. Per vendicarsi, il matto gli ruba la veste e fugge verso il mercato inseguito dall’uomo infuriato che si ritrova nudo in mezzo al mercato. Ora è Nwibe a passare per matto. E poiché il mercato è crogiuolo di spiriti, è stato necessario portalo da un guaritore e la reputazione è ormai macchiata : non potrà più ambire all’ozo, il massimo titolo onorifico degli anziani.

Come abbiamo visto, nella specificazione della Nigeria meridionale yoruba, il “briccone divino” privilegia due spazi in particolare : gli incroci e il mercato. La pratica ancora in voga della fondazione di santuari in onore di Eshu-Legba vicino agli agglomerati di case (Eshuona : Eshu della via), negli incroci (Eshurita) e nel mercato (Eshuoja)33 significano l’invocazione degli yoruba alla protezione della divinità. Il rapporto di vicinanza e di scambio con gli igbo indicano la condivisione di valori e credenze ; difatti, come il buffone di Tutuola, anche il matto di Achebe è ossessionato da « markets and straight roads. »34.

Questo risponde al tipo del vagabondo girovago, nudo e sporco il quale trova nelle “streight roads” le sue migliori compagne. Non semplici strade, ci dice l’autore, « but broad, black, mysterious highways without beginning or end » (p. 1) come se fosse lui ad avere il controllo del “passaggio” e l’unico individuo a non temere l’intervento di spiriti. Con la strada dialoga, dall’alto della strada principale controlla le pendenze adiacenti, dunque il mondo a lui sottostante :

“Having walked one day and one night he was now closet o the Eke market- place. From every little side road crowds of market people poured into the big highway to join the enormous flow to Eke. Then he saw some young ladies with water-pots on their heads coming toward him, unlike all the rest, away from the market. This surprised him.

32 Cfr. Ernest EMENYO̲NU, Iniobong I. UKO, Emerging Perspectives on Chinua Achebe, Vol. 2 : Isinka, The Artistic Purpose. Chinua Achebe and the Thory of African Literature, Africa World Press, 2003, p. 59.

Then he saw two more water-pots rise out of a sloping footpath leading off his side of the highway. He felt thirsty then he stopped to think it over. Then he set down his basket on the roadside and turned into the sloping footpath. But first he begged his highway not to be offended or continue the journey without him. ‘I’ll get some for you too,’ he said coaxingly with a tender backward glance. ‘I know you are thirsty.’” (p. 2)

La superiorità sociale i Nwibe sul folle da tutti deriso è rimessa in gioco con un classico rovesciamento di schemi : il folle, con indosso la veste di Nwibe, passa per una vittima inseguita da un uomo nudo che urla a squarciagola. E ciò appare più chiaramente quando Nwibe « emerged into the full glare of the highway » (p. 7), la stessa strada amica del folle che mette ora in luce la nudità indecente dell’uomo per bene. Se il folle, amante dei mercati aleggiati da spiriti, non esita a cercare protezione nel cuore del mercato, Nwibe, nudo e iracondo sfida il limite umano penetrando senza riguardo « within the occult territory of the power of the market » (p. 8). Ecco che, agli occhi della gente, Nwibe è impazzito per aver violato il territorio degli spiriti.

Freuser riconosce giustamente che tale inversione non è sufficiente a cogliere gli aspetti più interessanti del racconto contenuti invece nei proverbi igbo che ammoniscono a reagire in modo irrazionale alle provocazioni. Dunque, benché sia da considerare l’interpretazione postcolonialista – approfondita tra gli altri da Freuser35 – secondo cui “The Madman” rientrerebbe nello schema del folle come metafora della crisi politica e spirituale della Nigeria alla fine degli anni ’60, essa non ci pare del tutto plausibile.

