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La fase dell’ammissibilità 1. Premessa

Nel 2018 la Corte ha reso 4 ordinanze che hanno deciso la fase dell’ammissibilità di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

L’ordinanza n. 163 ha deciso il conflitto promosso da alcuni membri della Camera dei deputati a seguito dell’omessa presentazione, da parte del governo, del progetto di legge di autorizzazione alla ratifica del «Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica italiana», firmato a Roma il 2 febbraio 2017. L’ordinanza n. 164 si è occupata del conflitto promosso nei confronti della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e del Governo, da Lamberto Roberti, nella qualità di cittadino elettore e soggetto politico, in relazione a diverse disposizioni di legge attinenti alla materia elettorale. Con l’ordinanza n.

181 è stato deciso il conflitto promosso – «nei confronti delle due Camere che compongono il Parlamento

nazionale e, ove occorra, del Governo» – da dodici cittadini elettori e dieci membri del Parlamento della XVII legislatura (di cui sette deputati e tre senatori), «nella duplice qualità di elettori e rappresentanti della Nazione», in relazione alle leggi nn. 52 del 2015 e 165 del 2017 in materia elettorale. L’ordinanza n.

193 ha deciso il conflitto promosso dal Procuratore della Repubblica e dal Procuratore aggiunto presso il

Tribunale ordinario di Torino a seguito della deliberazione del 3 maggio 2017 della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, relativa al mantenimento del regime di segretezza apposto sul verbale contenente l’audizione, dinanzi alla Commissione, dell’ingegnere Daniele Fortini del 2 agosto 2016, e al non accoglimento dell’istanza di desecretazione inoltrata alla medesima Commissione dalla Procura di Torino in data 23 giugno 2017.

2. L’atto introduttivo

L’atto introduttivo del giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato è il ricorso presentato alla Corte costituzionale dalla parte che si ritiene lesa nella propria sfera di attribuzione costituzionalmente garantita.

Nell’ordinanza n. 164 la Corte, tra l’altro, ha rilevato la palese assenza dell’elemento oggettivo del conflitto, in quanto il ricorrente ha lamentato “la lesione di plurimi parametri costituzionali senza ‘motivare la ridondanza delle asserite lesioni sulla propria sfera di attribuzioni costituzionali’ (sentenza n. 262 del 2017; ordinanza n. 280 del 2017)”.

3. I soggetti del conflitto

Nell’ordinanza n. 163 – che ha deciso il conflitto promosso da alcuni membri della Camera dei deputati a seguito dell’omessa presentazione, da parte del governo, del progetto di legge di autorizzazione alla ratifica di un Memorandum d’intesa sulla cooperazione tra la Libia e l’Italia – pur escludendo nel caso di specie che il singolo parlamentare sia titolare, nei confronti dell’esecutivo, di attribuzioni individuali costituzionalmente protette, ha sottolineato che resta “impregiudicata la questione se in altre situazioni siano configurabili attribuzioni individuali di potere costituzionale, per la cui tutela il singolo parlamentare sia legittimato a ricorrere allo strumento del conflitto tra poteri dello Stato (ordinanza n. 177

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del 1998; nello stesso senso, ordinanza n. 277 del 2017 e sentenza n. 225 del 2001)”. In tal senso si è espressa anche l’ordinanza n. 181.

L’ordinanza n. 164 – nel decidere il conflitto promosso nei confronti della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e del Governo, da Lamberto Roberti, nella qualità di cittadino elettore e soggetto politico, in relazione a diverse disposizioni di legge attinenti alla materia elettorale – ha ribadito che “il singolo cittadino, seppure vanti la qualità di elettore, non è investito di funzioni tali da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione, ‘non essendogli conferita, in quanto singolo, alcuna attribuzione costituzionalmente rilevante’ (ordinanza n. 277 del 2017; nello stesso senso, ordinanze n. 256 del 2016, n. 121 del 2011, n. 85 del 2009, n. 434, n. 284 e n. 189 del 2008, n. 296 del 2006)”.

Con l’ordinanza n. 193 la Corte ha riconosciuto “la natura di potere dello Stato al pubblico ministero e, in particolare, al Procuratore della Repubblica, in quanto titolare delle attività di indagine (art. 109 della Costituzione) finalizzate all’esercizio obbligatorio dell’azione penale (art. 112 Cost.)” (v. ordinanze n. 273 del 2017, n. 217 del 2016 e n. 17 del 2013). È stata riconosciuta, altrsì, la legittimazione a resistere della Commissione parlamentare di inchiesta, in quanto, “a norma dell’art. 82 Cost., la potestà riconosciuta alle Camere di disporre inchieste su materie di pubblico interesse non è esercitabile altrimenti che attraverso la interposizione di Commissioni a ciò destinate, delle quali può ben dirsi perciò che, nell’espletamento e per la durata del loro mandato, sostituiscono ope constitutionis lo stesso Parlamento, dichiarandone perciò e definitivamente la volontà ai sensi del primo comma dell’art. 37 della legge n. 87 del 1953 (v. ordinanze n. 73 del 2006, n. 228 del 1975; nello stesso senso, sentenza n. 231 del 1975)”. Tuttavia, nel caso di specie, è stato chiarito che, poiché la Commissione parlamentare bicamerale di inchiesta “è cessata ex lege dalle proprie funzioni con la fine della XVII Legislatura (…) la legittimazione a resistere deve ritenersi trasferita in capo al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, in persona dei rispettivi Presidenti pro tempore”.

4. I profili oggettivi

4.1. Gli atti impugnati

I conflitti decisi nel 2018 hanno avuto a oggetto i seguenti atti: varie disposizioni in materia elettorale contenute nelle leggi n. 270 del 2005, n. 52 del 2015, n. 165 del 2017, n. 18 del 1979, n. 459 del 2001, n. 28 del 2000 nonché nel d.P.R. n. 361 del 1957, nel d.lgs. n. 533 del 1993 e nel codice del processo amministrativo (Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010) (ordinanza n. 164); le leggi nn. 52 del 2015 e 165 del 2017 in materia elettorale (ordinanza n. 181); la deliberazione del 3 maggio 2017 della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, relativa al mantenimento del regime di segretezza apposto sul verbale contenente l’audizione, dinanzi alla Commissione, dell’ingegnere Daniele Fortini del 2 agosto 2016 (ordinanza n. 193).

4.2. I comportamenti censurati

I conflitti decisi nel 2018 hanno avuto a oggetto i seguenti comportamenti: l’omessa presentazione, da parte del governo, del progetto di legge di autorizzazione alla ratifica del «Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica italiana», firmato a Roma il 2 febbraio 2017 (ordinanza n. 163); la mancata risposta all’istanza di desecretazione del verbale contenente l’audizione dell’ingegnere Daniele Fortini, inoltrata dalla Procura di Torino in data 23 giugno 2017 alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (ordinanza n. 193).

5. La tutela cautelare

Nel corso dell’anno non si sono registrate specifiche affermazioni sul punto.

6. La riunione dei giudizi

L’ordinanza n. 163 ha disposto la riunione dei giudizi in quanto i quattro ricorsi “presentano tenore letterale pressoché identico” e hanno tutti lo stesso oggetto rappresentato dall’ “omessa presentazione da parte del Governo del progetto di legge di autorizzazione alla ratifica del Memorandum”.

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7. Le decisioni della Corte

Tutti i conflitti del 2018, tranne quello oggetto dell’ordinanza n. 193, sono stati decisi dalla Corte con una dichiarazione di inammissibilità (ordinanze nn. 163, 164 e 181) per insussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il quale richiede che il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali.

Nell’ordinanza n 193 la Corte, dichiarando ammissibile il conflitto, ha disposto che il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità venissero notificati – a cura del ricorrente entro sessanta giorni dalla comunicazione per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria della Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 24, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale – sia al Presidente della Camera dei deputati sia al Presidente del Senato della Repubblica. Per la Corte, infatti, a seguito della cessazione ex lege dalle proprie funzioni della Commissione parlamentare bicamerale di inchiesta con la fine della XVII Legislatura “la legittimazione a resistere deve ritenersi trasferita in capo al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, in persona dei rispettivi Presidenti pro tempore”.

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Sezione II