Una piccola divagazione servirà come chiarimento. Freuser si riferisce ovviamente alla guerra del Biafra che ha visto coinvolti gli igbo dal 1967 al 1970. Se Emmanuel Obiechina e Wole Soyinka hanno effettivamente scritto su questo tema negli anni ’70 – la pièce Madmen and specialists del primo è del 1970 – non si può dire lo stesso per Chinua Achebe. È vero che la diffusione di “The Madman” è avvenuta nel 1972 con l’uscita della raccolta omonima al racconto “Gils at War” – questo, sì, sulla guerra in Biafra –, ma era stata scritta molto prima. Nella prefazione alla seconda edizione del 1972, Achebe dichiara che i racconti giovani in questione hanno giaciuto, a sua insaputa, per più di vent’anni nella rivista

34 Chinua Achebe, “The Madman” in Girls at War, and other stories, London, Heinemann, 1972, p.1. I numeri

universitaria dell’Università di Ibadan, The University Herald. Per quanto il racconto sia stato un poco esteso rispetto alla versione uscita in The Insider36, permangono elementi che a nostro parere non possono essere considerati ornamentali. Come sappiamo, per il suo carattere peculiare della brevità, il racconto necessita di una scelta mirata e ponderata degli elementi. In “The Madman”, Achebe dà spazio a dettagli del tutto inutili ai fini del discorso sul rovesciamento di forze dell’oppresso e dell’oppressore. Riteniamo quindi che quegli elementi siano più di semplici dettagli per la ragione banale che Achebe vi si sofferma a lungo proporzionalmente all’estensione del racconto. Peraltro, l’autore ha avuto occasione di riprendere il racconto ai fini della pubblicazione del 1972 ; ciò confermerebbe la nostra ipotesi secondo cui “The Madman” non è un racconto sulla follia soltanto come metafora della crisi postcoloniale, ma a questa è coniugata una coscienza radicata nella saggezza igbo per rivelare la flebile linea di confine tra la salute mentale e la follia, linea manipolabile con l’ingresso di elementi culturali esteriori alla tradizione igbo. La descrizione tipo del folle errabondo in apertura del racconto e la riproduzione di cliché come l’abbondanza posteriore delle donne o la rivalità tra le donne sotto lo stesso tetto coniugale, indicano l’importanza che Achebe conferisce al quadro sociale che riporta con grande realismo.

Per tale ragione crediamo che “The Madman” costituisca un perno della contemporaneità (si veda la presenza del medico occidentale) in cui, però, molte risposte sono fornite dalla propria cultura. Difatti è il proverbio igbo che fa luce sul rovesciamento dello schema tra il sano e il folle. Esso dice : se un matto porta via la tua veste mentre stai facendo il bagno e lo insegui, sarai tu stesso ad essere preso per matto37. In altri termini, rispondere alla provocazione della persona mentalmente instabile è la dimostrazione della propria mancanza di lucidità. Avendo Achebe riprodotto in forma narrata l’inseguimento del folle recitato dal proverbio Ibgo, il ruolo del lettore dev’essere di ricostruire il senso di tale inseguimento. Allo stesso modo, l’irrazionalità umana non deve superare il limite oltre al quale si incorre nel potere degli spiriti ancestrali. Il racconto è, in questo senso, una lezione didattica che ammonisce dalla violazione umana degli spazi dominati dagli spiriti.

35 Wilfried F. FREUSER, nel capitolo sugli “Aspects of the short stories” in (Albert Gérard) European-language writing in Sub-Saharan Africa, vol. 2, coll. A Comparative History of Literatures in European Languages,

Budapest, Akalémiai Kiado, 1986, p. 1114.

36 Chinua ACHEBE, The Insider, Nwankwo-Ifejika, Enugu, 1971.

La follia come tema sarà sviscerata da Achebe negli anni seguenti da un punto di vista psicologico ed esistenziale. Qui, egli non guarda l’interiorità del soggetto, ma nel suo rapporto spirituale con l’ambiente sociale, lo stesso che sancisce la follia dei suoi trasgressori.